epicureismo
Dottrina filosofica che fa capo a Epicuro (➔) di Samo, il quale fondò il primo nucleo della sua scuola a Mitilene tra il 312 e il 310 a.C. e di lì la trasferì a Lampsaco, quindi, nel 306, ad Atene, fissandone stabilmente la sede nella casa con giardino che lasciò in eredità ai suoi discepoli, noti già nell’antichità come «quelli del Giardino». Le lettere di Epicuro, i papiri di Ercolano e varie altre fonti permettono di delineare ritratti abbastanza precisi dei membri della scuola, primo tra tutti Metrodoro di Lampsaco (330 ca.- 277 a.C. ca.), destinato a succedere a Epicuro nello scolarcato se una morte prematura non lo avesse colto sette anni prima della scomparsa del maestro; Epicuro lo tenne in grande stima, condivise con lui il titolo di σοφός («sapiente») e si ricordò dei suoi figli nel testamento. Metrodoro fu autore di scritti polemici contro medici, dialettici e sofisti, nonché contro il fratello Timocrate, che aveva abbandonato la scuola. Tra i seguaci di Epicuro si ricordano inoltre Idomeneo di Lampsaco, che ebbe un importante ruolo politico e scrisse su Socrate e i socratici; Colote di Lampsaco, autore di scritti polemici contro Platone e di una confutazione generale di tutte le dottrine filosofiche diverse da quella epicurea, dal titolo Non è possibile vivere secondo le dottrine degli altri filosofi, cui Plutarco replicò con due celebri scritti Contro Colote e Non è possibile vivere felicemente secondo Epicuro; Ermarco di Mitilene (325-250 a.C. ca.), che successe a Epicuro nella direzione del Giardino e fu autore di scritti polemici contro Empedocle, Platone e Aristotele; e infine Polistrato, discepolo e successore di Ermarco, autore di uno scritto Sul disprezzo irragionevole delle opinioni popolari, parzialmente restituitoci dai papiri di Ercolano, in cui si criticano i rimedi delle altre scuole contro le opinioni del volgo, sostenendo che solo la dottrina epicurea garantisce la liberazione da paure e superstizioni. Con Polistrato si conclude la fase dei discepoli diretti o immediatamente successivi di Epicuro; la storia dell’e. del periodo seguente non è tracciabile nella sua continuità. La scuola tese in questa fase a connotarsi in forte contrasto con lo stoicismo; tra i suoi membri di questo periodo vanno ricordati Apollodoro di Atene (noto come «il tiranno del Giardino»), Zenone di Sidone, Demetrio Lacone e Fedro, che fu maestro di Cicerone. Nel 1° sec. a.C. Filodemo di Gadara (110 ca.- 35 a.C. ca.), allievo di Zenone e mediatore fecondo della cultura greca in area romana, fondò il circolo epicureo napoletano. Sostenuto da Lucio Calpurnio Pisone Cesonino – suocero di Cesare e proprietario della villa di Ercolano in cui era collocata la ricca biblioteca di testi filosofici epicurei parzialmente restituitaci dai papiri scoperti attorno al 1750 – egli riuscì a raccogliere attorno a sé un cenacolo epicureo di prima grandezza, diventando amico di Cicerone, Virgilio e Orazio. Frammenti delle sue opere Sugli dei, Sul metodo induttivo (o «Sui segni»), Sulla retorica, Sulla musica e Sulla poesia, consentono di precisare alcuni punti della dottrina epicurea in questa fase del suo sviluppo. Massimo esponente dell’e. latino fu Lucrezio, vissuto nella prima metà del 1° sec. a.C. e autore del poema De rerum natura (trad. it. Sulla natura) in cui la forza liberatrice e rasserenante della filosofia epicurea viene tradotta nei toni della più alta e raffinata poesia. Nonostante l’avversione degli ambienti conservatori e tradizionalisti della cultura latina, l’e. registrò il favore degli ambienti cesariani e, in età augustea, del circolo di Mecenate, conservando una qualche vitalità anche in età imperiale. Marco Aurelio finanziò una cattedra di e., e attorno al 220 d.C. Diogene di Enoanda fece scolpire su una parete all’ingresso della città una iscrizione contenente le principali dottrine epicuree; la scuola si estinse nella seconda metà del 3° sec. e le opere di Epicuro e dei suoi seguaci andarono quasi interamente perdute. Nel Medioevo, scomparsa ogni fonte diretta, l’e. fu genericamente identificato con materialismo, ateismo, immoralismo. La riscoperta rinascimentale dell’e., legata soprattutto al ritrovamento del poema lucreziano e alle Vite di Diogene Laerzio, portò a una rivalutazione, prima dell’etica epicurea, poi anche della fisica atomistica: per questo secondo aspetto sarà decisiva, nel Seicento, l’opera di Gassendi (➔). L’e. offrirà ancora nel 18° sec. un contributo di grande rilievo alla sistemazione dei presupposti teorici della scienza, influendo soprattutto sui suoi esiti materialistici.