nominali, enunciati
Un enunciato viene definito nominale quando non è costruito attorno a una forma verbale coniugata, come in (1) (un esempio orale) e in (2) (un esempio scritto):
(1) LUC: sabato mattina / all’undici / eccotelo // («Pomeriggio», in Scarano 2004: es. 12)
(2) Pofi si rammentava dei compiti da fare. A quest’ora? Di qui un pianto disperato. La madre lo prendeva in braccio (Antonio Pizzuto, in Mortara Garavelli 1971: 283)
Nella distinzione tra enunciato nominale ed enunciato verbale quel che conta è il nucleo sintattico centrale dell’espressione che realizza l’enunciato (Mortara Garavelli 1971; Cresti 1998). Un enunciato nominale può dunque contenere anche uno o più verbi coniugati a patto che esprimano un’informazione secondaria, il che nello scritto si realizza tipicamente quando compaiono in una frase subordinata, come in:
(3) Beretta fa qualche passo avanti. Difficile parlare. Una sofferenza che ricorda quella amorosa (Maria Corti, in Mortara Garavelli 1971: 279)
(4) Un piacere sentirsi solo a casa, perché l’insieme familiare continuato di intimità, volersi bene ..., era una cosa che andava benissimo, poniamo, per trecento giorni all’anno (Maria Corti, in Mortara Garavelli 1971: 279)
Al pari degli enunciati verbali, gli enunciati nominali possono avere estensione diversa, anche in relazione alla scelta della modalità comunicativa. Mentre nel parlato prevalgono le forme brevi (Scarano 2004), rappresentate da esempi quali:
(5) EST: sì / almeno tu stai bene / per tutte le feste //
CLA: ah //
EST: palestra? tutto a posto? («Estetista», in Scarano 2004: es. 41)
nello scritto sono più frequenti gli enunciati nominali con un’estensione da media a ampia:
(6) Nessun quadro alle pareti, poltrone e divani rivestiti di lino color miele, un tavolo rotondo e un trumeau di noce, qualche vaso colmo di rose gialle disposte con cura. Non c’erano tende alle finestre contro cui batteva ancora la pioggia (Carla Cerati, Legami troppo stretti, Milano, Frassinelli, 1994, p. 3)
(7) Per raggruppare alcune prove di De Roberto, i romanzi di Capuana e quelli del Verga mondano [...] è stata coniata l’etichetta di “verismo psicologico”, contrapposta a quella di “verismo sociale” [...]. Un’etichetta utile a designare un atteggiamento diffuso nella letteratura latamente naturalista, non solo italiana (Pier Luigi Pellini, in Ferrari 2002b: 176).
In linguistica, le espressioni enunciato nominale e frase nominale valgono in genere come sinonimi. Soprattutto nell’ambito degli studi sul parlato vi sono tuttavia autori, come, ad es., Cresti (1998), che le differenziano. La distinzione riguarda il livello di analisi: mentre con enunciato nominale si descrive la forma del prodotto di un atto linguistico (cfr. § 1), con il concetto di frase nominale viene identificata una delle due possibili forme linguistiche della frase in quanto entità sintattica astratta (in linea con Benveniste 1971).
In questo senso, una frase nominale è allora una delle due possibili forme sintattiche che può assumere una frase predicativa: essa è verbale se il suo predicato è espresso con un verbo coniugato, mentre è nominale se il predicato è espresso con un’altra forma (verbo non coniugato, sintagma nominale, aggettivale, avverbiale o preposizionale), come nell’esempio (8):
(8) a. Traduttori traditori
b. SUP: stadio mezzo vòto // («Stadio», in Scarano 2004: es. 7)
c. E tutti per un momento attenti (Maria Corti, in Mortara Garavelli 1971: 279)
In questa concezione, la frase nominale è dunque una delle forme sintattiche che può avere l’enunciato nominale, il quale può essere costituito da altri tipi di sintagma: cfr § 3.
Il nucleo sintattico e informativo dell’enunciato nominale può essere realizzato da un ampio ventaglio di espressioni linguistiche, rappresentate, anche se con proporzioni diverse, sia nello scritto sia nel parlato. Si riconoscono in particolare:
(a) enunciati nominali costruiti attorno a un sintagma nominale (come in 9 e 10) o a un sintagma aggettivale (come in 11):
(9) Gran bell’uomo biondo il re Cuniberto, di sangue antico, gran figlio di Santa Romana Chiesa, battagliero (Maria Corti, in Mortara Garavelli 1971: 279)
(10) Corsa verso il tramonto invernale (Maria Corti, in Mortara Garavelli 1971: 282)
(11) Più pratico andar via di nascosto (Maria Corti, in Mortara Garavelli 1971: 279)
(b) enunciati nominali costruiti attorno a un sintagma avverbiale (come in 12 o in 13) o a un sintagma preposizionale (come in 14):
(12) JOX: [...] in fine dei conti / eran sempre pur ventidue domande / cioè //
VER: ’cidenti //
JOX: giustamente // («Jox», in Scarano 2004: es. 47)
(13) SAB: vuoi? Vuoi i’ gelato?
