Equitazione
Nel 1834 il giovane archeologo francese Charles Texier scoprì presso Boõazköy, sull'altopiano dell'Anatolia centrale (a circa 150 km a est di Ankara), quella che poi risulterà essere Khattushash, la capitale dell'impero ittita, estesa all'epoca del suo massimo splendore su una superficie di 120 ettari. All'interno del vasto e fortificato centro urbano sorgeva la cittadella che ospitava il palazzo imperiale, gli edifici pubblici, i magazzini e gli archivi-biblioteche in cui erano conservati migliaia di documenti statali incisi su tavolette d'argilla in caratteri cuneiformi.
Fu qui che, durante la campagna di scavi eseguita tra il 1906 e il 1912 dalla Società orientalista tedesca sotto la guida dell'assiriologo Hugo Winckler, vennero trovate, tra la moltitudine di reperti, quattro tavolette d'argilla, poi datate attorno al 1500-1440 a.C., con 946 righe incise sulle due facce: esse contenevano un insieme di regole sull'allenamento dei cavalli. L'opera fu redatta per il re Suppiluliumas I il Grande da un certo Kikkuli, appartenente al popolo dei mitanni prima assoggettato e poi assorbito dagli ittiti. Questo documento, cui è stato attribuito dai ricercatori il titolo di L'arte di governare e allenare i cavalli, costituisce la prima testimonianza scritta sinora rintracciata sull'allenamento dei cavalli; esso sembra significare che esistesse una tradizione di allevamento equestre ancora prima delle testimonianze riferite all'attività degli ittiti con i cavalli nell'area del Mediterraneo. Le quattro tavolette costituiscono un vero e proprio 'manuale' con un programma basato su un ciclo di 180 giornate, con regole precise seppure riferite esclusivamente alla preparazione di cavalli da aggiogare ai carri da guerra.
Le prime testimonianze di cavalli montati ci giungono attraverso le descrizioni mitiche dell'esercito delle amazzoni e dei reparti montati del re etiope Memnone. I greci per secoli non conobbero l'equitazione. Il cavallo divenne animale domabile solo quando, non si sa se per caso fortuito o per ragionamento e ricerca, fu scoperto che poteva essere dominato utilizzando un elemento di metallo (morso) introdotto nella bocca, più precisamente nelle parti comprese tra la mascella superiore e quella inferiore libere dai denti (barre). I numerosi morsi estratti durante gli scavi archeologici non differiscono molto da quelli utilizzati nell'era moderna. Grazie, dunque, all'utilizzo del morso si poté domare il cavallo e la mano dell'uomo poté determinarne velocità e direzione.
Occorsero secoli e secoli per fornire il cavallo degli altri mezzi ausiliari necessari per la pratica dell'equitazione: ferratura, sella e staffe. L'antenata della sella moderna era una coperta ornamentale alla quale gli assiri nell'8°-7° secolo a.C. attaccarono una sorta di staffa. Ne forniscono testimonianza gli altorilievi assiri trovati a Nimrud (Iraq), che consentono di verificare anche la posizione del cavaliere in sella. Il cavallo porta una gualdrappa ampia e spessa sormontata da una pelle di leopardo disposta per ammorbidire la seduta del cavaliere. Al collo del cavallo si individua un collare, utile elemento per mantenere il cavaliere in equilibrio. La gualdrappa è assicurata sul cavallo da un pettorale, e le redini, piuttosto corte, sono tenute basse all'altezza della mano del cavaliere da un contrappeso. Il cavallo sembra poter procedere soltanto in linea retta e il cavaliere avere totale autonomia di movimenti per manovrare arco e frecce. Il cavaliere ha la coscia nuda ma le gambe fasciate da protezioni in cuoio sopra il ginocchio e lungo lo stinco.
Furono probabilmente gli hyksos, popolazione di pastori nomadi semiti, a introdurre il cavallo in Egitto intorno al 17° secolo a.C. Come confermano le raffigurazioni, il cavallo utilizzato era di origine mongola.
Alcuni libri sacri lasciano pensare che i cinesi montassero già nel 21° secolo a.C. Gli imperatori cinesi iniziarono a mettere in sella l'esercito con Kao Ti (Gaodi), fondatore della dinastia Han, intorno al 200 a.C., dopo che furono registrate ingenti perdite nell'esercito ippotrainato a opera dei cavalieri nomadi provenienti dalle steppe del Nord. I cinesi avevano ripreso dalle popolazioni nomadi che vivevano nelle steppe dell'Asia centrale l'impiego della sella e della staffa, introdotta in India nel 1° secolo a.C. come anello per alluce.
Il primo autore che ha lasciato importanti testimonianze sull'equitazione nel periodo classico è il greco Senofonte. Insieme al testo completo di Senofonte Perì ippikès ci sono giunti anche stralci dell'opera di Simone di Atene, professionista e preparatore di puledri. Molti dei principi espressi in quegli scritti sono tuttora validi, come la posizione in sella che raccomanda le gambe senza angolazioni di sorta, tese in avanti, simile alla posizione della moderna equitazione western. Senofonte considerava i percorsi a ostacoli in terreno vario come una fase importante dell'allenamento del guerriero. Quest'ultimo doveva, infatti, saltare tutti gli ostacoli naturali che trovava sulla sua strada come muri di pietra, dislivelli ecc. Senofonte ha anche lasciato importanti consigli riferiti alla psicologia equina, raccomandando sempre di privilegiare la calma e la pazienza nell'approccio con l'animale.
La storia dell'equitazione e, più in generale, il rapporto dell'uomo con il cavallo hanno riguardato nei secoli un'ampia sfera di applicazione, ma, quanto all'addestramento e all'allenamento specifico dell'animale montato, l'attenzione, per circa duemila anni, è stata quasi esclusivamente circoscritta alle campagne militari e alle battaglie.
Fu nel Medioevo che il cavallo cominciò a essere utilizzato anche per fini agonistici e di piacere. Il cavallo era per tutti il mezzo di trasporto e di lavoro per eccellenza. Montare a cavallo diventò però anche fenomeno di costume per l'aristocrazia, ed esercitarsi nell'equitazione di alta scuola fu presto un obbligo per ogni nobile. I tornei richiedevano cavalli bene addestrati e sottomessi e ovviamente anche abili cavalieri.
Nel Rinascimento presso le corti d'Europa iniziarono a svilupparsi vere e proprie scuole d'equitazione dove operavano uno o più maestri al servizio dei cortigiani: oltre all'equitazione vi s'insegnava l'uso delle armi, la danza, la musica, la pittura e la matematica. La capostipite fu l'Accademia di Napoli, che raggiunse il massimo splendore nel 16° secolo per opera di Giovan Battista Pignatelli, attirando allievi da tutta Europa. Il gentiluomo napoletano sorpassò tutti i suoi contemporanei nell'arte del cavalcare e dell'istruire cavalli e cavalieri e fece erigere a Napoli le prime 'cavallerizze' (maneggi).
Pignatelli fu il più famoso allievo di Federico Grisone, riconosciuto dai suoi contemporanei come il padre dell'arte equestre e considerato il più antico tra gli autori di testi sull'equitazione: il suo libro Gli ordini di cavalcare fu stampato per la prima volta a Napoli nel 1550 e venne poi riprodotto in numerose edizioni sia italiane sia straniere (fu tradotto in francese, tedesco, spagnolo e inglese). A Napoli presso di lui si formarono anche i futuri capiscuola francesi Salomon de La Broue e Antoine de Pluvinel. Tra i grandi autori attivi nella seconda metà del Cinquecento, periodo in cui vennero dati alle stampe i primi e più famosi trattati di equitazione ai quali si fa risalire la nascita dell'equitazione accademica, figura il gentiluomo ferrarese Cesare Fiaschi che pubblicò a Bologna nel 1556 un Trattato dell'imbrigliare, maneggiare et ferrare cavalli.
Non si hanno notizie precise dell'attività d'autore di Pignatelli, ma è certo che, attraverso la sua opera di maestro, Napoli si confermò in quel periodo come il centro d'irradiamento dei principi dell'equitazione e della nuova cultura che si andava formando attorno al cavallo. Gli echi se ne possono cogliere in tutta la letteratura del secolo, dal Mercante di Venezia di Shakespeare alle Vite del Vasari. La nobiltà di tutta Europa giungeva nella città partenopea per apprendere l'arte che fu di re e di principi ma anche di papi, cardinali e alti prelati. La fama di Pignatelli fu talmente grande che nei decenni successivi, sino al Seicento inoltrato, per illustrare i propri meriti i cavallerizzi più famosi avrebbero vantato un apprendistato equestre alla scuola del gentiluomo napoletano o dei suoi allievi. Lo stesso Luigi XIII imparò l'arte di montare a cavallo da Pluvinel, uno dei discepoli di Pignatelli, che espose gli insegnamenti trasmessi al re nelle tavole incise da Crispijn van de Passe per illustrare il libro L'instruction du Roy en l'exercice de monter à cheval, fatto pubblicare da Menou de Charnizay, discepolo e amico di Pluvinel, nel 1625 dopo che, abusivamente, era stato dato alla stampa il libro Le maneige royal nel 1623.
Per tutto il Cinquecento e fino all'Ottocento non vi fu palazzo principesco o reale ove non fosse accolto un cavallerizzo che istruisse il signore e la sua corte nei nuovi e nobili principi dell'equitazione. Claudio Corte, nobiluomo pavese che aveva avuto il suo apprendistato equestre a Napoli, divenne cortigiano di Elisabetta I d'Inghilterra. Lorenzino Palmieri dedicò al granduca di Toscana il suo trattato sulle Perfette regole et modi di cavalcare (1625), mentre Pirro Antonio Ferraro, autore di uno dei più rinomati trattati del Seicento, Cavallo frenato (1602), fu cavallerizzo alla corte di Filippo II di Spagna. Accanto alle corti, anche le accademie divennero, per tutto il Rinascimento e durante il Seicento, centri di diffusione delle tecniche di equitazione. Le più famose furono l'Accademia cavalleresca di Udine (1609), l'Accademia dei cavalieri del Sole di Pavia, ma soprattutto la Stella di Messina e la Delia di Padova. Erano accademie esclusive, riservate per statuto a cavalieri e aristocratici, per accedere alle quali si doveva dimostrare la lontananza dall'esercizio di qualsivoglia 'arte o mercanzia'. L'intento che muoveva gli accademici, come risulta dai loro statuti, era semplice: esercitarsi nelle armi e nell'equitazione per confermare la propria preparazione sul campo e dunque l'essere cavalieri di fatto. A Palermo il viceré don García di Toledo si fece protettore di un'accademia di cento cavalieri armati di tutto punto che, oltre a essere impiegati in tempo di guerra, partecipavano a tutte le giostre e i tornei. La Delia di Padova, che avrebbe voluto persino Galileo Galilei tra gli insegnanti di scienze matematiche per i propri allievi, ingaggiò come cavallerizzo Luigi Santapaulina, autore del terzo volume dell'apprezzato trattato L'arte del cavallo (1696) e famoso anche per aver ideato alcuni celebri balletti a cavallo in occasione dell'arrivo della regina Cristina di Svezia a Roma.
Dalle corti principesche e dalle accademie cittadine si diffuse in tutta Europa l'equitazione italiana, tanto che anche in Francia, in Austria e in altri paesi sorsero centri deputati all'istruzione secondo le nuove tecniche: la Scuola spagnola di equitazione di Vienna (1729) e il Cadre Noir di Saumur (1825), come istituzioni di Stato, sono probabilmente gli ultimi eredi dell'equitazione accademica nata durante il Rinascimento in Italia. All'ombra del principe e delle accademie il cavallerizzo si trasformerà gradualmente nello scudiero, responsabile degli allevamenti equini e di tutta l'organizzazione equestre del sovrano.
Quale fondatore dell'equitazione moderna viene riconosciuto il francese François Robichon de la Guérinière, scudiero di Luigi XV, che aprì un'accademia a Parigi nel 1715 e diresse il maneggio delle Tuileries dal 1730 fino alla morte. La sua opera L'école de cavalerie è l'esposizione metodica della sua dottrina che fu ispiratrice della Scuola spagnola di Vienna e di tutto il movimento francese fino alla Rivoluzione (1789).
Nel 19° secolo l'attenzione dell'addestramento per l'equitazione si concentrò sull'utilizzo del cavallo per scopi militari: i cavalieri e i cavalli, mutate le condizioni del combattimento, erano chiamati a percorrere la battaglia velocemente, superando le asperità del terreno, riunendosi in frotta e separandosi rapidamente per sfuggire all'osservazione nemica e sottrarsi al suo fuoco.
L'equitazione istintiva, una volta prerogativa dei popoli nomadi, ritrovò efficacia nei confronti della rigidità accademica; la preparazione del cavallo militare, vero e proprio trampolino per l'attività sportiva dei giorni nostri, divenne l'obiettivo primario. Contemporaneamente per sport e divertimento si cominciava a sviluppare, soprattutto oltre Manica, la caccia a cavallo e l'utilizzo dello stesso nei grandi spazi all'aperto.
Dall'Italia, più precisamente dalla Scuola di cavalleria di Pinerolo (circa 30 km a nord di Torino), parte la storia dell'equitazione nell'era moderna. Fu in questa sede che alla fine dell'Ottocento il capitano Federico Caprilli, poco più che trentenne, mise a punto un sistema di equitazione del tutto innovativo detto 'sistema naturale', che rapidamente si diffuse in tutto il mondo. Caprilli rivoluzionò il metodo del salto sino a quel momento adottato. Si pensava, infatti, che il miglior modo per saltare gli ostacoli fosse di alzare l'anteriore del cavallo con il busto rovesciato indietro, immaginando di mantenere in equilibrio il cavallo con un fortissimo appoggio della mano sul morso. Caprilli, invece, capì che il cavaliere doveva lasciare il cavallo libero di usare il proprio istinto e i propri mezzi per percorrere la campagna e superare gli ostacoli facendo corpo unico con l'animale. Il cavallo doveva saltare affidandosi al proprio istinto, obbedendo alle semplici indicazioni degli aiuti del cavaliere: le gambe per avanzare e accelerare, le mani per dirigere, rallentare e fermare.
Il 15 novembre 1823 re Carlo Felice decretò la costituzione di una scuola deputata all'insegnamento dell'equitazione per i giovani appartenenti ai corpi militari, presso il castello di Venaria Reale (Torino). Sciolta nel 1848, la scuola fu ricostituita l'anno successivo nella caserma Principe Amedeo di Pinerolo. Questa rappresentò per la piccola cittadina un vero e proprio centro di attrazione. Nel 1862 l'istituzione si trasforma in Scuola normale di cavalleria e, successivamente, in Scuola di applicazione di cavalleria, restando tale fino al 1943, anno della sua soppressione. La costruzione del galoppatoio di Baudenasca nel 1894 e del maneggio coperto nel 1911, la creazione nel 1875 del Corso allievi veterinari e nel 1880 dell'unica Scuola italiana di mascalcia consentirono a Pinerolo di dotarsi di un complesso assolutamente all'avanguardia.
Dopo i primi anni di limitato sviluppo, dovuti alla mancanza di un indirizzo preciso di insegnamento, il primo grande momento di impulso per la scuola fu dato dal colonnello Lanzavecchia di Buri che nel 1865, accompagnato dal capitano Baralis, visitò le scuole di equitazione di Vienna, Berlino, Hannover e Saumur approfondendo i metodi adottati all'estero. Fu Lanzavecchia a decidere di far uscire i giovani cavalieri dallo spazio limitato dei maneggi coperti per addestrarli all'equitazione di campagna, demandando la loro istruzione a Cesare Paderni. Dopo la morte del capitano Baralis (1885) la scuola rischiò di essere trasferita a Caserta. Sulla scorta del successo ottenuto con l'esperienza all'ippodromo romano di Tor di Quinto, nel 1891 fu deciso di incrementare l'attività della scuola con un corso complementare di campagna. La direzione passò al generale Berta, ideatore del galoppatoio di Baudenasca, che per primo utilizzò purosangue irlandesi. È in questi anni che si forma alla Scuola di Pinerolo il giovane ufficiale Caprilli, il quale già nel 1888 intuisce che lo stile sul salto può essere migliorato introducendo il metodo di equitazione naturale. Tale metodo incontra subito un grandissimo successo e da tutto il modo arrivano a Pinerolo osservatori e allievi. Il successo di Caprilli al concorso ippico di Torino del 1902 costituisce la definitiva affermazione del sistema, che viene adottato nelle più importanti scuole all'estero. Caprilli muore a soli 39 anni, a Pinerolo, in seguito a una banale caduta da cavallo. È proprio dopo la scomparsa del grande maestro che la scuola assume la sua fisionomia definitiva.
Sistemata in un grandioso complesso, oggi in parte occupato dal Museo nazionale dell'Arma di cavalleria, la Scuola era collocata al centro della cittadina piemontese ed era composta di vari edifici a tre piani. Sul vasto cortile, dalla parte opposta, si affacciavano le scuderie per i cavalli da scuola. Le dipendenze laterali, di un solo piano, erano occupate da altre scuderie, dalle cucine, dai servizi e da un maneggio coperto di 60x40 m. Vicino alla Scuola si trovava un secondo piccolo maneggio coperto. Nel 1911 venne inaugurato un altro grandioso maneggio (l'unico ancora oggi esistente) dedicato a Caprilli.
La Scuola disponeva di due campi per le esercitazioni: il primo aveva una pista con uno sviluppo di un migliaio di metri, attraversato da altre piste diagonali, con svariati ostacoli disposti in ordine progressivo dai 30 cm di altezza, per i cavalli giovani, fino a 1 m, per i cavalli già addestrati; il secondo campo rappresentava un vero e proprio ippodromo, studiato da numerose delegazioni straniere per la sua eleganza e la sua funzionalità. Voluto dal generale Berta e costruito dai genieri lungo gli argini del Chisone, circondato da boschi, l'ippodromo disponeva di una pista lunga 3 km e larga 20 m, dei quali i tre metri più esterni erano coperti di sabbia, i rimanenti in erba. Il numero delle piste diagonali e trasversali era rilevante ed esse erano dotate di ostacoli vari.
L'impianto disponeva inoltre di un bacino d'acqua di 30x20 m, con profondità di 4 m, per le esercitazioni delle traversate a nuoto. Una serie di fili stesi, a cui erano legate corde con uncini alle estremità, consentivano ai cavalieri che non sapevano nuotare di esercitarsi senza pericolo.
In un secondo tempo venne costruito, accanto alla Scuola, anche un ricovero-ambulatorio per i cavalli ammalati, con box di isolamento, farmacia, laboratorio analisi, oltre a un'ampia fucina per gli allievi fabbri, oggi sede della Scuola di mascalcia. Un altro piccolo edificio accoglieva un'aula per le lezioni di ippologia, un gabinetto anatomico e una ricca collezione di ferri di cavallo.
Gli allievi ufficiali montavano ogni giorno, in maneggio e in campagna, cinque cavalli. Nella scuola erano istituiti, inoltre, corsi speciali di tattica, di veterinaria, di mascalcia, di scherma, di tiro, un corso genieri telegrafisti per sottotenenti, un corso genieri per soldati e uno di perfezionamento per sottufficiali.
L'effettivo della Scuola, agli inizi del 20° secolo, era costituito da 555 cavalli, tra i quali gli Hunter irlandesi (voluti dal generale Berta perché meglio rispondevano alle esigenze dell'equitazione di campagna) erano 250; vi erano inoltre 105 purosangue inglesi e 200 mezzosangue italiani. Ogni anno un'apposita commissione ‒ Caprilli ne fece parte ‒ si recava in Irlanda per l'acquisto della rimonta per la Scuola e per gli ufficiali. I cavalli personali degli ufficiali venivano tirati a sorte; il prezzo veniva stabilito dal comitato militare.
L'insegnamento dell'equitazione alle reclute si divideva in due periodi: insegnamento con il filetto e insegnamento con il morso, in maneggio e in campagna. Il corso durava complessivamente quattro mesi. Dal 1900 al 1938, con la sola interruzione degli anni della guerra mondiale, 141 ufficiali di 33 diverse nazioni parteciparono ai corsi della Scuola di applicazione di cavalleria, a Pinerolo e a Tor di Quinto, per apprendere l'equitazione naturale. I corsi iniziavano nella cittadina piemontese in ottobre e terminavano a luglio; i partecipanti avevano così la possibilità di seguire tutto l'addestramento del cavallo giovane, di cinque anni. Successivamente seguivano a Tor di Quinto un ulteriore corso della durata di tre mesi. Gli ospiti disponevano, oltre ai due cavalli di loro proprietà, dello stesso numero di cavalcature degli allievi della Scuola; agli allievi stranieri, per ragioni di prestigio, erano destinati i migliori. Questi allievi, che già rappresentavano l'élite dei cavalieri nei loro rispettivi paesi, al ritorno in patria contribuivano a diffondere nel mondo il 'sistema' caprilliano.
