ENRICO VI, RE DI SICILIA E IMPERATORE
Secondogenito dell'imperatore Federico Barbarossa e di Beatrice di Borgogna, nacque nel 1165, forse il 20 ottobre, a Nimega. Poiché il fratello maggiore Federico morì ancora bambino, l'imperatore lo fece proclamare re dei Romani a Bamberga, nel giugno 1169, e il 15 agosto E. fu incoronato ad Aquisgrana.
Le notizie sulla sua educazione sono limitate; il cappellano e notaio Goffredo da Viterbo potrebbe essere stato uno dei suoi maestri. Nel 1174 il giovane re seguì il padre nella quinta spedizione in Italia, ma a partire dal 1182 la figura di E. prende corpo attraverso personali azioni di governo. Nella Pentecoste del 1184, ricevette l'investitura a Magonza e nello stesso anno fu stabilito il suo fidanzamento con Costanza, figlia di re Ruggero II di Sicilia e zia del sovrano regnante Guglielmo II, che cercava un alleato per la sua politica antibizantina. In occasione delle nozze, celebrate il 27 gennaio 1186 a Milano, E. fu anche incoronato re d'Italia. Dopo che il papa rifiutò di associarlo alla corona imperiale, Federico I proclamò il figlio 'Cesare' richiamandosi al modello antico.
Nel quadro del successivo conflitto che oppose l'imperatore a papa Urbano III, E. guidò un attacco contro il Patrimonium Petri e solo alla fine del 1187 rientrò in Germania. Nel 1189 Federico I partì per la crociata; E., nel frattempo, aveva dovuto far fronte in Germania ad alcune difficoltà insorte al rientro del duca Enrico il Leone dal suo esilio inglese. In seguito alla morte di re Guglielmo II, sul finire del 1189, E., oltre a rivendicare gli antichi diritti dell'Impero sull'Italia meridionale, poté far valere anche i diritti di successione della moglie; ma i baroni normanni avevano scelto come nuovo sovrano il conte Tancredi di Lecce, un cugino di Costanza. Nel frattempo si era diffusa la notizia della morte dell'imperatore Federico I in Asia Minore; così nel gennaio 1191 E. si mise in viaggio alla volta di Roma e il 15 aprile dello stesso anno fu incoronato imperatore a S. Pietro da papa Celestino III, asceso da poco al soglio. Furono restituiti territori alla Curia e si giunse a un accordo con la città di Roma sacrificando Tuscolo, fedele all'imperatore, che fu rasa al suolo. L'esercito imperiale giunse alle porte di Napoli senza incontrare resistenze, ma non fu possibile espugnare la città, perché fra i soldati scoppiò un'epidemia; lo stesso imperatore si ammalò e solo a fatica poté salvarsi dirigendosi di nuovo verso il Nord. L'imperatrice, che si trovava a Salerno, fu imprigionata e consegnata a Tancredi. Mentre E. poté assicurare all'Impero l'Italia settentrionale, in Germania dovette fronteggiare serie difficoltà: notizie sulla sua presunta morte avevano rinvigorito i principi nemici degli Staufen, e se E. in un primo tempo riuscì faticosamente a ricomporre i dissidi, ben presto divampò un altro conflitto a proposito del vescovato di Liegi che generò una nuova grave crisi. Dopo una contrastata elezione vescovile l'imperatore aveva imposto con la forza il suo candidato, scontentando la nobiltà locale; quando tuttavia il candidato riconosciuto dal papa fu assassinato da ministeriali dell'imperatore, le conseguenze furono devastanti. Nell'area del Basso Reno scoppiò una vera e propria rivolta e si giunse addirittura a prendere in considerazione come antiré il duca Enrico di Brabante, fratello dell'ucciso. Per l'imperatore fu una fortunata coincidenza che nel dicembre 1192 Riccardo Cuor di Leone, re d'Inghilterra, mentre si accingeva a rientrare in patria dalla crociata fosse catturato a Vienna dal duca Leopoldo V d'Austria, suo nemico personale. Riccardo era il principale alleato dei Guelfi e dei principi del Basso Reno, e anche durante la crociata si era inimicato l'imperatore