SALFI, Enrico
– Nacque a Cosenza il 28 novembre 1857, quintogenito di Francesco Saverio, giurista e prefetto di Cosenza, e di Maria De Chiara, letterata e pianista.
Cresciuto in una famiglia agiata e colta, ebbe la possibilità di coltivare le passioni della musica sotto la guida della madre e della pittura con lezioni di Giovan Battista Santoro. Frequentò inizialmente il ginnasio Telesio a Cosenza. Nel 1872 seguì i fratelli maggiori Eugenio e Alfonso, trasferitisi a Napoli per perfezionare rispettivamente gli studi di canto e giurisprudenza, e si diplomò in questa città. Tra il 1876 e il 1879 fu iscritto al Reale Istituto di belle arti di Napoli, dove seguì i corsi di Raffaele Postiglione, Vincenzo Marinelli, Domenico Morelli e Angelo Mazzia.
Aprì di seguito lo studio in via Toledo al numero 343. Nei primi anni risentì del naturalismo pittorico di Filippo Palizzi in Scorcio di case (Cosenza, collezione privata), del 1880, e di elementi innovativi apportati ai soggetti paesaggistici dalla Scuola di Portici, in un Paesaggio (Cosenza, collezione privata).
Negli anni seguenti fu influenzato dalle suggestioni orientali della pittura di Morelli, come si evince da una Figura di profeta (Roma, collezione privata). Dai primi anni Ottanta s’interessò agli scavi di Pompei e ne studiò la storia per trarne l’ambientazione dei suoi soggetti di ricostruzione. Si fece conoscere dal pubblico per i suoi dipinti di tema pompeiano, con personaggi intenti a svolgere attività commerciali e di svago nell’antica città. Creò un linguaggio personale, con scene ambientate all’aperto, colpite da una luce intensa, che richiamano la pittura eseguita dal vero negli scavi, e in cui risaltano figure quasi schiacciate dai contorni netti e tondi su fondali architettonici e viari grigiastri.
Nel 1880 presentò all’Esposizione della Società promotrice Salvator Rosa di Napoli Alla fontana. Sempre a Napoli espose nel 1881 Al passeggio. Lo stesso anno fu invitato a esporre a Bruxelles con Lydia. Nel 1883 presentò all’Esposizione della Società degli amatori e cultori Venditrice di anfore (Milano, Galleria d’arte moderna) e Licet? (Napoli, collezione Città metropolitana, ma custodito presso i depositi temporanei del Pio Monte della Misericordia): quest’ultimo venne ripresentato alla Promotrice di Napoli del 1884, dove fu acquistato dall’amministrazione provinciale della città. Degli stessi anni è la realizzazione di una Scena pompeiana (Cosenza, collezione privata). Nel 1884 partecipò all’Esposizione generale italiana di Torino con l’opera Le maghe, che ripropose nel 1885 all’Esposizione della Salvator Rosa assieme a Sul Golgota, ispirato a un passo del Vangelo di s. Luca, e all’Esposizione di Roma nel 1886. L’anno seguente fu presente di nuovo all’Esposizione romana con La lettiga e Nozze pompeiane.
Coltivò l’amore per la poesia con la pubblicazione nel 1888 di una raccolta di versi dal titolo Lyrica pompeiana. Redasse, inoltre, una Piccola guida di Pompei, scritta in corsivo e corredata da tavole esplicative dei principali monumenti.
Nel 1890 sposò la cantante lirica Giuseppina de Marinis, da cui ebbe tre figli: Maria, Francesco Saverio e Mario. Lo stesso anno partecipò all’Esposizione della Promotrice napoletana con l’olio In attesa della sposa o Aspettando la sposa.
Nel 1894-95 si trasferì a Cosenza, dove restaurò il palazzo di famiglia, situato in località Paparelle, in stile pompeiano, sul modello della Casa del poeta tragico a Pompei, di cui egli stesso realizzò un plastico (Pompei, Casa del poeta tragico). Nella città natale ricoprì ruoli pubblici nell’ambito della conservazione dei beni artistici e architettonici. Dal 1891 al 1894 fu impegnato a risistemare e curare il Museo civico. Collaborò con il giornale La Voce, scrivendo entro una rubrica dal titolo Chiacchiere artistiche. Nel 1896 divenne membro della commissione comunale dei monumenti d’arte e d’antichità, carica che rivestiva ancora nel 1907 e 1910. Inoltre, dal 1897 al 1903 fu ispettore degli scavi dei monumenti. Entrò anche a fare parte dell’Accademia cosentina, e come suo membro sottoscrisse nel 1914 una raccolta fondi a favore della Biblioteca civica.