L'8 settembre 1943 la Scuola cessò la sua attività dopo essere stata saccheggiata dai tedeschi.
Verso il 1880 gli ufficiali cominciarono a cimentarsi nel cross e a prendere parte alle frequenti battute di caccia alla volpe, sport diffusissimo specialmente a Roma. Poiché gli ufficiali non riuscivano a distinguersi nei confronti dei civili, il ministero della Guerra ritenne opportuno organizzare un corso complementare di equitazione da campagna dipendente dalla Scuola militare di Pinerolo e, non essendovi nei pressi della cittadina piemontese una località che si prestasse per far pratica su un terreno aperto, si decise di portare la nuova scuola nella campagna romana dove era in uso la caccia alla volpe: là si poteva trovare un terreno che, con spazi tenuti a pascolo, dolci pendii, strette marrane e staccionate, costituiva un ambiente ideale per le lunghe galoppate.
Su incarico del ministro Luigi Pelloux fu deciso di cercare e acquistare un terreno. Gli incaricati ministeriali scelsero un terreno ai bordi del Tevere verso la via Flaminia, in una zona chiamata Tor di Quinto che, a quei tempi, era periferica perché la città si spingeva appena fuori porta del Popolo; sul terreno acquistato esisteva un ippodromo dotato di una pista di 2,4 km, scuderie e tribune. Il governo approvò l'acquisto e vi sistemò la Scuola che, già dall'inverno 1891, era in funzione per il primo Corso complementare di equitazione da campagna riservato ai sottotenenti usciti dalla Scuola di Pinerolo e affidato al marchese di Roccagiovane. Questi, un esperto cavaliere da campagna, master della caccia alla volpe, per l'occasione fu nominato capitano della milizia territoriale e richiamato in servizio. Il marchese fece donazione all'Arma di cavalleria di alcuni terreni per ampliare la zona dell'ippodromo. Nel 1891 tra i partecipanti al primo corso c'era anche il tenente Caprilli.
Nel febbraio 1893 nell'ippodromo di Tor di Quinto, che l'autorità militare aveva completato e sistemato, si svolsero le prime competizioni. Nella prima giornata di corse fu disputato il Premio apertura, vinto dal tenente Federico Tesio che montava Esperance; in un'altra giornata fu disputato il Premio reale, uno steeplechase per ufficiali sui 4000 m che fu vinto da Goldfinger, montato dal tenente Caprilli.
Questa Scuola di cavalleria fu frequentata in seguito dai tenenti Berta, Pralormo, Amalfi, Dodi, Ubertalli, che divennero tra i maggiori sostenitori del nuovo metodo di equitazione naturale. Furono direttori, vicedirettori e istruttori della Scuola militare di equitazione da campagna cavalieri della fama di Caffarati, Forquet, Cacciandra, Formigli, Lombardi, Lequio, Salazar, Bocchini, Conforti, Bonivento, Bruni, Gutierrez, Campello.
La Scuola metteva in luce tutto il coraggio che era necessario per superare ostacoli come: scivolo, cancello in salita e discesone siti nella parte alta; staccionate, sieponi, muri in cresta, talus e doppio talus nell'ippodromo. Solo dopo aver terminato questo corso un cavaliere poteva considerarsi completo.
La Scuola di Tor di Quinto rimase in funzione fino al 1940.
La Federazione equestre internazionale (FEI), riconosciuta dal CIO, ha sede in Svizzera, a Losanna, ed è l'unica autorità internazionale per le discipline degli sport equestri. La FEI è stata costituita nel 1921 sotto la giurisdizione del codice civile svizzero.
Il 28 maggio 1921, a Losanna, i rappresentanti di dieci nazioni si riuniscono sotto la direzione del barone de Coubertin, presidente del Comitato internazionale olimpico (CIO). Il giorno seguente i delegati di Stati Uniti, Francia, Giappone e Svezia decidono di costituire la Federazione equestre internazionale. Gli esponenti degli altri sei paesi aderiscono in linea di principio.
Il 24 novembre dello stesso anno, a Parigi, ha luogo il primo Congresso della istituenda Federazione equestre internazionale a cui prendono parte il Belgio, la Danimarca, la Francia, il Giappone, la Norvegia, la Svezia, gli Stati Uniti e l'Italia, che è rappresentata dal generale Bellotti in sostituzione del generale Airoldi, presidente della Società per il cavallo da sella. Dagli impegni delle otto nazioni presenti nasce la FEI. Alla sua presidenza viene eletto il barone francese du Teil, in quanto l'appena varato statuto prevedeva che alla massima carica fosse chiamato un rappresentante del paese in cui avrebbero avuto luogo i successivi giochi olimpici. Di nazionalità francese anche il primo segretario generale, il comandante Georges Hector, che esercitò il proprio incarico fino al 1951.
Durante i primi trent'anni di lavoro la FEI ebbe la sua prima sede sociale a Nizza. Dal 10 aprile 1979 alla fine degli anni Novanta la FEI ha operato attraverso gli uffici di Berna. La decisione del trasferimento in Svizzera è stata favorita dal fatto che la legislazione locale prevedeva notevoli vantaggi giuridici per le federazioni internazionali. La FEI è riconosciuta come la sola autorità internazionale in materia di prove equestri e divide la propria fascia di attività in discipline olimpiche (dressage, completo e salto ostacoli) e altre comprese nel programma dei Giochi (endurance, attacchi, volteggio, reining ecc). La FEI supervisiona l'organizzazione di tutti gli eventi internazionali di sport equestri nel mondo; coordina e pubblica le regolamentazioni relative agli stessi e il punto di riferimento delle attività per le federazioni equestri internazionali. Le federazioni nazionali affiliate alla FEI sono 133.
La massima autorità della Federazione internazionale è l'assemblea generale che riunisce i rappresentanti di tutti i paesi membri. L'autorità responsabile della direzione generale e dell'amministrazione è il Bureau, composto da un presidente, due vicepresidenti, un tesoriere, un segretario generale e otto esponenti dei gruppi che riuniscono le federazioni nazionali affiliate. Al suo interno opera un comitato esecutivo (presidente, due vicepresidenti, tesoriere, segretario generale), mentre ad alcune commissioni permanenti sono delegate le attività dei vari settori. Il rinnovo delle cariche avviene dopo ogni quadriennio olimpico.
Nel 1953 la FEI organizza a Parigi il primo Campionato del Mondo di salto (con lo scambio dei cavalli) e, a Badminton (Inghilterra), il primo Campionato d'Europa di concorso completo.
Il 1965 è l'anno dell'introduzione del premio Coppa del presidente, destinato alla migliore squadra ufficiale dell'annata agonistica, vinto dalla Gran Bretagna. Viene inoltre stabilita la rotazione dei campionati: i mondiali avranno luogo negli anni non olimpici che terminano con un numero pari, mentre i continentali si svolgeranno in quelli dispari.
Nel 1970 gli attacchi diventano la quarta disciplina FEI e lo stesso anno, a Lucerna, ha luogo la prima gara internazionale. L'anno seguente si disputerà a Budapest il primo titolo europeo, mentre il primo mondiale sarà ospitato dalla città di Münster nel 1972.
Nel 1978 si introduce la Coppa del Mondo di salto. Consiste in gironi preliminari, organizzati per aree geografiche e culminanti in una finale mondiale. Nello stesso anno è organizzato il primo Campionato europeo pony.
Nel 1990 a Stoccolma si svolge la prima edizione dei Giochi equestri mondiali. Nel loro ambito vengono disputati titoli mondiali di salto ostacoli, dressage, completo, endurance e volteggio. La seconda edizione sarà disputata all'Aia nel 1994, mentre per la terza sarà stabilita la sede di Dublino poi sostituita con Roma.
Attualmente operano sotto la sua giurisdizione oltre cento federazioni nazionali, tra cui la Federazione italiana sport equestri (FISE). Alla guida della FEI si sono succeduti personaggi appartenenti, dal dopoguerra in avanti, sempre a famiglie reali (il principe Bernardo d'Olanda, il principe Filippo di Edimburgo, la principessa Anna d'Inghilterra, donna Pilar di Borbone, duchessa di Badajoz e infanta di Spagna, attualmente in carica).
A livello organizzativo la Federazione equestre internazionale basa la propria attività sul principio dell'eguaglianza e del reciproco rispetto tra le federazioni nazionali affiliate.
Da sempre attenta all'espletamento dell'attività equestre nell'assoluto rispetto del cavallo, la FEI ha varato un vero e proprio codice di condotta redatto per garantire la salute e il benessere degli animali prima, durante e dopo le gare. Tale esigenza deve avere la priorità e mai essere subordinata a interessi commerciali o competitivi. In particolare va fatto ogni sforzo per assicurarsi che il cavallo riceva le necessarie attenzioni dopo la gara e che sia trattato adeguatamente quando la sua carriera agonistica è finita. Ciò per quel che riguarda appropriate cure veterinarie, incidenti in gara, eutanasia e ritiri.
La FISE fu costituita nel 1911 per iniziativa di un gruppo di enti e di privati con la denominazione di Società per il cavallo da sella, successivamente mutata in Società per il cavallo italiano. È entrata a far parte del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) nel 1926 prendendo l'attuale denominazione. Nel 1936, con regio decreto, alla FISE fu affidato il controllo dei concorsi ippici, del polo, delle cacce a cavallo e dei corsi di equitazione, mentre le altre specialità (corse piane, steeplechase, trotto) passarono all'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE), nata nel 1932.
La FISE è un'associazione senza fini di lucro con personalità giuridica di diritto privato ed è costituita da società, associazioni e organismi sportivi che, ugualmente senza fini di lucro, praticano in Italia lo sport equestre nell'ambito delle regole del dilettantismo e in armonia con gli indirizzi del CIO e del CONI. Quest'ultimo riconosce alla FISE, ai fini sportivi e con autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, l'esclusiva competenza a disciplinare l'attività equestre in Italia. La FEI, parallelamente, riconosce alla FISE, in quanto sua affiliata, il ruolo di rappresentante per gli sport equestri nel nostro paese.
Suo primo presidente fu, nel 1911, Giuseppe Berta. Nomi illustri si sono succeduti nel corso degli anni alla presidenza, cui è stato eletto per la terza volta nel corrente quadriennio olimpico Cesare Croce.
I fini istituzionali della Federazione comprendono una rosa ampia e articolata che va dalla promozione della pratica dello sport equestre e della formazione di atleti e tecnici all'incremento e alla valorizzazione del cavallo sportivo in Italia; dalla realizzazione di attività agonistiche finalizzate all'attività internazionale alla partecipazione di cavalieri italiani ai giochi olimpici e ad altri eventi; dal potenziamento dell'attività di tutti gli enti che comunque abbiano attinenza con gli sport equestri alle iniziative per manifestazioni allevatoriali indirizzate alla valorizzazione e selezione del cavallo per gli sport olimpici.
La FISE è il punto di riferimento sia per gli attori dello sport (tesserati) sia per le associazioni sportive dove questo viene praticato (distinte in affiliate e aggregate). Il riconoscimento delle associazioni avviene attraverso gli organi periferici della Federazione (comitati regionali) aventi il compito di valutare che le associazioni abbiano i requisiti richiesti per ottenere la qualifica.
Le associazioni affiliate devono essere enti morali o società senza fini di lucro, avere un determinato numero di soci (10 normalmente) e avere la disponibilità esclusiva di impianti, attrezzature e cavalli idonei alla pratica degli sport equestri. Le associazioni affiliate sono le uniche alle quali la Federazione può concedere, dove esista l'attività, il riconoscimento di scuole di equitazione. Queste ultime devono rispettare un programma di attività che viene ogni anno stilato dal consiglio federale della FISE.
Le associazioni aggregate sono organismi che, pur concentrando la propria attenzione sull'attività dello sport equestre, non operano nella gestione di impianti bensì per lo sviluppo di particolari discipline di interesse della Federazione.
Fanno parte della categoria dei tesserati tutti coloro i quali sono inseriti negli albi federali, riconosciuti come appartenenti alle diverse categorie collegate al mondo equestre: in particolare i cavalieri patentati attraverso i diversi livelli previsti dal regolamento (dai principianti ai cavalieri internazionali), gli ufficiali di gara e di segreterie, i tecnici, gli istruttori, i direttori di campo e costruttori di percorso, i veterinari. Le categorie dei tecnici e dei cavalieri sono rappresentate con diritto di voto nelle assemblee nazionali e nel consiglio federale.
La Federazione opera attraverso organi centrali (l'assemblea nazionale, il presidente, il consiglio federale, il consiglio di presidenza, il collegio dei revisori dei conti, la consulta), organi periferici (l'assemblea regionale, il presidente del comitato regionale, il comitato regionale, il delegato regionale, il delegato provinciale) e organi di giustizia (commissione federale d'appello, commissione federale di disciplina, giudici unici e procuratore federale).
Il consiglio federale è composto dal presidente e da dieci consiglieri, eletti dai rappresentanti all'assemblea nazionale a inizio di ogni quadriennio olimpico con due separate e successive votazioni a scrutinio segreto. Il consiglio federale, per il supporto organizzativo e per la gestione della propria attività a livello periferico, si avvale della collaborazione dei comitati regionali che costituiscono la consulta. Attualmente i comitati regionali sono venti, uno per ciascuna regione nella quale abbiano sede almeno dieci società affiliate.
La Federazione ha anche il proprio regolamento di giustizia approvato dal CONI e ha il potere di disciplinare su affiliati, aggregati e su tutti coloro che ne fanno parte come tesserati. Gli organi di giustizia assicurano il rispetto delle norme contenute nello statuto e nei vari regolamenti federali, nonché l'osservanza derivante dall'ordinamento giuridico sportivo.
A livello centrale gli uffici federali gestiscono e organizzano la propria attività attraverso settori (amministrazione, organizzazione, economato, tesseramento ecc.) e dipartimenti, questi ultimi finaliz- zati alla gestione dell'attività sportiva vera e propria nelle singole discipline, quelle olimpiche (salto ostacoli, concorso completo, dressage) e le altre riconosciute dalla FEI (endurance, volteggio, attacchi, monta western, polo, horse-ball, pony, equitazione di campagna).
Nel quadro degli scopi statutari la Federazione svolge un'ampia e qualificata attività di organizzazione degli eventi. L'organizzazione dei campionati italiani delle diverse discipline e categorie è di competenza della Federazione, che ogni anno è tenuta a predisporre gli eventi validi per l'assegnazione dei titoli e delle medaglie. Unitamente ai campionati italiani, la Federazione organizza i più importanti eventi di sport equestri in programma sul territorio nazionale. Le gare di maggiore rilievo tecnico vengono infatti assegnate dalla Federazione equestre internazionale ai vari comitati organizzatori solo con l'avallo della FISE, che garantisce tutti gli aspetti (tecnici, logistici, economici e organizzativi) collegati alla manifestazione. L'Italia ha ospitato i massimi eventi internazionali degli sport equestri, compresi i Giochi Olimpici a Roma nel 1960, i World Equestrian Games (Campionati del Mondo di cinque discipline) nella stessa sede nel 1998, la finale della Coppa del Mondo (FEI World Cup) a Milano nel 2004.
La Federazione, inoltre, organizza dal 1926 a Roma il Concorso ippico internazionale di piazza di Siena.
Nel programma olimpico l'equitazione ha fatto la sua prima apparizione come sport dimostrativo a Parigi nel 1900. Il programma era articolato su tre prove di salto ostacoli (salto in alto, salto in lungo e percorso con ostacoli). Nella prova a ostacoli vinse il belga Aime Haegeman, che si mise in evidenza anche nella collaterale esibizione dedicata al dressage, organizzata di contorno alle prove di concorso ippico. Al secondo posto il connazionale Georges Van de Poele, che fu anche terzo nella prova di elevazione, e alle sue spalle il francese Louis de Champsavin.
Le altre due gare videro grande protagonista il cavallo italiano Oreste montato dal ventiquattrenne conte vicentino Gian Giorgio Trissino, che vinse, ex aequo con il francese Dominique-Maximien Gardères, l'elevazione saltando un ostacolo di 1,85 m e fu secondo nell'estensione saltando 5,70 m alle spalle del belga Constant Van Langendonck (6,10 m).
Il debutto dell'equitazione come vero e proprio sport del programma olimpico non fu facile. Nel meeting del CIO del 1906 il conte von Rosen fece la sua richiesta ufficiale al barone de Coubertin: gli propose di presentare un programma equestre che fu sottoposto al Congresso olimpico dell'Aia nel 1907 e venne accettato per essere inserito l'anno successivo ai Giochi di Londra. Quando il Comitato organizzatore britannico ricevette le iscrizioni di ottantotto cavalieri di otto nazioni, i membri che lo componevano si spaventarono e abbandonarono l'idea. Il progetto slittò dunque di quattro anni e nell'autunno del 1911 partirono gli inviti per i dipartimenti militari e i comitati olimpici nazionali. L'ingresso ufficiale alle Olimpiadi per gli sport equestri è datato 1912.
Nelle prime Olimpiadi equestri il programma prevedeva la disputa di salto ostacoli, completo e dressage. Quest'ultima disciplina proponeva un palinsesto decisamente molto diverso dalle odierne manifestazioni. I cavalieri dovevano presentare, nel tempo di dieci minuti, il loro cavallo alle differenti andature. Il modo di tenere le redini era libero, ma 'guidare' il proprio cavallo con una sola mano comportava dei punti di abbuono. Nella ripresa non figurava né il piaffé né il passage. Il cavaliere però doveva effettuare cinque salti di altezza media attorno a 1,10 m. Al termine della ripresa doveva ancora saltare un ultimo ostacolo, un rullo in movimento che veniva spinto contro il cavallo. La prima edizione prevedeva soltanto una prova individuale; quella a squadre comparirà nel 1928 ad Amsterdam. La giuria esprimeva un giudizio con punti da uno a dieci tenendo conto della docilità dell'animale, dell'insieme del binomio cavaliere-cavallo, dell'impulso, dell'assetto alle tre andature, del modo di tenere le redini, delle reazioni dell'animale agli aiuti. Il capitano conte Carl Bonde su Emperor vinse la prima medaglia d'oro di questa specialità seguito da altri due militari svedesi.
Per il salto ostacoli parteciparono 10 nazioni con 62 cavalieri e 70 cavalli, ma soltanto la Germania e la Svezia si presentarono con squadre al completo e omogenee; sei cavalieri per nazione si iscrissero per disputare la prova di salto ostacoli individuale. A questa presero parte 31 concorrenti; gli ostacoli da superare erano 15 con molte combinazioni, per un totale di 29 salti con altezza massima di 1,40 m. Dopo un barrage la prima medaglia d'oro fu assegnata al francese Jean Cariou su Mignon e quella d'argento al tedesco Rabod W. von Kröcher su Dohna. Nella gara a squadre la Svezia si aggiudicò l'oro.
Molto diverso da quello attuale il programma del completo. Il primo giorno comprendeva una prova di fondo di 55 km da coprire in 4 ore e un percorso di cross di 12 ostacoli su una distanza di 5 km in 15 minuti. Dopo una giornata di riposo, steeple: 3500 m con 10 ostacoli in 5 minuti e 15 secondi. La quarta giornata, prova di salto con 15 ostacoli aventi altezza massima di 1,30 m. Il quinto giorno la prova di dressage concludeva la fatica dei 27 cavalieri appartenenti a sette nazioni. La purosangue inglese Lady Artist, montata dallo svedese Axel Nordlander, fu la prima ad aggiudicarsi la medaglia d'oro anche per la squadra svedese, seguita dalla Germania e dagli Stati Uniti.
Nel 1916 i giochi olimpici non erano stati disputati a causa della prima guerra mondiale. Tocca al Belgio organizzare la prima Olimpiade della pace. Malgrado le prevedibili difficoltà Anversa accoglie i migliori cavalieri del momento. Sono assenti gli inglesi, i russi, i cileni, i danesi, i tedeschi. Vi partecipa per la prima volta l'Italia con i suoi migliori cavalieri iscritti sia al salto ostacoli sia al completo.
