EPILESSIA (XIV, p. 93)
La nozione di e. ha subìto in questi ultimi anni una notevole evoluzione grazie principalmente agli studî sperimentali e sull'uomo, che hanno condotto a una maggiore conoscenza della sua base anatomo-funzionale. Ciò ha comportato una più esatta interpretazione dei sintomi parossistici e ad una nuova sistematizzazione delle varie sindromi epilettiche: l'accesso di grande male e l'aura, per limitare l'esemplificazione a due manifestazioni che erano state oggetto di una interpretazione ritenuta classica, oggi vengono riguardate in maniera sensibilmente diversa.
Per quanto concerne la patogenesi della e. rimangono tuttora insoluti molti problemi. L'importanza della disposizione costituzionale, non solo per le forme idiopatiche ma anche per quelle secondarie è ancora ammessa. Tale disposizione va probabilmente identificata in una instabilità funzionale delle cellule nervose la cui natura è tuttavia in gran parte sconosciuta benché recenti ricerche biochimiche lascino supporre un substrato costituito da un alterato metabolismo della acetilcolina.
Molti studî sono stati inoltre consacrati alla ereditarietà della e., ma la complessità dei diversi aspetti di questo problema mal si presta a una traduzione in cifre percentuali senza ricorrere a una analisi dettagliata che esula dalla natura di questa esposizione. L'e. può manifestarsi in forma eredo-famigliare, particolarmente nel tipo idiopatico, ma la trasmissione non obbedisce alle comuni leggi mendeliane e si verifica quindi senza una regola in maniera del tutto imprevedibile. Probabilmente esiste una disposizione famigliare che non obbligatoriamente si traduce in una e. clinica, come starebbe a dimostrare la presenza di anomalie epilettiche nell'elettroencefalogramma di individui sani ma parenti di epilettici.
Il perfezionamento dei metodi di ricerca in neurofisiologia, e soprattutto l'elettroencefalografia, hanno fornito un contributo fondamentale agli studî sulla localizzazione degli accessi.
Si distinguono oggi non soltanto e. a punto di partenza dalla corteccia cerebrale - e. focali - ma anche e. la cui sede di origine è sottocorticale, in quel complesso di formazioni nervose indicato con il nome comprensivo di centroencefalo (Penfield, 1950). Esso comprende il talamo con il diencefalo, come pure il mesencefalo e il romboencefalo; il suo mediatore neuronico principale è un sistema di proiezione diffusa in gran parte identificabile nella "formazione reticolare". A questo sistema sarebbe devoluta la regolazione dello stato di coscienza. Lo stesso condizionerebbe la diffusione della scarica epilettica a tutto il cervello inducendo l'accesso epilettico generalizzato. Nel centroencefalo si colloca gran parte delle varietà cliniche di e. classificate come idiopatiche ed il suo interessamento, secondario in casi di epilessia focale, sarebbe responsabile della generalizzazione della crisi epilettica.
Varietà cliniche. - Epilessie centroencefaliche. - a) Grande male: è la forma più nota per la sua drammaticità. L'accesso interviene improvvisamente, e a differenza di quel che si riteneva in passato, non è preceduto da aura. La perdita di coscienza è immediata, tutti i muscoli si arrestano in una brusca contrazione tonica e l'individuo si abbatte al suolo. La spinta dell'aria, emessa in conseguenza della violenta contrazione dei muscoli respiratori attraverso la glottide serrata, è responsabile dell'urlo così caratteristico all'inizio dell'attacco. L'arresto del respiro determina una rapida cianosi. Nello spazio di pochi secondi i muscoli, prima paralizzati in ipertono, incominciano a presentare movimenti diffusi, ritmici e simmetrici (cloni), sempre più evidenti e più ampî. Dalla "fase tonica" si passa così a quella "clonica" durante la quale si osserva anche la ripresa del respiro e quindi la risoluzione della cianosi. Coesiste emissione di bava schiumosa dalla bocca, spesso frammista a sangue (morso della lingua). Vi è di regola incontinenza delle urine e, più di rado, perdita di feci o emissione di sperma. Dopo pochi secondi, anche i movimenti clonici cessano e l'individuo entra in uno stato di coma. Infine, dopo una fase di confusione più o meno protratta, subentra il sonno oppure vi è ripresa della coscienza. Nessun ricordo persiste di quanto è accaduto durante la crisi. La durata complessiva dell'accesso è di regola relativamente breve (5′-10′). Dopo l'attacco, il paziente lamenta astenia generale, intensa cefalea, irrequietezza e nervosimo. In alcuni casi l'accesso non è "tonico-clonico" come quello descritto, ma può osservarsi una prevalenza quasi esclusiva della fase tonica - "tipo tonico" -, oppure della fase clonica - "tipo clonico". In casi più rari l'accesso è di "tipo atonico" e presenta strette somiglianze con l'epilessia acinetica (v. oltre). Le crisi grande male possono osservarsi in qualsiasi età e la loro frequenza varia da caso a caso.
