EPIFANIA
. In senso specifico religioso, il termine epifania (ἐπιϕανεια "manifestazione") era usato dai Greci per indicare l'azione d'una divinità, che, invisibilmeme presente, con un segno qualsiasi (visione, sogno, miracolo, ecc.) rende manifesta la sua presenza.
Così nelle iscrizioni si ricordano le epifanie di Zeus a Pergamo, di Artemide in Efeso, Cnido, Magnesia, ecc. Quindi è che anche i Giudei ellenistici parlano talvolta delle epifanie di Jahvè, come i Settanta (II Re, VII, 23) e l'autore di II Maccabei (III, 24, ecc.). In modo speciale si pensa che Dio manifesti sé stesso con l'aiuto e la protezione prestata ai suoi devoti (questo è chiaramente il senso in II Macc., XIV, 15); onde la salute ottenuta per il favore di una divinità è anche l'epifania di essa (cfr. II Timoteo, I, 10 "l'epifania del nostro salvatore").
Altre volte epifania si adopera nello stesso senso di parusia (παρουσία, "venuta"), quando cioè si dice d'una divinità, la quale, dopo un'assenza, si rende presente in modo manifesto. Così nelle feste trieteriche di Dioniso si credeva che il nume, rimasto lontano per lo spazio di due anni (probabilmente nel regno dei morti), nel terzo ritornasse tra i suoi devoti, radunati per la festa, e li invadesse col suo furore. Ora vediamo da Diodoro Siculo (Bibl. histor., IV, 3,1-4) che appunto per questa occasione si adoperavano indistintamente le espressioni di epifania e di parusia di Dioniso (cfr. II Tessalonicesi, II, 8 "l'epifania della sua parusia", cioè la sua venuta manifesta e gloriosa).
I titoli teoforici attribuiti talora ad alcuni sovrani si fondavano sul presupposto che essi nelle loro imprese avessero dimostrato una speciale assistenza della divinità. Quindi il titolo che per es. era dato, come ci attestano le iscrizioni (Dittenberger, Sylloge, I, 347,6 segg.), a G. Cesare di "dio manifesto (ϑεὸν ἐπιϕανῆ) per opera di Marte e di Afrodite e comune salvatore (σωτῆρα) della vita umana". In questo senso strettamente tecnico, alcuni re, in specie tra i Seleucidi in Siria, erano soprannominati chi Epifane e chi Sotere. S. Paolo nel Nuovo Testamento parla dell'epifania di Gesù, della sua apparizione cioè non solo nella gloria divina della sua parusia alla fine dei tempi (II Tessal., II, 8; I Tim., VI, 14; II Tim., IV,1,8), ma anche sotto il velo dell'umanità durante la sua vita mortale (II Tim., I, 10; Tito, II, 11; III, 4).
Bibl.: E. Rohde, Psyche, 3ª ed., Tubinga 1921; M. Dibelius, Die Pastoralbriefe, Excursus in II Tim., 1, 10, in H. Lietzmann, Handb. z. Neuen Testament, 2ª ed., Tubinga 1931; O. Weinreich, Gebet und Winder, Stoccarda 1929.
La festa cristiana dell'epifania.
Varî sono i nomi con i quali nelle chiese orientali e occidentali viene designata questa festa, che si celebra oggi universalmente il 6 gennaio: τὰ ἐπιϕάνια, oppure ἡ ἐπιϕάνιος[ἡμέρα], oppure ϑεοϕάνεια, e anche ἡ ἑορτὴ τῶν ϕώτων (cioè, rispettivamente, "le manifestazioni", "il giorno manifestativo", "manifestazioni divine", festa delle luci"). In Occidente è chiamata festivitas declarationis da Leone Magno (Serm. de epiphania), e manifestatio da Fulgenzio (Paty. Lat., XLV, 732); in Ammiano Marcellino (XXI, 2) troviamo: feriarum die quem celebrantes mense januario christiani Epiphania dictitant. Da codesti nomi risulta chiaro il significato essenziale della festa cristiana: ricordo e celebrazione delle manifestazioni principali che Cristo ebbe a fare della sua divinità. In realtà, queste manifestazioni nella liturgia attuale sono ridotte al battesimo di Gesù nel Giordano, con la "voce dal cielo" (Matteo, III, 17; Marco, I, 11; Luca, III, 22); alla sua adorazione da parte dei Magi (Matteo, II,1-12); al primo suo miracolo (Giovanni, II,1-11): tutte e tre codeste manifestazioni possono vedersi esplicitamente ricordate nell'antifona al Benedictus. Ma per il popolo, in Occidente, ormai la festa non ricorda se non la venuta e l'adorazione dei Magi; e questo senso popolare ha un fondamento, oltre che nell'attuale liturgia latina, la quale in realtà si diffonde più su questa che non sulle altre manifestazioni, anche nella storia. Se infatti alcune antiche attestazioni documentarie ricordano la festa come quella del battesimo di Gesù, non poche parlano solo della venuta dei Magi, nei sermones per il giorno; particolarmente i documenti occidentali (S. Agostino e S. Fulgenzio, il Sacramentario Gelasiano). In Oriente, invece, e, pare, per i primissimi tempi in Occidente, il mistero in vista era ed è il battesimo di Gesù.
