Romani, Epistola ai
L'Epistola ai R. è la più lunga e importante lettera di s. Paolo e occupa il primo posto nel corpus paolino; essa è databile intorno all'anno 58.
Nell'Epistola ai R. s. Paolo espone il ‛ suo Vangelo ' (2, 16; 16,25): la salvezza proviene da un'azione gratuita di Dio in Cristo (giustificazione) alla quale deve corrispondere la fede umana. La fede quale venne annunciata dalla predicazione apostolica libera l'uomo dal giudizio divino, dal peccato, dalla servitù della Legge e persino dalla morte, che rappresenta il prezzo del peccato. Il piano della salvezza verso l'umanità fu realizzato da Dio entro la storia: in primo luogo con la scelta del popolo d'Israele e, in seguito (dopo il rifiuto - almeno temporaneo - di quest'ultimo ad accettare la pienezza della salvazione in Cristo), con i Gentili subentrati all'eredità d'Israele. A questa scelta da parte di Dio deve corrispondere una vita cristiana (che Paolo espone nelle sue grandi linee) realizzata entro lo Spirito.
Questa dottrina la si ritrova anche in D., ma in maniera alquanto indiretta, in quanto mediata dall'insegnamento della Chiesa. Tra le lettere paoline l'Epistola ai R. è la più citata da Dante. Undici sono le citazioni esplicite: Cv IV XIII 9 (12, 3), XXI 6 (11, 33), XXVIII 10 (2, 28-29); Mn II II 8 (1, 20), VIII 10 (11, 33), XI 2 (5, 12); Ep V 14 (13, 2), 23 (1, 20), VII 27 (13, 2), XIII 90 (1, 25), Quaestio 77 (11, 33); due le allusioni palesi: Ep VI 22 (7, 23) e XI 7 (2, 4).
Trattandosi di citazioni sostanzialmente fedeli, anche se con qualche adattamento al contesto, non ci sono indicazioni valide sul testo della Bibbia eventualmente adoperato da D.; i tre passi riportati in volgare sono una traduzione fedele che ricalca da vicino le espressioni latine (v. SCRITTURA: La Sacra Scrittura).
Bibl.-Per le citazioni tradotte, v. F. Groppi, D. traduttore, Roma 1962², 37, 39-40, 44.