Cozzolino, Enzo
Proveniente da famiglia della media borghesia, cominciò ad arrampicare in Val Rosandra a 17 anni e in breve tempo divenne l'indiscusso innovatore dell'ambiente alpinistico triestino. Ispirandosi al mondo dello sport, introdusse nell'alpinismo l'uso della magnesite e delle scarpe da ginnastica, ma anche l'allenamento con i pesi e alla sbarra. Ma è stato per le sue idee rivoluzionarie, per la rinuncia al chiodo come mezzo di progressione, che è diventato un vero caposcuola mondiale di un alpinismo totale, veloce, senza compromessi, alla ricerca della perfezione. Tra le sue prime ascensioni sulle Dolomiti si ricordano lo Spigolo Ovest dello Spiz d'Agner Nord e la parete Sud della Punta Chiggiato (entrambe con Luciano Corsi nel 1970), la parete Nord dello Spiz d'Agner Sud, la via nuova sulla Est della Pala di San Martino (entrambe con Paolo Rumiz nel 1970) e il suo capolavoro, il Diedro Nord del Piccolo Mangart (con Armando Bernardini nel 1970), un giorno e mezzo di salita, usando solo dieci chiodi. Nell'estate del 1971, con Adelchi Casali, tracciò una nuova via sulla parete Ovest della Cima Busazza (Monte Civetta); poi, con Fabio Ardesi, un'altra sulla Nord del Piz Popera. In agosto, ancora con Bernardini, salì la Ovest della Terza Sorella del Sorapiss. Notevoli le sue due prime invernali del 1968: lo Spigolo Sud della Torre di Fanis e la via Julia alla Tofana di Rozes. Nel gennaio 1972 tracciò, con Flavio Ghio, la 'via dei Fachiri' sulla parete Sudovest della Cima Scotoni, una via nuova aperta d'inverno, cosa assai anomala per quei tempi; in 600 metri, con lunghezze di VI e VII grado, i due usarono solo 12 chiodi. Nel 1969 aveva salito in prima invernale solitaria la via Pisoni alla Torre Delago, sulle Dolomiti, ma durante un'ascensione in solitaria (via Soldà alla Torre di Babele) trovò la morte.