b) Piccolo male: è un tipo di e. caratteristico, anche se non esclusivo, della infanzia. Si manifesta infatti nella grande maggioranza dei casi in bambini di età compresa fra i 4 e i 10 anni, ed il sesso femminile è leggermente più colpito. Il sintomo esclusivo è costituito dalle "assenze", ossia sospensioni della coscienza, che di regola sono molto numerose (10-100 al giorno). Nella forma più comune le assenze si manifestano come una improvvisa e brevissima (1′-30″) sospensione della coscienza, con arresto di ogni attività motoria, rallentamento del respiro, senza caduta. Non esistono prodromi, né fenomeni postumi. La ripresa della coscienza è immediata, ed il bambino riprende la sua attività come se nulla fosse accaduto e senza conservare ricordo della assenza. Frequenti e caratteristiche durante l'assenza sono le mioclonie palpebrali (battito ritmico delle palpebre). Di regola coesistono pallore o rossore del volto. In alcune assenze, specie se protratte, si possono osservare automatismi di masticazione o di altro tipo difficilmente distinguibili da quelli della epilessia psicomotoria. Una diagnosi differenziale sarà possibile in questi casi solo sulla base del reperto elettroencefalografico. In altri casi l'assenza può associarsi a mioclonie degli arti più o meno intense - "piccolo male mioclonico" -, oppure ad una improvvisa e fuggace perdita del tono muscolare - "piccolo male acinetico". Può anche osservarsi uno "stato di piccolo male", ossia la ripetizione in strettissimo intervallo di tempo di assenze, oppure una assenza di durata particolarmente grande (diversi minuti), ed è in questi casi che si manifestano automatismi più o meno complessi dei quali si è già detto. Infine il piccolo male può associarsi al grande male - "varietà piccolo e grande male". In questi casi l'attacco di grande male è preceduto da una assenza generalmente protratta o da assenze subentranti.
c) Epilessia psicomotoria: tipo di e. centroencefalica che viene distinto dalla e. temporale, con cui presenta strettissime analogie, e dagli automatismi del piccolo male solo sulla base del reperto elettroencefalografico. L'attacco, che non è preceduto da un'aura, è caratterizzato da una parziale sospensione della coscienza, uno stato di confusione, durante il quale spesso si manifestano movimenti automatici di masticazione. Il paziente spesso palpa la propria persona o i vestiti, oppure afferra maldestramente gli oggetti a immediata portata di mano.