Alla fine della guerra molti cavalieri e valenti istruttori erano scomparsi e fu necessaria un'intelligente e coraggiosa opera di rinnovamento per immettere nell'ambito internazionale giovani ufficiali accanto ai già confermati campioni. Fu certamente un rischio per Ubertalli affiancare a E. Caffarati, G. Cacciandra e A. Valerio altri ufficiali che non avevano nemmeno frequentato il corso complementare di Tor di Quinto. L'esperimento, tuttavia, riuscì al meglio e gli italiani rientrarono con una medaglia d'oro, due d'argento e due di bronzo.
Nel dressage si registrò ancora una volta il predominio degli svedesi vincitori delle tre medaglie. Furono aboliti i salti. Si richiese però un cambiamento di piede al galoppo. Molte polemiche insorsero contro la giuria, ritenuta parziale nei giudizi.
Nel salto ostacoli i concorrenti dovevano effettuare un percorso identico sia per la prova individuale sia per quella a squadre, costituito da 14 ostacoli con altezza massima di 1,40 m su una lunghezza di 800 m. Il regolamento impediva ai cavalieri che avessero preso parte alla prova individuale di iscriversi a quella a squadre. Soltanto l'Italia e la Svezia si presentarono con squadre al completo. L'Italia trionfò con la medaglia d'oro di Tommaso Lequio su Trebecco e con l'argento di A. Valerio su Cento. L'Italia conquistò ancora una medaglia di bronzo di squadra preceduta dalla Svezia e dal Belgio e seguita dalla Francia e dagli Stati Uniti.
Venticinque cavalieri di otto nazioni parteciparono alla prova di completo; ancora una volta la prova si articolava in cinque giornate. Il primo giorno era consacrato al fondo: 50 km in 3 ore e 30 minuti con un cross di 18 ostacoli da superarsi nel tempo di 12 minuti (andarono fuori tempo 12 concorrenti). Dopo una giornata di riposo, un percorso su strada di 29 km da effettuarsi nel tempo massimo di un'ora. Poi, galoppo su pista: 4000 m da percorrere in 7 minuti e 16 secondi. Dopo un secondo giorno di riposo, prova di salto con altezza massima di 1,25 m. Un castrone di dodici anni, Geria, appartenente allo svedese Helmer Mörner, vinse la medaglia d'oro. Il binomio era classificato sesto al quarto giorno, ma risalì la classifica grazie a un'entusiasmante prova di salto ostacoli.
L'Italia presentava in questa disciplina E. Caffarati su Caniche, G. Spighi su Otello, G. Cacciandra su Faceto, C. Asinari di San Marzano su Savari. Nella classifica a squadre l'Italia conquistò la medaglia d'argento.
Per la seconda volta i francesi organizzano i giochi olimpici. Nel frattempo, nel 1921, è stata fondata la FEI che mette ordine nell'equitazione con regolamenti accettati da tutte le nazioni partecipanti alle Olimpiadi. Una delle tante innovazioni è quella di limitare a 4 il numero dei partecipanti per ogni nazione. Viene reintrodotta la prova di dressage nel concorso completo.
Al dressage sono iscritti 24 concorrenti di nove nazioni. Il numero è aumentato nei confronti dell'ultima edizione, ma non così quello degli spettatori, che sembrano disertare questa specialità: nell'immenso stadio di Colombes la mattina del primo giorno sono presenti appena 52 spettatori, mentre nel pomeriggio se ne contano 634. Vi sono contestazioni riguardo il tempo assegnato per eseguire la ripresa: 10 minuti contro i 12 necessari. I primi cavalieri partiti sono penalizzati per aver superato il tempo, gli altri aumentano la cadenza a danno della perfezione dell'esecuzione. Vince ancora una volta un cavaliere svedese, il generale Ernst von Linder su Piccolomini seguito da un altro svedese. Appare in zona medaglia il primo cavaliere francese, il capitano Xavier Lesage su Plumard, che contribuirà con il suo successo a tenere alto il nome del Cadre Noir.
Alla prova di salto sono iscritti 43 cavalieri di 11 nazioni. Il percorso presenta enormi difficoltà: 1060 m, 16 ostacoli con altezza massima di 1,40 m, una velocità di 400 m al minuto. L'Italia, presente a Parigi, non ripeté il successo di Anversa: si dovette accontentare di una medaglia d'argento grazie a Lequio su Trebecco. Gli altri componenti della squadra italiana occupavano la zona medio-bassa della classifica: Valle su Sbuffo era quindicesimo, Alvisi su Grey Fox era ventiseiesimo, mentre Beraudo di Pralormo su Sido era stato eliminato. Nella classifica a squadre l'Italia figurava al quinto posto. Vincitrice fu la squadra svizzera.
Nel concorso completo viene reintrodotta la prova di addestramento. Il programma è identico a quello odierno: primo giorno, prova di dressage; secondo giorno, prova di fondo con un percorso su strada, steeple e cross; terzo giorno, prova di salto ostacoli. Fra i 44 concorrenti iscritti si registra un successo strepitoso della squadra olandese vincitrice sia della medaglia d'oro individuale, con il generale Van der Voort Van Zijp su Silver Piece, sia di quella a squadre. Il primo degli italiani è Alberto Lombardi su Pimpilio che si classifica undicesimo.
Per la prima volta dopo la prima guerra mondiale la Germania fu invitata ai giochi olimpici. I cavalieri tedeschi rimpiazzarono subito gli svedesi nella prova di dressage. Infatti Carl Friederick von Lagen su Draufgänger si aggiudicò l'oro individuale. Per la prima volta in questa disciplina veniva assegnato il titolo a squadre: primi vincitori furono ancora i tedeschi. Il programma del dressage era uguale a quello di Parigi ma il tempo accordato fu di 13 minuti. Crebbe l'interesse del pubblico. Nello stadio di Hilversum, dove era stato ricavato il rettangolo, 3000 spettatori seguirono i 29 partecipanti provenienti da 12 nazioni. Ancora una volta la giuria fu accusata di parzialità. I giudici svedesi, francesi e olandesi attribuirono il massimo dei punteggi ai loro connazionali. Soltanto i giudici tedeschi e belgi si dimostrarono imparziali.
Nel salto ostacoli vinse l'oro individuale l'ufficiale cecoslovacco Frantièek Ventura su Eliot. Settimo si classificò l'italiano Forquet su Capinera, uno dei migliori cavalli del tempo. Tra i 44 concorrenti che portarono a termine la prova gli italiani si classificarono al ventiquattresimo posto. Nella classifica a squadre l'Italia ottenne un onorevole quarto posto tra le 14 classificate. Il percorso comprendeva 16 ostacoli di altezza variabile tra 1,25 e 1,40 m. Nel barrage finale soltanto il vincitore realizzò un percorso netto.
Nel confronto con la precedente edizione, la gara di completo presentava poche differenze. Nella prova di rettangolo il tempo concesso era stato prolungato; in compenso la velocità richiesta in pista passò da 550 a 600 m al minuto. Molte furono le lamentele sulla segnalazione dei percorsi. Diversi concorrenti furono eliminati per errore di percorso. La prova di dressage, ritenuta troppo impegnativa, falsò il risultato finale. Soltanto tre squadre parteciparono alla prova di concorso ippico. L'Olanda si aggiudicò l'oro sia individuale sia a squadre. Primo degli italiani si classificò Valenzano su Jaddo al quattordicesimo posto, mentre Cerboneschi su Derma si piazzò al ventitreesimo posto. La prova di campagna aveva fatto un'ecatombe tra eliminati e ritirati.
La crisi economica che colpì tutto il mondo e la lontananza fecero sentire il loro peso sui Giochi di Los Angeles. Fu una delle edizioni più festose e più ricche di contenuto tra quelle disputate fino a quel momento, ma senza dubbio la più povera per quanto riguarda l'equitazione. Il trasporto dei cavalli costituì il problema principale: il costo e i rischi consigliarono tutti i migliori cavalieri e le rispettive federazioni di rinunciare. Il viaggio aereo, che era già un'avventura per gli uomini, era impensabile per gli animali. Questo spiega la presenza di un numero ridotto di cavalli. Parteciparono soltanto 6 nazioni.
Si iscrissero al dressage 10 cavalieri provenienti dalla Svezia, dalla Francia, dagli Stati Uniti e dal Messico. Comunque, ben 25.000 spettatori erano presenti attorno al rettangolo. Nel frattempo erano state apportate modifiche al programma. Tra le figure comparvero anche il piaffé e il passage. Fu il trionfo dei francesi, vincitori sia a titolo individuale sia a squadre. Il livello tecnico di questa Olimpiade fu altissimo e, come è stato detto da più parti, fu proprio la prova di dressage, grazie soprattutto ai francesi, a salvare le prove equestri di Los Angeles.
Soltanto 11 cavalli di quattro paesi parteciparono alla prova di salto ostacoli e se ne classificarono 5. Primo dei cavalieri fu il giapponese Takeiki Nishi su Uranus. Il percorso comprendeva 18 ostacoli con 20 salti di cui due di 1,60 m; gli altri erano compresi tra 1,30 e 1,40 m. Per la prima volta era presente una riviera di 5 m. Per mancanza di concorrenti non si svolse, invece, la prova a squadre.
Nel completo dei 14 partenti se ne classificarono 9. Vincitore risultò l'olandese C.P. de Mortanges su Marcroix. Si trattava dello stesso binomio che quattro anni prima aveva trionfato ad Amsterdam. La squadra americana si aggiudicò l'oro, mentre quella olandese l'argento. La medaglia di bronzo non fu attribuita per mancanza di concorrenti.
Per quanto riguarda gli sport equestri l'organizzazione fu affidata al celebre ippologo Gustav Rau. I giochi equestri conobbero un successo senza uguali: vi parteciparono 127 cavalieri in rappresentanza di 21 nazioni. Il programma del dressage prevedeva l'esecuzione, in 17 minuti, di 39 movimenti. Netta fu la supremazia dei cavalieri tedeschi vincitori sia individuali sia a squadre. Medaglia di bronzo fu il maggiore Alois Podhajsky, che tre anni dopo verrà chiamato a dirigere la Scuola spagnola di Vienna, incarico che manterrà per 26 anni.
Il salto ostacoli aveva riunito 54 cavalieri di 18 nazioni. Ben 120.000 spettatori assistettero alle prove. Il percorso si svolgeva su una lunghezza di 1050 m e prevedeva 17 ostacoli con 20 salti; l'ostacolo più alto misurava 1,60 m. Il tracciato presentava severe difficoltà, tanto che nessuno riuscì a compiere il percorso netto; su 18 squadre 11 furono eliminate. La medaglia d'oro sia individuale sia a squadre fu ancora dei cavalieri tedeschi. Il miglior italiano, Bonivento, si classificò al quindicesimo posto con Osoppo; Conforti con Saba si classificò, ex aequo con altri due tedeschi, al sedicesimo posto; Filipponi, su Nasello, venne eliminato. Per questi risultati l'Italia non rientrò in classifica di squadra.
Una folla di 60.000 spettatori assistette alla prova di campagna del completo. Vi erano iscritti 50 concorrenti. Il percorso era il più difficile tra quelli che i cavalieri di questa specialità avevano affrontato fino a quel momento. Ben 32 cavalieri caddero in acqua; tre cavalli si ferirono gravemente e dovettero essere abbattuti. Il barone tedesco von Wangenheim, caduto davanti all'ostacolo n. 7 del cross, portò a termine la prova malgrado la frattura della clavicola e il giorno successivo, con il braccio ingessato, partecipò alla prova di salto ostacoli. Anche in questa specialità si imposero i cavalieri tedeschi. Delle 14 nazioni iscritte soltanto 4 portarono a termine la prova, e l'Italia non era fra queste.
Dopo la sospensione dei giochi olimpici a causa della seconda guerra mondiale, Londra organizzò la nuova Olimpiade. Furono esclusi d'autorità i concorrenti tedeschi e giapponesi. Si contesero le medaglie 44 cavalieri di 15 nazioni per il salto ostacoli, 45 cavalieri di 16 nazioni per il completo e 19 cavalieri di 9 nazioni per il dressage.
Nel dressage le squadre furono soltanto 5. Vinse l'oro individuale lo svizzero Hans Moser seguito dal colonnello francese André Jousseaume. Continuavano a essere esclusi i sottufficiali e le amazzoni. La Svezia vinse la medaglia d'oro individuale, ma sei mesi dopo il Comitato olimpico venne a sapere che fra i partecipanti della squadra svedese figurava un sottufficiale che si era presentato come ufficiale. La vittoria, di conseguenza, venne annullata e la Francia si trovò al primo posto.
Nel salto ostacoli il colonnello messicano Humberto Mariles Cortés su Arete si aggiudicò l'oro. La squadra messicana ottenne anche il primo posto nella classifica a squadre. La prova comprendeva 15 ostacoli per un totale di 19 salti. Molti sbagliarono l'ultimo ostacolo, un muro alto 1,60 m. Gli italiani ebbero poca fortuna: nessuno si piazzò tra i 23 classificati pur presentando cavalieri di livello come Piero D'Inzeo alla sua prima apparizione olimpica con Briacone in sostituzione di Formidabile che si era ammalato.
Nel completo si laureò campione il capitano francese Bernard Chevallier su Aiglonne. La squadra statunitense vinse l'oro. Il miglior piazzamento italiano venne conseguito da Fabio Mangilli su Guerriero da Capestrano, classificatosi all'ottavo posto ex aequo con il portoghese Cavaleiro. Il secondo italiano fu Raimondo D'Inzeo su Regate, giunto trentesimo. L'ultimo italiano, Montessoro su Tic Tac, venne eliminato nella prova di salto.
Per quanto riguarda gli sport equestri l'Olimpiade di Helsinki fu la più viva e la più interessante. Per la prima volta vi parteciparono anche le amazzoni sullo stesso piano dei cavalieri, in un'unica classifica.
Tra le novità, anche la partecipazione dei cavalieri russi, che subito si fecero notare soprattutto nel dressage. A questa disciplina erano iscritti 27 cavalieri di 10 nazioni. Il nuovo programma ammetteva anche i sottufficiali, i civili e, come si è detto, le amazzoni. Tornarono a vincere gli svedesi sia la medaglia individuale sia quella a squadre. La Francia si dovette accontentare di una medaglia di bronzo individuale. Nella classifica a squadre la Svizzera conquistò una medaglia d'argento. La prima amazzone che conquistò una medaglia d'argento in dressage fu la danese Liz Hartel su Jubilee.
Nel salto ostacoli tra i nomi di prestigio figurò il tedesco Fritz Thiedemann, che compì il percorso netto nel primo giorno: una delle novità del salto fu l'istituzione del doppio percorso. Il francese Pierre Jonquères d'Oriola, grande favorito, occupò soltanto l'undicesimo posto. Il secondo percorso capovolse la classifica provvisoria e si dovette procedere a un barrage di 6 ostacoli, dei quali uno di 1,80 m. Medaglia d'oro il francese su Ali Baba, seguito dal cileno Óscar Cristi. Medaglia di bronzo Thiedemann. Nella classifica a squadre fu prima la Gran Bretagna, seguita dal Cile e dagli Stati Uniti. L'Italia, come la Finlandia, fu eliminata. Mai come questa volta la squadra italiana aveva la possibilità di entrare in zona medaglie, ma un incidente sconvolse il pronostico. Dopo che Raimondo D'Inzeo aveva compiuto l'ottimo percorso che lo avrebbe portato al settimo posto ex aequo con il cileno Mendoza e gli argentini Molinuevo e Dellacha, e che Salvatore Oppes su Macezio aveva concluso onorevolmente la sua prestazione, la chiusura era affidata al binomio più atteso: quello di Piero D'Inzeo su Uruguay. Ma la prova non iniziò perché la giuria eliminò Piero per non essersi presentato in campo in tempo utile: il commissario di gara addetto alla verifica del peso lo aveva trattenuto facendogli perdere minuti preziosi.
Nel completo gli iscritti erano 59 di 21 nazionalità. Quattro delle 19 squadre ufficiali presentarono solo cavalieri civili e tre iscrissero sia civili sia militari. Tornarono a vincere anche in questa disciplina i concorrenti svedesi (oro sia individuale sia a squadre). Impegnativo, come sempre, il percorso del cross, lungo 8 km con 34 ostacoli. La natura del terreno, piuttosto pietroso, e la vicinanza degli ostacoli fra di loro selezionarono i concorrenti. Ben 24 cavalli furono eliminati a causa soprattutto dei rifiuti. Piero D'Inzeo su Pagoro si classificò sesto. Gli altri componenti della squadra azzurra erano Lucio Manzin su Golden Mount e Salvatore Oppes su Champagne, eliminati nella prova di campagna. Delle 19 squadre solo 6 riuscirono a portare a termine i percorsi per essere classificate: Svezia, Germania Occidentale, Stati Uniti, Portogallo, Danimarca e Irlanda.
In realtà nel 1956 i Giochi Olimpici vennero organizzati a Melbourne, mentre quelli della neve furono ospitati a Cortina. Tuttavia, le leggi sanitarie dell'Australia e il massacrante viaggio che avrebbero dovuto compiere i cavalli per raggiungere il luogo delle gare fecero optare per una sede diversa per gli sport equestri. L'assegnazione a Stoccolma costituì quasi una ricompensa per la città, che aveva introdotto per la prima volta nella storia delle Olimpiadi le discipline equestri.
Nel dressage si iscrissero 36 cavalieri di 12 nazionalità, tra i quali figuravano ben 11 amazzoni. Ancora una volta la danese Liz Hartel, sempre su Jubilee, si aggiudicò la medaglia d'argento. L'oro venne assegnato allo svedese Henry Saint Cyr su Juli. Terza ancora un'amazzone, la tedesca Liselott Linsenhoff su Adular. Nella classifica a squadre, oro alla Svezia seguita dalla Germania Occidentale e dalla Svizzera.
Settanta gli iscritti alla prova di salto ostacoli in rappresentanza di 24 nazioni. Venti le squadre ufficiali. Il percorso comprendeva 14 ostacoli per un totale di 17 salti. Impegnativo il grafico, tanto che nel primo giro nessun concorrente fece il percorso netto. Hans Günther Winkler su Halla, binomio due volte campione del mondo, con un errore al primo giro e un netto al secondo si aggiudicò l'oro individuale. Una grande Italia occupò i restanti gradini del podio con Raimondo D'Inzeo su Merano e Piero D'Inzeo su Uruguay; con queste due medaglie l'Italia conquistò anche l'argento a squadre. Ventuno gli eliminati. Ventinove furono i paesi presenti al completo con 57 cavalieri, 19 le squadre ufficiali. Detentore della medaglia d'argento a Helsinki, il francese Guy Lefrant venne squalificato. Vinse la medaglia d'oro lo svedese Petrus Kastenman, su Illuster, che occupava il dodicesimo posto dopo la prova di rettangolo. La medaglia d'oro a squadre fu assegnata alla Gran Bretagna, seguita dalla Germania e dal Canada. I nostri Gutierrez e Capuzzo si classificarono settimo e nono. L'altro italiano, Molinaro su Uccello, si classificò trentaduesimo. Nella classifica a squadre l'Italia occupò il quinto posto.
Le Olimpiadi italiane coincisero con un momento felice della situazione economica dell'Italia, improntata all'ottimismo. Perfetta fu l'organizzazione e il successo ripagò ampiamente gli sforzi. I Giochi di Roma, per la prima volta, furono trasmessi in televisione. Per quel che riguarda l'equitazione fu scritta forse la più memorabile pagina nella storia italiana.
Nella prova individuale di salto ostacoli, disputata nella magica cornice di piazza di Siena, il trionfo azzurro fu sancito dalla medaglia d'oro ottenuta da Raimondo D'Inzeo su Posillipo e dall'argento del fratello Piero su The Rock, alla loro quarta partecipazione consecutiva alle Olimpiadi. Dopo quarant'anni due cavalieri italiani occupavano il primo e il secondo posto in un'Olimpiade. L'entità degli ostacoli e le distanze crearono non poche difficoltà fra i concorrenti. Su 60 cavalieri iscritti 26 furono eliminati nella prova individuale. Raimondo fu l'unico concorrente nella prima manche a chiudere il percorso senza penalità. L'argentino Naldo Dasso incorse in un solo errore, e soltanto altri due concorrenti, Piero D'Inzeo e il campione francese Fresson finirono, con otto penalità, in terza posizione. Ma nonostante questo eccezionale primo percorso la medaglia di Raimondo fu sofferta fino all'ultimo. Le performances degli altri concorrenti furono complessivamente disastrose e il miglior percorso della seconda manche fu quello del ventenne inglese David Broome, che terminò con sole sette penalità (23 nel totale) che gli valsero la medaglia di bronzo. Le cose andarono meno bene nella prova a squadre dove però, già alla vigilia, si segnalava la mancanza di un terzo binomio all'altezza dei fratelli D'Inzeo. La scelta definitiva di questo cavaliere fu rimandata fino all'ultimo momento: tra Adriano Capuzzo e Antonio Oppes quest'ultimo ebbe la meglio. Il Gran Premio a squadre fu disputato nello stadio Olimpico. Nella prima manche Oppes su The Scolar non rese bene (24,5 penalità) e la più incredibile sorpresa la dette Piero D'Inzeo su The Rock terminando con ben sei errori. Raimondo su Posillipo confermò lo stato di grazia con un totale di sole quattro penalità. Dopo la prima manche la lotta per i gradini più alti del podio riguardava Germania Occidentale e Stati Uniti e si risolse in favore dei primi, soprattutto in virtù dello straordinario binomio Winkler su Halla. Era chiaro che l'Italia poteva combattere solo per la medaglia di bronzo: nel secondo giro Oppes e Piero D'Inzeo migliorarono nettamente le loro prestazioni e Raimondo si ripeté, portando la squadra al terzo posto.
