Epifisi
In anatomia il termine epifisi (dal greco ἐπίϕυσις, derivato di ἐπιϕύω, "crescere sopra"), oltre a designare le estremità delle ossa lunghe, indica una ghiandola endocrina impari, annessa all'encefalo e rivestita dalla pia madre. Essa è costituita da un corpo a forma di pigna (donde l'epifisi è chiamata anche ghiandola pineale), di colore grigio-rossastro, lunghezza inferiore a 1 cm e peso di circa 100-150 mg, unito all'encefalo da un peduncolo situato sulla superficie dorsale del mesencefalo, tra le eminenze quadrigemine anteriori. Al microscopio l'epifisi risulta formata da neuroni modificati (pinealociti) e da elementi di sostegno, soprattutto cellule gliali.
Il primo riferimento alla ghiandola pineale si trova in Galeno (2° secolo d.C.), che la classificò fra le ghiandole di sostegno, non adibita a una funzione umorale e priva pertanto di un ruolo nella distribuzione del pneuma psichico. In epoca moderna, Cartesio la ritenne la principale sede dell'anima e del senso comune, in base a considerazioni anatomofisiologiche (è l'unica parte del cervello a non essere doppia, collocata all'incirca al centro della sostanza cerebrale, mobilissima, di costituzione molle e molto ricca di spiriti animali); secondo la spiegazione cartesiana delle funzioni sensomotorie dell'organismo, alla ghiandola pineale giungono gli stimoli sensoriali attraverso gli spiriti animali contenuti nelle cavità cerebrali; a sua volta la ghiandola, così sollecitata, invia attraverso i nervi gli spiriti animali nei muscoli, provocando i movimenti. L'ipotesi cartesiana ricevette ben presto critiche sia da parte filosofica sia da parte medica, finché N. Stenone, nel 1665, ne dimostrò l'infondatezza dei presupposti anatomici.
La funzione dell'epifisi rimase comunque in discussione e furono formulate ipotesi diverse, non sempre fondate su basi scientifiche: per es., è stata interpretata come un semplice organo vestigiale, simile al terzo occhio di Vertebrati inferiori (v. oltre), o come un organo in grado di produrre fattori inibitori della crescita o della maturazione sessuale, o fattori che potrebbero curare la schizofrenia o regolare lo schiarimento della cute. Nel 1898 O. Hübner, sulla base di osservazioni condotte su un bambino che presentava una pubertà prematura e che poco dopo morì per un tumore all'epifisi, ipotizzò che la ghiandola potesse produrre una sostanza in grado di inibire la maturazione sessuale fino a una certa età. Solo nel 1958 venne isolato un ormone prodotto dall'epifisi: la melatonina, un aminoacido modificato derivato dalla serotonina. È ormai evidente che, oltre alla funzione descritta da Hübner, la melatonina ha anche altri effetti, anche se il suo significato fisiologico non è ancora completamente chiarito. Attualmente, si stanno studiando altre sostanze isolate dall'epifisi: l'arginina vasotocina, il peptide epifisario antigonadotropinico e un fattore di rilascio delle gonadotropine diverso da quello ipotalamico.
L'epifisi, contrariamente alle altre ghiandole endocrine, non è sotto il controllo di fattori di rilascio o inibizione provenienti dalla circolazione sanguigna, ma sotto quello del sistema nervoso, in particolare della sua sezione simpatica; si può quindi considerare come un trasduttore neuroendocrino che converte impulsi nervosi in variazioni della secrezione ormonale. La produzione di melatonina è determinata dalla stimolazione luminosa (ritmo buio-luce), attraverso la via nervosa che dalla retina porta al nucleo mediale del sistema ottico accessorio, e quindi alle fibre simpatiche pregangliari del midollo spinale, al ganglio cervicale superiore e, infine, alle fibre postgangliari che liberano noradrenalina. La melatonina è sintetizzata a partire dal triptofano, il quale è trasformato in serotonina, a sua volta acetilata e metilata per l'intervento dell'enzima idrossindolo-O-metiltransferasi (HIOMT). La quantità di HIOMT è correlata con la luce, ma in modo diverso a seconda che l'animale sia diurno o notturno. Per es., la concentrazione dell'enzima aumenta con la luce in polli e macachi, mentre diminuisce nelle stesse condizioni nel ratto. Nella specie umana, la massima concentrazione di melatonina si ha durante la notte e la minima durante il giorno. Inoltre variazioni diurne sono associate ai ritmi giornalieri, al sonno, all'attività motoria e alle onde cerebrali, cosa che fa supporre un'azione della melatonina come regolatore dell'orologio interno. I disturbi da cambiamento di fuso orario (jet lag) potrebbero essere dovuti ai tempi necessari per ristabilire le concentrazioni di melatonina, la cui somministrazione orale può alleviare i sintomi dei disturbi stessi. All'epifisi è stata attribuita anche una sindrome di depressione stagionale, che si riscontra in alcuni individui con l'avvicinarsi dell'inverno e l'accorciarsi del giorno; essa produce stanchezza, letargia, difficoltà di concentrazione e, frequentemente, fame continua e grande desiderio di zuccheri (DAS, disordini affettivi stagionali). Spesso i disturbi scompaiono in primavera quando le giornate si allungano e, in alcuni casi, migliorano con l'esposizione a un'intensa illuminazione, che induce una diminuzione della produzione di melatonina. Per contro, negli individui sani la somministrazione di melatonina può determinare una sensazione di benessere, spesso, però, induce sonnolenza, aumento del numero di onde alfa negli elettroencefalogrammi e, in dosi elevate, cefalea e crampi addominali.