Epilessie focali. - Mentre nelle epilessie centroencefaliche l'interessamento del cervello è subito globale e quindi la compromissione della coscienza è primitiva ed immediata, nelle epilessie focali l'accesso è espressione dell'interessamento di una piccola zona della corteccia cerebrale, e pertanto la compromissione della coscienza non è obbligatoria, e se interviene, è generalmente secondaria a tutta una serie di sintomi. Il primo sintomo è strettamente connesso con la rappresentazione funzionale della zona di corteccia interessata ed è l'indice più sicuro per la localizzazione anatomica, almeno sul piano clinico. A seconda dell'area di corteccia interessata, il sintomo iniziale sarà una sensazione a un arto (regione parietale), un fenomeno visivo (regione occipitale), una sensazione gustativa o olfattiva (regione dell'ippocampo), oppure un fenomeno psichico (regione temporale o frontale). Queste categorie di sintomi, che qualche volta possono rappresentare "tutta" la crisi epilettica focale, corrispondono a quei fenomeni che anche nel recente passato venivano interpretati come semplici fenomeni premonitori e denominati aura. Quando la crisi epilettica si svolge in una zona corticale devoluta alla motilità (regione rolandica), si produrrà una crisi focale motoria meglio conosciuta come epilessia jacksoniana motoria, da H. Jackson che la descrisse per primo. Il paziente incomincia a presentare movimenti clonici di un arto che progressivamente si estendono (marcia jacksoniana) dai segmenti muscolari più vicini ai più lontani fino ad interessare tutta una metà del corpo. Successivamente possono venire interessati anche i muscoli dell'altra metà del corpo, finché interviene la perdita di conoscenza e con essa una crisi epilettica generalizzata del tutto simile a quella del grande male.
Nel caso di una e. focale sensitiva il paziente proverà una sensazione (formicolî, dolore, calore) a un arto o in un altro distretto del corpo; tale sensazione potrà restare localizzata oppure diffondersi ed eventualmente sfociare in un accesso convulsivo generalizzato secondo una successione analoga a quella descritta per la e. jacksoniana. Anzi di regola in questi casi alla sensazione, riferita ad un arto, seguono movimenti clonici allo stesso e si verifica una marcia jacksoniana motoria più che sensitiva.
Un tipo di e. focale di frequente riscontro è la e. temporale. In questa forma generalmente il punto di origine della scarica epilettica interessa il lobo temporale e in particolare l'uncus (crisi uncinate di Jackson), la circonvoluzione dell'ippocampo e il complesso amigdalo-piriforme. In altri casi la sede di origine può risiedere nella circonvoluzione del cingolo o nella regione frontale. La separazione dalla epilessia psicomotoria è spesso impossibile sul piano clinico. La fenomenologia iniziale dell'e. focale è rappresentata da sensazioni varie, più spesso a sede epigastrica (costrizione o altra sensazione), o da sensazioni gustative o olfattive, o anche da fenomeni psichici (sensazione di già visto, ricordi, illusioni e allucinazioni, ecc.); si ha poi la compromissione della coscienza, che nei casi tipici è incompleta e si traduce in uno stato di confusione durante il quale il paziente presenta automatismi varî (masticazione, suzione, palpamento, affardellamento, ecc.), oppure azioni motorie più o meno coordinate. Anche in questa varietà si può assistere allo sviluppo finale di una crisi epilettica generalizzata. Sovente negli individui che presentano questo tipo di epilessia si osservano disturbi psichici di vario tipo nelle fasi interaccessuali.
Epilessie secondarie e lesioni diffuse del cervello. - A questo gruppo appartengono alcune forme di epilessia che si manifestano nell'infanzia o in età giovanile in soggetti affetti da malattie cerebrali a carattere più o meno diffuso, congenite o acquisite, e che si accompagnano di regola ad una grave compromissione psichica.
a) Epilessia tonica della prima infanzia: (spasmi infantili, malattia degli spasmi in flessione, ted. "Blitz-Nick-Saalam-krämpfe"): è caratteristica della prima infanzia. Le manifestazioni accessuali sono molteplici, ma la forma più frequente si manifesta con brusche, fulminee contrazioni muscolari di tale entità che le braccia vengono proiettate in avanti allargate, il capo è flesso verso il torace e le gambe contratte in flessione verso l'addome. In altri casi la brusca contrazione tonica si verifica in estensione (opistotono). Le crisi sono frequentissime (50-200 e più al giorno) e di durata molto breve, eccezionalmente superiore ai 10″. Se il bambino non muore prima per cause intercorrenti, verso i 4-5 anni le crisi toniche divengono sempre meno frequenti fino a scomparire e ne residua un grave deficit psichico permanente associato o meno ad epilessia di tipo mioclono-acinetico o convulsiva generalizzata.
