EQUITAZIONE (lat. equitatio; fr. équitation; sp. equitación; ted. Reitkunst; ingl. horsemanship, riding)
È l'arte di cavalcare, mediante la quale il cavaliere si mantiene correttamente in sella e guida a suo piacimento i movimenti del cavallo.
Storia. - Gli eroi di Omero cavalcano solo in casi eccezionali; in epoca post-omerica i miti attribuiscono l'invenzione dell'equitazione ora ai Dioscuri ora a Bellerofonte; Erodoto è il primo a dirci che le Amazzoni combattono a cavallo. L'usanza del cavalcare acquistò in Grecia grande voga dopo che si fece figurare nei giochi una gara di corsa a cavallo, e s'introdusse un corpo di cavalleria nel contingente di truppe dell'esercito; si ha la prima notizia d'un premio per una corsa a cavallo a Olimpia nel 680, a Delfi nel 586. Per trovare in un esercito greco un contingente importante di cavalleria, bisogna scendere al tempo di Pericle; e i Greci raggiunsero poi la loro maggior perfezione nell'arte di cavalcare al tempo di Alessandro Magno, nel cui esercito la cavalleria aveva un ufficio importante. Ad Atene come a Roma servire nella cavalleria era onore riservato ai giovani della nobiltà (v. cavalleria). I cap. VII e VIII del Περὶ ἱππικηϕς di Senofonte, scritto come pare fra il 364 e il 361, costituiscono una trattazione completa dell'equitazione. Non sembra che in essa si siano avute notevoli differenze fra i rreci e i Romani: né gli uni né gli altri usarono mai staffe. Per molto tempo si è anche cavalcato a pelo.
Per influenza persiana - Zenofonte diceva che i Persiani mettevano più coperte sul loro cavallo che sul loro letto - attraverso le città greche dell'Asia Minore, assai tardi però, i Greci cominciarono a mettere sulla groppa del cavallo un panno con una specie di cuscino (ἐϕίππιον) che poi pare si trasformasse in una vera sella; a Roma l'ephippium introdotto tardi è considerato come un'eccessiva raffinatezza da Varrone, ma l'uso ne divenne presto generale, anche nelle truppe; in età imperiale tarda si hanno vere e proprie selle con arcioni, poste sopra gualdrappe ricamate (fig. 1). L'ephippium era tenuto fermo per mezzo di cinghie. Tanto in Grecia quanto in Roma si considerava l'equitazione come un esercizio utilissimo per la salute della gioventù e i medici lo consigliavano.
Parve segno di decadenza dei costumi a Roma quando i giovani trascurarono l'equitazione come esercizio troppo faticoso. I varî esercizî dell'equitazione erano: il salire a cavallo (d'un balzo solo ed essendo armato per il cavaliere dell'esercito, talvolta appoggiando il piede ad un piolo traversale posto in fondo alla lancia); l'andatura (passo, trotto, galoppo); il volteggio, il salto d'ogni sorta di ostacoli.
Sembra che presso i Greci e i Romani le donne montassero a cavallo raramente e sempre sedute (muliebriter insidere); si rammenta come cosa straordinaria che Cesonia, moglie di Caligola, cavalcava davanti l'esercito a fianco del marito.
I Greci e i Romani hanno avuto anche delle piste dl'equitazione coperte; si ha memoria poi, in età imperiale, di grandi allevamenti, di rinomatissime scuderie (fig. 2). All'insegnamento dell'equitazione provvide la tradizione orale e famigliare; l'addestramento dei cavalieri era lasciato a loro stessi.
Anche nel Medioevo i precetti dell'arte del cavalcare seguitarono a tramandarsi verbalmente.