I risultati di esperimenti condotti su animali suggeriscono un'influenza dell'epifisi sugli apparati riproduttivi: per es., in pulcini maschi di un mese, a cui era stata estirpata l'epifisi, si è osservato uno sviluppo precoce dei caratteri sessuali primari e secondari, mentre Mammiferi trattati con estratti di epifisi vanno incontro a un ritardo dello sviluppo sessuale. Il dato si collega all'influenza dei ritmi di illuminazione sull'attività sessuale. Nel criceto, per es., giornate con più di 13 ore di oscurità stimolano la produzione di melatonina, che attraverso il fluido del terzo ventricolo o la circolazione sanguigna indurrebbe l'ipofisi a sopprimere la liberazione di ormoni gonadotropici, con conseguente inibizione e, in taluni casi, regressione delle gonadi. Attraverso la sintesi di melatonina, l'epifisi, quindi, regolerebbe i cicli riproduttivi stagionali, inibendo la produzione di gonadotropine da parte dell'ipofisi all'inizio dell'inverno. All'arrivo della primavera la produzione di gonadotropine riprende, dando inizio alla stagione degli amori. Questo ritmo stagionale è importante per molte specie delle regioni artiche o temperate, per le quali è necessario che i piccoli nascano in primavera così da avere temperature adeguate e disponibilità di cibo. Per quel che riguarda la specie umana, pur non esistendo dati sicuri, si è osservato che in caso di tumore pineale, con aumento della produzione di melatonina, si ha ipogonadismo, mentre tumori del tessuto circostante, che bloccano le funzioni epifisarie, comportano ipergonadismo.
Negli Anfibi e nei Rettili l'epifisi, di forma in genere sacciforme, è un organo fotosensibile, i cui secreti controllano l'iscurimento della cute, agendo su cellule che producono melanina. Nei Pesci primitivi Petromizonti (per es. le lamprede), l'organo pineale consiste in un'estroflessione della parte dorsale del diencefalo e può assumere le caratteristiche di un organo visivo, rivestito da una zona di cute non pigmentata trasparente. In alcuni Pesci, negli Anfibi Urodeli (per es. le salamandre) e nelle lucertole è presente un secondo componente, definito organo parapineale, o parietale, localizzato anteriormente a quello pineale. Nelle rane, l'estremità distale dell'organo parapineale, collegata con un peduncolo all'epifisi, è situata subito sotto l'epidermide della nuca ed è osservabile dall'esterno. Negli organi pineali sono presenti fibre e terminazioni nervose, nonché cellule dotate di funzioni fotorecettoriali simili a quelle della retina. La struttura più complessa si osserva in alcune lucertole primitive del genere Sphenodon, nella cui epifisi sono presenti una retina piuttosto semplice, con fotorecettori, cellule contenenti pigmenti, una struttura simile a una lente e cellule nervose e gangliari che costituiscono un nervo, tanto da rappresentare nell'insieme un abbozzo di occhio (il 'terzo occhio'). Le cellule sensoriali, contrariamente a ciò che avviene nella retina, sono rivolte verso l'interno. Questa struttura, che in alcuni sauri sporge attraverso un foro parietale, per alcuni sarebbe in grado di percepire la luce, per altri solo stimoli termici. Sempre tra i Rettili, i Cheloni (tartarughe) hanno epifisi con cellule secernenti melatonina, mentre i Lacertidi (lucertole) si trovano in una situazione di passaggio, in quanto in alcune specie la funzione fotosensoriale è ancora presente, in altre prevale quella secretrice.
Una ghiandola endocrina vera e propria si osserva negli Uccelli e nei Mammiferi, anche se negli Uccelli appaiono ancora dei fotorecettori. Si suppone che i pinealociti, cioè le cellule che secernono la melatonina, presenti nell'epifisi dei Mammiferi siano derivati dai fotorecettori dei Vertebrati primitivi; infatti, sebbene le capacità fotorecettive siano scomparse, in essi compaiono marcatori tipici delle cellule della retina. Riguardo all'entità della produzione ormonale, è interessante notare come Mammiferi appartenenti a specie diverse, come canguri, ratti e uomini, secernano quantità di melatonina simili, comprese tra 0,2 e 0,5 μg per grammo di ghiandola fresca.
L'epifisi si forma nell'embrione umano a partire dall'epitelio del tubo neurale della vescicola diencefalica: compare verso il 36° giorno dal concepimento come un ispessimento della parte posteriore del diencefalo; le cellule che migrano da questo ispessimento formano una lamina, i cui elementi costituiscono poi dei follicoli e, infine, i cordoni cellulari che si trovano nella ghiandola matura. Al 6° mese di gestazione si differenziano i pinealociti. Dopo la nascita, la ghiandola aumenta di dimensioni fino a raggiungere la massima estensione verso i 7 anni. I livelli ematici di melatonina sono elevati nei ragazzi preadolescenti e decrescono all'inizio della pubertà. Nell'adulto l'attività diminuisce e l'organo va progressivamente incontro a calcificazione, con la formazione della cosiddetta sabbia cerebrale o corpora arenacea, composta di fosfati e carbonati di calcio in una matrice organica. Questi depositi sono visibili nelle radiografie o nelle tomografie computerizzate in circa l'80% degli individui dai 30 anni in poi, con differenze nella frequenza di calcificazione a seconda del gruppo etnico.
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