b) Epilessia mioclono-acinetica: a seconda dei casi la sintomatologia accessuale è dominata dalle mioclonie, oppure dalle assenze e dalle crisi acinetiche, ma il quadro clinico interaccessuale ed il reperto elettroencefalografico sono omogenei. La forma mioclonica può osservarsi come malattia a carattere famigliare (epilessia mioclonica famigliare di Lundborg-Unverricht). Il tipo acinetico si manifesta in forma di assenze o, più tipicamente, come crisi di improvvisa perdita del tono nei muscoli della linea mediana del corpo con caduta (escoriazioni). Nel tipo mioclonico dominano le brusche contrazioni cloniche degli arti e del tronco con caduta o meno. I due tipi molto spesso si associano in un medesimo paziente e si accompagnano anche a manifestazioni a tipo di grande male. Le crisi sono comunque brevissime e molto frequenti. La compromissione intellettuale è sempre più o meno grave. Questo tipo di e. esordisce sin dalla infanzia o dall'età giovanile e tende ad assumere un andamento meno grave in età maggiori, fermo restando il quadro psichico. L'evoluzione dipenderà naturalmente dalla progressività o meno della malattia cerebrale in questione.
Lo stato di male epilettico. - In qualsiasi forma di e., particolarmente nel grande male, può verificarsi quella grave complicazione che è lo stato di male epilettico, ossia l'intervento di accessi epilettici generalizzati subentranti senza ripristino della coscienza nelle fasi intervallari. Se il succedersi continuo degli attacchi non viene interrotto con terapie appropriate, la condizione può comportare pericoli per la vita del paziente. Spesso lo stato di male coincide con una brusca e per lo più immotivata sospensione del trattamento antiepilettico.
Personalità e disturbi psichici nella epilessia. - Gran parte degli epilettici, ove si escludano quelli appartenenti al gruppo delle e. con danno cerebropatico diffuso, hanno una personalità normale, talvolta si tratta addirittura di individui superdotati. In un ristretto numero di casi, costituito generalmente da pazienti che presentano frequenti attacchi e che rispondono male alle terapie mediche, si può verificare un progressivo deterioramento del carattere (vischiosità, egocentrismo, esplosività) e della intelligenza (demenza epilettica). In altri pazienti possono manifestarsi disturbi psichici acuti che rappresentano o un equivalente psichico dell'attacco epilettico stesso, o, più spesso, una complicazione post-accessuale (stati confusionali, delirium, stati allucinatorî, ecc.). In altri casi possono osservarsi manifestazioni psicotiche con carattere cronico (ad es. stati deliranti), oppure episodico (eccitamento, depressione). Molti epilettici presentano infine modificazioni psicologiche più o meno evidenti di tipo reattivo e che dipendono dall'atteggiamento psicologico del paziente verso la propria malattia e, particolarmente, dei familiari e della società in generale verso la epilessia, su cui gravitano ancora pregiudizî sprovvisti di fondamento che si debbono vincere combattendo l'ignoranza altrui e predisponendo efficaci mezzi di protezione sociale.
Fattori scatenanti. - L'esperienza clinica e le ricerche di biochimica hanno permesso di individuare un certo numero di cause scatenanti, variabili a seconda dei soggetti e della forma di epilessia. Ricorderemo le emozioni, i traumi psichici, la fatica, il superlavoro, la mancanza di sonno. In altri casi le crisi coincidono con il sonno, particolarmente al momento dell'addormentamento oppure al risveglio. Nelle donne è critico il periodo dei mestrui e un peggioramento può verificarsi in coincidenza con la menopausa. Un fattore scatenante importante è rappresentato dall'eccessiva ingestione di liquidi, di qui l'effetto coadiuvante della restrizione dei liquidi, dei regimi a basso contenuto di sale e dei diuretici. Fra questi ultimi vanno citati quelli derivati dai sulfamidici (diamox) che inducono anche una acidosi combattendo così un altro fattore scatenante rappresentato dall'alcalosi.