Nel 600 d. C. cominciarono a usarsi le staffe. Nel 1134 alcuni scudieri che lavoravano nel circo equestre di Costantinopoli si stabilirono a Napoli, ove fondarono una specie di scuola d'equitazione. Di lì ebbe principio quella Scuola napolitana, che ebbe nel gentiluomo Giovanni Battista Pignatelli il sommo maestro (fine del sec. XV e principio del sec. XVI). Egli fece erigere in Napoli la prima cavallerizza. Inventò il modo di addestrare il cavallo col capezzone, trinciandolo da cavallo. Inventò pure la coda e il piliere per l'addestramento del cavallo. Il suo metodo ebbe larghissima diffusione. Da ogni parte d' Europa venivano a Napoli cavalieri ad apprendere l'arte. Monsieur de la Broue e Monsieur de Pluvinel, onore degli scudieri di Francia, furono in Napoli suoi allievi. Non ci pervennero suoi scritti, ma un suo discepolo, Federico Grisone, gentiluomo napolitano, pubblicò Gli ordini di cavalcare (Napoli 1550) che nel solo secolo XVI ebbero una ventina di edizioni e furono tradotti nelle principali lingue. Merito principale della scuola napoletana è di aver per prima dato le regole della cosiddetta equitazione d'alta scuola (v. appresso) che si diffuse ovunque specialmente nel sec. XVI.
Valentissimi maestri fiorirono in appresso alle varie corti e nelle varie accademie della penisola: fra questi si ricordano: Cesare Fiaschi, gentiluomo ferrarese ai servigi di quella corte ducale, che lasciò un Trattato dell'imbrigliare, maneggiare et ferrare cavalli (Venezia 1561); Claudio Corte da Pavia, gentiluomo al servigio del cardinale Farnese, che scrisse Il cavallarizzo (Venezia 1562); Luigi Santapaulina, cavallerizzo dell'Accademia Delia in Padova (fine del sec. XVII) che pubblicò gli eccellenti precetti del padre suo Nicola, e alcune sue osservazioni in L'arte del cavallo (Padova 1696); il conte Niccolò Rosselmini, patrizio pisano, direttore della razza granducale di S. Rossore, Accademia di Pisa, che pubblicò due opere importantissime: Il cavallo perfetto (Venezia 1723) e Dell'obbedienza del cavallo (Livorno 1764); il conte Federico Mazzucchelli, bresciano, Accademia di Milano, autore d'una reputatissima Scuola equestre: elementi di cavallerizza (Milano 1802); Enrico Conti, cavallerizzo del Real Maneggio di Torino, scrittore dell'Ippossiade o l'Accademico equestre (Torino 1823); Cesare Paderni, da Cividale del Friuli, istruttore civile di equitazione alla Scuola normale di cavalleria in Pinerolo (1867-1903); Federico Caprilli, livornese, maggiore di cavalleria, inventore del sistema dell'equitazione naturale (1868-1907), autore dei Pensieri sull'equitazione: frammenti postumi.
La tecnica dell'equitazione. - L'equitazione d' alta scuola. Viene chiamata alta scuola la parte superiore dell'equitazione di scuola, che insegna l'addestramento del cavallo alle diverse arie, cioè alcuni speciali esercizî inventati dai maestri che maggiormente si segnalarono nell'arte del cavalcare. L'alta scuola è stata creata, come si è visto, dagli Italiani (benché gli Austriaci continuino a chiamare spagnola l'alta scuola equestre, Spanische Hoffreitschule) per cui i nomi delle arie sono italiani e tali conservati anche nella terminologia equestre delle altre nazioni. L'equitazione d'alta scuola richiede il maggior affinamento del cavaliere e necessita un accuratissimo addestramento del cavallo; essa presenta reali difficoltà e può venire praticata solo da chi abbia complete le doti del cavallerizzo e disponga di un ottimo cavallo.
