EPOCA (dal gr. ἐποχή "arresto, punto di partenza" e quindi epoca, era")
L'uso spesso improprio che di questa parola si fa nel linguaggio comune si riverbera sul significato che le viene attribuito in varie scienze, come la geologia, la cronologia, l'astronomia. Promiscuamente con "età", è adoperata per indicare una delle grandi suddivisioni del tempo, dette altrimenti "ere", così nella storia della formazione della Terra come in quella delle civiltà umane; serve in particolare per designare ognuno dei "piani" nei quali è diviso un periodo geologico. Nella cronologia tecnica e astronomica è consigliabile applicare il termine "epoca" quando si voglia definire l'inizio di un'era, cioè il fatto memorabile dal quale essa trae il nome. Nell'astronomia teoretica si chiama "epoca" l'istante dal quale convenzionalmente s'incomincia a contare il valore d'una quantità variabile con il tempo e più specialmente della longitudine celeste media di un astro del sistema solare.
Epoca storica - Non si può concepire la storia senza dividerla in periodi, in epoche, perché il pensiero è organismo e come tale ha un principio, un mezzo e un fine. Ogni concezione della storia sbocca, quindi, più o meno consapevolmente, in una Periodisierung, e la Periodisierung forma una delle parti fondamentali della metodica storica: la divisione cristiana della storia in antecedente e seguente la redenzione presuppone la dottrina cristiana della salvezza con la conseguente antitesi delle due città, la divina e l'umana; le tre età del Vico coi loro corsi e ricorsi sono i tre momenti dialettici della sua concezione metafisico-storica della vita e del mondo.
Alcuni dànno alle epoche storiche un semplice valore pratico, convenzionale, pedagogicamente utile per comprendere e ritenere la storia, ma credono che a questi schemi sfugga il reale corso delle cose, che non ha né principio né fine, né significato né scopo. Questi metodologi cadono nell'errore comune alle odierne teorie prammatiche della scienza, che finiscono col postulare una profonda divergenza tra il pensiero e la realtà e sfociano nello scetticismo.
A questa concezione si riallaccia in parte quella degli odierni sociologi, i quali, col loro metodo estrinsecamente comparativo, con la loro riduzione dei fenomeni storici a tipi sovra-temporali e con l'esplicita o implicita negazione o incomprensione dei valori spirituali, i soli che si svolgano, tolgono alla Periodisierung ogni ragion d'essere, perché differenziare, caratterizzare epoche o periodi con rigore non si può se non sul terreno spirituale.
Più numerosi sono i teorici che hanno dato alle divisioni storiche un valore assoluto, alcuni fondandole sugli stadî dello sviluppo individuale, altri sullo svolgimento temporale delle categorie dello spirito, sia che si concepisca questo svolgimento come lineare (Hegel, Comte), sia che lo si concepisca come un circolo di corsi e ricorsi (Vico, Spengler); altri ancora, combinando sviluppo delle idee e sviluppo delle generazioni nel principio dell'ereditarietà (Giuseppe Ferrari e Lorenz), dividono la storia in secoli, vissuti da quattro o tre generazioni, nelle quali un'idea vitale germina, si sviluppa, trionfa, declina e muore. Queste teorie o peccano di antropomorfismo o temporalizzano delle forme spirituali eterne e tutte urtano contro il buon senso o contro le nostre esperienze storiche. La teoria più giusta e comprensiva è quella del Croce, il quale ritiene la divisione delle epoche storiche indissolubilmente legata e fusa con le concezioni della storia, col pensiero, e avente l'assolutezza e la relatività proprie del pensiero. Noi moderni dividiamo la storia in antichità, Medioevo ed evo moderno. Tale periodizzamento è stato spontaneo e si è formato con lo svolgersi stesso della coscienza moderna. Quando l'antichità non sarà più efficace per noi, quando non ci dirà più nulla il Medioevo, padre delle nazioni moderne, quando nuove forme spirituali e sociali avranno soppiantato le nostre, anche la conseguente prospettiva storica muterà e i periodi saranno diversamente distribuiti.
Grandi divisioni storiche, tranne qualche schema estrinseco del circolo delle forme politiche (Polibio), non crearono i Greci per l'assenza in loro di ciò che modernamente chiamiamo senso storico. Soltanto nell'età ellenistico-romana l'esperienza storico-politica suggerì la fortunata teoria delle quattro monarchie succedentisi nel dominio del mondo (regnum Babyloniorum; regnum Medorum atque Persarum; regnum Macedonum successorumque Alexandri; imperium romanum), che trovò la sua codificazione nel canone di Tolomeo. Ma col cristianesimo cominciò un modo più intimo di concepire la storia, divisa in prima e dopo la redenzione e caratterizzata prima dal trionfo della città terrena, quindi dall'attesa del regno di Dio. Le tradizioni ellenistico-romane, penetrate nel cristianesimo, resero necessaria la fusione della concezione cristiana della storia (S. Agostino), con la concezione delle quattro monarchie, e la fusione fu fatta da S. Girolamo (preceduto da Ippolito, da Origene e da Eusebio) nella sua interpretazione dei due sogni di Daniele (la statua dai piedi di ferro e d'argilla e le quattro grandi bestie che salgono dal mare). L'ultima monarchia, l'Impero romano, fu considerata effettivamente come eterna fino alla finis saeculi, e il concetto di translatio impedì che vi fosse una soluzione di continuità tra l'Impero romano e quello di Carlomagno. Il Medioevo si può dire sia vissuto della coscienza della sua precarietà e dell'attesa d'una renovatio. Ma il decadere dell'Impero, il consapevole sorgere di nuove forme politiche in Italia e in Europa operò alcune falle nella concezione cristiana delle quattro monarchie e spuntarono preoccupazioni nazionali, che si fecero sempre più insistenti. Tuttavia nello stesso Rinascimento tale teoria si mantenne ancora (Sleidan, S. Antonino, Sabellico) e soltanto con l'illuminismo si spezzarono decisamente i vecchi schemi, la storia moderna europea acquistò consapevolezza di sé e si cominciò a determinare il sorgere e il formarsi della nuova coscienza, derivata sì dal passato, ma avente caratteristiche proprie. Si formarono conseguentemente i concetti di antichità e di Medioevo, che si configurarono in periodi distinti, e col Condorcet si tracciò il passaggio da un'età a un'altra e si concepì la storia come una spirale, come un continuo tendere verso la perfezione. Il senso della storia e la maggiore maturità speculativa dei secoli XIX e XX valsero a determinare meglio e a dar piena consapevolezza a quella divisione, che fu merito primo dell'illuminismo. E il confine tra le epoche storiche non fu posto in date precise, in cambiamenti catastrofici, in radicali rivoluzioni, ma in graduali e inizialmente quasi insensibili trasformazioni delle forme spirituali.
Bibl.: E. Bernheim, Lehrbuch d. hist. Methode, Lipsia 1908; B. Croce, Teoria e storia d. storiografia, Bari 1917; E. Troeltsch, Der Historismus u. seine Probleme, Tubinga 1922; H. Spangenberg, Die Perioden der Weltgeschichte, in Hist. Zeitschrift, 1923; G. Below, Über hist. Periodisierung, Berlino 1925; Revue de synthèse hist., giugno 1926 (discussioni sull'argomento); W. Bauer, Einführung in das Tudium d. Gesch. (con ricca bibl.) pp. 105-116, Tubinga 1928.