L'iperventilazione ha un effetto particolarmente evidente nel provocare le assenze del piccolo male. Importanti fattori scatenanti possono inoltre essere gli stimoli sensoriali intensi, particolarmente la luce (l. fotica). Altri fattori sono la febbre, la stipsi, l'ipoglicemia (importanza terapeutica delle diete ricche in carboidrati) e diverse condizioni tossiche (tabagismo, intossicazioni alimentari, ecc.). va ripetuto infine che una delle più frequenti cause scatenanti è rappresentata dalla brusca e immotivata sospensione dei farmaci antiepilettici da parte del paziente o dei suoi familiari, se si tratta di un bambino.
Diagnosi. - Ogni caso di e. rappresenta un problema diagnostico a sé. Ciò comporta un'accurata raccolta della storia clinica, un esame obbiettivo generale, nonché un completo esame neurologico e psicologico. Si eseguiranno inoltre ricerche nel sangue (glicemia, reazione di Wassermann, calcemia, potassiemia, riserva alcalina, azotemia, ecc.) e nel liquido cerebro-spinale.
Particolare importanza nelle e. secondarie hanno le indagini radiografiche del cranio dirette e ancor più quelle indirette, eseguite con mezzi di contrasto (angiografia cerebrale, pneumoencefalografia). Con queste indagini è possibile mettere in evidenza la sede e la eventuale estensione di un tumore, di una malformazione, di una lesione cerebrale post-traumatica o di altro tipo. Tuttavia in gran parte delle e., e particolarmente nelle e. centroencefaliche, le ricerche di laboratorio e radiografiche, a cui si è accennato, forniscono reperti normali o non significativi. È per questa ragione che la indagine elettroencefalografica, pur non permettendo una diagnosi di natura, è divenuta la ricerca di elezione.
L'elettroencefalografia nelle epilessie. - L'elettroencefalografia consente di precisare il tipo di e. e quindi la terapia più opportuna, controllandone altresì gli effetti. Permette anche di stabilire la opportunità di procedere ad altre indagini che, a differenza dell'elettroencefalogramma, non sono eseguibili ambulatoriamente e implicano una qualche sofferenza se non un certo rischio.
Per chiarezza si ricorda che nell'individuo adulto normale, in condizioni di riposo e ad occhi chiusi, l'elettroencefalogramma (v. elettroencefalografia, App. II, 1, p. 837) è caratterizzato da un'attività ritmica, sinusoidale, che ha una frequenza di 8-13 Hz, o cicli al secondo (c/s, C/sec) e un voltaggio medio di 10-100 microV; esso prevale sulle regioni occipitali e prende il nome di "ritmo alfa". In base alla loro frequenza si distinguono inoltre dei ritmi "beta" (superiori ai 15 c/s), "theta" (4-7 c/s) e delta (0,5-3 c/s). Nell'adulto, oltre al ritmo alfa, è presente una piccola attività beta sulle regioni anteriori, mentre i ritmi delta e theta sono presenti nel bambino normale e scompaiono progressivamente con l'età in condizioni di veglia, oppure ricompaiono nelle diverse fasi del sonno nell'adulto normale. In seguito all'apertura degli occhi, o durante una qualsiasi attività psicologica, il ritmo alfa scompare o si riduce notevolmente nel voltaggio. A tale fenomeno si dà il nome di "reazione di arresto" del ritmo alfa.
In condizioni patologiche l'elelettroencefalogramma presenta notevoli modificazioni morfologiche che possono avere un carattere diffuso, oppure localizzato a seconda del tipo e della estensione del processo morboso del cervello. Ad esempio un'attività delta locale potrà osservarsi in corrispondenza della sede di un tumore, mentre un'attività delta diffusa potrà caratterizzare una encefalite.