Soltanto 17 furono gli iscritti provenienti da 10 nazioni alla prova di dressage. Per evitare gli errori e le critiche delle edizioni precedenti si puntò molto sulla qualità della giuria. I giudici furono ridotti da cinque a tre, scelti fra i paesi che non presentavano concorrenti in gara. I migliori cavalieri erano tenuti a ripetere la prova e questa ripetizione era filmata. Al termine della prova i giudici, visionato il filmato, emettevano il loro giudizio. I risultati, conosciuti con quarantotto ore di ritardo, questa volta furono rigorosamente imparziali. Per la prima volta i cavalieri sovietici raggiunsero il successo in questa disciplina: Sergej Filatov su Absent conquistò la medaglia d'oro. A causa della mancanza di concorrenti non venne attribuito il titolo a squadre.
Il completo radunò 73 cavalieri di 19 paesi. La prova di dressage e di fondo ebbe luogo ai Pratoni del Vivaro dove era sorto il Centro equestre federale, un complesso quanto mai razionale ed efficiente, mentre il salto ostacoli fu ospitato in piazza di Siena. Tommaso Lequio, responsabile della preparazione della squadra, aveva selezionato per l'appuntamento Alessandro Argenton con Plus Possible, Nanni Grignolo con Bilanzio, Ludovico Nava con Arcidosso e Lucio Tasca con Rahin. Tre giorni prima della prova olimpica, Bilanzio accusò un'infezione a un piede e Plus Possible, proprio alla vigilia della gara, si azzoppò lavorando alla corda. Argenton dovette ripiegare su Rainbow Bouncer, un cavallo considerato totalmente inadatto per una prova di questa levatura, e a Giovanni Grignolo toccò Court Hill, cavallo di riserva. La forzata rinuncia dei due cavalli rendeva la situazione drammatica, tanto che la stampa più qualificata già pronosticava un completo insuccesso. Ma nonostante tutto la squadra finì al quarto posto con Tasca dodicesimo, Nava sedicesimo e Grignolo ventiseiesimo. Argenton aveva concluso la sua fatica all'ostacolo n. 25 e Grignolo, che doveva partire per ultimo, aveva su di sé tutta la responsabilità della squadra. Nonostante una paurosa caduta dopo il laghetto, Grignolo riuscì a concludere. Alla fine della giornata, su diciotto squadre solo sei erano rimaste in gara. La prova di fondo, preparata dal colonnello Bruno Bruni, si rivelò molto selettiva e il 52% dei partenti non riuscì a portarla a termine. L'oro fu vinto dall'australiano Lawrence R. Morgan su Salad Days, seguito dal connazionale Neal J. Lavis su Mirrabooka; terzo lo svizzero Anton Bühler su Gay Spark. L'Australia si aggiudicò anche la medaglia d'oro a squadre, seguita dalla Svizzera e dalla Francia.
Il Giappone, dopo il secondo conflitto mondiale, aveva avviato un veloce e intenso sviluppo, con effetti anche sullo sport: la macchina organizzativa dei Giochi Olimpici di Tokyo fu senza precedenti. La distanza ormai non costituiva più un problema per il trasporto dei cavalli, che avveniva per via aerea. In tal modo a Tokyo arrivarono ben 116 cavalli di 17 nazioni.
A quattro anni dall'entusiasmante Olimpiade di Roma l'equitazione italiana visse un altro momento indimenticabile con il trionfo dei cavalieri di completo. Insieme alla medaglia d'oro di squadra, l'Olimpiade asiatica portò anche quella individuale di Mauro Checcoli. La squadra di completo era stata preparata dal marchese Fabio Mangilli, che già nel 1959 era stato incaricato dalla Federazione di acquistare in Irlanda nove giovani cavalli. La formazione era composta da Checcoli con Surbean, Giuseppe Ravano con Royal Love, Alessandro Argenton con Scottie e Paolo Angioni con King. La grande avventura si svolse sui terreni di Karnizawa, a 150 km da Tokyo e a 950 m sul livello del mare. Dopo la prova di dressage la squadra era soltanto settima ma con una differenza di punti molto limitata. Checcoli e Angioni, protagonisti di una prova di fondo davvero ineccepibile, furono gli artefici della rimonta italiana al primo posto. Argenton, con due cadute e un rifiuto, fu il peggiore e si decise di non farlo partire per il salto ostacoli. Richard Meade, che guidava la classifica provvisoria a titolo individuale, fece uno dei peggiori percorsi in campo ostacoli e passando al settimo posto lasciò la strada spianata per il trionfo di Checcoli; Paolo Angioni fu undicesimo e Giuseppe Ravano quattordicesimo.
Per il Gran Premio di salto ostacoli il morale era altissimo. Per far sì che Graziano Mancinelli potesse scendere in campo nelle Olimpiadi di Tokyo, il presidente della FISE Tommaso Lequio dovette mettere in campo tutte le sue capacità diplomatiche: Mancinelli era professionista e per qualificarlo dilettante fu necessaria una delibera della commissione esecutiva del CIO. Il Gran Premio di salto ostacoli, disputato come prova di chiusura delle Olimpiadi, definiva la classifica individuale e quella di squadre con un'unica prova: una categoria a due manches. Fu il trionfo di Pierre Jonquères d'Oriola su Lutteur B. La lunghezza del percorso era di 780 m con 14 ostacoli e 17 salti. Piero D'Inzeo si classificò nono su Sunbeam, Raimondo undicesimo su Posillipo e Graziano Mancinelli diciannovesimo su Rockette. Nella classifica delle 14 squadre l'oro andava alla Germania Occidentale, l'argento alla Francia e il bronzo all'Italia.
Nel dressage presero il via 22 cavalieri di 9 nazioni. Tutti i migliori cavalieri della specialità erano presenti all'Equestrian Park di Tokyo. Lo svizzero Henri Chammartin su Wörmann si aggiudicò l'oro individuale, il russo Sergej Filatov su Absent si accontentò della medaglia di bronzo, l'argento fu attribuito al tedesco Harry Boldt su Remus. La classifica a squadre premiava la Germania Occidentale, la Svizzera e l'Unione Sovietica.
I giochi olimpici diventano, di volta in volta, sempre più complessi: non si lascia più nulla all'improvvisazione e si comincia a ricorrere al computer per l'elaborazione dei dati. A Città del Messico arrivano 117 cavalli.
Nel dressage sono 26 gli iscritti di 9 nazioni. I primi dieci classificati appartengono all'olimpo di questa disciplina a cominciare dal vincitore, il sovietico Ivan Kizimov su Igor; secondo classificato è il tedesco Josef Neckermann su Mariano; all'altro tedesco Reiner Klimke su Dux va la medaglia di bronzo. Alla Germania Occidentale viene assegnata la medaglia d'oro a squadre. È seguita dall'Unione Sovietica e dalla Svizzera. La ripresa di dressage prevedeva 33 movimenti. La prova di Città del Messico, a detta degli esperti, è stata la più insignificante della storia delle Olimpiadi.
Nel salto ostacoli, come a Roma, la formula prevedeva due prove distinte, una individuale e una di squadra, disputate in due luoghi diversi: la prima nel parco vicino alle scuderie e la seconda nello stadio Olimpico. Nell'individuale solo Piero D'Inzeo su Fidux trovò accesso alla finale riservata ai migliori diciotto cavalieri, dove finì al settimo posto. Lo statunitense William Steinkraus su Snowbound vinse meritatamente la medaglia d'oro davanti all'amazzone inglese Marion Coakes su Stroller, che fu la prima rappresentante femminile a salire sul podio individuale olimpico. Il bronzo andò alla Gran Bretagna, con David Broome. Nella prova a squadre, il cui percorso fu molto criticato, l'Italia non ebbe maggiore fortuna. Il titolo a squadre andò al Canada, seguito da Francia e Germania.
Il completo richiamò 49 cavalieri di 13 paesi. La prova di campagna si presentò male, non tanto per la difficoltà del percorso quanto per un violento nubifragio che aveva sconvolto il terreno. Gran parte degli ostacoli furono semidistrutti, i tratti pianeggianti allagati, alcuni ostacoli divennero addirittura invisibili con gravi conseguenze. L'Italia presentava gli stessi quattro cavalieri di Tokyo 1964: Alessandro Argenton, Paolo Angioni, Mauro Checcoli e Giuseppe Ravano. Nel momento di peggiori condizioni atmosferiche si trovò a gareggiare Ravano su Lord Jim: il cavallo si azzoppò e fu quindi escluso dalla classifica. Il migliore a titolo individuale fu Alessandro Argenton, sedicesimo, mentre Paolo Angioni finì ventitreesimo, entrambi con due cadute nella prova di fondo. La Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l'Australia si aggiudicarono le medaglie nel titolo a squadre.
Per la seconda volta le Olimpiadi si svolsero in Germania. Le installazioni assicuravano condizioni ideali per cavalli e cavalieri: scuderie in grado di ospitare 400 cavalli; una clinica veterinaria; 10 campi per il salto ostacoli, 6 rettangoli, 2 piste per allenamento; 160 camere a due letti per i palafrenieri. Lo stadio per gli sport equestri era capace di 20.000 posti. Per l'Italia fu un'Olimpiade importantissima con medaglie davvero significative: per Graziano Mancinelli oro individuale nel salto ostacoli, bronzo nel salto ostacoli a squadre; per Alessandro Argenton argento individuale in completo.
Mancinelli era arrivato a Monaco con un biglietto da visita eccellente: campione d'Europa nel 1963, secondo nel Campionato del Mondo 1970, quinto nel Campionato del Mondo 1966, presente ai Giochi del 1964 e 1968 e campione italiano in carica. Fu protagonista della più bella impresa della sua carriera di sportivo in sella al grigio pomellato Ambassador. Nella prova individuale con lui rappresentavano l'Italia Raimondo D'Inzeo su Fiorello II e Piero D'Inzeo su Easter Light. Dato che la prova individuale era riservata a tre dei quattro ammessi per ogni paese, per il primo test rimase in panchina Vittorio Orlandi, quarto elemento della squadra. Per la prima volta, nel ruolo di riserva, un'amazzone: Lalla Novo. La prova si articolava in un percorso base che qualificava i migliori venti classificati a una più impegnativa seconda manche e prevedeva un eventuale barrage. Solo tre furono i percorsi netti, tra cui quello del nostro Mancinelli. Al termine della seconda manche, con otto penalità, si ritrovarono di fronte per il decisivo testa a testa l'azzurro, l'amazzone britannica Ann Moore e l'americano Neal Shapiro. Nel barrage gli ostacoli furono ridotti a sei, ulteriormente alzati e allargati. Shapiro, primo a entrare, fece due errori. Mancinelli, esente da penalità, fece fermare il cronometro su un tempo proibitivo che costrinse Moore a osare il tutto per tutto. Il tentativo di stringere al massimo la traiettoria nella girata tra il primo e il secondo ostacolo costò alla bravissima inglese la medaglia d'oro e consacrò l'alloro individuale all'azzurro. Piero e Raimondo D'Inzeo, penalizzati con dodici penalità, rimasero esclusi dalla seconda manche. Nel successivo Gran Premio a squadre con 17 nazioni in campo l'Italia, rafforzata dalla presenza di Vittorio Orlandi su Fulmer Feather Duster, riuscì a guadagnare la medaglia di bronzo dopo Germania Occidentale e Stati Uniti.
Ma, come già detto, grandi soddisfazioni arrivarono anche sul fronte del completo, dove Alessandro Argenton riuscì a guadagnare la medaglia d'argento individuale in sella a Woodland, un purosangue di proprietà di Maria Sole Agnelli. Il completo aveva registrato la partenza di 73 cavalieri di 19 nazioni. L'Italia, oltre che da Argenton, era rappresentata da Dino Costantini su Lord Jim, Mario Turner su Forgotten Fred e Stefano Angioni su Sauvage. La selezione nella prova di fondo fu durissima: 25 concorrenti si fermarono e soltanto 48 tagliarono il traguardo. La prova di Argenton, alla sua quarta Olimpiade, fu magnifica: quattordicesimo dopo l'addestramento, risalì in seconda posizione dopo una brillante prova di fondo, preceduto solamente dall'inglese Richard Meade, e mantenne il piazzamento con un percorso netto in salto ostacoli. Gli altri tre cavalieri partirono con risultati deludenti in addestramento e questo pesò nella classifica di squadra che vide chiudere l'Italia solamente ottava. Dopo la triste parentesi del Messico, con la medaglia di Argenton lo sport equestre italiano era comunque ritornato alla ribalta olimpica anche in questa disciplina.
Le prove di dressage si svolsero nel castello di Nymphenburg. Successo delle amazzoni Liselott Linsenhoff su Piaff e della russa Elena Petuèkova su Pepel. Al terzo posto ancora il tedesco Josef Neckermann su Venetia. Fu assegnato il titolo a squadre all'Unione Sovietica, seguita dalla Germania e dalla Svezia.
Dopo otto anni, i giochi olimpici tornano oltreoceano per essere disputati in Canada, a Montreal. La novità per gli sport equestri italiani sta nel debutto di un cavaliere azzurro nella specialità del dressage. Si tratta di Fausto Puccini, già affermato concorsista, presente a titolo individuale in questa disciplina che ha visto competere 27 cavalieri in rappresentanza di 11 paesi.
Per l'Italia si trattò di un'edizione decisamente opaca in cui l'unica nota positiva fu l'esito della classifica di squadra per il completo. L'équipe italiana concluse al quarto posto in questa disciplina perdendo una sicura medaglia di bronzo per il forzato ritiro di Boston, il piccolo cavallo baio che con Giovanni Bossi, dopo la prova di campagna, si trovava nella classifica individuale in un ottimo sesto posto. Anche la prova di fondo di Federico Roman, buon decimo in dressage, fu compromessa da una caduta che escluse la possibilità di una medaglia, consentendogli solo il nono posto. Mario Turner, anch'egli vittima di una caduta in cross, in sella a Tempest of Blisland arrivò quattordicesimo, mentre il binomio argento individuale delle Olimpiadi di Monaco deluse le aspettative risultando il peggiore del quartetto con ben quattro fermate in campagna e il ventiduesimo posto nell'individuale. La canadese Barbara Kemp fu l'ideatrice del percorso di completo che laureò campione lo statunitense Ted Coffin su Nally Cor, seguito dal connazionale J. Michael Plumb su Better and Better e dal tedesco Karl Schultz su Madrigal. Gli Stati Uniti, la Germania Occidentale e l'Australia vinsero i titoli a squadre. La partecipazione in campo della principessa Anna d'Inghilterra entusiasmò il pubblico.
La squadra italiana di salto ostacoli affrontò l'Olimpiade canadese non altrettanto bene rispetto alle precedenti edizioni. Piero D'Inzeo ripropose Easter Light per la prova a squadre e The Avenger per quella individuale. Raimondo era in sella al diciottenne Bellevue che affrontava la sua seconda Olimpiade dopo la sospensione per le Olimpiadi di Monaco 1972. Il campione olimpico uscente, Graziano Mancinelli, aveva invece ai suoi ordini Belle Oiseau, un cavallo decisamente non all'altezza. Come quarto elemento di squadra era stato scelto il giovane Giorgio Nuti su Springhine, preferito a Vittorio Orlandi che aveva trovato in Crème de la Cour un cavallo dal rendimento incerto, dopo aver perso l'ottimo Fiorello II. Nell'individuale, che vide Raimondo D'Inzeo arrivare dodicesimo e unico azzurro ammesso alla seconda manche, né Mancinelli né Piero D'Inzeo passarono il turno e con quattro errori uscirono di scena dopo la prima manche. Sul gradino più alto salì il tedesco Alwin Schockemöhle, protagonista in sella a Warwick Rex di uno splendido doppio netto. Nel barrage si classificarono il canadese Michel Vaillancourt su Branch County, il belga François Mathy su Gai Luron e l'inglese Debbie Jonsey su Moxy, tutti con dodici penalità. Nella prova a squadre di salto ostacoli erano presenti 47 cavalieri in rappresentanza di 14 nazioni. La medaglia d'oro fu conquistata dalla Francia con ben 40 penalità, a causa della difficoltà del percorso. Le squadre ammesse alla seconda manche erano le otto migliori del primo giro e l'Italia non figurava fra queste. I percorsi di Raimondo D'Inzeo, Mancinelli e Nuti furono disastrosi. Tutti e tre commisero cinque errori. Il miglior binomio in campo fu quello di Piero D'Inzeo su Easter Light, che chiuse con sole otto penalità effettuando uno dei migliori percorsi della manche. La Germania, data alla vigilia come favorita, dovette cedere il passo alla Francia e accontentarsi della medaglia d'argento, acquisita con largo margine di vantaggio sul Belgio.
In dressage due prove: il Grand Prix e il Grand Prix Special, valide per l'aggiudicazione del titolo a squadre e individuale. La Germania si prese la rivincita sull'Unione Sovietica, confinata al quarto posto. Medaglia d'argento per la Svizzera sul podio anche a titolo individuale con Christine Stückelberger su Granat che batté i tedeschi Harry Boldt su Woycek e Reiner Klimke su Mehmed.
Le truppe sovietiche hanno invaso l'Afghanistan alla vigilia dei giochi olimpici e gli Stati Uniti per primi, seguiti a ruota da tutte le federazioni dei paesi occidentali, decidono il boicottaggio delle Olimpiadi moscovite. Il livello si è notevolmente impoverito a causa della mancanza di una vera concorrenza. Il CONI decide di lasciare facoltà alle singole federazioni di decidere se partecipare, e la FISE condivide il boicottaggio. Il salto ostacoli, disciplina che sta vivendo una grave crisi, mette in discussione la sua presenza ai Giochi, e Fausto Puccini, unico dressagista, si adegua alla direttiva.
Nel settore completo si verifica una scissione tra i cavalieri in preparazione: Alessandro Argenton, Giovanni Bossi e i due militari Carlo Gibellino e Dino Costantini si schierano con l'opinione federale; mentre i fratelli Roman, Anna Casagrande e Marina Sciocchetti impugnano la possibilità offerta loro dal Comitato olimpico e dichiarano la loro volontà di partecipare. La situazione diventa incandescente, la Federazione declina ogni responsabilità e la trasferta può essere organizzata solo perché i due cavalli dei fratelli Roman sono di proprietà del CONI e non della Federazione. Federico Roman diventa capo équipe e crea ex novo il gruppo con il sostegno del CONI. I nuovi nomi sono quelli di Angelo Cristofoletti (organizzazione) e Lorenzo Zaraga (veterinario). Gli uomini di scuderia del Centro equestre federale partono in quanto anche loro dipendenti CONI. Federico Roman su Rossinan vince l'oro individuale; la squadra (Mauro Roman su Dourackine, Anna Casagrande su Daleye, Marina Sciocchetti su Rohan de Lechereo), che arriva ai Giochi con il quarto posto conseguito l'anno precedente nei Campionati d'Europa, è medaglia d'argento alle spalle dei padroni di casa. I partenti sono solo 28 in rappresentanza di 7 nazioni: Italia, India, Bulgaria, Polonia, Messico, Ungheria e Unione Sovietica. A titolo individuale: Casagrande settima, Mauro Roman ottavo e Sciocchetti nona.
Nel dressage sono presenti soltanto 14 concorrenti e 4 squadre ufficiali. Gli unici due cavalieri non appartenenti a paesi dell'Est sono l'austriaca Sissy Theurer e la finlandese Kyra Kirklund. Due giovani sovietici salgono con Theurer sul podio individuale: Jurij Kovèov e Viktor Ugrjumov.
