epa
Il sostantivo è usato sempre nell'Inferno, nel senso di " ventre ", con riferimento a dannati: una volta in forma plurale (XXV 82, in rima con sepe e pepe), per i ladri fiorentini Buoso e Puccio, altre due volte al singolare (XXX 102 e 119), per indicare il ventre gonfio (l'epa croia) del falsario mastro Adamo. Anche al v. 119 è in rima, con crepa e assiepa. Già usato da Brunetto Latini (Tesoretto 2837 " mette tanto in epa / che talora ne crepa ", ove è da notare che risponde in rima, come in D., a crepa), è, secondo il Contini (Poeti II 273 nota), " oscuro vocabolo espressionistico (per cui è stato proposto l'etimo greco ἧπαρ, che converrebbe a parola ‛ goliardica '), usato poi da Dante... e di lì diffuso nella conoscenza corrente ".