conducendo azioni militari in Sicilia. In mano a E., al quale fu consegnato dal duca d'Austria, Riccardo rappresentava un ostaggio che avrebbe costretto i principi ostili a cedere. Fu liberato solo nella primavera del 1194, dietro pagamento di un ingente riscatto e dopo aver prestato giuramento di vassallaggio all'imperatore. E., come pure il duca Leopoldo, fu punito con la scomunica per il comportamento tenuto nei confronti di un crociato. Tuttavia i progetti di conquista della Sicilia proseguirono e, in seguito a contatti con la Curia, nel 1192 l'imperatrice fu liberata. Nell'Italia settentrionale e in Toscana l'amministrazione imperiale era affidata a ministeriali tedeschi e a nobili e giuristi locali, mentre sul confine settentrionale del Regno normanno operavano capi militari svevi. Il 20 gennaio 1194 morì re Tancredi, il cui primogenito Ruggero III era scomparso poco tempo prima. Lo stesso E. scese in Italia alla testa del suo esercito, mentre le flotte pisana e genovese appoggiavano la sua spedizione di conquista. Il 20 novembre l'imperatore fece il suo ingresso a Palermo e il giorno di Natale si fece incoronare re; pochi giorni dopo a Iesi veniva al mondo suo figlio Federico. Una presunta congiura gli offrì il pretesto per deportare in Germania la famiglia reale e membri della nobiltà che occupavano posizioni di spicco. L'imperatore decise il fidanzamento del fratello Filippo con la giovanissima vedova di Ruggero III, la principessa bizantina Irene; tornò nel Nord e Costanza fu nominata reggente del Regno normanno. E. aveva indetto una crociata e, per assicurare la successione al figlio Federico, intendeva farlo eleggere re prima della partenza. Fu durante le trattative con i principi nel 1196 che concepì l'idea di trasformare l'Impero da monarchia elettiva in monarchia ereditaria e cercò di ottenere il consenso dei suoi interlocutori proponendo che i loro feudi diventassero ereditari. Da ultimo tuttavia le resistenze opposte furono a tal punto forti che dovette rinunciare al progetto. Nel frattempo E. era nuovamente tornato in Italia, dove fervevano i preparativi per la crociata. Furono avviate nuove trattative con la Curia: l'imperatore prospettò cospicue offerte finanziarie purché il papa acconsentisse a battezzare Federico e a ungerlo re, ma incontrò un netto rifiuto. Nella primavera del 1197 raggiunse la Sicilia dove al principio di maggio scoppiò all'improvviso una rivolta, preparata evidentemente da lungo tempo, di cui forse addirittura il papa e Costanza erano a conoscenza. E. trovò rifugio a Messina, mentre i suoi generali con i cavalieri crociati tedeschi riuscivano a schiacciare gli insorti a Catania. I capi della rivolta furono giustiziati con efferatezza, ma poco dopo l'imperatore si ammalò e morì il 28 settembre 1198 a Messina, dove fu sepolto in via provvisoria, mentre in seguito fu traslato nella cattedrale di Palermo. Dal testamento di E., solo in parte tramandato, emerge la volontà politica di assicurare agli Staufen il dominio sull'Impero e sul Regno normanno, anche nei confronti del Papato. La personalità di E. presenta aspetti contrastanti: aveva una cultura poliedrica, padroneggiava il latino, sapeva scrivere e possedeva conoscenze giuridiche; si muoveva in una cerchia di letterati ed egli stesso fu autore di componimenti poetici (Minnelieder), ma era al contempo ascetico e scostante, temuto per la durezza e la crudeltà di cui dava prova. Abilità diplomatica e mancanza di scrupoli orientarono in pari misura le sue azioni; persuaso che la sovranità degli Staufen sull'Impero fosse voluta da Dio, E., discendente degli imperatori romani, si era sentito chiamato all'esercizio di un dominio universale.
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Traduzione di Maria Paola Arena