Per l'addestramento del cavallo si usano i pilieri (cioè due robusti pali piantati al centro della cavallerizza, fra loro distanti circa due passi). Le arie vengono distinte in alte e basse. Le arie basse sono quegli esercizî in cui il cavallo si muove presso terra; nelle arie alte si distacca maggiormente dal suolo. Le arie basse sono la ciambella, il passeggio, la galoppata, il cambiamento di mano, la volta quadra, la mezza volta, la passata, la piruetta, il terra-terra.
Alla prima aria bassa, la ciambella o il piaffare, viene addestrato il cavallo dapprima scosso fra i pilieri spingendolo con le fruste: indi il cavallo montato dal cavaliere viene spinto, con aiuti di gambe, alla ciambella. Vogliono i maestri dell'arte che la ciambella consista in un trotto sul posto, cadenzato e misurato; il cavallo deve avere il collo alto, retrocesso e inarcato, la testa incassata, l'anteriore sollevato e il posteriore annervato e seduto sulle anche.
Il passeggio è come un trotto molto più raccorciato, rilevato, sostenuto e cadenzato del trotto riunito. Il cavallo sul passeggio deve sollevare l'estremità anteriore di tanto che la pinza (punta) del piede si trovi all'altezza della metà dello stinco dell'estremità che posa a terra e la pinza del piede dell'estremità posteriore deve sollevarsi di poco al di sopra del nodello dell'altra posteriore. Il passeggio può essere eseguito su una pesta o su due peste (in tal caso si chiama costeggio): può a volontà del cavaliere essere il cavallo costretto ad eseguire quest'aria con piego intero o con mezzo piego. Nei circhi equestri viene insegnata al cavallo un'andatura che viene gabellata per passeggio, ma che invece è il passo spagnolo o pas d'Aure fatto eseguire al trotto: cioè un trotto spagnolo caratterizzato dal fatto che i due treni anteriore e posteriore non si muovono in armonia e in corrispondenza.
Si chiama galoppata il galoppo di alta scuola, che è un galoppo unito, ben insieme, raccorciato nell'anteriore e diligente nelle anche, in modo cioè che il posteriore non sia trascinato o lasciato indietro.
A differenza del galoppo di campagna, il quale è in tre tempi, la galoppata deve essere a quattro tempi. L'andatura viene perciò scomposta nei tempi seguenti: 1. estremità posteriore esterna; 2. posteriore interna; 3. anteriore esterna; 4. anteriore interna. La galoppata fatta su due peste viene detta raddoppio.
Il cambiamento di mano è di varia maniera, cioè largo (corrispondente al nostro cambiamento diagonale) e stretto (quasi come l'attuale cambiamento a mezza volta), inoltre vi ha pure il contro cambiamento di mano e il contro cambiamento di mano rovesciato.
La volta quadra è disegnata dalla pesta del cavallo che percorra un quadrato di cui gli angoli sono arrotondati e il cui lato è eguale a quattro volte la lunghezza del cavallo (cioè tre passi). Se il cavallo è messo all'andatura del passeggio esso eseguirà la volta quadra in costeggio: se invece è sulla galoppata la volta quadra verrà fatta in raddoppio.
La mezza volta è un cambiamento di mano stretto fatto nella volta stessa o ai due termini d'una linea retta dal cavallo con le anche in dentro. La mezza volta può anche eseguirsi rovesciata.
La passata è di due specie: una specie di passata si eseguisce al galoppo d'alta scuola percorrendo ad andirivieni tanto la linea retta quanto le due mezze volte che si descrivono ai due termini della retta. La manovra detta furiosa consiste nel passare alla metà della retta dal galoppo d'alta scuola alla carriera, richiamando il cavallo al galoppo d'alta scuola per fare la mezza volta e percorrere a tale andatura la metà della retta.
Si chiama piruetta una specie di volta fatta sul posto e della lunghezza del cavallo: la groppa resta al centro e la posteriore interna serve di perno attorno a cui girano tanto le due anteriori quanto la posteriore esterna. Può anche eseguirsi rovesciata; allora il perno è la testa dell'animale.
