epentesi
L’epentesi (dal tardo lat. epenthĕsis, a sua volta dal gr. epénthesis «inserzione») è un fenomeno fonetico che consiste nell’inserimento di un suono non etimologico in una parola o una sequenza fonica. Quando l’elemento inserito è un suono vocalico l’epentesi è detta anaptissi (dal gr. anáptyksis «apertura», dal verbo anaptýssō «aprire, svolgere»). Il contrario dell’epentesi è il fenomeno della ➔ sincope. Fenomeni simili, ma con inserzioni all’inizio o alla fine di parola, sono rispettivamente la prostesi e la ➔ epitesi.
La ragione dell’epentesi va ricercata nell’eufonia, lo sforzo di rendere gradevole all’udito una sequenza di suoni percepita come dura o straniera o nella semplificazione sillabica. Tale processo è molto produttivo, generando storicamente nuove forme divenute in seguito standard nelle lingue romanze. Ad es., la parola ruina, impronunciabile per i latini, si attesterà in italiano come rovina per epentesi del suono [v], così come in francese l’epentesi di [t] in a -[t]- il interrompe il difficile iato [aˈi].
Diverso è il caso di similare, che diventa prima simlare e poi, per epentesi di [b], sembrare. Negli esempi menzionati il fenomeno di epentesi è intervenuto non esclusivamente per una ragione eufonica, bensì per interrompere una sequenza consonantica sentita come difficile e soprattutto per compensare un’improbabile divisione sillabica.
L’epentesi oggi non è produttiva nella formazione di nuove parole, ma risulta molto attestata nel parlato (difatti il fenomeno solo raramente ha qualche effetto sulla forma scritta e in questo caso il testo sarà popolare e non standard). L’epentesi semplifica i nessi consonantici e alleggerisce le sillabe pesanti tendendo ad una struttura di sillaba semplice e naturale per l’italiano come CV (consonante-vocale). Nel caso di un’inserzione di vocale, il fenomeno (come già detto) è indicato come anaptissi. Molte lingue romanze inseriscono nel parlato un suono vocalico centrale, indistinto e neutro chiamato ➔ scevà (o anche schwa, pepet o, alla francese, e muette «e muta»), indicato dal simbolo fonetico [ə]. Ad es., il nesso consonantico [ps] in italiano è sentito come difficile o straniero, sicché in diverse varietà locali si inserisce una vocale epentetica come [ɪ] o [ə] tra la prima e la seconda consonante, dando luogo alle forme parlate [pɪsikoloˈʤia] o [pɪsːikoloˈʤia]. Nel parlato, si ha epentesi vocalica anche per adattare alcune parole di origine straniera, a una forma sillabica ritenuta canonica per l’italiano: così in Brooklyn che per anaptissi di [o] si pronuncia, in alcune parti d’Italia, [ˈbrokːolin] o [ˈbrʊkːʊlin] (➔ adattamento).
Come per tutti gli altri fenomeni fonologici o fonetici, anche l’epentesi ha nel parlato diverse realizzazioni. Ad es., alga verrà realizzato come [aˈliːga] in quasi tutta l’Italia settentr., mentre in quasi tutta l’Italia merid. si sente come difficile il nesso [pn]: così pneumatico è pronunciato [pəneuˈmaːtiko] o, nei casi estremi e più popolari (Sicilia e Calabria), anche [pinːeuˈmaːtiko]. In Toscana sono diversi i nessi sentiti come difficili. Essi sono soprattutto quelli il cui secondo segmento è una nasale o una laterale come in [zm], [pl], [tm] e [gl]. Il fenomeno dell’anaptissi porta a inserire un segmento vocalico ristrutturando la sequenza sillabica della parola e semplificando il nesso consonantico: per es., fantasma [fanˈtaːzima], biasma «biasimo» [ˈbjaːzima], asma [ˈansima], inglese [ingəˈleːze].
In Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Salento, Sicilia, Lazio, Abruzzo e Molise oltre al nesso [tm], come in atmosfera che si pronuncia [atəmoˈsfeːra], anche i nessi [kn], [pr] e [ml] subiscono anaptissi: tecnica si pronuncia [ˈtekːəniːka], proprietà [propərjeˈta] e Amleto sarà [aməˈleːto] (Canepari 1979: 221; Sobrero 1974: 61 e 1988: 734).
Oltre all’anaptissi, anche l’epentesi consonantica si realizza al fine di interrompere iati non naturali. Così, ad es., in Abruzzo l’epentesi di una spirante sonora [ɣ] si inserisce in iati di tipo [eo] o [ea] creando sillabe CVCV come negli esempi Amedeo [ameˈdeːɣo] e idea [iˈdeːɣa] (Giammarco 1960: 152).
Un ulteriore problema riguarda, nel parlato spontaneo, l’incontro di due vocali o consonanti appartenenti a parole differenti, come, ad es., due anatre o in Svizzera. In questo caso potremmo parlare di epitesi o prostesi se consideriamo la singola parola lessicale, e di epentesi o anaptissi se consideriamo invece la parola fonologica. Nel caso particolare in Basilicata (a Muro, Lugano e Bella) e nella Puglia settentrionale si ha epentesi dell’occlusiva [g] nel caso di incontro tra due vocali: per es., due anatre si produrrà [dueˈgaːnatre] (cfr. De Blasi 1992: 748); in Toscana il crearsi di un nesso [nz] durante la produzione orale di in Svizzera porterà ad anaptissi di [ɪ] e quindi alla produzione di [inɪzviˈtːseːra], che ha un riflesso anche nella forma grafica (in Isvizzera). Sebbene fuori moda, anche nell’italiano generale si usano, nella scrittura non meno che nella pronuncia, forme epentetiche con in e per e talune parole: per iscritto, in Ispagna, in ispirito, ecc. Sempre in Toscana l’incontro tra due parole differenti con rafforzamento fonosintattico causa anaptissi: per es., è nudo diventerà [ɛ iˈɲːuːdo] (Sobrero 1974: 61).
Nel parlato, quasi tutte le forme di epentesi e di anaptissi vengono interpretate come popolari e non colte.
Canepari, Luciano (1979), Introduzione alla fonetica, Torino, Einaudi.
De Blasi, Nicola (1992), La Basilicata, in L’italiano nelle regioni. Lingua nazionale e identità regionali, a cura di F. Bruni, Torino, UTET, pp. 720-750.
Giammarco, Ernesto (1960), Grammatica delle parlate d’Abruzzo e Molise, Pescara, Artigianelli.
Sobrero, Alberto A. (1974), Una società fra dialetto e lingua, Lecce, Milella.
Sobrero, Alberto A. (1988), Italiano regionale, in Lexikon der Romanistischen Linguistik (LRL), hrsg. von G. Holtus, M. Metzeltin & C. Schmitt, Tübingen, Niemayer, 8 voll., vol. 4º (Italienisch, Korsisch, Sardisch), pp. 732-748.