PACI, Enzo
PACI, Enzo. – Nacque a Monterado (Ancona) il 18 settembre 1911, da Corrado, veterinario, e da Maria Sbriscia, ambedue di Senigallia.
Frequentò il liceo a Cuneo, dove il padre si era trasferito per lavoro, e si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Pavia. In quella sede seguì soprattutto le lezioni dello studioso di filosofia greca Adolfo Levi. Dopo due anni passò all’Università di Milano, attratto dal filosofo Antonio Banfi, con cui si laureò nel 1934 discutendo una tesi destinata a diventare la sua prima opera a stampa: Il significato del Parmenide nella filosofia di Platone (Messina-Milano 1938).
I corsi di Banfi vertevano su Edmund Husserl, Georg Simmel, Friedrich Nietzsche e Georg Wilhelm Friedrich Hegel, all’insegna di un razionalismo critico che rifiutava l’idealismo di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile, cui contrapponeva una visione della ragione come problematicismo umanistico. Dal maestro Paci apprese la fenomenologia husserliana e assorbì un’idea e una pratica non settoriali della cultura. Ne derivò la propensione a una fenomenologia delle espressioni culturali che non negava anzi rafforzava la speculazione teoretica.
Dell’esistenzialismo che veniva affermandosi in Francia e in Germania, Paci offrì una lettura in cui Sören Kierkegaard, Karl Jaspers e Jean Wahl prevalevano su Martin Heidegger: l’esistenza è còlta come possibilità, quindi è libertà in opposizione a ogni determinismo e nichilismo. Lungo questa interpretazione Paci incontrò Nicola Abbagnano, diventando con lui il capofila dell’‘esistenzialismo positivo’. Insieme, nel 1943, condussero per la rivista Primato, lettere e arti d’Italia, di Giuseppe Bottai, l’inchiesta sull’esistenzialismo, destinata a restare un riferimento nella storia della filosofia italiana del Novecento.
Nel 1940, diventato nel frattempo docente nei licei (Parma, Padova), si sposò con Elena Fagiolo, docente di materie scientifiche.
Nello stesso anno raccolse i saggi del periodo in Pensiero, esistenza e valore (Messina-Milano), dove ‘valore’ è cifra della trascendenza, mediazione tra l’assoluto del pensiero e la finitezza dell’esistenza. È il senso della fondazione che nel Paci maturo sarebbe diventata tensione alla verità; quando l’esistenza si fa valore l’individuo assurge a dignità di persona.
Alla politica complessiva di un Bottai mediatore tra le diverse anime del fascismo può essere ricondotta in ultima analisi l’attività pubblicistica di Paci nelle riviste dette giovanili degli anni Trenta. La riflessione banfiana sulla crisi dello spirito europeo come contrasto tra teoresi filosofica e totalità statuali si trasformò in lui in un interesse per il rapporto tra impegno politico e società che, in forme anche molto diverse, restò una costante di tutto il suo itinerario. Negli inediti quaderni di appunti, studiati da Amedeo Vigorelli, un ventenne Paci aveva cercato in Croce e in Gentile e soprattutto in Piero Gobetti una chiave di spiegazione della crisi della società italiana nel primo dopoguerra. Il fallimento della ‘rivoluzione liberale’ di Gobetti e prima ancora della democrazia parlamentare lo portò a condividere una visione della civiltà italica quale fondamento e centro della civiltà europea e quindi del ‘nuovo ordine’ da costruire, esprimendosi con toni vitalistici.
Il momento della verità giunse quando, richiamato alle armi allo scoppio della seconda guerra mondiale, catturato dopo l’8 settembre in Grecia e deportato negli Oflag (campi di prigionia per ufficiali) di Beniaminowo in Polonia e poi di Wieztendorf presso Amburgo, Paci rifiutò di aderire alla Repubblica sociale italiana (RSI), il che gli avrebbe permesso di rientrare in Italia. Testimonianze indipendenti (Antonio Rossi, Alessandro Natta) attestano che si adoperò sul piano morale per i commilitoni e fu apprezzato docente nei corsi organizzati nelle baracche.
Le lezioni su Thomas Mann, Thomas Stearns Eliot, Rainer Maria Rilke, Paul Valéry, Marcel Proust furono raccolte in Esistenza e immagine (Milano 1947). Del resto lo stesso Ingens sylva. Saggio sulla filosofia di G.B. Vico (ibid. 1949) può esser letto come una metafora della prigionia nella ‘barbarie’, e non solo perché l’occasione esterna fu il casuale possesso di un esemplare della biografia di Fausto Nicolini sul giovane Vico.
A Wieztendorf Paci entrò in contatto con un ufficiale francese prigioniero dal 1940, il filosofo Paul Ricoeur, che stava traducendo il primo libro delle Ideen di Husserl e strinse con lui un’amicizia duratura. Dopo il rientro in Italia, il 20 agosto 1945, poté abbracciare la figlia Francesca Romana, nata due anni prima, e rivide Banfi.
