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ENZIMI

di Giorgio TECCE - Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)
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ENZIMI (XIV, p. 44)

Giorgio TECCE

In questi ultimi venti anni la scienza degli enzimi ha fatto progressi giganteschi sia dal punto di vista teorico sia da quello applicativo industriale. Sono stati ottenuti enzimi altamente purificati e in molti casi si è potuta chiarire la costituzione chimica e il meccanismo d'azione di essi e dimostrare inoltre le strette relazioni che esistono tra enzimi ed altri biocatalizzatori, ad es. le vitamine. L'importanza industriale della chimica delle fermentazioni è notevolmente aumentata. Oltre le classiche fermentazioni come l'alcolica e la lattica altre ne sono state scoperte e applicate con notevole successo, cosicché le industrie fermentative assorbono oggi un gran numero di lavoratori. Secondo i dati compilati dal Department of Commerce nel 1941, solo negli Stati Uniti erano impiegate circa 50.000 persone in industrie aventi attinenza con le fermentazioni, e il valore dei prodotti ottenuti era di 730 milioni di dollari.

I. Cristallizzazione e costituzione chimica. - Nel 1936 J. Batcheller Sumner dopo lunghe e pazienti ricerche riuscì a preparare allo stato cristallino l'ureasi, un enzima presente nella soia e in altri cereali e capace di scindere l'urea in ammoniaca e carbammato d'ammonio. Successivamente sono stati cristallizzati numerosi enzimi tra cui la pepsina, la tripsina e la chimotripsina e i rispettivi precursori inattivi (pepsinogeno, tripsinogeno e chimotripsinogeno) (I. H. Northrop e la sua scuola), la carbossipeptidasi (A. L. Anson), la catalasi (J. B. Sumner e A. L. Dounce), la latticodeidrogenasi (F. B. Straub), la perossidasi (H. Theorell), l'anidrasi carbonica (O. A. Scott), ecc. Gli enzimi cristallini presentano una elevatissima attività, che si mantiene inalterata dopo ripetute cristallizzazioni (ad es. 1 gr. di pepsina cristallizzata scioglie in due ore 50 kg. di bianco d'uovo cotto).

Gli enzimi si comportano generalmente sia all'analisi chimica che chimico-fisica come delle proteine; la costituzione proteica sembra quindi un carattere comune a tutti gli enzimi.

In alcuni casi non è possibile scindere la molecola enzimatica senza che questa perda irreversibilmente la sua attività, in altri casi invece è possibile, per mezzo della dialisi o con altri procedimenti, mettere in evidenza accanto al costituente proteico non dializzabile e termolabile un componente dializzabile e termostab le. I due componenti sono isolatamente inattivi, ma se mescolati opportunamente ripristinano l'enzima attivo. La nomenclatura dei componenti varia secondo gli autori. H. Von Euler chiama apoenzima il componente proteico, coenzima il componente dializzabile e oloenzima il composto risultante dall'unione dei due componenti. Il coenzima è legato all'apoenzima da valenze principali o secondarie, e talvolta la stabilità del legame è così debole da permettere al coenzima di legarsi alternativamente a differenti apoenzimi realizzando ciascuna volta enzimi a diversa specificità.

In tutti i casi nei quali è stato possibile isolare l'apoenzima si è trovato che esso è di natura proteica. Vi sono però delle eccezioni a questa regola. Ad es., la pepsina aproteica studiata nel 1936 da H. Kraut e E. Tria e più recentemente da H. Albers, A. Schneider e I. Pohl. Nel costituente proteico sono talvolta presenti determinati raggruppamenti atomici la cui soppressione comporta l'inattivazione dell'enzima. Tale inattivazione è reversibile quando sia tale anche la natura della trasformazione.

