entrare (intrare)
Nelle forme in cui la radice è atona assai più spesso i-, secondo l'evoluzione della protonica; entre, II singol. pres. cong.; nel Fiore, le forme del futuro enterrai, enterrà.
Verbo d'impiego molto largo, frèquente specie nella Commedia, nel Convivio e nel Fiore; poche occorrenze nelle Rime, due sole nella Vita Nuova, una nel Detto.
Quanto al costrutto, quello, di gran lunga prevalente, con ‛ in ', si alterna a quello assoluto (Cv IV I 8, If XIII 16, ecc.) o, più di rado, a quello impersonale (Cv IV III 3, Pg XII 114, ecc.), sia nel senso proprio che nel figurato. In parecchi casi il verbo è rafforzato da ‛ dentro ', ‛ entro ': cfr. per es. Rime CXVI 80, If IX 26 e 106, Fiore CCXXVI 3, ecc. Si notino anche i casi in cui e. è seguito da ‛ dove ' (Cv IV V 5, Pd X 41) o da ‛ innanzi ' (Pg III 101, XXIV 100): in quest'ultimo costrutto e, talvolta, in quello con ‛ per ' il verbo assume valori particolari. Isolati i casi di Cv II III 6 ‛ e. sotto a ', Fiore CCXX 12 e 13 intrate al lavorio.... 'ntrate sotto (con ‛ a ' anche in XXI 1) e di Detto 281 potesse entrar un passo. In alcuni luoghi l'infinito è sostantivato.
Nel senso proprio, è piuttosto limitato il numero delle occorrenze che si riferiscono a un'esperienza della vita terrena: Cv IV XXVIII 5 a colui... anzi ch'entri ne la porta de la sua cittade, li si fanno incontro li cittadini; Pd XVI 125 nel picciol cerchio [di mura] s'entrava per porta / che...; e ancora riferito a città: Pg XX 86 veggio in Alagna intrar lo fiordaliso, l'insegna della casa di Francia con cui D. allude agl'inviati di Bonifacio VIII; in Rime CXVI 80 è la canzone montanina che dovrebbe e. in Firenze. Cfr. ancora Cv IV XXVIII 3 lo buono marinaio... entra in quello [porto], e Pd IX 54 (per la lezione malta o Malta, cfr. Petrocchi, ad l.). Infine, l'immagine della vergine che surge e va ed entra in ballo (XXV 103).
Negli esempi del Fiore va tenuto presente il frequente riferimento allegorico: Quando 'l castello [di Gelosia] fu così imbrasciato / ... v'entrò entro Cortesia (CCXXVI 3); mi mandò la piacente [Bellaccoglienza] ch'i' andasse / nel su' giardin... / ma... non volea ched i' v'entrasse (XIX 7; cfr. anche XII 6, CC 9, XXXIII 10); CLXXX 10 e 11 ella si' accorta / di far che v'entri [l'amante, nella sua stanza] per qualche spiraglio, / ben potess'egli entrarvi per la porta; CCVII 8 (ancora ‛ e. dentro ').
Molto più numerosi i casi in cui l'azione si svolge nell'oltretomba: dopo lo smarrimento nella selva oscura, di cui D. ha un ricordo confuso - non so ben ridir com'i' v'intrai, If I 10 - varcata la porta / lo cui sogliare a nessuno è negato (XIV 86; cfr. anche III 9), Virgilio ‛ si mette ' e ‛ fa intrare ' D. nel primo cerchio che l'abisso cigne (IV 23). Le sette porte, per le quali D. ‛ entra ' con i savi del Limbo, conducono all'interno del nobile castello (IV 110), lasciato il quale, l'ammonimento di Minosse - guarda com'entri e di cui tu ti fide, V 19 - è un inutile tentativo di spaventare il poeta; poi la barca di Flegiàs, in cui Virgilio invita D. a intrare appresso lui (VIII 26), conduce i due poeti alle soglie della città dolente, / u' [dice Virgilio] non potemo intrare ornai sanz'ira (IX 33); ma il provvidenziale intervento del messo divino vince la resistenza dei demoni, sicché dentro li 'ntrammo sanz'alcuna guerra (v. 106; e cfr. anche v. 26). Prima che D. " s'inoltri " nella foresta dei suicidi (Prima che più entre, XIII 16), Virgilio lo avverte che assisterà a spettacoli incredibili. In Cv IV XXVI 9 è ricordato Enea che sostenette... a intrare ne lo Inferno a cercare de l'anima di suo padre Anchise.
