MAZZOLANI, Enrico Zaccheo Napoleone
– Figlio del nobile Filippo Maria e di Enrica Cecchi, nacque a Senigallia il 27 marzo 1876. Interrotti gli studi classici, nel 1897 si trasferì a Roma, dove frequentò la scuola libera del nudo dell’Accademia di belle arti e divenne assistente dell’artista Ettore Ferrari.
Nel 1902, insoddisfatto della cultura accademica e conformista della capitale, tornò a Senigallia dove eseguì busti in gesso come quello di G. Perticari (1903 circa: Senigallia, liceo ginnasio Perticari).
Nel 1904 cominciò a frequentare a Faenza la bottega di Salvatore Farina, con cui collaborò come ceramista realizzando la lunetta con l’Immacolata attorniata da Duns Scoto, Pio IX e angioli per il portale della chiesa di S. Filippo a Senigallia e le quattro lunette per il santuario della Madonna di Campocavallo a Osimo. A Faenza strinse rapporti di amicizia con D. Baccarini, E. Drei, G. Ugonia, F. Nonni e P. Melandri, da cui derivò il gusto per le forme sinuose e levigate.
Nel 1906 si trasferì a Milano, dove, per mantenersi, lavorò come aiuto architetto con G. Macchi e L. Broggi. Nel 1911 sposò Erminia Costantini.
Nel 1915 fu chiamato alle armi e successivamente abbandonò l’architettura e riprese a dedicarsi alla ceramica. Nel 1917 fu invitato alla Permanente di Milano, dove presentò L’organista cieco (1916 circa: Milano, collezione Antonelli) e l’anno dopo cominciò a frequentare A. Bucci, L. Dudreville, C. Carrà, A. Salietti e C. Rizzarda.
Sotto la spinta di questi artisti il M. maturò uno stile espressivo del tutto originale, dalle forme ampie e dagli spessori sottilmente graduati, che emerse al meglio nella serie di ceramiche raffiguranti longilinei nudi femminili ispirati alla giovane modella Maria Butti.
Negli anni Venti il M. proseguì la propria attività espositiva: oltre alla Mostra nazionale della ceramica moderna di Pesaro (1924), fu invitato alla II Biennale d’arte decorativa di Monza (1925), dove espose Carezze: fanciulla con levriero (1924 circa: ibid.).
L’opera richiama la poetica purista del modellato per impercettibili passaggi chiaroscurali, ma sembra essere l’ingrandimento di una figuretta in biscuit per il cromatismo romantico della pasta vitrea. Il M. mise la stessa notevole sensibilità epidermica nei suoi migliori ritratti familiari (Madre, 1928: Bologna, collezione M. Visconti) e in alcune opere a soggetto mitologico (Centauro e ninfa, 1927: Feltre, Galleria d’arte moderna Carlo Rizzarda). L’estenuato estetismo e il delicato erotismo delle sue opere suscitarono l’ammirazione di molti storici e critici, tra cui Marangoni che pubblicò sette sculture nel volume Le arti del fuoco, indicando il M. tra gli artisti più promettenti del Novecento (pp. 64 s.).
Nel 1927 il M. fu invitato alla III Biennale d’arte decorativa di Monza e, con U. Prencipe e A. Caligiani, alla galleria Pesaro di Milano. L’anno seguente vinse la medaglia d’oro alla Mostra nazionale della ceramica di Pesaro ed espose alla Biennale di Venezia, dove tornò due anni dopo presentando, tra le varie opere, una versione in bronzo della testa barbuta raffigurante Michelangelo (1930: ibid.). Nel 1929 realizzò Maschera tragica. Il dramma (ibid.), dallo stile più pacato e vicino al gusto colto e antirealista di A. Wildt, e fu invitato alla galleria Pesaro di Milano, dove espose il gesso S. Francesco (1926: Senigallia, Museo comunale d’arte moderna).
Fu apprezzato da collezionisti come C. Rizzarda e G. D’Annunzio, che gli commissionò diverse sculture, tra cui il Cantico del sole (1925 circa: Milano, collezione Antonelli) e il ritratto della Contessa Besozzi Kellerer (1926: Gardone Riviera, Vittoriale). Intanto, cominciò a lavorare con la manifattura Focaccia & Melandri, alla quale affidò, fino al 1948, la cottura e la smaltatura delle sue ceramiche.
Tra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Trenta la sua scultura raggiunse esiti importanti: realizzò ceramiche in uno stile robusto e vigoroso, passando dalla policromia ai misurati contrasti tra brevi tocchi di colore e il candore latteo della ceramica (Ida nuda, 1926: Milano, collezione Antonelli; La fanciulla con i capelli biondi, 1924-30: Feltre, Galleria d’arte moderna Carlo Rizzarda), fino al bianco assoluto della superficie (Madonna con Bambino, 1930: ibid.). La vicinanza, mai del tutto partecipe, con gli artisti del gruppo Novecento segnò un’ulteriore semplificazione della sua scultura che diventò, dalla metà degli anni Trenta, sempre più energica ed essenziale. Nel 1932 espose, con U. Bernasconi, Bucci e P. North, alla galleria Pesaro di Milano 21 delle sue sculture più note, tra cui una versione in bronzo di Giovinezza (1932: Bologna, collezione A. Bondioli).