Il terra-terra è un galoppo in due tempi fatto su due peste. Il cavallo alza le due anteriori assieme e le posa assieme a terra; le posteriori seguono e accompagnano le anteriori formando così un'andatura bassa come una serie di piccoli salti assai vicini a terra. Può anche essere seguita di fianco.
Sono annoverate fra le arie alte la poggiata, la corvetta, la mezz'aria, la groppata, la ballottata, la capriola, il passo-salto. Alcuni maestri, e fra questi i tedeschi, non parlano di quest'ultima aria, ma aggiungono alle arie alte sopra indicate altre due: la levata e la lanciata.
La poggiata è un'aria in cui il cavallo solleva molto alto l'anteriore, mentre il posteriore resta sul posto fermo a terra, col garretto piegato.
La poggiata non deve essere confusa con l'impennata, atto di difesa che il cavallo eseguisce sollevandosi per aria sui garretti tesi e rigidi, fuori della mano e fuori d'equilibrio e perciò con pericolo di rovesciarsi. La levata dei maestri tedeschi è simile alla poggiata, ma mentre in questa il cavallo solleva molto l'anteriore, nella levata esso si solleva col suo asse solamente fino a formare un angolo di 45° col suolo.
La mezz'aria è un salto che sta fra il terra-terra e la corvetta (anzi da qualche maestro è chiamata mezza corvetta) in cui il cavallo si stacca dal terreno più del terra-terra; ma meno sentita e meno rilevata della corvetta; in essa il cavallo acquista più terreno in avanti della corvetta. Viene insegnata quest'aria a quei cavalli che non hanno l'attitudine necessaria per elevarsi tanto da eseguire bene la corvetta.
La corvetta è un'aria in cui il cavallo eseguisce una serie di piccoli salti con eguale cadenza elevandosi con l'anteriore in modo da formare col suolo un angolo di 45° e portando sotto contemporaneamente il posteriore in modo da avanzare in ogni tempo d'un piede metrico (circa cm. 30). Tanto la corvetta quanto la mezz'aria possono essere eseguite a una o due peste.
La groppata è un salto rilevato dell'anteriore e del posteriore nel quale il cavallo essendo in aria tiene le anteriori ben ripiegate in modo che i piedi accostino i gomiti mentre piega e ritira quasi istantaneamente le posteriori sotto il ventre tenendole con gli stinchi orizzontali e alla stessa altezza delle anteriori in modo che i ferri siano rivolti.
La ballottata è un salto in cui il cavallo trovandosi in aria con le anteriori disposte come nella groppata, tiene le posteriori con gli stinchi perpendicolari presentando all'indietro i ferri quasi volesse calcitrare senza peraltro né vibrare né distendere.
Il più perfetto e rilevato dei salti di scuola è la capriola. In quest'aria il cavallo si distacca dal suolo, istantaneamente, con tutti e quattro i piedi e mentre si trova in aria con entrambi i treni alla stessa altezza, tenendo le anteriori disposte come nella groppata, distende orizzontalmente ed a pari le posteriori a guisa di calcio, sparando la groppa con forza e vibrazioni tali da lasciar udire lo scricchiolio dei garretti.
Il passo-salto è un'aria composta di tre tempi, di cui il primo è un tempo di galoppo riunito o terra-terra, il secondo è una corvetta, il terzo una capriola. Alcuni maestri escludono per altro questo composto di movimenti dal novero delle arie. La groppata, la ballottata, la capriola, e il passo-salto sono anche denominati salti regolati o di scuola.
Alcuni maestri tedeschi annoverano anche fra le arie alte la lanciata o volata consistente in un salto libero del cavallo che descrive un arco in alto e in avanti. Dapprima il cavallo rialzando le anteriori porta il suo peso sulle posteriori, che poscia scattando lanciano la massa in aria col posteriore più basso dell'anteriore, in modo che giunga il posteriore per primo a terra e possa sostenere l'anteriore stesso.
