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epentesi

di Luciano Romito - Enciclopedia dell'Italiano (2010)
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epentesi

Luciano Romito

Definizione

L’epentesi (dal tardo lat. epenthĕsis, a sua volta dal gr. epénthesis «inserzione») è un fenomeno fonetico che consiste nell’inserimento di un suono non etimologico in una parola o una sequenza fonica. Quando l’elemento inserito è un suono vocalico l’epentesi è detta anaptissi (dal gr. anáptyksis «apertura», dal verbo anaptýssō «aprire, svolgere»). Il contrario dell’epentesi è il fenomeno della ➔ sincope. Fenomeni simili, ma con inserzioni all’inizio o alla fine di parola, sono rispettivamente la prostesi e la ➔ epitesi.

La ragione dell’epentesi va ricercata nell’eufonia, lo sforzo di rendere gradevole all’udito una sequenza di suoni percepita come dura o straniera o nella semplificazione sillabica. Tale processo è molto produttivo, generando storicamente nuove forme divenute in seguito standard nelle lingue romanze. Ad es., la parola ruina, impronunciabile per i latini, si attesterà in italiano come rovina per epentesi del suono [v], così come in francese l’epentesi di [t] in a -[t]- il interrompe il difficile iato [aˈi].

Diverso è il caso di similare, che diventa prima simlare e poi, per epentesi di [b], sembrare. Negli esempi menzionati il fenomeno di epentesi è intervenuto non esclusivamente per una ragione eufonica, bensì per interrompere una sequenza consonantica sentita come difficile e soprattutto per compensare un’improbabile divisione sillabica.

Produttività

L’epentesi oggi non è produttiva nella formazione di nuove parole, ma risulta molto attestata nel parlato (difatti il fenomeno solo raramente ha qualche effetto sulla forma scritta e in questo caso il testo sarà popolare e non standard). L’epentesi semplifica i nessi consonantici e alleggerisce le sillabe pesanti tendendo ad una struttura di sillaba semplice e naturale per l’italiano come CV (consonante-vocale). Nel caso di un’inserzione di vocale, il fenomeno (come già detto) è indicato come anaptissi. Molte lingue romanze inseriscono nel parlato un suono vocalico centrale, indistinto e neutro chiamato ➔ scevà (o anche schwa, pepet o, alla francese, e muette «e muta»), indicato dal simbolo fonetico [ə]. Ad es., il nesso consonantico [ps] in italiano è sentito come difficile o straniero, sicché in diverse varietà locali si inserisce una vocale epentetica come [ɪ] o [ə] tra la prima e la seconda consonante, dando luogo alle forme parlate [pɪsikoloˈʤia] o [pɪsːikoloˈʤia]. Nel parlato, si ha epentesi vocalica anche per adattare alcune parole di origine straniera, a una forma sillabica ritenuta canonica per l’italiano: così in Brooklyn che per anaptissi di [o] si pronuncia, in alcune parti d’Italia, [ˈbrokːolin] o [ˈbrʊkːʊlin] (➔ adattamento).

Come per tutti gli altri fenomeni fonologici o fonetici, anche l’epentesi ha nel parlato diverse realizzazioni. Ad es., alga verrà realizzato come [aˈliːga] in quasi tutta l’Italia settentr., mentre in quasi tutta l’Italia merid. si sente come difficile il nesso [pn]: così pneumatico è pronunciato [pəneuˈmaːtiko] o, nei casi estremi e più popolari (Sicilia e Calabria), anche [pinːeuˈmaːtiko]. In Toscana sono diversi i nessi sentiti come difficili. Essi sono soprattutto quelli il cui secondo segmento è una nasale o una laterale come in [zm], [pl], [tm] e [gl]. Il fenomeno dell’anaptissi porta a inserire un segmento vocalico ristrutturando la sequenza sillabica della parola e semplificando il nesso consonantico: per es., fantasma [fanˈtaːzima], biasma «biasimo» [ˈbjaːzima], asma [ˈansima], inglese [ingəˈleːze].

In Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Salento, Sicilia, Lazio, Abruzzo e Molise oltre al nesso [tm], come in atmosfera che si pronuncia [atəmoˈsfeːra], anche i nessi [kn], [pr] e [ml] subiscono anaptissi: tecnica si pronuncia [ˈtekːəniːka], proprietà [propərjeˈta] e Amleto sarà [aməˈleːto] (Canepari 1979: 221; Sobrero 1974: 61 e 1988: 734).

