ENTELECHIA (gr. ἐντελέχεια, da ἐν "in", τέλος "fine" e ἔχω "ho", o più semplicemente da ἐντελῆς "compiuto, perfetto" e ἔχω: "natura di ciò che ha in sé il suo fine, avendolo raggiunto e quindi essendo perfetto")
Termine filosofico usato da Aristotele per designare la realtà che ha raggiunto il più pieno grado del suo possibile sviluppo, avendo attuato totalmente la sua potenza. L'ἐντελέχεια si contrappone perciò alla δύναμις (potenza) allo stesso modo che l'ἐνέγεια (atto), e anzi, secondo alcune formulazioni, s'identifica con quest'ultima: laddove secondo altre, più specifiche (v. p. es. Metaph., IX, 8,1050 a 23), se ne distingue, in quanto l'ἐνέγεια rappresenta la realizzazione attiva della potenza ed essa ne costituisce invece l'estremo e perfetto risultato. Mentre, cioè, l'ἐνέγεια è piuttosto actus, l'ἐντελέχεια è piuttosto actum. Falsa quindi l'interpretazione che fu spesso data nel Medioevo e nel Rinascimento, quando, sulla base dell'erronea lezione ἐνδελεχέια ("durata", da ενδρλεχής costante, incessante") si pensò che essa alludesse all'eterna attività vitale della forma, contaminando così in realtà il concetto dell'εντελέχεια con quello dell'ἐνέργεια (si rammenti la polemica di Melantone, in difesa della lezione ἐνδελέχεια, contro l'Amerbach). Nell-età moderna il concetto di entelechia rivisse per opera del Leibniz, il quale (ricordandosi anche di Ermolao Barbaro che aveva tradotto audacemente il termine col latino perfectihabia) attribuì tale nome alle sue monadi, in quanto autosufficienti e cioè aventi in loro, senza alcuna dipendenza da altro, il perfetto fine organico del loro sviluppo. Nella concezione leibniziana l'entelechia veniva così essenzialmente interpretata dal punto di vista per cui, in quanto termine ideale dello sviluppo, essa appariva anche come principio dirigente della vita organica: e in questa accezione, ormai trasferita esclusivamente sul piano delle scienze biologiche e liberata da ogni ulteriore significato metafisico, essa è riapparsa di recente, nel senso di individuale principio organico, nel vitalismo di Driesch (v. vitalismo).