La costituzione di molti coenzimi è stata in parecchi casi individuata. Così ad esempio si è trovato che il coenzima della carbossilasi è l'estere pirofosforico della tiamina o vitamina B1 (cocarbossilasi). Lo ione Mg realizzerebbe l'unione della cocarbossilasi con l'apoenzima. Il coenzima delle deidrogenasi piridiniche è costituito dalla codeidrasi I (cozimasi o difosfopiridin nucleotide) oppure dalla codeidrasi II (trifosfopiridin nucleotide). Ambedue i componenti sono dei derivati dell'ammide nicotinica o vitamina PP. Il coenzima dei fermenti gialli è costituito dal mononucleotide isoallossazinico (estere fosforico della vitamina B2) o più frequentemente dal dinucleotide adeniri-isoallossazinico. Infine, il coenzima delle amino acido decarbossilasi è l'estere fosforico del piridossale (un derivato della vitamina B6).

A seconda della loro natura chimica M. Florkin suddivide gli enzimi: 1) Enzimi che sono delle eteroproteine il cui gruppo prostetico è un derivato d'eme: del protoeme (catalasi, perossidasi), dello spirographisemo (citocromo ossidasi). In questi enzimi il gruppo prostetico è fermamente legato con valenze principali all'apoenzima;

2) Enzimi con un coenzima non metallico. Il coenzima o gruppo prostetico è più o meno saldamente legato alla proteina e in certi casi questo legame è assai debole. Rientrano in questo gruppo tutti quegli enzimi cui si è accennato (carbossilasi, ecc.);

3) Enzimi che sono delle metallo proteine, cioè risultano dalla unione di una proteina con un metallo che rappresenta il coenzima. Appartengono a questo gruppo l'anidrasi carbonica (Zn), le polifenolossidasi (Cu), l'acido ascorbico ossidasi (Cu), l'enolasi (Mn), ecc.;

4) Enzimi che idrolizzati dànno solo amino acidi e che sono quindi delle oloproteine (tripsina, pepsina, ureasi, ecc.).

II. Formazione e distribuzione degli enzimi nelle cellule. - Gli enzimi sono prodotti dalle cellule viventi e si trovano in tutto il regno vegetale ed animale. Circa la loro formazione si sa ancora ben poco. Sembra che la genesi di essi, e la loro apparizione in una determinata cellula o punto dell'organismo, sia il risultato di complessi meccanismi. Nella maggior parte dei casi la sintesi degli enzimi è condotta a termine completamente nella cellula stessa; in alcuni casi invece certi gruppi necessarî per la sintesi dell'enzima devono essere introdotti dall'esterno, come, per es., le vìtamine del gruppo B, che alcuni organismi non sono capaci di sintetizzare.

I moderni metodi della istochimica enzimatica, al cui sviluppo ha particolarmente contribuito A. Linderström Lang con la sua scuola, hanno permesso di studiare la ripartizione degli enzimi nelle varie cellule. Poiché il contenuto cellulare non si può considerare in nessun caso omogeneo, vi sono argomenti per sostenere che gli enzimi non sono ripartiti uniformemente nella cellula, ma sono legati ad elementi strutturali morfologicamente definiti.

III. Sostanze che modificano l'attività enzimatica. - Le numerose sostanze chimiche che modificano l'attività enzimatica sono state suddivise, a seconda della loro azione, in attivatori, inibitori, antiattivatori, anti-inibitori e coattivatori. Quest'ultime rinforzano l'attività di altre. Th. Bersin ha raggruppato sotto il nome di effettori tutte queste categorie di sostanze. Lo studio degli effettori è di notevole importanza sia dal punto di vista industriale che teorico in quanto permette, ad es., di mettere in evidenza la presenza di determinati raggruppamenti chimici nella molecola enzimatica.