Nel salto ostacoli la partecipazione è ridotta quasi ai soli cavalieri dei paesi comunisti. Polonia, Messico, Bulgaria e Unione Sovietica hanno iscritto tre concorrenti, l'Ungheria due, il Guatemala e la Finlandia uno. Il titolo a squadre è assegnato al paese ospitante. Vince il titolo individuale il polacco Kowalsky su Artemor, seguito dal sovietico Korolkov su Espadron e dal messicano Pérez con Alymony. Quarto il cavaliere del Guatemala Méndez Herburger su Pampa.
I Giochi Olimpici di Los Angeles hanno sotto tutti gli aspetti mantenuto fede alle aspettative essendo stati annunciati come grandiosi. In un contesto organizzativo di enormi dimensioni, gli sport equestri hanno trovato nella sede distaccata di Santa Anita, poco più di 30 km dal centro della città, una loro collocazione del tutto adeguata all'avvenimento. La presenza del pubblico ha raggiunto complessivamente, nelle dieci giornate di gare, le 265.000 persone.
Dopo le Olimpiadi di Mosca il settore completo era stato rivoluzionato con il ritorno alla guida del marchese Fabio Mangilli, in sostituzione di Lucio Manzin che per 12 anni aveva avuto la responsabilità della preparazione. Con il ritorno del tecnico che aveva guidato la fortunata spedizione di Tokyo, dopo anni di lontananza dalle competizioni internazionali era stato richiamato anche Mauro Checcoli. La squadra selezionata per le prove oltreoceano era per tre quarti composta da cavalli di proprietà federale: Checcoli disponeva di Spey Cast Boy, Bartolo Ambrosione di Brick, Geremia Toia di Semi Valley. L'unica presenza da privatista era quella di Marina Sciocchetti questa volta in sella al giovane cavallo irlandese Master Hunt. I buoni risultati di Sciocchetti e di Checcoli (settima e ottavo) non hanno trovato a Los Angeles il necessario conforto per divenire globalmente positivi nell'ambito della squadra. Con Ambrosione trentesimo e Toia eliminato in cross la squadra si è classificata settima. Si è trattato del completo più lungo della storia delle Olimpiadi. Per trasferire i cavalli nell'area dove è stata disputata la prova di fondo a Fairbank's Ranch, nei pressi di San Diego, il completo ha osservato una giornata di riposo. Sciocchetti è stata tra i quattro cavalieri a concludere senza penalizzazioni sul tempo. Nel panorama delle squadre si sono classificate in ordine Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania. La più preziosa delle medaglie in palio per l'individuale è stata conquistata dal neozelandese Mark Todd, che ha ottenuto la splendida performance in sella a Charisma. Con lui sul podio due amazzoni: la statunitense Karen Stives e la britannica Virginia Holgate.
Per gli azzurri il salto ostacoli ha portato una grandissima delusione. La squadra guidata da Raimondo D'Inzeo, che ha così partecipato in panchina alla sua nona Olimpiade, era formata dal veterano Graziano Mancinelli su Ideal de la Haye, cavallo medaglia di bronzo individuale ai Mondiali di Dublino 1982 sotto la sella di Michel Robert; da Giorgio Nuti su Impedoumi; da Filippo Moyersoen su Adam e infine da Bruno Scolari su Joyau d'Or. Tra le quindici rappresentative in campo, l'Italia ha chiuso ottava, pesantemente penalizzata da una prima manche negativa. Un saggio delle proprie possibilità gli azzurri lo hanno dato invece nella seconda manche, dove hanno realizzato il terzo miglior risultato, che li ha portati all'ottavo posto in classifica. Gli americani hanno vinto con largo margine, davanti a Gran Bretagna e Germania Occidentale, confermando la loro superiorità anche nella successiva prova individuale dove hanno conquistato l'oro con Joe Fargis su Touch of Class e l'argento con Conrad Homfeld su Abdullah. Migliore tra gli azzurri è stato Giorgio Nuti, ventesimo; Scolari e Mancinelli sono risultati rispettivamente ventiduesimo e trentaseiesimo (non qualificato per la seconda manche).
Nel dressage il tedesco Reiner Klimke, alla sua quinta partecipazione ai giochi olimpici ‒ le prime due in completo ‒ ha conseguito l'unica medaglia individuale che mancava nel suo palmarès, comprensivo di due vittorie ai campionati del mondo e ai campionati d'Europa. Klimke su Ahlerich ha guidato la squadra a una scontata vittoria davanti a Svizzera e Svezia. Completano il panorama delle medaglie l'argento individuale della danese Anne Grethe Jensen su Marzog e il bronzo dello svizzero Otto Hofer su Limandus.
A ventiquattro anni dalla prima edizione delle Olimpiadi nel continente asiatico, la fiaccola olimpica è tornata in Oriente ed è stata la Corea a ospitare i Giochi nel mese di settembre. Cornice delle prove equestri è stato lo stadio di Kwachon, poco distante dal centro della città: un impianto perfettamente attrezzato, costruito per l'occasione ma che aveva ospitato l'anno precedente i Giochi asiatici. Nelle diverse specialità equestri si sono cimentati cavalieri e amazzoni di 32 nazioni: nel dressage diciotto bandiere per cinquantatré binomi (11 squadre), nel completo sedici bandiere per cinquanta binomi (10 squadre), nel salto ostacoli ventiquattro bandiere per cinquanta binomi (16 squadre). Nonostante l'elevato numero dei paesi partecipanti solo i rappresentanti di 7 nazioni sono saliti sul podio, con la Germania Occidentale indiscussa protagonista. I cavalieri tedeschi hanno ottenuto nella classifica di squadra tutte e tre le posizioni più alte del podio: un risultato che ha stravolto ogni pronostico e che non si ripeteva dal lontano 1936.
Per gli sport equestri azzurri l'Olimpiade 1988 passerà alla storia come la più contestata e sfortunata del dopoguerra. Il mancato invio di una squadra di salto ostacoli ha evidenziato il momento particolarmente difficile del più glorioso settore dell'equitazione italiana. La presenza è stata limitata al completo e alla partecipazione individuale di Daria Fantoni nel dressage. Ma la trasferta olimpica della squadra di completo, che sulla carta avrebbe dovuto e potuto onorevolmente chiudere a metà classifica, si è rivelata deludente. Solo Bartolo Ambrosione su Phoenix, undicesimo, e Francesco Girardi su Moreado, ventiduesimo, sono arrivati a tagliare il traguardo. A Seul le cose sono andate meglio per Daria Fantoni che, al debutto nel contesto olimpico, in sella a Sonny Boy ha sfiorato la qualificazione per la prova individuale chiudendo ventiduesima, esclusa dal Gran Premio valido per l'alloro individuale per soli nove punti.
Gli sport equestri hanno vissuto a Barcellona un'edizione dei Giochi piuttosto difficile e sotto molti aspetti negativa. Alle polemiche sollevate dal CIO alla vigilia per contenere al massimo il numero dei partecipanti, hanno fatto eco le rimostranze mosse dal pubblico sia all'organizzazione, che da più parti ha mostrato lacune, sia alla FEI, colpevole quest'ultima di aver introdotto una formula di gara non verificata e punitiva nei confronti dello spettacolo. Esclusa anche questa volta dallo stadio Olimpico, l'equitazione ha stabilito il suo quartier generale presso il centrale Real Polo Club. Le prove di addestramento e fondo del completo sono state disputate invece a circa 70 km da Barcellona, dove la prova di cross-country si è rivelata massacrante.
Per l'Italia l'Olimpiade di Barcellona verrà ricordata come la prima nella quale i colori azzurri sono stati rappresentati con una squadra in tutte e tre le discipline e per il debutto della squadra di dressage, specialità sino a quel momento rappresentata solo a titolo individuale da Puccini nel 1976 e da Fantoni nel 1988. Per gli azzurri possiamo ricordare il settimo posto individuale di Pia Laus nel dressage. La squadra di dressage (Paolo Margi su Destino di Acciarella, Daria Fantoni su Sonny Boy, Laura Conz su Lathi e Pia Laus su Adrett) ha chiuso settima disattendendo le attese. Era infatti proprio questo il settore su cui erano riposte le maggiori speranze. Buona la prestazione di Paolo Margi, penalizzata invece ingiustamente quella di Laura Conz, tra i primi a entrare. Il podio del dressage è stato tutto appannaggio della Germania che ha incoronato regina Nicole Uphoff, già campionessa olimpica quattro anni prima. Alle spalle della Germania, le équipes di Olanda e Stati Uniti hanno conquistato rispettivamente argento e bronzo.
Per il completo, l'appuntamento catalano ha ricordato Roma 1960 con i cavalieri australiani che si sono aggiudicate le più preziose medaglie in palio. L'oro individuale è andato sorprendentemente all'outsider Matthew Ryan che ha vinto in sella a un cavallo addirittura quindicenne (Kibah Tic Toc) alle prime esperienze nella disciplina del completo. Per le squadre, il secondo posto è stato conquistato dalla Nuova Zelanda. L'unico rappresentante della vecchia Europa tra i primi cinque individuali è stato il tedesco Herbert Blocker su Feine Dame (argento). Il quartetto azzurro, che ha ottenuto il tredicesimo posto, era formato da Francesco Girardi su Stormy Weather, Fabio Magni su Passport, Federico Roman su Noriac e Lara Villata su Day Light. La migliore, protagonista peraltro di un'ottima gara, è stata quest'ultima che, selezionata come quinta, ha sostituito Nice Attolico.
Le Olimpiadi del salto ostacoli, contrariamente alle precedenti edizioni, sono state caratterizzate da una scenografia assolutamente essenziale e da un percorso di tipo tradizionale. L'équipe olandese ha dominato e vinto la prova a squadre precedendo la sorprendente formazione austriaca, del tutto inattesa sul podio, e l'équipe francese un poco sotto tono. L'oro individuale, per un quarto di penalità di vantaggio, è stato assegnato al tedesco Ludger Beerbaum, ventinovenne, già luogotenente di Paul Schockemöhle, che è salito sul podio insieme all'olandese Piet Raymakers (argento) e allo statunitense Norman Dello Joio (bronzo). Barcellona è il primo palcoscenico importante per Ratina Z, montata da Raymakers, cavalla trasferita subito dopo i Giochi alla monta di Beerbaum e passata alla storia come uno dei migliori soggetti del salto ostacoli mondiale. I grandi sconfitti del Real Polo Club sono stati gli inglesi. Unica sorpresa nelle file azzurre il buon risultato di Jerry Smit, ventitré anni, su Governor, che ha saputo affrontare molto bene la finale riservata ai migliori ventidue cavalieri. La squadra, che a dieci mesi dall'impegno olimpico aveva perso la sua guida tecnica con la prematura scomparsa di Graziano Mancinelli, era composta dal veterano Giorgio Nuti su Gaugin, da Valerio Sozzi su Pamina e da Gianni Govoni su Larry. Nella prova a squadre l'Italia è sedicesima, seguita in classifica da nazioni più che modeste: Messico, Colombia e Corea.
L'edizione che ha celebrato il centenario delle Olimpiadi è stata ospitata negli Stati Uniti, ad Atlanta, in un clima di tensione per il timore di atti terroristici. Gli sport equestri si sono svolti però nell'impianto distaccato del Georgia International, una funzionale struttura situata a circa 60 km dal centro della città. Il programma è stato caratterizzato dalla scissione delle gare di completo in due differenti classifiche, quella a squadre e quella individuale, differenziate sostanzialmente solo dall'organizzazione di due differenti prove di cross-country. Ciò si è reso necessario dopo che il Comitato olimpico ha stabilito che non si sarebbero più assegnate medaglie (individuale e di squadra) sulla disputa di un'unica competizione. Anche per il dressage una sostanziale variazione del programma è stata l'introduzione della Kür tra le riprese valide per l'assegnazione delle medaglie individuali. Tale gara (il cui nome significa in tedesco "scelta, opzione") consiste nell'eseguire a tempo di musica una sequenza di movimenti secondo una trama previamente scelta dallo stesso concorrente.
Nel dressage il podio di squadra è rimasto sostanzialmente identico a quello delle Olimpiadi di Barcellona, e la Germania ha ribadito la sua leadership su Olanda e Stati Uniti. Nell'individuale, ancora la Germania al primo posto con Isabel Werth, su Gigolo, a ricevere il testimone dalla connazionale Nicole Uphoff. Accanto alla nuova regina due olandesi, Anky Van Grunsven su Bonfire e Sven Rothenberger su Weyden. L'Italia, privata del prezioso contributo di Adrett, il fantastico compagno di gara di Pia Laus che per raggiunti limiti di età non ha potuto affrontare la trasferta oltreoceano, ha perso due posizioni rispetto a Barcellona 1992 e si è classificata nona. Sebbene si nutrisse fiducia nei confronti di una qualifica individuale per Paolo Margi su Destino di Acciarella e Pia Laus su Liebenberg, che componevano la squadra insieme a Daria Fantoni su Sonny Boy (binomio alla sua terza Olimpiade) e a Fausto Puccini su Fiffikus, nessuno dei nostri cavalieri è riuscito ad accedere alla finale.
Vittoria annunciata anche per il salto ostacoli, dove la Germania si è aggiudicata le due medaglie più preziose. La squadra, nonostante sia venuto a mancare un pilastro del calibro di Franke Sloothaak (eliminato nel primo giro della Coppa), ha guadagnato puntualmente l'oro, con un comodo margine di vantaggio sugli attesi Stati Uniti e sul sorprendente Brasile che ha calcato per la prima volta un podio intercontinentale. A titolo individuale, anche qui, nonostante il forzato ritiro del campione olimpico uscente Ludger Beerbaum, la Germania è stata protagonista con l'outsider Ulrich Kirchhoff su Jus de Pommes. Con una finale ricca di colpi di scena e decisa con un barrage a sei, la medaglia d'argento è andata all'elvetico Willi Melliger su Calvaro e il bronzo all'amazzone francese Alexandra Ledermann su Rochet M. Per l'Italia, sostenuta dal tecnico olandese Henk Nooren, un nono posto tra le diciannove squadre in campo, che ha confermato il valore della squadra nel panorama internazionale. In campo Valerio Sozzi su Gaston M, Jerry Smit su Constantijn, Natale Chiaudani su Rheingold de Luyne e Arnaldo Bologni su Eilleen. Smit, Sozzi e Chiaudani sono stati ammessi alla finale individuale riservata ai migliori 45 cavalieri tra gli 82 in campo. Sozzi fino a quel momento era stato il migliore e occupava la nona posizione, mentre Smit era ventitreesimo e Chiaudani ventinovesimo.
Sedici squadre hanno dato vita alla prova di completo, il cui podio è risultato inaccessibile per i paesi del vecchio continente. Gli australiani, sesti dopo la prova di dressage e protagonisti di un'eccezionale performance in campagna, hanno ripetuto lo splendido risultato di Barcellona con un comodo margine di vantaggio su Nuova Zelanda e Stati Uniti. Poca fortuna per l'équipe italiana, che agli ordini del tecnico francese Jean-Paul Bardinet era composta da binomi confermati: Ranieri Campello su Mill Bank, Giacomo Della Chiesa su Diver Dan, Lara Villata su Nikki Dow e Nicola Delli Santi su Donnizzetti. Campello, per un incidente occorso a Mill Bank, è stato eliminato; solo Villata e Delli Santi, entrambi però fortemente penalizzati da una caduta, hanno portato a termine la prova che ha visto concludere l'Italia in dodicesima posizione. Il secondo atto della sezione completo si è avuto con la prova individuale, dove il neozelandese Blyth Tait, su Reddy Teddy, già medaglia di bronzo di squadra, è salito sul gradino più alto del podio insieme alla connazionale Sally Clark e all'americana Kerry Millikin. Il compito di rappresentare l'Italia era stato affidato a Marco Cappai e a Roberta Gentini, entrambi ventiduenni, rispettivamente su Night Court e su Zigolo di San Calogero, cavalli federali di undici anni. Cappai ha chiuso quattordicesimo e Gentini quindicesima.
Dopo Melbourne 1956, l'Australia ha ospitato sui propri terreni l'equitazione nelle Olimpiadi del 2000. All'epoca, i giochi olimpici dell'equitazione si erano svolti a Stoccolma. Questa volta i cavalli si sono ritrovati in compagnia degli atleti di tutte le altre discipline, ma le rigide norme imposte dal regime sanitario australiano hanno fissato un lungo periodo di quarantena presso i paesi di appartenenza che, di fatto, ne ha bloccato l'attività agonistica. Le prove equestri sono state ospitate nel neonato Sydney International Equestrian Centre, nell'Horsley Park, a circa 40 km dal centro della città. Negli impianti equestri, nel corso delle due settimane di gare, sono arrivati oltre 300.000 spettatori da tutto il mondo.
Nel salto ostacoli il gradino più alto del podio di squadra, come a Seul e ad Atlanta, è stato raggiunto dalla Germania, nazione che aveva già ottenuto tutte le medaglie in palio nelle Olimpiadi di Atlanta 1996. Solo un punto di vantaggio ha diviso i tedeschi dal quartetto svizzero, medaglia d'argento, che ha costruito la propria performance soprattutto grazie all'ottima prestazione di Willi Melliger in sella a Calvaro. Il Brasile, vincendo il bronzo, ha riconquistato la stessa posizione ottenuta per la prima volta nella storia ad Atlanta 1996 grazie alla supremazia ottenuta in barrage sulla Francia. La finale individuale è stata una delle più emozionanti. Le posizioni sul podio sono state attribuite, infatti, con un barrage a tre. Sono saliti sul podio, nell'ordine, gli olandesi Jeroen Dubbeldam, Albert Voorn e il saudita Khaled al-Eid. L'Italia è stata rappresentata solo a titolo individuale da Gianni Govoni su Las Vegas e da Jerry Smit su Lux Z. Nonostante le aspettative, la prestazione di quest'ultimo, a causa della non perfetta forma fisica del cavallo, non è stata delle migliori: solo cinquantaquattresimo su settantadue partenti. Meglio è andata per Govoni, arrivato diciottesimo.
Il completo ha riproposto due distinte gare: una per le squadre e una per gli individuali. Nella prova a squadre l'Australia è entrata nella storia delle Olimpiadi equestri vincendo la terza medaglia d'oro consecutiva; alla Gran Bretagna è andato l'argento e agli Stati Uniti il bronzo. Solo sei delle dodici squadre al via hanno ultimato la prova. Il team italiano, composto da Giacomo Della Chiesa su Tokio Joe, Lara Villata su Rubber Ball, Fabio Magni su Cool'n Breezy e Andrea Verdina su Donnizzetti, non ha portato a termine la prova di squadra. A livello individuale, invece, il risultato è stato significativo con il quinto posto ottenuto da Fabio Magni e il quindicesimo di Andrea Verdina. Quello di Magni è stato il miglior risultato degli ultimi vent'anni del completo italiano. L'americano David O'Connor su Custom Made, con la sua vittoria, ha riportato una medaglia d'oro agli Stati Uniti dopo sedici anni e ha ottenuto il minor punteggio mai realizzato in una prova olimpica (34 punti). L'argento è toccato all'australiano Andrew Hoy, questa volta in sella a Swizzle In, mentre il bronzo è stato conquistato dal due volte campione olimpico Mark Todd, neozelandese, in sella a Eyespy.
Per il dressage individuale un cambiamento epocale: l'olandese Anky Van Grunsven, su Bonfire, vincendo l'oro ha ricevuto dall'eterna rivale, la tedesca Isabell Werth, su Gigolo, quel testimone che da anni aspettava. Medaglia di bronzo per la tedesca Ulla Salzgeber su Rusty. Nella classifica di squadra la Germania ha confermato la sua supremazia davanti a Olanda e Stati Uniti. L'Italia è stata rappresentata a titolo individuale da Pia Laus, in sella a Renoir, arrivata quattordicesima alla sua terza esperienza olimpica.
Alla vigilia delle Olimpiadi di Atene c'era molta preoccupazione per le prove equestri, non avendo la Grecia tradizione sportiva nel campo dell'ippica e dell'equitazione. L'impianto che ha ospitato le gare, a 25 km dalla città, è stato costruito ex novo e ultimato in tempi record. Presso il Markopoulo Equestrian Centre sono state concentrate tutte e tre le discipline. Un imponente lavoro è stato effettuato per la realizzazione del percorso di cross-country, che ha richiesto la completa bonifica di 5,7 km di terreno originariamente pietroso. Per la prima volta per completo e salto ostacoli alcune delle competizioni sono state disputate in notturna sotto la luce artificiale sul campo centrale in erba.