Nel diario, conservato nell’Archivio Enzo Paci, a Banfi che gli comunicava la sua adesione al Partito comunista italiano (PCI) parlando di ‘richiamo alla vita’, Paci oppose: «Un giorno lo sentii anch’io. Ma proprio perché non sapevo vivere e la vita mi mancava […] anch’io disprezzavo il puro uomo di cultura – una posizione che la mia anima ha duramente scontato […] in quei due anni di ascesi di fronte all’assoluto e alla morte […] Vivere nell’immanenza portando in sé il senso della trascendenza».
La saturazione della problematica esistenzialistica e la ripresa del confronto con lo storicismo italiano furono sviluppate in Il nulla e il problema dell’uomo (Torino 1950) e in Esistenzialismo e storicismo (Milano 1950).
Nel secondo si coagulò un dialogo iniziato dieci anni prima con Croce, cui Paci obiettava che la categoria del vitale o utile o economico precede le altre forme dello spirito, le quali dunque da essa nascono. Perciò esistenza e conflitto ossia esistenzialismo e storicismo non erano necessariamente antitetici. Il nulla e il problema dell’uomo è un’argomentazione a favore di un umanesimo che si avvale del neokantismo di Ernst Cassirer non meno che del Mondo magico di Ernesto de Martino: un etnologo inquieto cui Paci dedicò sempre una ricambiata attenzione.
Nel 1951 Paci fondò aut aut. Rivista di filosofia e di cultura. L’ascendenza kierkegaardiana del titolo va integrata con una dichiarazione nell’editoriale Civiltà o barbarie (1, pp. 3-5), che rimandava alla battaglia laica per la ‘libertà della cultura’, cui attendevano Norberto Bobbio e Umberto Campagnolo. Coadiuvato da Gillo Dorfles, da Luigi Rognoni e negli anni da più giovani collaboratori, aut aut si ritagliò presto un risalto anche internazionale dovuto alla varietà e modernità degli scritti ospitati, che andavano dall’architettura alla musica, dalla pittura alla poesia. Paci ebbe rapporti stretti con gli architetti razionalisti milanesi (Ernesto Rogers, Lodovico Belgiojoso) e fu nella redazione di Casabella-Continuità. L’apertura culturale fu parte integrante e significativa dell’approdo filosofico cui giunse all’inizio degli anni Cinquanta e che chiamò ‘relazionismo’.
Nello stesso 1951vinse la cattedra di filosofia teoretica a Pavia dove insegnò fino al 1958.
Dall’esistenzialismo al relazionismo (Messina-Firenze 1957) ricollocò sin dal titolo il più focalizzato Tempo e relazione (Torino 1954 [Milano 1965]), nei termini della ricerca di un fondamento più proprio. Il relazionismo è una ‘filosofia del tempo’, della sua ‘irreversibilità’ e dei processi delle situazioni esistenziali e degli sviluppi delle scienze e delle tecniche. È evidente il debito nei confronti dell’organicismo di Alfred North Whitehead. In questo sviluppo l’uomo dell’esistenzialismo sfugge a una possibile estenuazione, perché il soggetto è in una «visione “relazionata” della cultura, dell’arte, della vita» (p. 11) e si apre alla storicità concreta, di contro insomma alle assolutizzazioni disincarnate dell’idealismo e dello scientismo. Nella relazionalità del finito Paci innestò, oltre a una rilettura dello ‘schematismo trascendentale’ di Kant in quanto sintesi tra l’empirico e il concettuale, i fondamenti della fenomenologia: il rigore della ‘riduzione’, la messa tra parentesi dei ‘pre-giudizi’, l’‘andare alle cose stesse’.
Così il successivo e pieno ‘ritorno a Husserl’ fu anche una reinterpretazione del primo Husserl dell’apprendistato banfiano e si inserì nella Husserl-Renaissance che andava manifestandosi in Europa grazie alla pubblicazione degli inediti a cura di Hermann Leo Van Breda: una strategia di traduzioni e studi il cui acme fu la cura dell’Omaggio a Husserl (Milano 1960).
Il passaggio nel 1958 da Pavia all’Università di Milano fu il consolidamento di un ruolo di magistero non dalla sola cattedra, in quanto esercitato anche mediante le case editrici e le conferenze. Nacquero infatti come trasmissioni del Terzo programma della Radio italiana la Storia del pensiero presocratico (Torino 1957) e La filosofia contemporanea (Milano 1957; nuova ed. accresciuta, ibid. 1974), nonché L’opera di Dostoevskij (Torino 1956).