LUC: il gelato no //
(14) GMC: poco olio / quest’anno?
PZI: da noi / eh // io parlo da noi // («Veglia», in Scarano 2004: es. 51)
(c) enunciati nominali costruiti attorno a una forma verbale non finita (participio passato o presente, gerundio, infinito):
(15) Spariti i negozi, l’edicola, il posteggio (Maria Corti, in Mortara Garavelli 1971: 280)
(d) enunciati nominali costituiti da interiezioni (come in 16), da connettivi (come in 17) o anche da parole grammaticali, in particolare quando l’enunciato ha funzione correttiva (come in 18):
(16) MAX: era giovane //
LIA: ah direi //
ELA: eh // («Album di famiglia», in Scarano 2004: es. 35)
(17) E tuttavia. Montale, d’accordo con Russo e De Robertis (“dramma spirituale”) ha scritto che Borgese procede per “colpi di scena” (Pier Vincenzo Mengaldo, in Ferrari 2001: 64)
(18) A: ho visto Francesca / la tua amica //
B: non “la” / “una”//
Come già mostrano gli esempi visti finora, la struttura sintattica globale degli enunciati nominali può essere molto semplice (cfr., ad es., 12 e 16), più complessa (cfr., ad es., 6 o 19) o molto complessa (come in 20):
(19) E il re via di corsa, radioso, con una piccola schiera dove naturalmente c’è lui Lanfranchi, verso Pavia (Maria Corti, in Mortara Garavelli 1971: 281)
(20) Tra la fine dell’Ottocento e la conclusione della Prima guerra mondiale – ma anche sino all’invasione nazista – Praga è stata periferia e centro del mondo [...]. Città magica, come l’ha chiamata Angelo Maria Ripellino [...]. Città céca dell’impero asburgico con una minoranza a lungo egemone di lingua tedesca costituita a sua volta in buona parte da ebrei, custodi di un patriottismo tedesco che si sarebbe ritorto contro di loro quando l’antisemitismo germanico li avrebbe ricacciati – sradicati come erano dal contesto maggioritario céco – in una terra di nessuno («Corriere della sera» 8 novembre 2007, in Ferrari 2009: 173).
Data l’eterogeneità morfosintattica degli enunciati nominali, una loro sistemazione è possibile solo in base a criteri semantico-funzionali, come hanno mostrato, ad es., Mortara Garavelli (1971) per lo scritto e Scarano (2004) per il parlato. In prospettiva funzionale, si può operare una prima distinzione tra enunciati nominali con contenuto referenziale (che evocano cioè persone, oggetti, situazioni, eventi, ecc.) ed enunciati nominali non referenziali.
Il nucleo centrale degli enunciati non referenziali può essere costituito anzitutto da un contenuto di carattere interazionale, che riguarda cioè la relazione tra gli interlocutori. In questo caso, esso è tipicamente realizzato da elementi fatici (la parola pronto quando si risponde al telefono), da espressioni di saluto o di ringraziamento, da interiezioni che esprimono di volta in volta valori comunicativi diversi, come, ad es., la richiesta di spiegazione in (21):
(21) LEO: scusa / ma per esempio / tre e ottanta diviso undici?
GNA: eh? («Sala prove», in Scarano 2004: es. 36)
Gli enunciati non referenziali possono assolvere anche una funzione testuale, vale a dire indicare aspetti della costruzione del testo. Possono, per es., esplicitarne l’articolazione logica, e in questo caso coincidono con i ➔ connettivi, come si può vedere in (17), o con sintagmi nominali, ad es., conseguenze, come in (22):
(22) Nello stesso progetto si prevedono minori rimborsi […] concessi agli esportatori. Conseguenze: un riequilibrio della bilancia commerciale tedesca, minor concorrenza alle esportazioni francesi («La Stampa» 21 novembre 1968, in Dardano 19862: 316)
oppure demarcare varie porzioni del testo, inizio, fine o suddivisioni interne:
(23) Secondo punto. La prosa critica crociana [...] si distingue per un periodare largo, a panneggi articolato da subordinate e incisi (Pier Vincenzo Mengaldo, in Ferrari 2002b: 172).
Gli enunciati con contenuto referenziale possono essere raggruppati in due classi a partire dalla funzione dell’elemento a cui si riferisce il centro sintattico e informativo dell’enunciato (per un ordinamento più articolato, cfr. Mortara Garavelli 1971).