Il completo, disciplina alla ricerca di una nuova dimensione, meno pericolosa e di minor impegno economico per gli organizzatori, ha sperimentato una nuova formula di gara in cui la prova di fondo è stata ridotta all'esecuzione del solo cross-country. Eliminate dunque dal programma le due marce e lo steeplechase, il test è risultato meno determinante nella formulazione della classifica. Le medaglie individuali sono state assegnate riservando ai migliori 25 binomi della classifica di squadra un'ulteriore prova di concorso ippico. Il podio delle squadre ha assegnato la medaglia d'oro alla Francia, l'argento alla Gran Bretagna e il bronzo agli Stati Uniti. Una medaglia d'oro individuale e di squadra, che poteva essere guadagnata con tranquillità, è sfuggita all'amazzone tedesca Bettina Hoy, vittima di un errore di percorso riconosciuto solo in un secondo momento, a premiazione già avvenuta. Il reclamo presentato dai francesi e dai britannici, formalmente accolto, ha motivato la sua retrocessione al nono posto e quella della squadra al quarto. L'inglese Leslie Law, già sul podio con la squadra a Sydney, si è aggiudicato la medaglia d'oro individuale con Shear l'Eau. L'argento e il bronzo sono stati rispettivamente appannaggio di due amazzoni: l'americana Kimberly Severson su Winsome Adante e la britannica Philippa Funnel su Primmore's Pride. La squadra italiana ha concluso al decimo posto, sulle quattordici in campo, con Susanna Bordone su Ava cinquantaseiesima, Fabio Magni su Vent d'Arade quarantottesimo, Stefano Brecciaroli su Cappa Hill trentacinquesimo e Giovanni Menchi su Hunefer ventiquattresimo e unico ammesso alla finale individuale.
Conferma ai vertici nel dressage per l'amazzone olandese Anky Van Grunsven, questa volta in sella a Salinero. A livello olimpico in questa disciplina solo altri due cavalieri sono riusciti a ripetersi in due edizioni consecutive: lo svedese Henry Saint Cyr (Helsinki 1952, Stoccolma 1956) e la tedesca Nicole Uphoff (Seul 1988, Barcellona 1992). Medaglia d'argento per la tedesca Ulla Salzgeber, su Rusty, che veniva data come favorita alla vigilia, e bronzo per la spagnola Beatriz Ferrer Salat, su Beau Valais, che ha portato per la prima volta il suo paese sul podio olimpico del dressage e che è stata la principale artefice della medaglia d'argento di squadra. Undicesima medaglia d'oro per la squadra tedesca davanti a Spagna e Stati Uniti. Nessun cavaliere ha rappresentato l'Italia in questa disciplina.
Nella prova individuale di salto ostacoli, la medaglia d'oro vinta dall'irlandese Cian O'Connor su Waterford Crystal, davanti al brasiliano Rodrigo Pessoa su Baloubet du Rouet e all'americano Chris Kappler su Royal Kaliber, è stata successivamente ritirata dalla FEI per positività del cavallo all'esame anti-doping. Nella prova a squadre, dopo una prima attribuzione della medaglia d'oro alla Germania, dell'argento agli Stati Uniti e del bronzo alla Svezia, la classifica finale è stata modificata. Goldfever, il cavallo del tedesco Ludger Beerbaum, è stato trovato positivo all'esame anti-doping. Alla luce di ciò, a sei mesi dalla conclusione dei Giochi, la FEI ha ratificato la squalifica per il binomio tedesco. Senza il determinante punteggio di Goldfever, la Germania è passata dal primo al quarto posto. L'oro è stato assegnato quindi agli Stati Uniti, seguiti dalla Svezia e dall'Olanda, risalita dalla quarta posizione iniziale. L'Italia, ottava nella graduatoria delle nazioni, è stata rappresentata da Juan Carlos Garcia su Albin, sedicesimo, Bruno Chimirri su Landknecht, ventunesimo, Vincenzo Chimirri su Defi Platière, ventiseiesimo, e Roberto Arioldi su Dime de la Cour, cinquantaseiesimo.
Il concorso completo, conosciuto anche come Eventing, Three-Day Event o Military, è considerato la più lunga e impegnativa tra le prove combinate. In tre o quattro giornate consecutive i concorrenti sono chiamati con lo stesso cavallo a misurarsi dapprima in una prova di addestramento, quindi in una di fondo e, per finire, in un concorso di salto ostacoli.
L'origine di questa disciplina olimpica è da ricercarsi in quelle prove, i cosiddetti campionati del cavallo d'arme, alle quali erano sottoposti gli appartenenti alla cavalleria degli eserciti europei per mettere alla prova le loro attitudini e qualità militari.
I prodromi del completo, inoltre, possono essere ricercati nei raids, lunghissime e stressanti marce in cui venivano impegnati fino allo stremo delle forze i cavalli militari. I primi raids furono organizzati in Russia utilizzando alcuni cavalli della razza Akhal Teké. Una delle prime testimonianze di questo tipo di prova risale al 1892: centoquindici ufficiali tedeschi partirono da Berlino alla volta di Vienna; contemporaneamente, da Vienna novantatré ufficiali dell'esercito austro-ungarico si mettevano in marcia verso la capitale tedesca. L'austriaco conte von Starhemberg completò il tragitto in 71 ore e 26 minuti, ma il suo cavallo morì all'arrivo stroncato da una crisi cardiaca.
La Bruxelles-Ostenda del 1902 (132 km) si rivelò una vera ecatombe: dei sessanta cavalli partecipanti, trentuno si ritirarono lungo il percorso e ben sedici morirono per la fatica. Si scatenarono così le proteste delle associazioni a difesa degli animali, che convinsero gli organizzatori ad adottare misure protettive con accurate visite veterinarie, introdotte per la prima volta nella marcia di 230 km Parigi-Deauville. Le prove di fondo cambiarono presto, soprattutto per raggiungere l'obiettivo che ne aveva motivato la nascita, ovvero saggiare la buona preparazione dei cavalli in condizioni di utilizzo militare. Paul-Marie-Antoine Bausil (Paris-Rouen-Deauville, Paris 1904), uno dei più attivi concorrenti di raids, fu il primo a presentare un programma razionale di allenamento per le gare di resistenza e a proporre di affiancare allo svolgimento delle marce su strade e sentieri anche prove in campagna con salto di ostacoli naturali. Queste ultime risultavano più rispondenti alle nuove necessità di impiego in campo militare; sempre più spesso, infatti, pattuglie e staffette erano costrette a lasciare strade e sentieri impegnandosi in percorsi su terreno vario e accidentato. Alla prova di marcia fu dunque fatto seguire un galoppo da caccia in pista o un percorso con ostacoli in campagna. In seguito fu aggiunta una prova di salto ostacoli.
Il primo concorso ebbe luogo a Parigi nel 1902 e fu denominato Campionato del cavallo d'arme. Riservato ai cavalieri militari, era articolato in più giornate: si iniziava con una prova di addestramento, con ripresa libera; seguiva un cross di 4 km da effettuarsi in un tempo di 9 minuti con 14 salti che precedevano uno steeple attraverso la campagna lungo un percorso di 60 km da coprirsi in 3 ore e 45 minuti; l'ultima prova era riservata al salto ostacoli. Il Campionato riscosse subito successo e, seppure con varianti, fu disputato, sempre a Parigi, fino al 1939.
In Italia il primo Campionato del cavallo d'arme si disputò a Roma nella primavera del 1907 e fu vinto da Federico Caprilli con il suo sauro irlandese Pouff. Lo stesso Caprilli propose poi una nuova regolamentazione del Campionato e stilò il Programma per campionato di cavallo militare, che venne pubblicato nel numero di luglio del 1907 della Rivista di Cavalleria.
In previsione dei Giochi Olimpici di Helsinki del 1940, con l'approvazione della FEI, fu organizzato a Torino, dal 23 al 25 giugno 1939, il primo Concorso completo internazionale. Il capoluogo piemontese fu scelto perché aveva già ospitato il primo Concorso ippico internazionale in Italia e quindi già disponeva degli impianti sportivi all'altezza dell'evento. Il comitato organizzatore fu la Società ippica torinese, presieduta dal tenente colonnello Adriano Lanza, che iscrisse 38 cavalli in rappresentanza di Italia, Germania, Polonia, Romania, Svizzera e Ungheria. Tra i cavalli migliori erano presenti, per la Germania, Nurmi, montato dal capitano Ludwig Stubbendorff vincitore dei Giochi Olimpici di Berlino nel 1936, e Fasan, montato dal sottotenente Gröben.
Le sedi scelte per le tre prove furono: la Piazza d'Armi, l'ippodromo di Mirafiori, la tenuta della Mandria di Venaria Reale e il campo ostacoli del Valentino. La prova di addestramento si svolse nella Piazza d'Armi, in un rettangolo di 20x60 m. La seconda prova presentò inizialmente alcuni problemi di organizzazione, finché i marchesi Medici del Vascello offrirono la loro proprietà di Venaria Reale che era particolarmente adatta per la varietà di forme, l'accidentalità del terreno e la quantità di ostacoli naturali. L'ippodromo di Mirafiori fu usato per la prova di steeple (percorso B), mentre il viale di Stupinigi fu scelto per la prima marcia (percorso A). Il collegamento tra lo steeple e il cross-country (percorso C) presentò non poche difficoltà: dopo l'intervento degli zappatori di Nizza Cavalleria e del 5° Artiglieria di Campagna alla periferia della città, si presentò il problema dell'attraversamento della Dora, risolto con la costruzione di un ponte di barche. La terza prova, quella di salto ostacoli, ebbe luogo nel parco del Valentino.
La vittoria individuale andò al tenente Dardi in sella a Bosco; piazza d'onore per il capitano Stubbendorff su Nurmi, seguito dal connazionale sottotenente Gröben su Fasan. La prova a squadre fu portata a termine solo da Germania e Svizzera, classificate nell'ordine. Al termine del concorso gli ospiti stranieri si congratularono per l'organizzazione dell'evento e definirono l'impianto di Torino come il più completo d'Europa.
Il primo completo olimpico, disputatosi a Stoccolma nel 1912, ebbe tra i concorrenti tutti ufficiali che montavano cavalli di servizio. Il tempo previsto per l'espletamento delle prove fu di cinque giorni. Tuttavia il cross-country, diversamente dalle edizioni successive, non era considerato la prova più importante; maggiore attenzione veniva invece riservata a quella di fondo, della durata di tre giorni. Il programma della prima giornata prevedeva 55 km, da coprire in 4 ore, seguiti da un percorso in campagna con qualche fosso e alcune staccionate mobili, da compiersi al piccolo galoppo. Durante la seconda giornata gli atleti dovevano affrontare uno steeplechase di 3500 m e 10 ostacoli facili. Le restanti prove comprendevano il concorso ippico e il dressage.
I Giochi Olimpici di Anversa (1920) videro la partecipazione di cavalieri militari e civili. Il cross presentò maggiori difficoltà, la prova di fondo fu di 50 km, di cui 5 con una ventina di ostacoli fissi, e il dressage fu cancellato. Alle Olimpiadi di Parigi (1924) il dressage fu reinserito nel programma, con una ripresa di 10 minuti da eseguirsi in un'area rettangolare di 20x60 m, misure tutt'oggi in vigore. La prova di campagna, su una distanza di 36 km, era suddivisa in cinque fasi: una marcia, un galoppo in ippodromo, una seconda marcia, un cross con 36 ostacoli alti fino a 1,15 m e, infine, un percorso di galoppo su strada. Nel completo di Parigi parteciparono, oltre a numerosi concorrenti civili, anche razze differenti di cavalli. Alle Olimpiadi di Los Angeles (1932) fu adottato un programma ridotto, sia come numero di concorrenti sia come prova di fondo: una marcia di 25 km, un cross e uno steeple di 4 km. I Giochi successivi (Berlino 1936) si caratterizzarono per una tendenza a rendere sempre più impegnativa la prova di cross. Gli organizzatori delle Olimpiadi di Londra (1948) conferirono invece maggiore importanza ‒ persa poi nelle edizioni successive ‒ alla prova di dressage.
Risale al 1953 l'istituzione da parte della FEI, nella sede inglese di Badminton, dei primi campionati d'Europa.
Perse le caratteristiche militari, il completo conserva ancora oggi gli elementi principali del programma originario. Rimane tuttora una prova di resistenza e di versatilità sia per il cavallo sia per il cavaliere.
Per la prima volta nei Giochi Olimpici di Atene 2004 è stata adottata una nuova formula di gara che ha ridotto la prova di fondo al solo cross-country, con una revisione anche della lunghezza e dell'andatura. Abolite le due marce e lo steeplechase e con il cross ridotto dai 7200 ai 5770 m, la prova di fondo ha decisamente variato il suo peso nel contesto generale.
La prova di addestramento (detta anche dressage) consiste nel mettere in evidenza e premiare le qualità di un cavallo che, attraverso un razionale lavoro di preparazione, arriva a eseguire al meglio i movimenti previsti dal grafico. La prova si svolge in un rettangolo delle dimensioni di 20x60 m, delimitato da una recinzione bassa. A intervalli regolari, sui lati lunghi, sui lati corti e sulla linea mediana longitudinale sono posizionate diverse lettere dell'alfabeto che costituiscono i punti di riferimento per l'esecuzione dei movimenti previsti. Al concorrente è richiesta l'esecuzione di una 'ripresa' che comprende, secondo la difficoltà della prova, una serie di movimenti prestabiliti (cambiamenti longitudinali, trasversali, controcambiamenti, volte e mezze volte, cessioni, circoli ecc.) da compiersi con le diverse andature (passo, trotto e galoppo).
Particolarmente elaborato il sistema adottato per la definizione della classifica. Per ogni movimento la giuria attribuisce un punteggio da 1 a 10; i punti attribuiti ai movimenti e quelli previsti per le note di insieme (posizione e assetto del cavaliere, sottomissione, impulso, andatura) vengono sommati. Per ogni giudice è calcolata la percentuale rispetto al punteggio massimo conseguibile (si divide il punteggio del giudice per il punteggio massimo conseguibile e poi si moltiplica per 100); la percentuale media del concorrente si ottiene sommando la percentuale di ogni giudice e dividendo per il numero dei giudici. Quest'ultima è convertita in penalità: sottraendo 100 e moltiplicando per 1,5 si ottiene un valore che dà, in negativo, il risultato in penalità.
In questa prova la tenuta del cavaliere e la presentazione del cavallo devono essere particolarmente curate. Per le prove di buon livello i cavalieri e le amazzoni vestono il frac nero, il cilindro, la camicia bianca con plastron, pantaloni beige o bianchi, guanti, stivali neri con o senza risvolto marrone.
La prova di fondo ha lo scopo di mettere in evidenza e premiare le qualità di un cavallo buon galoppatore, veloce e resistente, saltatore potente, coraggioso e generoso, equilibrato e agile. In questa gara, che verifica la buona preparazione e il buon allenamento del cavallo, il cavaliere dimostra la sua capacità nel gestire le doti atletiche e i limiti del suo compagno di gara. La prova, nell'espressione degli eventi tecnicamente più importanti e sino alla data dei Giochi Olimpici di Atene (2004), si è articolata in quattro fasi distinte e indipendenti. Due marce su strade e sentieri da compiersi al trotto o al galoppo lento (fase A, di riscaldamento; fase C, di recupero), un percorso di steeplechase (galoppo a cadenza sostenuta su percorso in piano con ostacoli fissi da ippodromo, fase B) e un percorso di cross-country (con ostacoli fissi naturali). A titolo sperimentale, ad Atene è stato applicato un nuovo format per la prova di fondo riducendola al solo cross-country.
La prova di fondo è una gara a tempo su un percorso a ostacoli. La lunghezza del percorso divisa per la cadenza prestabilita (normalmente compresa tra i 520 e i 570 m al minuto, a seconda della difficoltà) determina il tempo prescritto ai concorrenti per portare a termine la prova. Ogni secondo in più impiegato rispetto al tempo prescritto è penalizzato con l'attribuzione di 0,4 punti di penalità. La prova deve essere superata senza penalizzazioni agli ostacoli; per penalizzazioni si intendono le disubbidienze ‒ rifiuti, scarti o volte ‒ e le cadute. La prima disubbidienza è penalizzata con 20 punti, la seconda con 40, la terza sullo stesso ostacolo o la quarta nel complesso del cross comporta l'eliminazione. La caduta del cavaliere pesa in termini di penalità 60 punti, mentre la seconda caduta dello stesso o quella del cavallo comporta l'eliminazione.
Il percorso del cross si svolge normalmente su un terreno vario, con leggeri dislivelli. Gli ostacoli sono sempre diversi e assolutamente peculiari di questa gara. Per regolamento devono essere il più possibile naturali e sfruttare la conformazione del terreno su cui si snoda il percorso. Le loro dimensioni sono definite all'interno di ogni categoria: nel completo internazionale l'altezza massima è di 1,20 m, la larghezza della base è di 2,80 m, mentre quella della parte superiore di ogni salto è di 1,80 m. Tuttavia, non è tanto l'altezza a rendere impegnativi gli ostacoli, quanto la solidità e l'andatura più o meno sostenuta con cui vanno generalmente affrontati. La conformazione e i dislivelli del terreno rendono inoltre più difficili non solo gli ostacoli stessi (in salita, in discesa o con la zona di ricezione scoscesa), ma anche i tratti che li collegano: forti dislivelli o un terreno pesante richiedono al cavallo sforzi che possono rendere difficoltoso anche il superamento dell'ostacolo successivo. Gli ostacoli sono costituiti da tronchi d'albero abbattuti, corsi d'acqua, staccionate di ogni tipo, fossi e laghetti, muretti di pietra e siepi; quelli sui quali un cavallo, cadendo, rischierebbe di rimanere intrappolato e di farsi male sono spesso costruiti in modo che si possano facilmente smontare e rimontare. Gli ostacoli possono essere disposti in combinazioni tali da costituire un notevole test atletico e anche di intelligenza per il binomio. Le combinazioni di più ostacoli prevedono normalmente la possibilità di affrontarle con diverse traiettorie e con alternative più o meno impegnative. Tra gli ostacoli di maggiore difficoltà vi sono quelli con passaggio nell'acqua ‒ soprattutto se combinato con il salto di ostacoli di vario genere ‒, data l'istintiva diffidenza del cavallo verso tale elemento. Quando ci si avvale di ostacoli naturali, questi devono essere abbastanza resistenti per rimanere nelle stesse condizioni per tutta la durata della prova.
La partenza dei binomi per la prova di cross avviene secondo una precisa tabella oraria a intervalli regolari, normalmente ogni 3 o 4 minuti. Se un concorrente raggiunge il concorrente precedente, in ritardo perché in difficoltà, quest'ultimo deve cedergli il passo. Nel caso in cui il passaggio su un ostacolo sia impedito per qualsiasi motivo, il concorrente in arrivo viene fermato e la gara è sospesa contemporaneamente al tempo del concorrente sino al ripristino delle normali condizioni del percorso.
Ogni ostacolo è controllato da un giudice che annota il passaggio del cavallo con il relativo tempo e gli eventuali motivi di penalizzazione. Nel caso in cui i concorrenti siano fermati, una persona munita di bandiera rossa segnalerà sul percorso la necessità di arresto. In tale circostanza, il giudice all'ostacolo registra il tempo durante il quale i concorrenti sono rimasti fermi e lo comunica ai cronometristi ufficiali per la necessaria deduzione dal totale del tempo impiegato. In questa prova i concorrenti sono obbligati a indossare il casco rigido e il giubbetto protettivo omologato secondo le normative vigenti; devono inoltre esporre in maniera ben visibile una scheda sanitaria che contiene tutte le informazioni utili in caso di incidente. La classifica della prova si ottiene sommando le penalità agli ostacoli con quelle per aver superato il tempo prescritto in ognuna delle fasi previste nella prova.
La prova di salto ostacoli del concorso completo è quella che tradizionalmente conclude il programma. Talvolta l'ordine delle prove, soprattutto nelle competizioni di minore valore tecnico, viene variato abbinando in una sola giornata salto ostacoli e addestramento e affidando la chiusura alla prova di fondo. Nel concorso completo, il salto ostacoli è molto meno impegnativo rispetto alle ordinarie prove di concorso ippico. L'altezza degli ostacoli non supera 1,25 m e serve a dimostrare che i cavalli, dopo la prova di fondo, hanno mantenuto la loro atleticità, obbedienza ed energia.
La natura del percorso, la sua lunghezza, l'entità degli ostacoli e la velocità sono stabilite in base al livello generale della gara. La classifica di questa prova si ottiene sommando le penalità agli ostacoli a quelle per aver superato il tempo massimo. Ogni barriera abbattuta comporta 4 punti di penalizzazione, al pari della prima disubbidienza; la seconda disubbidienza, la caduta del cavallo o del cavaliere e l'errore di percorso non rettificato sono cause di eliminazione.
