medicina di genere Locuzione con cui si indica un approccio interdisciplinare alla salute, attento alle differenze tra sesso biologico e genere psico-socio-culturale e in grado di superare la frattura storica tra cultura scientifica e umanistica, riconoscendo che uomini e donne, pur morfologicamente simili, rispondono diversamente alla prevenzione, alla diagnosi e alla terapia. Dimensione trasversale, e non separata, che investe tutte le discipline sanitarie, la medicina di genere è nata negli anni Novanta negli Stati Uniti grazie ai lavori pionieristici della cardiologa statunitense B. Healy, affermandosi in Italia con il decreto attuativo all’art. 3 della l. 3/2018, con cui il Ministro della salute ha approvato formalmente il Piano per la sua applicazione e diffusione sul territorio nazionale. Questo approccio integra dati quantitativi e qualitativi, biomedicina e scienze umane, contribuendo a un cambiamento epistemologico che investe anche le politiche sanitarie, costituendosi come paradigma trasformativo atto a rileggere la medicina in chiave equa e personalizzata, migliorando la qualità dell’assistenza e richiedendo formazione continua, adeguamento normativo e consapevolezza culturale. Il ginecologo israeliano M. Glezerman ha proposto la definizione di medicina basata su sesso e genere, sottolineando la necessità di assumere nell’approccio medico i dati fondanti costituiti dalle differenze fisiopatologiche tra i sessi e dalle identità di genere, e ampliando la prospettiva di una medicina sensibile al sesso e al genere (SGSM), nell'ottica della definizione di approcci intersezionali che includano altri determinanti della salute.