(a) La prima classe è costituita dagli enunciati nominali che si costruiscono attorno a una predicazione, e che pertanto possono essere chiamati predicativi. Nell’enunciato seguente, la predicazione viene, ad es., espressa attraverso l’uso di un sintagma aggettivale:
(24) Pofi sedeva al pianoforte [...] a suonare, sempre in fa maggiore, marce di bersaglieri. Silenziosa la stanza da pranzo (Antonio Pizzuto, in Mortara Garavelli 1971: 280)
L’elemento su cui verte la predicazione può essere espresso, come in (24) attraverso il sintagma nominale la stanza da pranzo, o non espresso ma ricavabile dal contesto linguistico; è così in (25), in cui la predicazione complessa diversì sì, ma nella rispettiva altezza complementari si applica, riunendoli, a Contini e Debenedetti:
(25) Tutto ciò è comprensibile, ma non è assolutamente accettabile che, come spesso avviene, per diminuire Contini si opponga a lui la diversissima figura di Debenedetti. Diversì sì, ma nella rispettiva altezza complementari (Pier Vincenzo Mengaldo, in Ferrari 2002b: 175)
Quando il referente a cui rimanda il predicato è espresso, questo può essere in prima o in seconda posizione. In (24) e in (26) il predicato apre l’enunciato, in (27) lo chiude:
(26) SND: grazie // belli / i jeans // («Individualismo», in Scarano 2004: es. 18)
(27) ELA: non sono mai stata a Lecce ... //
GAB: Lecce / bellissima // («Viaggio in Italia», in Scarano 2004: es. 11)
(b) La seconda classe di enunciati nominali pone al centro della comunicazione l’elemento referenziale. Tali enunciati possono essere chiamati presentativi in quanto creano un effetto di presentazione dell’elemento, come in:
(28) Eppure dovunque si vedevano lavori sempre in corso, cantieri semichiusi o semiaperti. Ancora oggi la Fontana dei Fiumi è restaurata solo a metà, con rinvio dei lavori conclusivi al 2001. Incompiuta pure la terza corsia del raccordo anulare («Corriere della sera» 19 marzo 2000)
(29) Niente diete ma alimentazione corretta e vita attiva. Ecco il mix per assicurare una crescita psico-fisica equilibrata («La Repubblica» 23 luglio 2007, in Ferrari 2009: 184)
(30) Si sposta adagiandosi verso l’ombra di un platano: davanti a lui la scalinata, le grandi finestre, una gabbia o un grande cerchio intorno a cui tutto gira (Maria Corti, in Mortara Garavelli 1971: 284)
La presentazione può appoggiarsi a un’espressione esplicita, un participio come in (28), un avverbio come in (29), un sintagma preposizionale come in (30); oppure può non essere sorretta da alcun materiale linguistico:
(31) Stessi rumori, stesso vino, stesse facce di una volta (Maria Corti, in Mortara Garavelli 1971: 284)
L’elemento presentato può essere una persona, un animale, un oggetto, un’astrazione, come nei casi visti finora; oppure un evento (un’azione, uno stato, ecc., e i loro protagonisti) nella sua globalità, come in (32):
(32) Sfrecciare del ragazzo verso via Poliziano (Maria Corti, in Mortara Garavelli 1971: 283)
A differenza dell’enunciato nominale predicativo (ad es., E il ragazzo a sfrecciare verso via Poliziano), l’enunciato presentativo (32) evoca l’evento in modo compatto, senza introdurre una vera distinzione e una gerarchia tra il predicato e l’elemento a cui si applica. Nelle sue forme più caratteristiche, esso si costruisce attorno a un nome deverbale accompagnato dai complementi che evocano gli individui coinvolti nell’evento (➔ argomenti) e, qualora pertinenti, le circostanze spaziali e temporali, come in (33):
(33) Va comunque riconosciuta al futurismo la presa d’atto degli straordinari cambiamenti intervenuti nella civiltà industriale; donde la diffusione del movimento (anche mediante “manifesti”, il primo del 1909) in Francia, in Russia, e un po’ dappertutto (Cesare Segre, in Ferrari 2009: 192)
oppure attorno a un nome deaggettivale unito ai suoi complementi e a eventuali altri elementi:
(34) L’appartenenza di Dante agli stilnovisti e i legami che uniranno il Petrarca a questa scuola fanno sì che essa abbia un’efficacia grande anche per i secoli seguenti. Di qui l’importanza capitale di questa decantazione dei risultati delle scuole precedenti e di questa fissazione del fiorentino letterario fatta dagli stilnovisti (Bruno Migliorini, in Ferrari 2009: 191).