Gli anni tra il 1934 e il 1943 furono per il M. tra i più intensi e impegnativi: partecipò a quasi tutte le edizioni della Permanente di Milano (1932-35, 1936-38, 1939 e 1941). Nel 1938 si trasferì nello studio di via Borgonuovo, n. 21, a Milano e qui cominciò a lavorare con la giovanissima modella Pierina Gandini, progettando, nel contempo, modeste statue per l’architettura: gli angeli per la chiesa collegiata di S. Giuseppe di Seregno (1941-42) e le due grandi allegorie in gesso per il padiglione dell’automobile alla Fiera di Milano (1940 circa). Nel 1943 il suo studio venne bombardato e in tale occasione andò in gran parte perduta la raccolta in sei volumi Le donne di maiolica (1934-37), in cui il M. aveva trascritto i suoi pensieri sulla scultura. L’artista si rifugiò allora a Varese, dove per l’impossibilità di eseguire adeguate smaltature realizzò quasi esclusivamente terrecotte in varie tonalità cromatiche.
Dopo la guerra la fama del M. cominciò a calare: il suo stile appariva ormai antiquato. Continuò a lavorare instancabilmente modellando figure femminili, senza più quella leggerezza di movimento e di resa che lo contraddistinguevano. Rallentò la partecipazione alle esposizioni fino a essere quasi dimenticato. Agli inizi degli anni Cinquanta l’ennesimo sfratto dallo studio di via Borgonuovo suscitò le reazioni degli amici intellettuali, i quali videro nella sua vicenda il concludersi di un’epoca significativa per l’arte milanese. La sua storia finì sui quotidiani più importanti, raccontata talvolta nei suoi aspetti più patetici (M. Milani, Sparisce a Milano l’ultima montagnola, in Corriere della sera, 6 apr. 1952). Nonostante il peggiorare delle condizioni economiche, il M. continuò a realizzare ceramiche secondo moduli tradizionali, rinnovati su stilemi più pacati e sobri (Apollineo, 1958: Piacenza, Istituto d’arte). Nel 1959 sposò Pierina Gandini, fedele compagna degli ultimi anni.
Tra le sculture dell’ultimo periodo vanno segnalate La madre (1964, bronzo: Senigallia, piazza A. Saffi) e L’indossatrice (1967: Senigallia, Museo comunale d’arte moderna), impostate sulla variazione di pochi motivi, spesso di derivazione troppo scopertamente autocitazionista.
Il M. morì a Milano il 26 genn. 1968.
Opere del M. sono conservate presso collezioni private e pubbliche, tra cui il Museo Sforzesco di Milano (La vergine, 1930 circa); il Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, con le versioni in maiolica di Leda con il cigno (1932) e Maschera di Beethoven (1930-35); la Quadreria Cesarini di Fossombrone; il Museo comunale d’arte moderna di Senigallia, che possiede un nucleo di 64 opere, tra disegni, gessi, terrecotte e bronzi, e la Galleria d’arte moderna Carlo Rizzarda di Feltre.
Fonti e Bibl.: Necr. di D. Buzzati, in Sestante, marzo 1968, p. 12; Senigallia, Arch. storico, Fondo Enrico Mazzolani; La II Mostra internazionale delle arti decorative. Villa Reale (catal.), a cura di G. Marangoni, Monza 1925, p. 11; G. Marangoni, Enc. delle moderne arti decorative italiane, III, Le arti del fuoco: ceramica, vetri e vetrate, Milano 1927, pp. 64 s., tavv. 24 s.; Mostra personale dei pittori U. Prencipe e A. Caligiani e dello scultore E. M. (catal.), Milano 1927, pp. n.n.; A. Carpi, Varese ed i suoi artisti, in Corriere prealpino, 15 ag. 1947; O. Vergani, Robinson scultore, in Corriere d’informazione, 18-19 ott. 1948; L. Borghese, E. M., in Corriere della sera, 29 apr. 1950; A. Bucci, Le donne di M., in La Settimana INCOM, 6 maggio 1955; I. Montanelli, Incontri: M., in Corriere della sera, 29 maggio 1957; A. Baviera, E. M. scultore senigalliese, in Il Picchio, 15 ott. 1957; G. Cappa, Incontro con M., Milano 1967; C. Venturini, Manifatture e ceramisti italiani: 1900-1960. 36 incontri, Milano 1982, tav. 519; Gabriele D’Annunzio e la promozione delle arti (catal., Gardone Riviera), a cura di R. Bossaglia - M. Quesada, Milano 1988, p. 90; A. Pansera - C. Venturini, E. M.: donne di maiolica e non, Milano 1989; La Collezione Rizzarda. Dal secondo Ottocento alle arti decorative degli anni Venti, a cura di N. Comar, Milano 1996, pp. 78-83, 133-135, 187; A. Minghetti, Le terre dipinte…, Milano 1996, p. 281; G.C. Bojani, E. M.: Senigallia e Faenza, scultura e maiolica, in Faenza, LXXXIV (1998), pp. 387-389; G. Vergari, Ricordo di M., in Corriere della sera, 3 ag. 1998; C. Spadoni, Leggerezza fatta di gesso, in Il Resto del carlino, 15 ag. 1998; 1923-1930: Monza verso l’unità delle arti… (catal., Monza), a cura di A. Pansera, Cinisello Balsamo 2004, pp. 92, 116 s., 128; V. Terarroli, Ceramica italiana d’autore: 1900-1950, Milano 2007, pp. 176, 298 s.; A.M. Bessone Aurelj, Diz. degli scultori ed architetti italiani, Genova 1947, p. 339; A. Panzetta, Diz. degli scultori italiani dell’Ottocento e del primo Novecento, Torino 1994, I, p. 182.