Circa l'origine della festa, raccogliendo i pochi dati offerti incidentalmente dagli scrittori, non si può venire a conclusioni certe né ampie. C'è stato chi ha voluto farla risalire ai tempi apostolici, ma senza prove: l'attestazione prima è in Clemente Alessandrino (Stromata, I, 21,45), ma Origene pare ignorarla (cfr. Contra Celsum, VIII, 72). Ippolito di Roma la ricorda, e il Calendario Filocaliano del 354 la ignora. Un passo di S. Agostino (Serm., 202; in Patr. Lat., XXXVIII, 1035) mentre attesta che i Donatisti non volevano saperne di questa celebrazione, in realtà prova che essa venne all'Occidente dalle chiese orientali. Il Natale e l'Epifania furono in realtà due feste che, non attestate nel sec. I della Chiesa, cominciano ad apparire vagamente nei secoli II e III, "nel corso del sec. IV, in una data che non si può precisare, cominciarono ad essere celebrate dappertutto" (Leclercq; v. Bibliografia, op. cit., col. 197). In quel secolo infatti l'Occidente prendeva dall'Oriente la festa dell'Epifania e l'Oriente dall'Occidente la festa del Natale del 25 dicembre (v. anche befana e befanata).
Bibl.: L. Duchesne, Origines du culte chrétien, 5ª ed., Parigi 1925, pp. 271-281; K. A. H. Kellner, L'anno eccles. e le feste dei santi, trad. ital., Roma 1914, pp. 119-158; H. Leclercq, Epiphanie, in Dict. d'arch. chrét., V, i, coll. 197-202.
Iconografia. - L'Adorazione dei Magi è soggetto molto diffuso fin nella primitiva arte cristiana. Nelle pitture cimiteriali i tre Magi vestiti all'orientale con berretto frigio, accorrono coi doni verso il Bambino che è in grembo alla vergine seduta. La stessa forma era in un mosaico del sec. IV, nella chiesa della Natività a Betlemme e si trova nei sarcofagi dei secoli V e VI a Roma, a Ravenna, in Francia, in cui alcune volte la composizione è variata dalla presenza di Giuseppe, dei pastori, o unita alla Natività. Altro intento, diverso da questo semplice e narrativo, segui invece il mosaicista di S. Maria Maggiore a Roma (sec. IV) isolando il Redentore su un ampio trono, e quello di S. Apollinare Nuovo a Ravenna (sec. VI) ponendo quattro angeli ai lati della vergine col Bambino. Nell'iconografia bizantina un angiolo accompagna i Magi offerenti (Santa Maria Antiqua; mosaico in S. M. in Cosmedin, a Roma. Miniature bizantine). In bassorilievi dei secoli XI-XIII, numerosissimi in Italia e oltralpe (portali di Verona e Parma; di Amiens, Chartres, Parigi, Reims, ecc.), la vergine, non più velata, ma incoronata, siede col Bambino su un ricco trono; i tre Magi col costume di re occidentali sono distinti per età e per posizione. Inoltre, l'episodio dell'Adorazione è spesso unito al viaggio, al sogno, e al ritorno dei re. In Italia, nel sec. XIII, gli artisti restarono più fedeli agli schemi antichi, nei mosaici del Battistero di Firenze, di S. Maria in Trastevere a Roma, nei bassorilievi di Nicola e Giovanni Pisano. Con Giotto, Lorenzo Monaco, fra Angelico, Botticelli, Ghirlandaio, Leonardo, Filippino Lippi, abbiamo una serie magnifica di Adorazioni ben lontane dalla forma tradizionale. Il viaggio dei Re, già indicato dall'arte bizantina e romanica, si sviluppa trionfalmente nell'arte italiana con Gentile da Fabriano, Pisanello, B. Gozzoli, spiegando tutta la pompa di costumi, che si poteva ammirare nei cortei dei Magi a Firenze e a Milano. Nell'arte nordica del Rinascimento la rappresentazione dell'Epifania seguì da Ruggero van der Weyden ad A. Dürer forme simili a quelle italiane. Poi il soggetto ebbe sempre minor fortuna nell'arte monumentale, benché si possano ricordare le Adorazioni del Rubens, del Poussin, del Tiepolo, ecc.; ma prese singolare sviluppo nello scenografico presepio (v.) dei secoli XVII e XVIII.
V. tavv. III-VI.
Bibl.: G. Millet, Recherches sur l'iconographie de l'évangile, parigi 1916, pp. 136-158; L. Bréhier, L'art chrétien, 2ª ed., Parigi 1928; R. Künstle, Ikonographie d. christl. Kunst, Friburgo 1928, p. 354 segg.; F. Cabrol e H. Leclercq, in Dict. d'arch. chrét., X, i, s. v.: Mages. Per bibliografia particolare: N. Hamilton, Die Darstellung der Anbetung d. heiligen drei Könige in der toskanischen Melerei von Giotto bis Leonardo, Strasburgo 1901; H. Kehrer, Die heiligen drei Könige in d. Legende und in d. deutschen bildenden Kunst bis A. Dürer, Strasburgo 1904; L. Raymond, A. Pératé, A. Rastoul, La natività de N-S. Jésus Christ, Parigi 1912.