In questa prova i cavalieri sono tenuti a indossare camicia e cravatta bianca, pantaloni bianchi o beige chiaro, stivali neri con o senza risvolto marrone, cappello con sottogola attaccato in tre punti oppure casco rigido purché omologato.
Il dressage rappresenta l'attività basilare e, a livello di discipline olimpiche, la più sofisticata nel panorama degli sport equestri. Questa specialità è quella che maggiormente mette in luce la bellezza del cavallo, la sua eleganza atletica e la plasticità nei movimenti.
Anni di allenamenti consentono di ottenere dal cavallo la massima rispondenza alle azioni del cavaliere e l'esecuzione di movimenti molto difficili.
Il dressage è una disciplina che richiede al cavallo doti di agilità, flessibilità, sicurezza e affiatamento con il suo cavaliere. Queste caratteristiche si esprimono attraverso la libertà e la regolarità delle andature, l'armonia, la leggerezza e la facilità di movimento, l'accettazione del morso senza alcuna tensione o resistenza.
Negli spettacoli del circo ottocentesco erano predominanti gli esercizi con i cavalli (per questo era detto circo equestre). Molti esercizi erano più vicini all'ammaestramento che non all'addestramento e includevano volteggi, acrobazie varie e cavalli in libertà. Il cuore dello spettacolo era però quasi sempre riservato ai cavalli d'alta scuola che eseguivano movimenti di repertorio classico.
Un personaggio che fece molto discutere per la sua doppia attività in maneggio e nel circo fu François Baucher (1805-1873), che per molti anni ebbe nelle più importanti capitali europee un enorme successo, dovuto al valore innegabile del suo nuovo metodo, che lo portò ad addestrare cavalli persino a Saumur, tempio del dressage francese. Il Cadre Noir di Saumur, infatti, è considerato l'anello di congiunzione tra l'alta scuola e il dressage contemporaneo; è ancora in funzione e ha dato un grande contributo al dressage nel corso del 20° secolo.
Allievo di Baucher fu James Fillis che, nei primi anni del Novecento, si recò in Russia per insegnare agli ufficiali dello zar l'équitation savante. Con il generale Alexis François l'Hotte, allievo ed erede di Baucher e del visconte d'Aure, si fusero gli elementi dell'equitazione classica e di quella moderna, dando vita al moderno dressage, con esponenti di spicco come Wattel, Danloux, Decarpentry, Marion, Lesage, Joussaume. Nel 1873, anno della morte di Baucher, si disputò a Vienna il primo Campionato di dressage.
Nel frattempo questa disciplina si diffuse in tutta Europa: in Svezia, dove rimase praticata ad alti livelli fino alla soppressione della cavalleria, ma soprattutto in Germania, dove raggiunse ottimi livelli, mantenuti fino a oggi: i tedeschi sono stati olimpionici nella prova a squadre negli anni 1928 (Amsterdam), 1936 (Berlino), 1964 (Tokyo), 1968 (Città del Messico), 1984 (Los Angeles), 1988 (Seul), 1992 (Barcellona), 1996 (Atlanta), 2000 (Sydney) e 2004 (Atene).
Altra nazione di valore è la Svizzera, dove la disciplina si sviluppò all'interno del Dépôt militare di Berna (anche qui fino alla soppressione della cavalleria), attingendo dalle scuole di tradizione francese e tedesca. Sono cresciuti così atleti di valore come Hans Moser, Gottfried Trachsel, Gustav Fisher, Henri Chammartin e, soprattutto, Christine Stuckelberger, trionfatrice ai Giochi Olimpici di Montreal nel 1976 e in molte prestigiose competizioni internazionali.
Negli anni tra il 1950 e il 1980 il dressage si diffuse anche in Unione Sovietica, che riuscirà a conquistare l'oro alle Olimpiadi di Roma nel 1960.
Gli anni Novanta hanno visto emergere l'Olanda, grazie soprattutto al qualitativo apporto di Anky Van Grunsven, medaglia d'argento individuale ad Atlanta 1996, d'oro a Sydney 2000 e ad Atene 2004.
In Italia il dressage è rimasto una disciplina marginale, praticata solo da pochi cultori sino alla metà degli anni Settanta. Il primo cavaliere italiano a prendere parte ai giochi olimpici fu Fausto Puccini alle Olimpiadi di Montreal (1976). Nello stesso anno furono istituiti i Campionati nazionali.
I movimenti sono anche chiamati 'figure' e l'insieme delle figure costituisce la 'ripresa'. Le riprese sono classificate in E (elementari), F (facili), M (medie), D (difficili) e, all'interno di ciascun gruppo, numerate secondo le difficoltà (D1, D2 ecc.).
Ci sono prove semplici e altre che richiedono movimenti che, come il piaffé o il passage, rappresentano il culmine della preparazione agonistica di un cavallo da dressage. Gli esercizi del dressage hanno, infatti, una scala di prestazioni molto vasta, da quelle elementari per i pony a quelle di massimo livello tecnico richieste nelle prove internazionali e olimpiche. Tali programmi sono creati in modo da seguire la parabola ascendente della preparazione del cavallo e della sua maturazione psicofisica, e subiscono alcune variazioni ogni quattro anni circa.
I movimenti prescritti compongono nel loro insieme la ripresa e costituiscono il 'grafico'. Le figure sono i 'disegni' previsti dal programma della ripresa che il cavaliere deve eseguire in corrispondenza di determinate lettere dell'alfabeto.
Mentre ogni federazione equestre è libera di creare le riprese che ritiene più adatte ai propri cavalieri nell'ambito delle competizioni nazionali, in quelle internazionali è invece obbligatorio adottare quelle predisposte dalla FEI. Queste ultime sono: ripresa Prix St. Georges (livello medio), Intermediaire 1 (livello relativamente avanzato), Intermediaire 2 (livello avanzato), Grand Prix (massimo livello). Dello stesso livello è la quinta ripresa, il Grand Prix Special, alla quale accedono i primi classificati del Grand Prix (normalmente i concorrenti piazzati nel primo 30% del totale). Queste riprese sono sempre state disputate in occasione dei campionati mondiali, dei campionati continentali, dei campionati di area (Giochi Panamericani, Campionati balcanici), dei concorsi internazionali ufficiali (uno per nazione all'anno) e dei concorsi internazionali.
Nel palinsesto delle categorie di dressage è compresa anche la Kür. Si tratta di una ripresa in cui i cavalieri eseguono i movimenti prescritti con un accompagnamento musicale. Sia l'ordine di esecuzione dei movimenti sia la scelta delle musiche è affidata al concorrente. Nel giudizio d'insieme è inserito anche un punteggio relativo all'interpretazione artistica della ripresa. La Kür è adottata in molte competizioni nazionali e internazionali, anche a livello di Coppa del mondo, campionati continentali e giochi olimpici, offrendo uno spettacolo di grande bellezza ed eleganza.
Per ciascuna delle figure comprese nella ripresa, la giuria può attribuire un punteggio da 0 a 10 e deve anche assegnare voti d'insieme alla conclusione dell'esercizio del concorrente. Questi voti riguardano l'andatura (franchezza e regolarità), l'impulso (desiderio di portarsi in avanti, elasticità dei movimenti e della schiena, impegno del posteriore), la sottomissione (attenzione e fiducia, armonia, leggerezza, sottomissione all'imboccatura) e l'assetto (la posizione e l'assetto del cavaliere, la correttezza nell'impiego degli aiuti). In alcuni movimenti delle riprese più avanzate, così come nei voti d'insieme, viene applicato un coefficiente 2 allo scopo di sottolineare il significato tecnico e qualitativo. La classifica è stabilita in base alla somma dei punti assegnati al concorrente da ciascun giudice.
Le prove di dressage si disputano in un rettangolo che misura 20x60 m, delimitato da una recinzione bassa e assolutamente piatta, il cui terreno deve essere il più possibile soffice e omogeneo. Le gare possono svolgersi all'aperto o al chiuso. Eccezionalmente, per i concorsi al chiuso (indoor), quando le dimensioni del maneggio non consentono la misura regolamentare, è consentito effettuare il concorso con il lato lungo di dimensione minore ma comunque non inferiore a 56 m.
Il fondo è estremamente importante perché dalla sua consistenza ed elasticità dipende, in gran parte, la qualità della prestazione del binomio. Può essere erboso, sabbioso, misto sabbia e segatura, oppure di sola segatura. Il manto erboso è quello esteticamente più bello, più confacente e idoneo, ma anche più delicato e difficile da gestire. Oggi i campi di gara sono quasi tutti in sabbia o materiale similare.
La recinzione è costituita da transenne che devono essere facilmente trasportabili e accatastabili. Deve essere alta circa 30 cm e distante dal pubblico almeno 15 m. L'ingresso dei concorrenti avviene al centro del lato corto, attraverso un varco che viene appositamente realizzato spostando ogni volta un elemento del rettangolo.
Sul perimetro esterno del rettangolo di gara sono sistemate alcune lettere, a distanza assolutamente simmetrica l'una dall'altra, che servono come punti di riferimento per l'esecuzione di differenti movimenti o gruppi di movimenti. Le lettere all'esterno della recinzione devono essere poste a 30 cm dalla stessa e a un'altezza di 70 cm circa. La linea centrale e possibilmente i punti sulla linea mediana devono essere segnati in modo chiaro. La ripresa ha inizio con l'ingresso del cavallo alla lettera A e termina davanti al giudice della lettera C.
Sebbene il dressage abbia fatto il suo ingresso ai giochi olimpici sin dal debutto delle prove equestri (a titolo dimostrativo a Parigi nel 1900), le lettere hanno iniziato a essere utilizzate solo nelle Olimpiadi di Anversa del 1920. L'origine delle diciassette lettere utilizzate e il loro posizionamento sul campo non hanno una spiegazione da tutti condivisa. Alcuni attribuiscono l'origine di quelle poste sui lati lunghi alle lettere riportate sui muri delle scuderie reali germaniche, che indicavano a chi fosse destinato il box: K per Kaiser ("imperatore"), F per Fürst ("principe"), P per Pferdknecht ("stalliere"), V per Vasall ("vassallo"), E per Edeling, Ehrengast ("ospite d'onore"), B per Bannerträger ("alfiere"), S per Schatzkanzler ("cancelliere dello Scacchiere"), R per Ritter ("cavaliere"), M per Meier ("cerimoniere"), H per Hofsmarschall ("cancelliere"). Sui lati corti del rettangolo e nella linea mediana figurano anche le lettere: A, D, L, X, I, G e C.
Le giurie, normalmente composte da tre membri compreso il presidente, nelle prove più impegnative sono formate da cinque giudici: tre sono posizionati in corrispondenza di ciascuna lettera del lato corto e due a metà di ciascuno dei lati lunghi. Funge da presidente il giudice che siede in corrispondenza della lettera C, alla metà del lato corto. I giudici assistono alle gare in apposite cabine dislocate a una distanza di circa 2,50 m dal rettangolo di gara e rialzate di 50 cm, in modo tale da avere una buona visione del rettangolo. A differenza di quanto accade nel completo, dove il presidente mantiene sempre la sua posizione di vertice nell'ambito del collegio giudicante, nel dressage il ruolo di presidente ruota tra i componenti durante lo svolgimento del concorso.
Il dressage tende a potenziare lo sviluppo armonico del cavallo, rendendolo di conseguenza calmo, morbido, sciolto e flessibile, ma anche fiducioso, attento e perspicace. Queste qualità, che sono quelle oggetto di giudizio da parte dei giudici, si esprimono attraverso la franchezza e la regolarità delle andature, l'armonia, la leggerezza e la facilità dei movimenti, la leggerezza dell'anteriore e l'impegno dei posteriori, la sottomissione all'imboccatura senza tensioni e resistenze. La cadenza è l'espressione della particolare armonia che un cavallo mostra quando si muove con regolarità, impulso ed equilibrio ben marcati. Il ritmo che un cavallo mantiene in tutte le sue andature è parte integrante della cadenza. Nelle riprese di dressage le variazioni di cadenza si verificano quando nei movimenti al passo, al trotto e al galoppo è richiesta una diversa espressione dell'andatura.
Sono chiamate 'transizioni' i passaggi da un'andatura all'altra (per esempio, dal trotto al galoppo) oppure da una cadenza all'altra (per esempio, dal trotto riunito al trotto medio).
Le andature del cavallo nelle prove di dressage sono 'naturali' e ogni alterazione (per esempio, l'ambio) viene penalizzata.
Il passo è un'andatura 'camminata' nella quale gli arti del cavallo si posano uno dopo l'altro in 'quattro tempi' ben marcati. Il passo può essere riunito, medio, allungato e libero. Quest'ultimo viene richiesto in alcuni movimenti e giudicato come tale. È un'andatura di riposo che viene concessa e richiesta al cavallo anche al termine dell'esercizio. Il trotto è un'andatura a 'due tempi', separati da un tempo di sospensione, nella quale il cavallo avanza in diagonale. Può essere riunito, di lavoro, medio e allungato. Stessa tipologia di cadenza presenta anche il galoppo, che è un'andatura a 'tre tempi'.
Nello svolgimento delle riprese più impegnative è richiesta anche l'esecuzione di altre due andature: il piaffé e il passage. Il piaffé è un movimento diagonale, estremamente riunito, rilevato e cadenzato che dà l'impressione di essere eseguito senza che il cavallo avanzi, sul posto. Ogni bipede diagonale si alza e si riappoggia alternativamente con la stessa cadenza e con un tempo di sospensione leggermente aumentato. Il passage, invece, è un trotto misurato, molto riunito, rilevato e cadenzato. Ogni bipede diagonale si alza e si posa alternativamente con una cadenza molto regolare e con un tempo di sospensione aumentato.
Il piaffé e il passage rappresentano un'estrema espressione di andature naturali, riconducibili al comportamento del cavallo quando, allo stato di libertà, si trova in particolari situazioni di eccitazione, di paura o di gioia.
I movimenti del dressage possono essere: lineari oppure curvi, a seconda che il cavallo percorra una linea diritta oppure una linea circolare o semicircolare; laterali o 'su due piste', quando il cavallo segue una direzione obliqua.
Tra i movimenti lineari si elencano i cambiamenti e i controcambiamenti diagonali, le tagliate e i cambiamenti longitudinali o trasversali. Tra i movimenti curvi si collocano le volte, le mezze volte, i circoli, i mezzi circoli e le serpentine. I movimenti laterali sono: la cessione alla gamba, la spalla in dentro, la spalla in fuori, la groppa in dentro e l'appoggiata.
Tra i movimenti che caratterizzano le riprese più impegnative delle gare di dressage figurano anche la piroetta e la mezza piroetta, che si eseguono di norma al passo o al galoppo riunito, ma si possono eseguire anche al piaffé. La piroetta e la mezza piroetta sono rispettivamente un circolo e un mezzo circolo eseguiti dal cavallo facendo ruotare il treno anteriore intorno alle anche. Gli anteriori e il posteriore esterno si spostano intorno al posteriore interno che fa da asse e deve riappoggiarsi sulla sua impronta o leggermente davanti a questa alzandosi a ogni falcata.
In questa prova la tenuta del cavaliere e la presentazione del cavallo devono essere particolarmente curati. Per le prove di buon livello i cavalieri e le amazzoni vestono il frac nero, il cilindro, la camicia bianca con plastron, pantaloni beige o bianchi, guanti, stivali neri con o senza risvolto marrone.
Il salto ostacoli, meglio conosciuto come concorso ippico, è la specialità più praticata e più conosciuta nel panorama delle discipline equestri. Si svolge in un campo di gara circoscritto che può avere fondo in erba o in sabbia. All'interno del campo di gara viene allestito un percorso composto da un numero variabile di ostacoli mobili. Principale scopo dei cavalieri che si susseguono in campo è quello di superare il percorso senza errori e, quando la categoria lo richiede, nel minor tempo possibile. Il percorso è disegnato, in modo sempre diverso, dal direttore di campo.
L'origine dei concorsi ippici risale alla seconda metà del 19° secolo. I proprietari di cavalli, per dimostrare la capacità dei propri soggetti, riproducevano gli ostacoli naturali in campi recintati, con cataste di legno, staccionate, specchi d'acqua ecc. Questo tipo di attività si confermò un gradito diversivo all'equitazione di campagna e ben presto incontrò il favore del pubblico. I concorsi ippici divennero presto occasioni di raduno per l'alta società e per gli ufficiali di cavalleria.
La Società ippica francese, fondata nel 1865, organizzò l'anno successivo il suo primo concorso ippico, che portò al primo 'circuito' nazionale organizzato di salto ostacoli.
Il 15 aprile 1868 la Royal Dublin Society incluse per la prima volta nel programma dell'annuale Horse Show due tipi di gare di salto ostacoli: il salto in alto e il salto wide (elevazione ed estensione).
Nel 1872, a Bratislava, fu organizzato un concorso che includeva anche una dimostrazione delle capacità che potevano esprimere cavalli ben addestrati. In quello stesso anno venne fondata a Vienna la Society for the Award of Prizes for Well-Trained Riding Horses per l'attività dei cavalli da sella. Questa società cominciò a operare a Bratislava il 25 aprile 1873. Nel 1883 cambiò il nome in Campagnereiter Gesellschaft, istituzione ancora in attività.
Il Circolo equestre reale del Belgio, fondato nel 1877, si cimentò nel primo Concorso ippico nel 1881 al Bois de la Cambre, mentre la vicina Olanda fece lo stesso solo cinque anni più tardi.
Negli Stati Uniti, nel 1880 circa, si svolsero le prime gare di salto ostacoli presso il deposito della stazione ferroviaria di Madison Square Garden a New York.
Questo nuovo tipo di manifestazioni equestri ebbe molto successo verso la fine dell'Ottocento, soprattutto perché esse consentivano di verificare la qualità degli allevamenti nazionali e dei cavalli utilizzati in ambito militare.
Le più importanti manifestazioni del nuovo secolo ebbero come palcoscenico la Francia, con il Concours hippique international di Parigi del 1900, disputato nell'ambito della Fiera mondiale. La Società ippica francese decise di aggiungere tre giorni di gare internazionali al Concours hippique, che divenne in seguito una manifestazione di grande importanza, seconda solo ai giochi olimpici. In quella prima edizione, oltre ai migliori cavalieri francesi, parteciparono, unici stranieri, cavalieri belgi e un italiano, il conte Trissino, che montò Oreste e Meloppo, cavalli addestrati da Caprilli. Due anni più tardi toccò sempre alla Francia tenere a battesimo il Campionato del cavallo d'arme del 1902, che fu in assoluto il primo concorso completo mai disputato.
Contemporaneamente fiorirono in Europa altre importanti manifestazioni: un Concorso ippico a Yverdonne (Svizzera) nel 1900, a Barcellona nel 1902, a Madrid nel 1903, un Concorso completo in Portogallo nel 1904, un Concorso indoor a Londra nel 1907 e una grande manifestazione internazionale alla Scuola militare italiana di Tor di Quinto (Roma) nel 1908.
Il primo Concorso ippico nazionale in Italia si tenne nel 1884 a Torino, nell'ambito di un'esibizione nazionale. Fu indetto e patrocinato dalla Società nazionale zootecnica, fondata a Torino nel 1884 per promuovere lo sviluppo e la diffusione del cavallo da sella.
Altri concorsi occuparono le cronache dell'ultimo decennio dell'Ottocento, e tra questi ebbe grande eco quello organizzato all'Arena di Milano, nel 1893, dalla Società milanese per la caccia a cavallo. Le prime edizioni del concorso ippico presentavano percorsi con ostacoli mai superiori al metro di altezza. In seguito, fu la cosiddetta 'rivoluzione caprilliana' che consentì di aumentare le altezze degli ostacoli, contribuendo in modo determinante alla diffusione e alla spettacolarizzazione di questo sport. Nelle prime gare di concorso ippico, per l'attribuzione delle penalità si considerava l'errore causato dagli arti anteriori più grave di quello causato dai posteriori. Ciò perché si riteneva che, se la stessa cosa fosse avvenuta in campagna, il cavallo sarebbe caduto.
Dal 9 al 17 giugno 1902, in occasione dell'inaugurazione dell'Esposizione d'arte figurativa moderna internazionale, Torino ospitò il primo Concorso ippico internazionale sotto l'alto patrocinio del duca d'Aosta. Per festeggiare l'avvenimento si organizzarono balli, serate di gala, spettacoli pirotecnici lungo la Dora, una luminaria nelle vie centrali e corse in piano e a siepi nel parco di Stupinigi. Il corso, per l'occasione, cambiò nome e diventò corso delle Nazioni.
