Schrodinger, equazione di
Schrödinger, equazione di nelle applicazioni della matematica alla fisica, equazione fondamentale della meccanica ondulatoria. Descrive la propagazione delle onde materiali, e in particolare l’andamento della funzione d’onda ψ(x, y, z, t) di una particella subatomica di massa m in un campo di forze avente potenziale U(x, y, z, t) (si considera possibile che U dipenda anche dal tempo t):
formula
nella quale Δ è l’operatore di Laplace e h la costante di Planck. Essendo l’equazione di Schrödinger una equazione differenziale lineare omogenea, le sue soluzioni sono definite a meno di una costante di proporzionalità che, supponendo ψ ∈ L2(R3), può essere scelta in modo tale che
formula
Il significato fisico di ψ è allora il seguente: |ψ|2 è la densità di probabilità di trovare la particella nel punto (x, y, z) all’istante t e la condizione di normalizzazione significa che la particella ha probabilità unitaria di trovarsi in qualche punto dello spazio. Separando la variabile temporale da quelle spaziali con la posizione ψ(x, y, z, t) = φ(t)u(x, y, z) si ottiene
formula
mentre u deve soddisfare l’equazione di Schrödinger degli stati stazionari
formula
La costante di separazione W rappresenta l’energia della particella. L’equazione di Schrödinger degli stati stazionari può essere risolta esplicitamente in alcuni casi significativi (oscillatore armonico, buca parallelepipeda di potenziale, atomo idrogenoide) e in questi casi dà luogo a una infinità numerabile di autovalori Wn e di corrispondenti autosoluzioni, che costituiscono un sistema completo nello spazio di Hilbert L2(R3), nel quale si può descrivere la soluzione generale mediante uno sviluppo in serie di Fourier generalizzato (→ spazio L2(Ω)). Nel caso dell’atomo idrogenoide, in cui la particella è un elettrone nel campo coulombiano generato da un nucleo atomico di assegnata carica, le autosoluzioni sono dette orbitali e sono di grandissima importanza per la descrizione del comportamento chimico dell’elemento in esame.
In generale, è però possibile che oltre allo spettro discreto (costituito dagli autovalori) esista uno spettro continuo formato da un intervallo di valori W, a ognuno dei quali corrisponde una autofunzione; lo sviluppo in tal caso è più complesso, dovendo tener conto anche dei cosiddetti autodifferenziali. L’equazione prende il nome dal fisico e matematico austriaco E.R.J.A. Schrödinger.