Il primo atto della catalisi enzimatica è l'unione della molecola dell'enzima con quella del substrato E + E ⇄ S seguita dalla scissione del complesso nei prodotti di reazione e l'enzima ES ⇄ E + s + s′. Tenendo conto della costituzione degli enzimi in apoenzimi e coenzimi, si può, da un punto di vista generale, considerare la catalisi enzimatica come legata ad una successione di tre equilibrî apoenzima + coenzima ⇄ E; E + S ⇄ ES; ES ⇄ E + s + s′. Il primo di questi equilibrî regola la concentrazione in enzima, il secondo la combinazione enzima-substrato e il terzo la decomposizione del substrato in molecole più semplici. Gli effettori modificano la velocità delle reazioni: gli attivatori favoriscono lo spostamento degli equilibrî verso destra, gli inibitori l'impediscono o l'ostacolano. Ad es., la riboflavina agisce come inibitore del fermento giallo di Warburg in quanto si unisce, al posto della riboflavina esterificata, all'apoenzima di questi fermenti dando luogo ad un composto poco attivo. È questo un esempio di inibizione concorrente; e questo schema di inibizione è stato invocato da alcuni autori per spiegare il meccanismo d'azione di certi farmaci come i sulfamidici.

Inibitori specifici degli enzimi sono gli antienzimi, analoghi agli anticorpi, che l'organismo elabora in seguito all'introduzione parenterale di enzimi.

IV. Classificazione degli enzimi. - Secondo la maggior parte degli autori gli enzimi si distinguono in due grandi classi: enzimi idrolitici o idrolasi ed enzimi ossido riduttivi o desmolasi. Gli enzimi idrolitici catalizzano la scissione di molecole complesse mediante l'introduzione di molecole d'acqua. Recentemente si è dimostrato che accanto a reazioni idrolitiche esistono reazioni fosforolitiche nelle quali non è la molecola dell'acqua, ma è una molecola di acido fosforico, che determina la scissione. Tali reazioni hanno una notevole importanza principalmente nella fermentazione alcolica dei disaccaridi. Nelle reazioni idrolitiche è trascurabile la quantità di energia che viene liberata. Secondo la classificazione di Kraut le idrolasi si distinguono in quattro gruppi: glicosidasi, esterasi, amidasi e proteasi. Le prime scindono i legami glucosidici, le seconde il legame tra alcool e acidi, le amidasi e le proteasi il legame tra carbonio e azoto. Ciascuno di questi gruppi, a sua volta, si distingue in poche categorie fondamentali in rapporto principalmente, ma non esclusivamente, alla natura del legame che tiene uniti i varî costituenti della molecola complessa. In base a questa classificazione il concetto di specificità assoluta degli enzimi, e cioè che per ogni substrato esiste un determinato enzima capace di scinderlo o di sintetizzarlo, viene sostituito dal concetto di specificità di gruppi. Le desmolasi sono quegli enzimi che scindono i legami tra carbonio e carbonio, distruggendo perciò lo scheletro carbonioso delle sostanze organiche, e liberando più o meno completamente l'energia in esse accumulate. (Vedi anche ossidazioni biologiche e vitamine, in questa App.).

Bibl.: C. Oppenheimer, Die Fermente und ihre Wirkungen, Suppl. I-II, L'Aia 1936-39; H. Tauber, Enzyme Chemistry, New York 1937; F. F. Nord e Tr. W. Weidenhagen, handbuch der Enzymologie, Lipsia 1940; J.H. Northrop, Crystalline Enzymes, New York 1939; G. Quagliariello, Lezioni di chimica biologica, Napoli 1948; J. B. Sumner e G. F. Somers, Chemistry and methods of Enzymes, New York 1943; J. Rocke, Récentes acquisitions sur le rôle des métaux dans la structure et dans l'activité des enzymes à constituant métallique dissociable, Parigi 1946; M. Florkin, Introduction à la biochimie générale, Parigi 1946; H. Tauber, Enzyme technology, New York 1946; R. Abderhalden, Vitamine, Hormone, Fermente, Basilea 1946; L. Massart, Acquisitions récentes dans le domaine de l'enzymologie, Parigi 1948; F. F. Nord, Advances in Enzymology, I-VII, New York 1940-47; Enzymologia, rivista diretta da C. Oppenheimer (L'Aia).

Vedi anche
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