Non diverso l'uso del verbo in alcune occorrenze del Purgatorio. Al di là della porta sacrata che i poeti varcano dopo l'invito ammonitore dell'angelo guardiano (Intrate; ma facciovi accorti che..., IX 131; e cfr. anche XV 35, dove però il verbo potrebbe valere anche " passate ", " procedete " [v. oltre]; secondo alcuni, poi, l'angelo pronuncerebbe solo le parole Intrate quinci), il canto di un salmo fa subito notare a D. la differenza tra quelle foci e l'infernali: infatti, quivi per canti / s'entra, e là giù per lamenti feroci (XII 114). Non è sempre agevole trovare l'aperta per la quale D. possa " accedere " al girone successivo (XIX 36); inoltre, l'opera di purificazione sarà compiuta solo quando egli avrà attraversato il muro di fuoco; ma né l'invito dell'angelo - intrate in esso - né le assicurazioni di Virgilio - pon giù ogne temenza / ... entra sicuro! (XXVII 11 e 32) - valgono a vincere la sua paura. Più oltre, l'accenno all'ingresso nella divina foresta (XXVIII 2) ricorda anche nella cadenza del verso (non potea rivedere ond'io mi 'ntrassi, v. 24) quello, già visto, nella selva oscura; così come la barca dell'angelo nocchiero in cui ‛ entrano ' le anime dei futuri penitenti (II 99) ricorda quella dei traghettatori infernali (per l'uso del verbo accompagnato dal pronome, come in Pd X 41, v. F. Brambilla Ageno [che lo considera riflessivo], Il verbo nell'italiano antico, Milano-Napoli 1964, 139).
Meno numerose le occorrenze del Paradiso, di cui solo due hanno per soggetto D. che sale di cielo in cielo (quel ch'era dentro al sol dov'io entra'mi, X 41; XXII 119) fino a quello delle Stelle fisse, dove l'amore angelico preannuncia alla Vergine che ella farà più dia / ... la spera supprema perché lì entre (XXIII 108). Nell'Empireo il verbo è utilizzato due volte (XXX 69 e 77, entrambe accostato a ‛ uscire ') a indicare il moto incessante delle faville vive che d'ogne parte si mettien ne' fiori e poi riprofondavan sé nel miro gurge (vv. 64-68), nel fiume di luce.
In sintagmi, o in costrutti particolari, il verbo assume valori che più o meno marcatamente si differenziano da quello comune finora considerato, avvicinandosi alle accezioni figurate. Così l'intrar più giuso di Pd XXX 148 è ancora vicino al significato proprio del verbo, in quanto si tratta, appunto, di " andare più in profondità " nel ‛ foro ' in cui sono confitti i papi simoniaci; ma ‛ e. innanzi ' (e forse anche il semplice e. di Pg XV 35: v. sopra) significa " procedere " (Pg III 101) e addirittura " allontanarsi " (quando [Forese] innanzi a noi intrato fue [" ci ebbe oltrapassato ", secondo l'interpretazione del Tommaseo, Dizionario], / che li occhi miei si fero a lui seguaci..., XXIV 100: " ostendit qualiter sibi respicientem Foresium recedenten apparuit arbor ", Benvenuto), mentre ‛ e. per un cammino ' vale " imboccare una strada ", " avviarsi " (If II 142, XXXIV 134 [interpretazione indiscutibile se s'interpunge intrammo con virgola, come fanno per es. Tommaseo, Porena, Chimenz; ma leggendo, con il Petrocchi e altri, per quel cammino ascoso / intrammo a ritornar nel chiaro mondo, il complemento per quel cammino potrebbe dipendere dal solo ritornar, e intrammo avrebbe quindi valore assoluto; Casini-Barbi, pur senza porre la virgola, spiegano: " Virgilio e Dante prendono via per quell'oscuro cammino "]; e così in Pg XIII 16, XXV 7; ma intrammo giù per una via diversa [If VII 105] vuol dire " penetrammo... nel cerchio sottostante " [Mattalia] o, più genericamente, " procedemmo verso il basso ", e intrò per questo regno [VIII 90] significa " si è inoltrato ", " venit hucusque ", Benvenuto). Nel passo di Cv IV XIII 12 Se voto camminatore entrasse ne lo cammino, traduzione del boeziano " Si vitae huius callem vacuus viator intrasses " (Cons. phil. II pr. V 22, a sua volta riecheggiamento di Giovenale: cfr. Busnelli-Vandelli, ad l.), il sintagma vale " mettersi in viaggio ".