Esistono quadri elettroencefalografici caratteristici delle diverse forme di e. e che vanno distinti in quadri interaccessuali e accessuali. Le anomalie elettroencefalografiche hanno un carattere diffuso, sincrono e simmetrico nelle e. centroencefaliche, mentre sono più o meno localizzate nelle epilessie focali. Altre modificazioni caratteristiche si osservano nelle e. con danno cerebrale diffuso. I grafoelementi più caratteristici in casi di epilessia sono le "punte" e i "complessi punta-onda".
Le punte si distinguono in punte rapide (ingl. spikes) e lente (ingl. slow spikes), queste ultime note anche con il nome di "onde aguzze" (ingl. sharp waves), possono apparire in maniera isolata, oppure essere organizzate in scariche, il loro voltaggio può essere basso oppure elevato. Vengono considerate indice di una irritazione della corteccia cerebrale.
I complessi punta-onda hanno generalmente un significato patognomonico per la diagnosi di epilessia. Vanno distinti in complessi punta-onda a punta rapida e a punta lenta. In certi casi l'onda lenta precede la punta (complessi onda-punta). Queste anomalie hanno generalmente un carattere più o meno diffuso, bilaterale e sincrono, ma possono verificarsi anche in maniera localizzata. Il loro voltaggio è generalmente elevato. Tendono ad organizzarsi in successioni ritmiche. In casi di e. possono inoltre venire osservate anomalie delta o beta diffuse o focali, atipie dell'elettroencefalogramma e persistenza in età adulta di quadri caratteristici dell'infanzia. Queste ultime anomalie non hanno un significato patognomonico o "specifico", come i complessi punta-onda e le punte, e vengono definite" aspecifiche". Nella tabella che segue sono sintetizzati i quadri elettroencefalografici nelle principali forme di epilessia.
Terapia. - Norme generali. - Si consiglia l'astensione dagli alcolici, l'uso moderato dei liquidi e una dieta iposodica e relativamente ricca in glicidi; in alcune forme di e. della prima infanzia è consigliata invece una dieta iperlipidica (dieta chetogena). Se esiste tendenza alla stipsi, questa deve essere corretta con norme dietetiche appropriate o con blandi lassativi. Il paziente dovrà inoltre evitare gli sforzi fisici, gli strapazzi e le emozioni intense. Non dovrà condurre mezzi di locomozione, né svolgere attività durante il cui espletamento la perdita del controllo della coscienza possa comportare pericoli per sé e per gli altri: macchine di lavoro pericolose, controllo di segnalazioni ferroviarie, alcuni sport come caccia, nuoto, alpinismo, ecc.
Terapia medica. - L'efficacia del trattamento medico è condizionata dalla regolarità dell'assunzione dei farmaci e non si deve mai sospendere, o sostituire, un preparato, o ridurne le dosi senza specifica prescrizione medica; la somministrazione va fatta preferibilmente a stomaco pieno frazionando le dosi a intervalli regolari onde permettere al farmaco una concentrazione suffiiciente nelle 24 ore. Deve anche essere tenuto presente che l'uso di determinati farmaci rende necessario il periodico ricorso a opportuni esami di controllo, principalmente emocromocitometrici, onde prevenire eventuali effetti tossici secondarî, e anche per questi ci si deve scrupolosamente attenere alle prescrizioni.
I farmaci antiepilettici di più larga efficacia sono il luminal e i suoi derivati, i dintoinici e, per il piccolo male, i cosiddetti dioni, cioè il trimetadione e il parametadione. Con successo sono stati introdotti nell'uso anche il primidone, la fenacetilcarbamide, la benzilcloropropionamide, il metharbutal, la metil-a-metilfenilsulccinimide; di non trascurabile utilità si sono rivelati anche l'acido glutammico, i diuretici derivati dalla solfonamide e le amine simpaticomimetiche. L'efficacia di tali farmaci è diversa nelle differenti varietà di e. e pertanto la loro adozione e, ancor di più, la loro razionale associazione non può che essere oggetto di approfondita valutazione medica del singolo caso.
