envia
La voce, derivata dal francese antico envie, compare tre volte nell'edizione parodiana del Fiore e del Detto. In Fiore CIX 13 Colui cui povertà tien in dolore, / convien che sia ladrone o muor d'envia; / o serà falsonier o mentitore, avrà il valore di " invidia ", e così in Detto 234 E quando va per via, / ciascun di lei ha 'nvia / per l'andatura gente (dove la donna sembra produrre un effetto antitetico a quello di Beatrice, la quale, per sovrabbondanza di grazia, cancella l'invidia nel coro delle donne: E sua bieltate è di tanta vertute, / che nulla invidia a l'altre ne procede, Vn XXVI 11 6). In Detto 156 sanz'Amor sì è nuia, / che, con cu' regna, envia / d'andarne dritto al luogo / là dove Envia ha lluogo, la voce, personificata, sarebbe da interpretare, secondo il Parodi, nel senso di " cupidigia ". Non è però da escludere che anche qui il valore sia piuttosto quello di " invidia "; il luogo / là dove Envia ha lluogo sarà infatti l'Inferno (cfr. L.F. Benedetto, Di alcuni rapporti tra il " Detto d'Amore " ed il " Fiore ", in " Giorn. stor. " LXXXI [1923] 79); l'espressione del Detto appare allora singolarmente simile a questa della Commedia: Questi la caccerà per ogne villa, / fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno, / là onde 'nvidia prima dipartilla (If I 111), dove alcuni commentatori, tra cui Pietro, intendono invidia prima come designazione del demonio (cfr. ‛ primo amore ' per " Dio ").
A questi luoghi vanno poi aggiunti i due seguenti, dove il Parodi reca la lezione nuia (antico francese ennui, " noia "): detto 153 sanz'Amor sì è 'nvia... (citato sopra), e Fiore XXXVIII 11 Per che mi par che 'l tu' consiglio sia / fuor di tu' nome troppo oltre misura, / ché sanza amor non è altro che 'nvia. La lettura 'nvia, imposta dalla rima, oltre che dal contesto, fu proposta dapprima da G. Mazzoni (cfr. Raccolta di studi critici dedicati ad A. D'Ancona, Firenze 1901, 690 n. 1), e accolta dal Benedetto (pp. 76-79); e. appare qui come l'antitesi di amore; ed è forse possibile attribuirle il significato di " cupidigia " (cioè l'amore deviato dal suo dritto fine). In questo caso le corrispondenze tra Detto 153-156 e il passo dell'Inferno citato risulterebbero accresciute (la lupa che verrà rimessa ne lo 'nferno dal Veltro è appunto la cupidigia). La voce è sparsamente attestata in antico (cfr. ad es. Tomaso da Faenza Amoroso voler 77). V. INVIOSO.