Appartiene al linguaggio astronomico l'occorrenza del verbo in Cv II III 6 Aristotile... vide... la luna, essendo nuova, entrare sotto a Marte, cioè " disporsi in congiunzione con Marte ", esplicita ripresa dal De Coelo aristotelico (II lect. XVII " Lunam... vidimus... subintrantem... astrum Martis "; cfr. Busnelli-Vandelli, ad l.).
Con diverso valore e. ricorre in Pg XXVI 41, detto di Pasife che " s'introduce " nella vacca di legno in cui fu poi concepito il Minotauro. In un passo del Convivio si allude al concepimento di Cristo (Maria è l'albergo dove il celestiale rege intrare dovea, IV V 5; cfr. Pd XXIII 104-105). Si noti anche If XXV 112 Io vidi intrar le braccia per l'ascelle (" rientrare "; " per vale ‛ attraverso e dentro ' ", Chimenz) a Buoso Donati, nel corso della sua trasformazione in serpente. In Fiore CCXXX 5, ancora usato assolutamente, il verbo vale " penetrare ", detto del bordon, con evidente senso osceno.
Con soggetti astratti il verbo conserva, più o meno accentuato, il valore di " penetrare ", in senso figurato: quando i vapori... / a diradar cominciansi, la spera / del sol debilemente entra per essi (Pg XVII 6), " penetra in essi ", attraversandoli; Pd XXXIII 53 la mia vista... intrava per lo raggio / de l'alta luce, " penetrava sempre più attraverso il fulgore della luce solare " (Porena); Rime XCI 17; nella canzone Amor, tu vedi ben il poeta si lamenta che per la freddezza della donna il pensiero d'amore si converte tutto in corpo freddo, / che... esce poi per mezzo de la luce [gli occhi] / là ond'entrò la dispietata luce, e invoca la Vertù che ‛ entri ' in core all'amata, sì che... esca fuor lo freddo (Rime CII 36 e 52: si noti nei due luoghi l'accostamento a ‛ uscire ', già visto in Pd XXX 69 e 77); Cv IV I 2 le passioni de la persona amata entrano ne la persona amante; Vn XXXI 11 34, Rime LXVI 11, Rime dubbie XVI 8 m'entrò... ne la mente / la sua sembianza umile; nel Paradiso, l'ebbrezza suscitata dal dolce canto che ‛ inebria ' il poeta intrava per l'udire e per lo viso (Pd XXVII 6 e 3); Fiore XXI 1 molto olor... al cor m'entrò basciando / quel prezioso fior. Analogamente nell'invocazione ad Apollo: Entra nel petto mio e spira tue (Pd I 19). Con diverso traslato è detto del sole, il carro de la luce, che tra noi e Aquilone intrava (Pg IV 60), " avanzava ", " quasi inserendosi, intrudendosi tra noi e il nord " (Mattalia; Casini-Barbi intendono " nasceva ").
In un gruppo di occorrenze del Convivio si tratta di " penetrare con la mente ", quindi " capire "; così nel sintagma ‛ e. ne la sentenza ' (II XII 4, due volte); ‛ e. per lo trattato ' o nel trattato de la parte che esponere s'intende (IV XVI 4 e 8) vale " farsi a parlare " (Tommaseo, Dizionario: in entrambi i luoghi trattato vale " trattazione "; v. anche IV III 3); e ancora: I XIII 5 con esso [volgare] io entrai ne lo latino, " venni a contatto ", " presi conoscenza "; II XV 7 la prima demonstrazione di questa donna [la filosofia] entrò ne li occhi de lo 'ntelletto mio, sicché " cominciai a comprendere " (per questo valore di ‛ dare inizio a un'azione ', v. oltre); IV I 8 entrai a riguardare col pensiero lo difetto umano, " presi a considerare ".
