MAURYA, Epoca
Si indica con il nome della dinastia dei Maurya il periodo della storia dell'India compreso fra il 322 ed il 185 a. C.
Fondatore della dinastia fu Chandragupta Maurya (circa 322-298 a. C.) che, spodestata la famiglia regnante dei Nanda ed impadronitosi del Magadha, fondò un impero che in pochi anni si sarebbe esteso a tutta l'India settentrionale, ottenendo la riannessione dei territorî nord-occidentali che in seguito all'invasione di Alessandro Magno erano passati a far parte dell'impero macedone. Successore di Chandragupta fu il figlio Bindusāra (circa 298-274 a. C.), che intraprese la conquista del Deccan e di buona parte dell'India meridionale. A lui successe il figlio Ashoka (circa 274-232 a. C.), che estese ulteriormente i confini dell'impero con la conquista del Kalinga (l'attuale Orissa). Con lui l'impero dei Maurya raggiunse la sua massima espansione territoriale, venendo a comprendere quasi tutta l'India, ad eccezione dei regni meridionali (Chōla, Pāndya e Kerala), e giungendo ad estendersi ad occidente sino all'Afghanistan e all'Iran.
Ordinato il potere statale in un organismo fortemente centralizzato, fu perseguita dai Maurya una lungimirante politica economica che garantì un appoggio costante all'agricoltura e ai commerci. Furono intensificati i traffici continentali e marittimi e furono aperte nuove vie di comunicazione. Si costruirono strade e città, e fu dato ampio favore alla cultura e alle arti. In tema di politica estera, si allacciarono stretti rapporti diplomatici anche con i regni ellenistici, con scambi frequenti di ambascerie. In qualità di ambasciatori di Seleuco, furono inviati alla corte maurya di Pataliputra dapprima Megastene (autore delle ᾿Ινδικά) e successivamente Deimaco di Platea. L'esempio dei Seleucidi fu seguito anche dai Tolomei d'Egitto, ed il Filadelfo delegò Dioniso come suo ambasciatore alla corte di Bindusāra.
Con Ashoka un elemento nuovo si inserì attivamente nella vita politica e sociale dell'impero: il buddismo, la cui diffusione, sia all'interno del paese che all'estero, iniziò in quest'epoca proprio per l'appoggio datogli dal sovrano mediante una vasta e organizzata azione propagatrice di ambascerie e di promulgazioni di editti. Si ricordano a questo proposito le innumerevoli iscrizioni incise sulla pietra, sparse dall'India all'Afghanistan e redatte per lo più in pracrito e in alfabeto brahmi e kharoshthi.
Dopo Ashoka l'impero dei Maurya subì una rapida decadenza, che aumentò gradualmente sotto i suoi successori.
Il crescente indebolimento politico, cui non fu estraneo come causa l'eccessivo favore che si era venuto concedendo al buddismo, esautorò completamente il potere e permise un'azione di rivolta e di frazionamento. Sicché intorno al 185 a. C. l'ultimo dei Maurya, Brhadratha, fu spodestato dal capo del suo esercito, Pushyamitra, di religione brahmanica e fondatore della dinastia degli Shunga.
In campo culturale ed artistico l'epoca M. ebbe soprattutto grande importanza per lo sviluppo impresso all'architettura e alla scultura sia di carattere secolare che religioso (v. indiana, arte). Molto fiorenti furono anche taluni generi d'artigianato, come ad esempio la metallotecnica, l'oreficeria, l'ebanistica e la lavorazione dell'avorio, che trovarono nel mecenatismo dei sovrani e delle famiglie dell'alta aristocrazia le condizioni necessarie per lo svolgimento ed il prosperare delle loro attività.
In architettura, le tecniche di costruzione rivelarono una sempre più diffusa tendenza a sostituire l'impiego del legno e degli altri materiali deperibili con la pietra e il mattone, e fu questo uno dei fattori che indubbiamente permise un vasto sviluppo dell'architettura civile. Sorsero nuove città e centri abitati, e si estesero progressivamente i vecchi insediamenti urbani. Le città furono tuttora fortificate e un numero di porte davano loro accesso attraverso mura di cinta o palizzate in legno, sorvegliate da posti di guardia e da torrioni. Un carattere di vera e propria monumentalità vennero acquistando i palazzi e le residenze dell'alta aristocrazia. Il fasto e l'opulenza raggiungevano la massima espressione nella capitale Pataliputra (v.), giudicata dallo stesso Megastene superiore a Susa e ad Ecbatana. Il confronto con le città della Persia non era casuale: diversi monumenti ricordavano gli splendori dell'arte dell'impero achemènide.
Fu una caratteristica costante di quest'epoca il prevalere sull'arte dell'India di un'influenza straniera di derivazione asiatico-occidentale e soprattutto iranica. La componente iranica, inoltre, che è indiscutibilmente attestabile in varie opere monumentali sia d'architettura che di scultura, si profila con alcune caratteristiche propriamente achemènidi, che tradiscono una delle fonti maggiori di ispirazione dell'arte indiana dell'epoca.
Ne sono una prova i resti delle strutture di base del palazzo imperiale di Pataliputra, dalla cui pianta si ricavano talune analogie d'ordine dispositivo e strutturale col palazzo di Dario in Persepoli, la cui sala del trono sarebbe appunto servita di modello alla costruzione della sala d'udienza del palazzo di Pataliputra.
All'influsso iranico-achemènide sarebbe anche dovuta in quest'epoca la diffusione dell'usanza di erigere a scopo commemorativo e a simbolo di sovranità universale le colonne o i pilastri isolati dai capitelli compositi di stile cosiddetto persepolitano.
Fuori dell'ambito di quest'arte essenzialmente aulica, un'influenza iranica sembra potersi scorgere anche sui tipi dell'architettura religiosa rupestre. I santuarî e i monasteri entro roccia, che si cominciano a documentare appunto da quest'epoca, suggeriscono numerosi richiami alle caverne scolpite dell'Iran. Ma in essi appare già palese una fusione con gli elementi strutturali e decorativi dell'architettura e dell'arte propriamente indiana.
In scultura, accanto alle forme più spiccatamente monumentali di derivazione iranica, si assiste nell'epoca M., oltre che ad una produzione di statuette e figurine che si riallacciano secondo taluni all'antica ideologia della "dea madre", ad una vera e propria elaborazione iniziale dell'iconografia religiosa, realizzata in opere spesso a tutto tondo, ma di esecuzione ancora rozza ed incerta.
Sebbene l'arte dell'India attraversi ancora una fase di preparazione e di sviluppo, è tuttavia in quest'epoca che vengono maturando alcuni dei principî stilistici ed estetici della più tarda tradizione indiana. L'impulso creativo degli artisti maurya, lungi dall'esaurirsi, costituirà la premessa basilare degli sviluppi ulteriori.
Bibl.: L. De La Vallée Poussin, L'Inde aux temps des Mauryas et des Barbares, Parigi 1930; E. Bloch, Les Inscriptions d'Aśoka, Parigi 1950; A. D. Pusalker, The Age of Imperial Unity (History and Culture of the Indian People, II), Bombay 1953; A. Nilakanta Sastri, A comprehensive History of India, II: The Mauryas and Satavahanas, New York 1958; U. Scerrato, G. Tucci, G. Pugliese Carratelli, G. Levi della Vida, Un editto bilingue greco-aramaico di Aśoka, Roma 1958. (Per le opere di carattere generale si veda la bibliografia della voce Indiana, arte).