I saggi e i corsi su Husserl tra la fine dei Cinquanta e i pieni Sessanta furono pubblicati in due opere tra le sue maggiori: Tempo e verità nella fenomenologia di Husserl (Bari 1961) e Funzione delle scienze e significato dell’uomo (Milano 1963). La fenomenologia nell’interpretazione paciana è teleologia, ossia orizzonte di un rapporto intenzionale e intersoggettivo in cui la prima persona, o persona come presenza ‘in carne e ossa’, eros e bisogno a un tempo, riacquistava un senso pratico-storico anche attraverso la epoché come esercizio di ascesi.
In mezzo, il Diario fenomenologico (Milano 1961) mostrò la continuità e l’importanza in Paci della ‘scrittura’ come cifra dello stretto nesso tra ‘Io autobiografico’ e ‘Io filosofante’ (Papi, 1990, pp. 215 s.), mentre la conferenza tenuta a Praga nel 1962 sul Significato dell’uomo in Marx e Husserl mise in chiaro che Paci intendeva raccordare il tema della originarietà del vissuto con le espressioni contemporanee del rifiuto delle feticizzazioni dell’uomo, della tecnica fine a se stessa e del lavoro alienato, vale a dire, l’ideologismo e l’oggettivazione. La critica dell’economia politica di Marx unitamente al marxismo italiano (Antonio Labriola, Rodolfo Mondolfo, Antonio Gramsci) cercò riconoscimento (e contraccambio) nel ‘precategoriale’ husserliano e nelle tesi antimaterialistiche della Critica della ragione dialettica (1960) di Jean-Paul Sartre.
Nei movimenti studenteschi internazionali del Sessantotto Paci scorse il punto di inveramento della sua nuova stagione di rapporto tra impegno e società in mutazione e da mutare. Tenne conferenze ai seminari estivi di Korčula in Jugoslavia e in Università statunitensi e canadesi. Una riconsiderazione del ‘negativo’ e un riordinamento del suo intero lavoro filosofico con un rimando finale all’utopia come rinascita di Ernst Bloch, in Idee per una enciclopedia fenomenologica (Milano 1973), chiusero la sua vita sempre attiva.
Morì a Milano il 21 luglio 1976.
Opere: Oltre a quelle citate: Principi di una filosofa dell’essere, Modena 1939; Introduzione e scelta a F. Nietzsche, Antologia, Milano 1940; Relazioni e significati I (Filosofia e fenomenologia della cultura), ibid. 1965; Relazioni e significati II (Kierkegaard e Th. Mann), ibid. 1965; Relazioni e significati III (Critica e dialettica), ibid. 1966; Prefazione alla III edizione italiana di E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, ibid. 1968; Colloqui con Banfi, in aut aut, 1986, 214-215, pp. 72-77; Il senso delle parole (1963-1974), a cura di P.A. Rovatti, Milano 1987 (contiene Sulla fenomenologia del negativo, 1974).
Fonti e Bibl.: Le carte personali e la biblioteca sono conservate presso l’Archivio Enzo Paci a Milano. G. Semerari, L’opera e il pensiero di E. P., in Rivista critica di storia della filosofia, XXXII (1977), pp. 78-94; Bibliografia degli scrittidi E. P., a cura di A. Civita, Firenze 1983, da integrare con Strumenti bibliografici, a cura di A. Sardi, in Omaggio a P., I, Testimonianze; II, Incontri, a cura di E. Renzi - G. Scaramuzza; Attraverso la fenomenologia. L’esperienza filosofica di E. P., in aut aut, 1986, 214-215; G.D. Neri, 1945: Un confronto teologico-politico fra Banfi e Paci, ibid., pp. 57-71; A. Vigorelli, L’esistenzialismo positivo di E. P. Una biografia intellettuale (1929-1950), Milano 1987; F. Papi, Vita e filosofia. La scuola di Milano: Banfi, Cantoni, P., Preti, Milano 1990, pp. 215-234; Vita e verità. Interpretazione del pensiero di E. P., a cura di S. Zecchi, Milano 1991; L’esistenzialismo in Italia: i testi integrali dell’inchiesta su “Primato” nel 1943 e la discussione sulla filosofia dell’esistenza fino ai nostri giorni, a cura di B. Maiorca, Milano 1993; A. Natta, L’altra Resistenza. I militari italiani internati in Germania, Torino 1997, p. 65; S. Mancini, L’orizzonte del senso. Verità e mondo in Bloch, Merleau-Ponty, P., Milano 2005; A. Rossi, Deportato n. 5500. 8 settembre 1943 - 6 settembre 1945, Fasano 2005; In ricordo di un maestro. E. P. a trent’anni dalla morte, a cura di G. Cacciatore - A. Di Miele, Napoli 2009; E. Renzi, E. P. e Paul Ricoeur. In un dialogo e dodici saggi, Milano 2010; Il coraggio della filosofia. aut aut, 1951-2011, a cura di P.A. Rovatti, Milano 2011; A. Di Miele, Antonio Banfi E. P.: Crisi, eros, prassi, Milano 2012.