Ancora figurato, con soggetti sia astratti che concreti: in Cv IV XXVIII 2 si parla della nobile anima, la quale ritorna a Dio, sì come a quello porto onde ella si partio quando venne ad intrare nel mare di questa vita: è lo stesso porto nel quale lo cavaliere Lancelotto non volse entrare con le vele alte (IV XXVIII 8); altrove sono ricordate le quattro cose [cioè obedienza, soavitade, vergogna, adornezza corporale] necessarie a lo entrare [per altri casi di e. sostantivato, v. oltre] ne la cittade del bene vivere, " a vivere una vita retta " (IV XXIV 11; cfr. anche i §§ 9 e 12, e XXV 1); l'uomo deve avere diligente riguardo ad entrare nel nuovo cammino, perché ne lo statuire le nuove cose evidente ragione dee essere quella che partire ne faccia da quello che lungamente è usato (I X 3, e cfr. anche IV XII 15; ‛ e. in cammino ' anche in Fiore LXXV 5, CCXVII 8, Detto 281). E ancora: Vn XXIII 23 44 [il] vano immaginare ov'io entrai; Pg XXVI 24 come tu non fossi ancora / di morte intrato dentro da la rete, " non fossi ancora morto "; Pd XXVI 15 li occhi... fuor porte / quand'ella entrò col foco ond'io sempr'ardo; analogamente in Fiore CXLI 8 io ti comando / che tu non entri già in malinconia, " non te ne lasci prendere "; CLXXIII 8 i' son entrata in quest'errore. Con diverso traslato, in Cv III Amor che ne la mente 15 se le mie rime avran difetto / ch'entreran ne la loda di costei, " che comporrò in sua lode " (Pazzaglia; se difetto fia ne le mie rime, cioè ne le mie parole che a trattare di costei sono ordinate, chiosa D. stesso in III IV 4).
In altri casi è implicita nell'espressione l'idea di ‛ incominciare ' qualche cosa: e. in pelago, o ne l'alto passo, o ne l'aringo (Cv II I 1, If XXVI 132, Pd I 18) significa " dare inizio " a un'impresa, anche difficile e rischiosa; s. Pietro entrò, povero e digiuno / in campo, a seminar la buona pianta / che fu già vite e ora è fatta pruno (Pd XXIV 109), " diede inizio alla sua opera di apostolo "; Pg XVIII 31 l'animo... entra in disire, " incomincia a desiderare "; Pd XXV 11 in sul fonte / del mio battesmo.. / ne la fede... intra' io, " fui iniziato alla fede ". Anche nel Fiore: con quel cotal fa buon intrar in caccia (CLIX 3), che il Petronio spiega " darsi da fare "; CCXX 12 e 13 Vergogna si respuose: " I' non vi dotto. / Se nel castel non fosse se non io, / non crederei che fosse per voi rotto. / Quando vi piace, intrate al lavorio [" mettetevi al lavoro, cominciate pure ", Petronio]. / Già per minacce non mi 'ntrate sotto... " [" non vi accostate tanto da nuocermi. È il nostro farsi sotto ", Petronio].
Da considerare infine i casi di infinito sostantivato, in senso proprio o figurato: non t'inganni l'ampiezza de l'intrare! (If V 20), cioè della porta (o della via) " la quale è libera ed espedita a tutti quegli che dentro entrar ci vogliono " (Boccaccio; " lata porta et spatiosa via est, quae ducit ad perditionem ", Matt. 7,13; il Venturi ricorda il " facilis descensus Averno " di Aen. VI 126); Pg XV 88; Rime L 56 e 59 vostra salute... / vegna dentro al cor... / ma sappia che l'entrar di lui si trova / serrato... da quella saetta / ch'Amor lanciò... / perché l'entrare a tutt'altri è conteso (si noti il diverso valore dei due infiniti: " ingresso " nel primo caso [cfr. anche Fiore LXXV 6], " possibilità, permesso di entrare " nel secondo); Cv IV XXIV 11, già citato. In altri due luoghi - If XIV 45, dove D. ricorda i demon duri ch'a l'intrar de la porta incontra uscinci, e Pd XIII 138 legno vidi... / perire... a l'intrar de la foce -, accanto al significato già visto (" soglia ", " ingresso ", " imboccatura ", come intende per il secondo esempio, fra gli altri, il Buti) è facilmente ravvisabile il valore di proposizione temporale: " all'entrare in porto " (Casini-Barbi; così Scartazzini-Vandelli).