epidemia
Le malattie che non conoscono confini
Le malattie infettive contagiose sono causate da agenti patogeni che, in modo diretto o indiretto, possono infettare altri soggetti. Nelle malattie infettive non contagiose, invece, la trasmissione necessita dell’intervento di vettori o di particolari circostanze. Per contrarre una malattia infettiva, l’individuo deve essere esposto al microorganismo e trovarsi in uno stato di suscettibilità nei confronti dello specifico agente infettivo.
Storicamente la maggior parte delle pandemie è stata costituita da zoonosi, ossia malattie originate dalla convivenza degli esseri umani con animali da allevamento; due esempi tipici sono l’influenza e la tubercolosi. Di seguito un elenco delle pandemie più gravi degli ultimi decenni:
• L’influenza cosiddetta spagnola (1918-1919) iniziò nell’agosto del 1918 in tre diversi luoghi: Brest, in Francia; Boston, nel Massachusetts; Freetown in Sierra Leone. Si trattava di un ceppo di influenza particolarmente violento e letale. La malattia si diffuse in tutto il mondo, uccidendo 25 milioni di persone in 6 mesi (circa 17 milioni in India, 500.000 negli Stati Uniti e 200.000 nel Regno Unito). Finì dopo 18 mesi.
• L’influenza cosiddetta asiatica (1957-1958), rilevata per la prima volta in Cina nel febbraio del 1957, raggiunse gli Stati Uniti nel giugno dello stesso anno, facendo circa 70.000 morti. Il ceppo era il virus H2N2.
• Pandemia di colera (1960-1966). L’epidemia chiamata El Tor colpì l’Indonesia, raggiunse il Bangladesh nel 1963, l’India nel 1964, e l’Unione Sovietica nel 1966.
• L’influenza di Hong Kong (1968-1969). Il ceppo H3N2, emerso a Hong Kong nel 1968, raggiunse nello stesso anno di nuovo gli Stati Uniti e fece 34.000 vittime. Un virus H3N2 è ancora oggi in circolazione.
• La SARS (2003). Il virus, proveniente dalla Cina, si diffuse a Hong Kong e di lì fino a Taipei, Singapore, Toronto e in molte altre nazioni.
Dal punto di vista epidemiologico, le malattie infettive possono avere diverse vie di diffusione. Ci sono malattie molto contagiose e altre che lo sono meno. In base alla suscettibilità della popolazione e alla circolazione del germe, una malattia infettiva può manifestarsi in una popolazione in forma sporadica, endemica, epidemica o pandemica.
Il caso sporadico è quello che si manifesta in una popolazione in cui una certa malattia non è stabilmente presente. Tuttavia, alcune malattie infettive non contagiose, abitualmente sporadiche (come il tetano), sono causate da microrganismi stabilmente presenti nel territorio. In questi casi, i germi sono confinati nei loro serbatoi naturali e solo eccezionalmente penetrano in un ospite umano dando luogo alla malattia.
Una malattia si considera endemica quando l’agente responsabile è stabilmente presente e circola in una popolazione, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato ma uniforme nel tempo.
L’epidemia si verifica quando un soggetto ammalato contagia più di una persona e il numero dei casi di malattia aumenta rapidamente in breve tempo. L’infezione si diffonde, dunque, in una popolazione costituita da un numero sufficiente di soggetti suscettibili. Spesso si usa questo termine di fronte a un aumento del numero dei casi oltre l’atteso, in una particolare area o in uno specifico intervallo temporale.
Si tratta di una epidemia la cui diffusione interessa più aree geografiche del mondo, con un alto numero di casi gravi e una mortalità elevata. Nella storia si sono verificate numerose pandemie, oggi più frequenti per l’intensificarsi del transito di merci e persone tra punti anche molto lontani del Pianeta. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, le condizioni affinché si possa verificare una vera e propria pandemia sono tre: la comparsa di un nuovo agente patogeno; la capacità di tale agente di colpire gli uomini, creando gravi patologie; la capacità di tale agente di diffondersi rapidamente per contagio.
Esistono diverse malattie delle quali si è temuto potessero dare origine a nuove e catastrofiche pandemie: alcuni esempi sono la febbre lassa, la febbre della Rift Valley, il virus di Marburg (un filovirus responsabile di alcune importanti epidemie di febbri emorragiche ad elevata mortalità in Africa, tra cui destò preoccupazione quella del 2004 in Angola dove furono riportati dall’OMS circa 374 casi con 329 morti), il virus Ebola e vari tipi di febbre emorragica. La maggior parte di questi morbi sembra essere però troppo virulenta (e quindi rapida a uccidere) per potersi diffondere su vasta scala. Il virus dell’HIV può essere considerato pandemico, sebbene la sua diffusione (per ora inarrestabile nell’Africa sud-orientale) sia teoricamente controllabile con misure preventive di applicazione piuttosto semplice, e la sua importanza in Europa e nel resto del mondo occidentale sia al momento piuttosto ridotta. Dopo l’attacco terroristico del 2001 alle Torri Gemelle di New York, le istituzioni e i media hanno più volte fatto riferimento alla minaccia di azioni terroristiche con uso di armi biologiche, e dunque alla possibilità che una pandemia possa essere iniziata scientemente da un gruppo etnico o politico ai danni di un altro, liberando nell’ambiente agenti patogeni selezionati o modificati per ottenere gli effetti più devastanti. Sembra che si possa anche osservare una certa regolarità nelle pandemie di influenza, con intervalli di 20÷40 anni. A partire dal febbraio 2004 si sono cominciati a rilevare casi di influenza aviaria in Vietnam. Si teme che l’influenza aviaria possa combinarsi con ceppi di influenza umana, dando vita a una pandemia potenzialmente molto pericolosa. I movimenti di popolazione possono incrementare rapidamente la diffusione delle malattie infettive attraverso l‘importazione di casi da un territorio endemico a uno in cui i casi normalmente non si verificano, annullando di fatto qualunque confine per la diffusione delle patologie infettive.