Già poco dopo il suo arrivo a Cosenza, a Salfi furono commissionati da enti pubblici ritratti di personaggi della borghesia locale. L’amministrazione provinciale gli richiese un Ritratto di Stefano Paladino nel 1895 (Cosenza, palazzo della Provincia). Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento Salfi eseguì per la Cassa di risparmio di Calabria il Ritratto del cavalier Luigi Trocini e il Ritratto del cavalier Francesco Marini Serra, entrambi nella collezione della Banca Carime ed esposti nella Galleria nazionale di Cosenza. Compì, inoltre, i ritratti di Luigi Mascaro, Mariano Campagna e Donato Campagna. Ricevette anche l’incarico di dipingere ritratti dei personaggi illustri della storia passata di Cosenza raffiguranti Coriolano Martirano, Galeazzo di Tarsia, Bernardino Telesio, Francesco Saverio Salfi, Gian Vincenzo Gravina (Cosenza, Convitto nazionale Bernardino Telesio). L’amministrazione comunale di Cosenza gli commissionò un dipinto rappresentante I figli di Bruto, realizzato nel 1899, posto nella sala del municipio e ora scomparso.
Salfi seppe adattarsi alle richieste che gli enti ecclesiastici, soprattutto del cosentino, gli fecero di dipinti sacri, per i quali smorzò gli effetti virtuosistici e trattò una pittura più mite e dolce: nel 1884, S. Pietro e S. Paolo per la chiesa del Carmine a Cerisano; nel 1895, S. Pasquale Baylon per la cappella di S. Pasquale della chiesa parrocchiale di Parenti; nel 1898, S. Barbara in carcere, S. Francesco di Paola, S. Pietro e S. Paolo e, in seguito, nel 1902, S. Domenico di Guzman e S. Rosa da Lima per la chiesa di S. Barbara di Marzi; nel 1912, S. Rita da Cascia per la chiesa di S. Francesco d’Assisi a Cosenza.
Nel 1901 partecipò a un primo concorso per la decorazione del plafond nel teatro di Cosenza, vinto da Giovanni Diana, e per il quale lo stesso Salfi e Rocco Ferrari fecero ricorso, non approvato dalla commissione artistica. Nel 1905 vinse il secondo concorso, indetto dopo i danneggiamenti alle decorazioni causate dal terremoto. Decorò il soffitto con l’Allegoria delle arti, una variante dello stesso soggetto presentato al primo concorso. Delle decorazioni, distrutte durante i bombardamenti nel 1943, restano i bozzetti (Cosenza, collezione privata).
Dopo il trasferimento a Cosenza, Salfi partecipò di rado alle esposizioni di levatura nazionale. Si segnalano le presenze all’Esposizione della Società promotrice di Genova nel 1904, dove espose Satana vinto, e all’Esposizione internazionale a Roma nel 1911, in cui presentò Giuda.
Da quando s’instaurò nella regione un sistema delle arti con le Mostre d’arte calabrese organizzate da Alfonso Frangipane, Salfi si presentò quasi regolarmente alle rassegne. Alla I Biennale calabrese del 1920 espose nuovamente La lettiga. Nel 1922 presentò i due acquerelli Iris e Una pompeiana e riespose Aspettando la sposa, quest’ultimo acquistato dalla Real Casa. Alla III Biennale del 1924 espose il quadro Gesù (Fiat voluntas tua), d’ispirazione morelliana. A quella del 1926 presentò il dipinto Cantico dei cantici “... molte le donne una la mia colomba” (Reggio Calabria, Pinacoteca comunale), un’opera del 1922 carica di reminiscenze simboliste, così come l’olio dal tema L’ebreo errante (Cosenza, collezione privata), esposto alla VI Mostra calabrese del 1931.
Nel 1922 realizzò la tela dal titolo I questuanti (Cosenza, collezione privata), ancorata di nuovo alle tendenze neopompeiane. Sempre ai primi decenni del Novecento risalgono un olio per uno Studio per baccanale raffigurante il volto di un satiro, oggi della collezione Banca Carime, e una piccola tela con la Madonna Immacolata (già Cosenza, collezione Campisani). Uno dei suoi ultimi lavori è l’Allegoria della politica del Fascio ovvero Omaggio al Fascio (Cosenza, Biblioteca civica), opera destinata al palazzo del Littorio di Cosenza.
Salfi si dedicò anche alla musica e scrisse diverse liriche per canto e pianoforte, delle quali pubblicò Dal mare e Solo per te.
Morì a Cosenza il 14 gennaio 1935.
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