Oltre all’anaptissi, anche l’epentesi consonantica si realizza al fine di interrompere iati non naturali. Così, ad es., in Abruzzo l’epentesi di una spirante sonora [ɣ] si inserisce in iati di tipo [eo] o [ea] creando sillabe CVCV come negli esempi Amedeo [ameˈdeːɣo] e idea [iˈdeːɣa] (Giammarco 1960: 152).

Un ulteriore problema riguarda, nel parlato spontaneo, l’incontro di due vocali o consonanti appartenenti a parole differenti, come, ad es., due anatre o in Svizzera. In questo caso potremmo parlare di epitesi o prostesi se consideriamo la singola parola lessicale, e di epentesi o anaptissi se consideriamo invece la parola fonologica. Nel caso particolare in Basilicata (a Muro, Lugano e Bella) e nella Puglia settentrionale si ha epentesi dell’occlusiva [g] nel caso di incontro tra due vocali: per es., due anatre si produrrà [dueˈgaːnatre] (cfr. De Blasi 1992: 748); in Toscana il crearsi di un nesso [nz] durante la produzione orale di in Svizzera porterà ad anaptissi di [ɪ] e quindi alla produzione di [inɪzviˈtːseːra], che ha un riflesso anche nella forma grafica (in Isvizzera). Sebbene fuori moda, anche nell’italiano generale si usano, nella scrittura non meno che nella pronuncia, forme epentetiche con in e per e talune parole: per iscritto, in Ispagna, in ispirito, ecc. Sempre in Toscana l’incontro tra due parole differenti con rafforzamento fonosintattico causa anaptissi: per es., è nudo diventerà [ɛ iˈɲːuːdo] (Sobrero 1974: 61).

Nel parlato, quasi tutte le forme di epentesi e di anaptissi vengono interpretate come popolari e non colte.

Studi

Canepari, Luciano (1979), Introduzione alla fonetica, Torino, Einaudi.

De Blasi, Nicola (1992), La Basilicata, in L’italiano nelle regioni. Lingua nazionale e identità regionali, a cura di F. Bruni, Torino, UTET, pp. 720-750.

Giammarco, Ernesto (1960), Grammatica delle parlate d’Abruzzo e Molise, Pescara, Artigianelli.

Sobrero, Alberto A. (1974), Una società fra dialetto e lingua, Lecce, Milella.

Sobrero, Alberto A. (1988), Italiano regionale, in Lexikon der Romanistischen Linguistik (LRL), hrsg. von G. Holtus, M. Metzeltin & C. Schmitt, Tübingen, Niemayer, 8 voll., vol. 4º (Italienisch, Korsisch, Sardisch), pp. 732-748.

Vedi anche
scevà Nella terminologia della scuola masoretica di Tiberiade, nome (dall’ebraico shĕwā, der. di shaw «niente») di un simbolo grafico ebraico che viene sottoscritto a un grafema consonantico e ha diverse funzioni: lo s. naḥ (o quiescente) denota assenza di vocale dopo la consonante soprascritta; lo s. na‛ ... nasale In linguistica, suono (vocale o consonante) che comporta una risonanza nelle fosse nasali. Nelle articolazioni nasali, in aggiunta ai fenomeni articolatori orali, si presenta l’abbassamento del velo palatino con conseguente inserimento delle cavità nasali nel meccanismo fonatorio. Una consonante n. può ... plurale In linguistica e grammatica, un aspetto della categoria grammaticale del numero che, contrapposto al singolare (e, dove esiste, al duale, triale e quattrale), indica che le persone o le cose sono più di una (e rispettivamente più di due, tre, quattro). Mentre nelle lingue indoeuropee il p. è distinto ... inglese Lingua ufficiale del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, di alcuni Stati del Commonwealth (Australia, Canada, Nuova Zelanda), delle dipendenze e degli USA; è inoltre la lingua più usata nella Repubblica d’Irlanda, è una delle due lingue ufficiali della Repubblica Sudafricana; è anche alla ...
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Vocabolario
epènteṡi
epentesi epènteṡi s. f. [dal lat. tardo epenthĕsis, gr. ἐπένϑεσις «inserzione»]. – 1. In linguistica, immissione, nell’interno di un gruppo fonetico o sintattico, di un suono non etimologico; per es. -p- nel lat. emptus per *emtus, -v-...
qualcheduno
qualcheduno pron. indef. [comp. di qualche e uno, con epentesi di -d- eufonico]. – Forma meno com. (ma, in Toscana e altre regioni, più pop.) di qualcuno, di cui ha il medesimo significato.
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