Terapia dello stato di male. - Questa pericolosa complicazione implica un trattamento di emergenza, inteso a far cessare le manifestazioni convulsive, a prevenire le ulteriori complicanze di natura tossica o infettiva o da insufficienza funzionale dei varî organi o apparati e a migliorare i poteri di difesa dell'organismo. Per assicurare la tempestività delle varie misure terapeutiche è praticamente necessario procedere al sollecito ricovero in un reparto ospedaliero ben attrezzato.
Terapia chirurgica. - In casi di e. focale, quando le crisi non cedono agli antiepilettici e sono talmente numerose da impedire una vita socialmente utile, va presa in considerazione la possibilità di una escissione chirurgica del focolaio corticale. L'intervento viene eseguito con il controllo elettrocorticografico e mira ad asportare, nei limiti del possibile e senza causare danni funzionali irreversibili, tutta la zona di corteccia su cui si registrano potenziali epilettici. Si può operare solo quando esista concordanza fra le manifestazioni cliniche e la sede indicata da numerosi elettroencefalogrammi, ripetuti per un periodo di tempo sufficientemente lungo. Possibilmente deve esistere una chiara indicazione di sede risultante anche dagli esami radiografici. L'intervento è inoltre controindicato quando il focolaio corrisponda ad una zona di grande importanza funzionale (per es. centro del linguaggio). I successi operatorî (guarigione o notevole miglioramento), considerati dopo un congruo periodo di tempo, non inferiore cioè ai tre anni dall'intervento, non superano il 40-45% dei casi.
Terapie ormonali. - Sono stati segnalati risultati controversi con terapie ormonali (tiroide, ormoni ovarici, desossicorticosterone). Molto promettenti sono invece i risultati del trattamento con ACTH nel piccolo male e nelle epilessie a componente mioclonica o acinetica dell'infanzia.
Prognosi. - Quali sono le possibilità di guarigione e di completo controllo degli attacchi epilettici? Questa domanda, così frequente, può ricevere solo una risposta molto generica. Si ha a che fare infatti con una sindrome clinica sul cui decorso influiscono moltissimi fattori, ed un giudizio attendibile potrà venir formulato caso per caso. La e. è stata spesso considerata una malattia cronica e progressiva, che conduce inevitabilmente ad un deterioramento della personalità fino a rendere necessario il ricovero in un istituto manicomiale. Ciò è certamente falso nella maggior parte dei casi. In realtà si possono anche verificare guarigioni complete o remissioni cliniche, persino senza terapie. Con un trattamento appropriato tali possibilità sono indubbiamente maggiori. Inoltre il controllo o la riduzione delle crisi, ottenuti con le terapie, spesso limitano la gravità della malattia e rendono più normale l'evoluzione della personalità con il progredire dell'età, il che implica un trattamento precoce. Anche l'accrescimento e la maturità dell'intero organismo coincidono spesso con un miglioramento degli attacchi non solo all'epoca della pubertà, ma anche dopo i venti e i trenta anni. Le e. tardive, che iniziano in età media (arteriosclerosi), hanno in generale un decorso benigno e sono ben controllate dagli antiepilettici, ove si escludano le neoplasie cerebrali. Va anche considerato che certi casi presentano un andamento benigno sin dall'inizio e rispondono bene alle terapie, mentre in altri casi si osserva subito un quadro grave e progressivo con scarsa o nessuna risposta alle terapie. Fra queste due eventualità esistono anche eventualità intermedie, ma la peggiore è certamente più rara.
La terapia chirurgica è, almeno per ora, limitata ad un esiguo numero di casi ed i suoi risultati sono piuttosto modesti per consentire un giudizio d'ordine generale.
I risultati della terapia medica sono diversi a seconda dei casi, ma in via generale è possibile affermare che in un terzo circa si ottiene un controllo completo degli attacchi, mentre in un altro terzo almeno si perviene ad un notevole miglioramento. Ciò vuol dire che circa il 70% degli epilettici può condurre oggi una vita praticamente normale. Con l'introduzione in futuro di farmaci sempre più efficaci, tale percentuale è destinata a migliorare ulteriormente.
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