Questi esercizî che furono vanto dei maestri dell'equitazione sono oggi praticati solo nelle accademie e nei circhi.
Equitazione naturale. - Per l'equitazione in campagna e per lo sport ippico occorre naturalmente un sistema che più della virtuosità dell'equitazione di scuola si adatti al terreno vario e accidentato; esso fu inventato, come si è visto, dal maggiore di cavalleria Federico Caprilli. Secondo il suo inventore il sistema da lui chiamato equitazione naturale "insegna a rendere atto il cavallo in brevissimo tempo a rispondere alle varie contingenze della guerra e dello sport. Per equitazione naturale si intende quell'equitazione che lascia il cavallo prendere il suo equilibrio naturale col nuovo peso del cavaliere e del pacchettaggio (militare), rimanendo in una posizione naturale di testa e di collo.
Base di questa equitazione è l'ottenere dal cavallo che esso faccia quanto gli si richiede, lasciandolo libero di usare i mezzi che reputerà necessarî a compiere quello che da lui si esige, e che il cavaliere impieghi la maniera migliore perché i mezzi della cavalcatura non siano mai ostacolati.
La differenza fra questa equitazione e quella detta di scuola consiste nel fatto che, mentre quest'ultima vuole intervenire nell'adattare il cavallo al cavaliere, l'altra mira ad adattare il cavaliere al cavallo. Ora è più facile questo lavoro che quello, e quando uno sia entrato nell'ordine di idee dell'equitazione naturale, la conosca bene e sia convinto della sua utilità, con un terzo di tempo ottiene quello che prima non riusciva a fare in un tempo tre volte più lungo".
In altri termini, per ottenere dal cavallo il massimo rendimeuto è necessario non creargli altre difficoltà all'infuori di quella che gli dà il peso del cavaliere: ridurre al minimo, restando fermi con le ginocchia e non contrariandolo in bocca, il fastidio che gli procura il cavaliere.
Il sistema dell'equitazione naturale è stato ampiamente sviluppato nel regolamento d'esercizî per la cavalleria - istruzione a cavallo -: applicato dalla nostra cavalleria, questo sistema le fece ottenere il primato nell'arte ippica in confronto delle consorelle estere.
Il principio più sostanziale del sistema è la funzione della mano, funzione che si trova in opposizione con i principî dei vecchi sistemi. Nel sistema naturale "sinteticamente si può dire che la mano deve sempre andare avanti, nel passato doveva ritrarsi sempre. Nel primo l'asse del cavallo si trova in estensione secondo l'atteggiamento naturale, nel secondo invece viene a trovarsi in contrazione. In questa differenza risiede l'innovazione del sistema naturale, cioè ottenere con l'assetto che il cavaliere possa lasciare al cavallo la libertà di bocca". La fig. 16 mostra l'assetto del cavaliere in sella nella equitazione naturale.
Soltanto con il sistema dell'equitazione naturale è stato possibile far superare al cavallo montato ostacoli di elevazione molto considerevole che con la vecchia scuola non si sarebbero certamente sorpassati.
La fig. 17 riproduce un salto di metri 2,20.
Bibl.: Sulla tecnica dell'equitazione si vedano le opere citate nell'articolo. Sull'equitazione nell'antichità v.: A. Schlieben, Die Pferde des Alterthums, Neuwied 1867; e specialmente G. Lafaye, in Daremberg e Saglio, Dict. ant. gr. et rom., s. v. equitatio, II, p. 476 segg.; ibid. s. v. ephippium, p. 647 segg.; ibid. s. v. equitim, p. 791 segg., e la bibl. unita a questi ampî articoli. Hermann-Blümner, Griech. Privataltertümer, Freiburg-Tubinga 1882, p. 480 segg. Becker-Göll, Charikles, II, Berlino 1877, p. 11 segg.