Ogni tipo di enunciato nominale ha le proprie peculiarità interpretative. Rispetto alla versione con predicato verbale, gli enunciati nominali che presentano un evento nella sua globalità riuniscono, per es., un insieme di proprietà notevoli (cfr. Ferrari 2002a).
Essi creano anzitutto un effetto di astrattezza, dovuto all’assenza di indicazioni temporali e aspettuali:
(35) sfrecciare del ragazzo verso via Poliziano ~ Il ragazzo sfrecciò (/ sfrecciava / sfreccia / ecc.) verso via Poliziano
Hanno inoltre la possibilità di essere impliciti, in quanto possono tacere l’identità delle entità coinvolte nell’evento. Nel caso seguente, non si dice chi sono, ad es., coloro che si sono scambiati saluti e complimenti:
(36) Inni nazionali, rassegna del picchetto d’onore, scambio di saluti e di complimenti (adattato, in Dardano 19862: 312)
Questi enunciati hanno infine un’alta densità informativa, che discende da diversi fattori. Anzitutto, essi non hanno la forma canonica di una frase in cui si distinguono la predicazione e il suo soggetto, ma la forma di un singolo sintagma con uno o più complementi:
(37) l’arrivo di Francesca ~ Francesca è arrivata
Inoltre, si tratta di costituenti nominali che si possono facilmente concatenare gli uni negli altri, come mostra (38):
(38) Nuovo sciopero per i ferro-tramvieri per le decisioni del Ministro del Lavoro relative al blocco del nuovo contratto di categoria proposto (Ferrari 2009: 189)
Quanto agli enunciati impliciti il cui nucleo si riferisce a una persona, un oggetto, una cosa, ecc., essi hanno la peculiarità di dare rilievo a un aspetto ritenuto particolarmente significativo, lasciando nel vago la situazione in cui esso si manifesta, situazione che l’interprete può così ricostruire a suo piacimento. Ne risulta una narrazione o un’argomentazione impressionistiche, costruite con pennellate diseguali e fortemente empatiche, come illustra l’es. (39):
(39) [Le partecipanti a Miss Italia] sono le protagoniste di un gioco bizzarro e imperioso in cui si pretende di stabilire, a discrezione delle masse, il concetto di valore e di bellezza. Della loro vera identità non c’è traccia. Poche parole per sera. L’ultima sera nessuna ha il dono della parola («Corriere della sera» 13 settembre 1999, in Ferrari 2002b: 184)
L’enunciato nominale dà particolare rilievo alla notazione quantitativa poche parole e lascia al lettore la facoltà di completarla con contenuti quali «non possono dire che», «balbettano / sussurrano / biascicano», e altro.
Benveniste, Émile (1971), La frase nominale, in Id., Problemi di linguistica generale, Milano, Il Saggiatore, pp. 179-199 (ed. orig. Problèmes de linguistique générale, Paris, Gallimard, 1966-1974, 2 voll.).
Cresti, Emanuela (1998), Gli enunciati nominali, in Italica matritensia. Atti del IV congresso della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana (Madrid, 27-29 giugno 1996), a cura di M.T. Navarro Salazar, Firenze, Cesati; Madrid, Universidad nacional de educación a distancia, pp. 171-191.
Dardano, Maurizio (19862), Il linguaggio dei giornali italiani. Con due appendici su: “Le radici degli anni ottanta”, “L’inglese quotidiano”, Roma - Bari, Laterza (1a ed. 1973).
Ferrari, Angela (2001), La frammentazione nominale della sintassi, «Vox Romanica» 60, pp. 51-68.
Ferrari, Angela (2002a), Aspetti semantici e informativi della nominalizzazione sintagmatica, in La parola al testo. Scritti in onore di Bice Mortara Garavelli, a cura di G.L. Beccaria & C. Marello, Alessandria, Edizioni dell’Orso, pp. 179-204.
Ferrari, Angela (2002b), Valore intrinseco e funzioni testuali della frase nominale, in L’infinito & oltre. Omaggio a Gunver Skytte, a cura di H. Jansen et al., Odense, Odense Universitetforlag, pp. 171-190.
Ferrari, Angela (2009), Nominal utterances with lexical repetition: effects of grammaliticalization?, in Grammaticalization and pragmatics. Facts, approaches, theoretical issues, edited by C. Rossari et al., Bingley (UK), Emerald Publishing Group, pp. 173-192.
Mortara Garavelli, Bice (1971), Fra norma e invenzione: lo stile nominale, «Studi di grammatica italiana» 1, pp. 271-315.
Scarano, Antonietta (2004), Enunciati nominali in un corpus di italiano parlato. Appunti per una grammatica corpus based, in Il parlato italiano. Atti del Convegno nazionale (Napoli, 13-15 febbraio 2003), a cura di F. Albano Leoni et al., Napoli, M. D’Auria.