equilibrio competitivo
Situazione di un’economia in condizione di concorrenza perfetta (➔), in cui nessuno degli agenti economici ha incentivo a modificare le proprie scelte di mercato, date le scelte di tutti gli altri e il sistema dei prezzi, e in cui tutte le risorse disponibili sono distribuite tra gli operatori. La definizione di e. c. formalizza l’idea della mano invisibile (➔) di A. Smith (➔), secondo cui è l’operato stesso dei mercati concorrenziali ad assicurare l’uguaglianza tra domanda e offerta e il soddisfacimento dei desideri, ossia il benessere, di tutti gli agenti economici. Formalmente, questa proprietà è definita dai due teoremi del benessere (➔ benessere, teoremi dell’economia del), i quali affermano che, sotto determinate condizioni, ogni allocazione associata a un e. c. è efficiente in senso di Pareto (➔ Pareto, ottimo di p) e viceversa. Tuttavia, in molti modelli economici, questo fondamentale risultato teorico non è verificato, in particolare se l’economia non ha mercati completi, ossia è assente il mercato per alcuni beni o servizi, per es. in presenza di esternalità (➔). Anche i modelli con mercati incompleti sono centrali nello studio di economie dinamiche.
La definizione di e. c. deriva dall’analisi di un’economia in concorrenza perfetta, i cui tratti distintivi sono i seguenti: i beni sono omogenei e l’informazione sugli scambi e sui prezzi di mercato è perfetta, sicché esiste un prezzo unico per ogni bene; tutti gli agenti economici considerano i prezzi come dati su cui non hanno influenza; i consumatori massimizzano il proprio benessere, uguagliando l’utilità marginale (ponderata per il prezzo) ottenuta da ogni bene; le imprese massimizzano i profitti, producendo fino al punto in cui il costo marginale sia uguale al prezzo; vi è assoluta libertà di ingresso sul mercato da parte di nuove aziende, per cui, per avere un equilibrio in cui nessuna di esse ha incentivo a entrare, il prezzo deve essere tale che le imprese presenti ottengano profitti nulli, dopo aver pagato i fattori di produzione secondo la loro produttività marginale; infine, tutti gli scambi avvengono simultaneamente, per es. sotto la guida di un pianificatore centrale in grado di identificare i prezzi di equilibrio, come nel caso del banditore walrasiano (➔ banditore). Un e. c., detto anche walrasiano, è allora dato, semplicemente, da un’allocazione dei beni prodotti dalle imprese e consumati dagli agenti e da un sistema di prezzi, tali che valgano le precedenti condizioni di concorrenza perfetta e tutte le risorse economiche siano utilizzate, ossia la somma dei consumi sia uguale alla somma delle quantità prodotte e, eventualmente, delle dotazioni iniziali dei consumatori.
Se i mercati sono completi, ossia se esiste un mercato per ogni bene e servizio, si dimostra che un e. c. è efficiente. Intuitivamente, non esistono sprechi, perché solo le imprese capaci di produrre al minimo costo rimangono sul mercato e la quantità prodotta equivale a quella domandata dai consumatori; inoltre, poiché il prezzo di equilibrio corrisponde sia al costo marginale sia all’utilità marginale dei beni, viene messo sul mercato solo ciò che dà una soddisfazione identica alla spesa necessaria per realizzarlo.
Formalmente, i teoremi del benessere dimostrano la corrispondenza tra e. c. e ottimo Paretiano. Un’allocazione è detta ottimale in senso di Pareto se non ne esiste alcun’altra che consenta di accrescere l’utilità di un individuo senza diminuire quella di almeno un altro. Il primo teorema afferma, allora, che ogni allocazione associata a un e. c. è ottima nel senso di Pareto; il secondo, viceversa, dimostra che ogni allocazione ottima può essere raggiunta in equilibrio, imponendo, se necessario, trasferimenti di risorse tra gli agenti economici prima dell’apertura dei mercati.
La teoria economica ha definito, inoltre, le condizioni necessarie affinché l’e. c. di un’economia esista, sia unico e stabile (➔ tâtonnement; disequilibrio microeconomico). Per semplicità, si consideri un’analisi di equilibrio parziale, cioè del mercato di un singolo bene: se è possibile costruire una curva di offerta aggregata totale, data dalla somma delle quantità prodotte da tutte le imprese, crescente nel prezzo del bene e, specularmente, una curva di domanda totale da parte di tutti i consumatori, decrescente nel prezzo, allora esiste un unico punto di intersezione che assicura l’uguaglianza tra domanda e offerta. Inoltre, se il prezzo è inferiore al livello di equilibrio, la quantità domandata è superiore a quella offerta e le imprese hanno un incentivo ad aumentare i prezzi, e viceversa, cosicché l’economia tende sempre a muoversi verso l’equilibrio.
È importante osservare che, in molti modelli economici, l’e. c. non ha la proprietà di efficienza assicurata dal primo teorema del benessere. In questi casi non è verificata qualche ipotesi alla base del teorema, spesso la completezza dei mercati. Un esempio è dato dalla presenza di esternalità, che si hanno quando l’utilità di un agente o la produzione di un’impresa sono influenzate in modo diretto, non mediato dal mercato, dalle azioni di un altro agente, per es. tramite l’inquinamento ambientale. L’inefficienza derivante da un’esternalità è dovuta alla mancanza di un mercato che assegni il prezzo corretto all’effetto dell’inquinamento. Infine, in macroeconomia e più in generale nei modelli di economia dinamica, il modello con mercati completi, proposto da K.J. Arrow e G. Debreu (➔ Arrow-Debreu, modello di), ipotizza l’esistenza, al tempo zero di apertura del mercato, di tutti i mercati contingenti dei beni futuri, sicché l’e. c., detto anche di Arrow-Debreu, soddisfa le ipotesi del teorema del benessere. Arrow ha dimostrato che si ottiene un e. c. equivalente (in termini di allocazioni) anche in un’economia con mercati sequenziali, che si aprono in ogni periodo di tempo, se si ipotizza che vi sia un insieme completo di mercati contingenti per tutte le possibili realizzazioni nel periodo successivo: per es., esiste un mercato degli ombrelli nell’ipotesi che domani piova e un altro nell’ipotesi che sia sereno. Questo risultato teorico è importante, ma non è realistico nella grande maggioranza delle applicazioni. Al contrario, molti modelli ammettono l’esistenza di un solo mercato intertemporale, per es. il mercato della moneta o di uno strumento di indebitamento.