L'invito per il Concorso era rivolto agli ufficiali di cavalleria e, in Italia, anche ai civili, che però parteciparono in netta minoranza. Per la prima volta si sfidavano gli ufficiali degli eserciti europei, e più precisamente 11 austriaci, 3 belgi, 13 francesi, 12 tedeschi, 11 russi e 73 italiani, appartenenti la maggior parte ai reggimenti di cavalleria.
Il campo di gara fu ricavato nella Piazza d'Armi: comprendeva una pista centrale di 460 m di perimetro e una corsia di sicurezza al suo esterno. Il campo vero e proprio misurava 185x110 m.
Nonostante il violento acquazzone che durò per tutti i giorni del Concorso, il pubblico fu così numeroso da far addirittura anticipare l'orario di chiusura della biglietteria. Furono presenti infatti, nelle tribune a loro riservate, circa 25.000 persone.
Per quanto riguarda il programma agonistico, le competizioni erano divise in gare di addestramento, gare speciali di addestramento agli ostacoli, gare al salto di elevazione e gare al salto di estensione.
La giuria era internazionale ed era composta da due ufficiali superiori per ogni nazione. Per l'Italia i rappresentanti furono il colonnello Sartirana (comandante delle truppe di Pinerolo) e il conte Greppi.
I premi, molto ricchi, furono esposti a palazzo Carignano nei giorni precedenti l'inizio del Concorso. Il re, il duca d'Aosta e il presidente della Repubblica francese offrirono un cavallo da caccia. Inoltre i primi sette classificati ricevettero i nøuds d'épée (nastri annodati con cui i cavalieri un tempo guarnivano le loro spade), con fermaglio in oro e gemme, che saranno poi sostituiti dalle coccarde.
Il più illustre rappresentante italiano fu il capitano Caprilli, ideatore di un innovativo sistema di salto, che vinse la gara di estensione in sella a Black Best, saltando 6,50 m e aggiudicandosi così il cavallo da caccia offerto dal duca d'Aosta.
Nella gara di elevazione Caprilli montò General Kronje, un cavallo acquistato a Parigi pochi mesi prima per aver saltato 1,90 m, ma sorprendentemente fu eliminato. Sfidò allora, fuori gara, i francesi: annunciò che avrebbe superato i due metri in sella a Meleto. Il record di elevazione di 2,08 m fu conquistato in maniera non ufficiale e l'ultima barriera dell'ostacolo, non prevista, fu tenuta ferma con alcuni badili. Per festeggiare l'evento fu organizzata una sottoscrizione per offrire una targa ricordo al binomio campione.
Le prime Coppe delle nazioni, le prove ufficialmente riservate alle rappresentative delle varie nazioni, furono organizzate nel 1909 a San Sebastián e a Londra. Nello stesso anno si svolsero le prime edizioni dei Concorsi ippici internazionali di Lucerna, Lisbona e New York. Le prove di salto ostacoli hanno fatto il loro ingresso nel programma olimpico come sport dimostrativo nel 1900 a Parigi e, con un programma simile all'attuale, nel 1912 a Stoccolma.
Roma, come confermato dall'istituzione della scuola di Tor di Quinto, divenne con Torino all'inizio del Novecento il centro di maggiore diffusione per l'equitazione. Visti i successi ottenuti nel capoluogo piemontese, anche nella capitale si pensò di organizzare concorsi ippici aperti agli ospiti stranieri.
I cavalieri arrivarono per la prima volta a Roma per un concorso ippico nel 1914. In occasione del cinquantesimo anniversario della proclamazione del Regno d'Italia, all'ippodromo militare di Tor di Quinto fu organizzato un concorso con la partecipazione di rappresentanti francesi, romeni, spagnoli e cinesi. Fra le gare, la vera novità fu la Coppa delle nazioni, in cui l'Italia ottenne una netta vittoria sulla Francia grazie alle prove dei tenenti Acerbo, Amalfi, Antonelli e Fenoglio.
L'attività agonistica venne sospesa durante il primo conflitto mondiale e le difficoltà del dopoguerra ne impedirono un'immediata ripresa. Nel 1922 il concorso ippico fece il suo debutto nell'ellisse di piazza di Siena. La FEI decise nel 1926, in considerazione dell'ottima riuscita dei primi concorsi e delle affermazioni ottenute dai cavalieri italiani all'estero e alle Olimpiadi, di inserire il concorso romano nel proprio calendario internazionale. È dunque da questa data che inizia la numerazione del Concorso ippico internazionale ufficiale di Roma, che ha festeggiato nel 2002 la sua settantesima edizione. Ogni paese, secondo il regolamento della FEI, ha la possibilità di organizzare un solo concorso ippico internazionale ufficiale durante la stagione, vale a dire un evento in cui sia prevista la Coppa delle nazioni.
Nel 1926 le gare si disputarono la prima settimana di maggio all'ippodromo di Villa Glori a Roma, con grande favore di pubblico. Vinse la squadra italiana, aprendo quella magnifica rivalità tra i padroni di casa e i francesi che avrebbe caratterizzato, sino ai giorni nostri, il concorso romano.
La sede di piazza di Siena si confermò definitivamente solo alla terza edizione (1928), grazie all'interessamento del nuovo governatore, Francesco Boncompagni Ludovisi. Questi, contrariamente ai suoi predecessori, Filippo Cremonesi e il principe Ludovico Spada Potenziani che durante le rispettive 'reggenze' avevano osteggiato in tutti i modi l'organizzazione della prova a piazza di Siena, accolse con entusiasmo la proposta degli organizzatori.
La vera storia del CSIO (Concours de saut international officiel) di Roma in piazza di Siena iniziò dunque nel 1928, con quattro squadre in gara (Francia, Polonia, Spagna e Italia) e con un italiano, il capitano Sandro Bettoni, nei panni di grande protagonista con tre vittorie individuali e l'affermazione nella Coppa delle nazioni. Gli anni tra le due guerre videro tra i protagonisti del Concorso ippico di piazza di Siena alcuni dei binomi più importanti della scuola italiana di equitazione: oltre al già citato capitano Bettoni vanno ricordati anche Tommaso Lequio di Assaba e Giorgio Pacini.
Il 1931 fu l'anno della prima partecipazione romana della squadra tedesca, che conquistò la Coppa delle nazioni. Nel 1936 e nel 1938 si registrarono, nel Gruppo Balilla riservato ai giovanissimi, le prime vittorie rispettivamente di Piero e di Raimondo D'Inzeo. Nasce così la leggenda dei D'Inzeo: 62 vittorie al Concorso di piazza di Siena per Piero e 54 per Raimondo, che fu però il primo dei due a vincere nell'ellisse romana quando, nel 1956 e nel 1957, si aggiudicò due edizioni del Gran Premio Roma. La leggenda trovò la sua consacrazione definitiva durante le Olimpiadi del 1960, che videro il trionfo dei due fratelli romani: nel concorso individuale medaglia d'oro per Raimondo e d'argento per Piero.
Dal 1940 il concorso si interruppe a causa del conflitto mondiale, ma nel 1947, per volontà del presidente della Federazione nazionale sport equestri Ranieri di Campello, riprese con le squadre di Gran Bretagna, Irlanda e Stati Uniti, oltre a quella italiana che si aggiudicò la Coppa delle nazioni.
Gli anni Cinquanta furono quelli più gloriosi per l'equitazione italiana: sette vittorie nella Coppa delle nazioni in dieci edizioni. Nel 1952 la FEI riammise la Germania dopo la parentesi bellica; fu anche l'anno della Cambogia, anche se le prestazioni dei suoi cavalieri non furono brillanti. Nel 1960 piazza di Siena ospitò lo svolgimento della gara individuale dei Giochi Olimpici di Roma e il CSIO fu trasferito a Torino.
Se gli anni Cinquanta e Sessanta furono caratterizzati dall'estro e dalla classe dei fratelli D'Inzeo, gli anni Settanta videro un altro protagonista italiano di grande valore affermarsi a livello internazionale: Graziano Mancinelli, medaglia d'oro olimpica a Monaco di Baviera nel 1972 e campione europeo nel 1963 al Concorso di piazza di Siena.
Negli anni Ottanta emersero nuovi campioni capitanati dallo stesso Mancinelli, come Giorgio Nuti, Emilio Puricelli e Bruno Scolari, vincitori nel 1985 della Coppa delle nazioni. Nella primavera del 1998 il concorso non venne disputato per la realizzazione dei World Equestrian Games di Roma, la più importante manifestazione prevista nel calendario internazionale che, per motivi organizzativi, fu programmata allo stadio Flaminio.
Nel 2003, quando la FEI istituì il circuito della Super League, riservato agli otto migliori concorsi del mondo, quello di piazza di Siena vi fu inserito.
Le prove di salto ostacoli sono disputate all'interno di uno spazio recintato con misure variabili secondo il tipo di gara. Tale campo può trovarsi in uno spazio aperto o chiuso. I campi all'aperto sono in erba o in sabbia, mentre quelli coperti sono normalmente in sabbia.
Sia il fondo in erba sia quello in sabbia hanno bisogno di un sistema di drenaggio ottimale. Il campo in erba, se ben curato e livellato, è da preferirsi a quello in sabbia, ma richiede una manutenzione costante. Le dimensioni e la natura del terreno devono garantire la sicurezza dei cavalli.
Le recinzioni possono consistere in staccionate, transenne e siepi naturali. Se costituiscono l'unico elemento di separazione dal pubblico, devono essere alte almeno un metro. Lo spazio tra recinzione e ostacolo deve possibilmente permettere il passaggio del cavallo. Il campo di gara è ovviamente riservato alle competizioni e per nessun motivo è concesso ai cavalli l'ingresso prima della competizione.
Durante lo svolgimento dei concorsi è predisposto un campo di prova recintato, in cui i concorrenti possono esercitarsi in attesa della gara, secondo orari prestabiliti dal comitato organizzatore. Il numero dei concorrenti ammessi al lavoro preparatorio varia secondo la dimensione del campo. Normalmente, è permesso l'accesso al campo di prova da due ore prima dell'inizio della prima categoria a un'ora dopo la fine dell'ultima; in orari diversi il campo è considerato chiuso. Per quanto possibile, il fondo deve essere simile a quello del campo di gara.
Nei campi di prova sono normalmente predisposti due ostacoli (uno dritto e uno largo) per esercitare i cavalli. Tali ostacoli non possono avere dimensioni (altezza e larghezza) che superano di 10 cm le dimensioni massime di quelli della categoria in corso di svolgimento.
Il grafico del percorso è un documento, redatto dal direttore di campo, in cui sono riportate tutte le indicazioni necessarie per definire il tracciato della gara che il concorrente dovrà affrontare. Il grafico è affisso in prossimità dell'ingresso del campo di gara e riporta il posizionamento sul terreno degli ostacoli progressivamente numerati. I concorrenti devono consultarlo prima di entrare in campo e hanno l'obbligo di attenersi a tutte le indicazioni in esso contenute.
I concorrenti prendono visione del percorso attraverso la 'ricognizione'. Quando il direttore di campo ha concluso le operazioni necessarie per predisporre la gara, i concorrenti sono ammessi a piedi nel campo e hanno a disposizione circa dieci minuti per visionare e memorizzare il tracciato da percorrere e per preparare al meglio, anche in funzione del cavallo montato, la loro prestazione. Lo studio delle traiettorie per affrontare gli ostacoli e delle distanze che li separano sono fattori determinanti per la riuscita della gara.
L'ingresso in campo dei cavalieri è fissato da un ordine di partenza, stabilito secondo sorteggio. Al suo ingresso il cavaliere saluta la giuria e attende il segnale di inizio gara; il tempo regolamentare parte da quando il binomio supera la linea di partenza. Il binomio intraprende dunque il suo percorso, costituito da una serie di ostacoli da saltare nell'ordine prestabilito dal direttore di campo.
Gli errori e le relative penalità sono: abbattimento dell'ostacolo (4 penalità), tocco del nastro che delimita lo specchio d'acqua della riviera (4 penalità), caduta del cavallo o del cavaliere (8 penalità o eliminazione nelle prove di campionato), superamento del tempo massimo (1 penalità per ogni secondo), superamento del tempo limite (eliminazione), errore di percorso (eliminazione), disubbidienze (4 penalità la prima ed eliminazione la seconda).
Sono considerate disubbidienze: il rifiuto (quando il cavallo si arresta davanti a un ostacolo che avrebbe dovuto saltare), lo scarto (quando il cavallo evita l'ostacolo che avrebbe dovuto saltare), la difesa (quando il cavallo smette di avanzare e cerca di sottrarsi all'invito del cavaliere a procedere).
Nelle categorie della cosiddetta tabella C gli errori agli ostacoli sono calcolati in secondi che si aggiungono al tempo impiegato dal concorrente per effettuare il percorso. Il coefficiente di penalizzazione per ogni ostacolo abbattuto è di 5 secondi all'aperto, di 4 indoor e di 3 nelle categorie a fasi consecutive.
Causa di eliminazione è anche il cosiddetto aiuto di compiacenza, consistente in qualsiasi intervento che faciliti il compito del concorrente o che aiuti il suo cavallo nell'affrontare il percorso (far schioccare una frusta, riconsegnare a un concorrente in sella il frustino perso, ecc.). Non è considerato aiuto di compiacenza ricondurre il cavallo a mano dopo una caduta ed eventualmente aiutare il concorrente a rimettersi in sella. Le cause di eliminazione sono molteplici. Oltre a quelle già elencate si possono citare: mostrare al cavallo un ostacolo prima della partenza, non indossare la tenuta regolamentare, saltare il primo ostacolo del percorso senza aver tagliato il nastro di partenza, omettere di saltare un ostacolo del percorso.
I concorrenti sono tenuti a indossare la giacca, che può essere nera, blu, rossa o del colore del circolo o della nazione di appartenenza, purché depositato. La camicia e la cravatta devono essere bianche, i pantaloni bianchi o beige chiaro, gli stivali neri o con risvolto marrone, il copricapo rigido (il cap) indossato con il sottogola attaccato in tre punti.
Il comitato organizzatore del concorso garantisce lo svolgimento della manifestazione dal punto di vista tecnico, con il coinvolgimento di una serie di dirigenti iscritti negli appositi albi gestiti dalla Federazione italiana sport equestri (FISE). Fanno parte di questa categoria: la giuria, il delegato tecnico, il direttore di campo, il veterinario e la segreteria.
I membri della giuria hanno il compito di giudicare tecnicamente le prove e di formulare le classifiche secondo il regolamento; hanno inoltre facoltà di avvalersi, per specifiche attribuzioni, di commissari (agli ostacoli, al campo prova, alla partenza, alle scuderie). Il numero di componenti di una giuria è fissato dalla FISE o dal comitato regionale.
Il presidente, oltre a garantire l'osservanza del regolamento, insieme e in accordo con i membri della giuria decide circa il buon andamento della manifestazione e interpreta, nei casi dubbi, le norme regolamentari vigenti, sempre nell'interesse dei concorrenti e del comitato organizzatore. Ha facoltà di ridurre l'entità degli ostacoli per imprevisti come variazioni meteorologiche o imperfezioni del terreno di gara.
Il direttore di campo provvede all'allestimento e alla misurazione dei percorsi, alla costruzione degli ostacoli, alla compilazione dei grafici. Ha inoltre la responsabilità, per la durata della manifestazione, dell'idoneità del terreno di gara e dei campi di prova.
Nelle competizioni di salto ostacoli i concorrenti sono chiamati a misurarsi in gare di diverso genere, denominate categorie. La classifica delle gare è redatta in base alla categoria, normalmente considerando le penalità effettuate sia sui salti sia sul tempo. Sono previste due prime grandi distinzioni di categorie: quelle a tempo (in cui è richiesta, oltre alla precisione dell'esecuzione, anche la velocità) e quelle di precisione (in cui l'obiettivo primario è la chiusura del percorso senza penalizzazione). Queste ultime vengono normalmente considerate come le più formative e quindi le più idonee per i giovani cavalli o cavalieri, cui è richiesta un'esecuzione improntata più alla corretta applicazione della tecnica che all'agonismo.
La categoria a barrage prevede un primo percorso base e uno o due barrages. Nel caso di un solo barrage i cavalieri ex aequo per parità di penalità si contendono il primo posto effettuando un secondo percorso su un numero solitamente ridotto di ostacoli alzati o allargati. In caso di parità in barrage vince chi ha effettuato il percorso nel minor tempo. Nel caso di un percorso a due barrages, i concorrenti che risultano in parità dopo il primo barrage ne disputano un secondo in cui, in caso di ulteriore parità, vince il miglior tempo. I non ammessi al barrage sono tutti qualificati ex aequo.
La categoria a difficoltà progressive si sviluppa su un percorso di 6 o 10 ostacoli di difficoltà crescente e non prevede l'introduzione di ostacoli combinati. Il superamento corretto del primo ostacolo comporta l'assegnazione di un punto al binomio, quello del secondo di due punti, quello del terzo di tre e così via; gli ostacoli abbattuti non prevedono l'assegnazione di punti. A differenza di altre categorie in cui vince chi totalizza il minor numero di penalità, in questa gara vince chi raccoglie il maggior numero di punti e, in caso di parità, chi porta a termine il percorso nel minor tempo possibile.
La categoria a due fasi si sviluppa su un percorso diviso in due parti. Il concorrente che completa la prima parte del percorso (8-9 ostacoli) senza accumulare penalità può proseguire nella seconda (4-6 ostacoli). Il cavaliere che invece incorre in penalità nella prima parte del percorso viene avvertito di non poter continuare nella seconda fase dal suono della campana. La classifica viene stilata in base alle penalità riportate nella seconda fase e, in caso di parità, in base al tempo impiegato in una o in entrambe le fasi, secondo le disposizioni della giuria.
La categoria a due manches si sviluppa su due percorsi, uguali o diversi, da portare a termine con lo stesso cavallo. Non appena i concorrenti hanno effettuato tutti il primo percorso, viene stilata una classifica provvisoria. Secondo le decisioni della giuria, solo chi ha portato a termine un percorso netto o abbia totalizzato fino a un massimo prestabilito di penalità può accedere al secondo giro. I binomi ammessi entrano in campo per il secondo percorso in ordine inverso alla loro posizione nella classifica provvisoria. I due percorsi vengono giudicati in base alla tabella A, in cui la classifica può essere redatta in tre modi differenti. Nel primo, si sommano le penalità dei due percorsi e, in caso di parità e per il solo primo posto, si effettua un barrage su percorso ridotto con ostacoli eventualmente alzati o allargati; nel barrage, a parità di penalità, la classifica viene stilata secondo i tempi; per quanto riguarda il resto della classifica si tiene conto delle penalità di entrambe le manches e del tempo della prima. Nel secondo modo, si sommano le penalità dei due percorsi e, in caso di parità e per il solo primo posto, si effettua un barrage; nel barrage, a parità di penalità, la classifica è data dal tempo; il resto della graduatoria viene stilato tenendo conto delle penalità di entrambe le manches. Nel terzo modo, si sommano le penalità dei due percorsi e, in caso di parità, la classifica viene redatta in base al miglior tempo del secondo percorso.
Nella categoria a gruppi i binomi gareggiano, appunto, a gruppi. Quando tutti i binomi hanno finito il loro percorso, il migliore di ogni gruppo si qualifica per il percorso decisivo (winning round), in cui risulta vincitore il binomio che ha portato a termine il percorso con meno errori nel minor tempo possibile.
La categoria a punti prevede soltanto ostacoli semplici sistemati sul campo in maniera che sia possibile affrontarli nei due sensi di marcia. A ogni ostacolo viene attribuito un valore in punti (da 10 a 120), calcolato in base alla difficoltà dello stesso. Il cavaliere deve saltare il maggior numero di ostacoli nel tempo prestabilito (45 o 90 secondi) e può superare uno stesso ostacolo per due volte, purché la prima volta lo abbia superato senza commettere errore. Gli ostacoli abbattuti o rifiutati o saltati per la terza volta non danno luogo a punti. Vince la categoria chi ottiene il numero maggiore di punti; in caso di parità si considera il tempo. In caso di ex aequo (parità di penalità e tempo) si deve disputare un barrage a tempo per il primo posto, senza variare le dimensioni degli ostacoli.
Nella categoria a staffetta due o più concorrenti entrano in campo insieme. Esistono varie formule per questa categoria: all'americana, a sostituzioni illimitate, sullo stesso percorso, su percorsi diversi, con rimessa di testimone, con partenza dal recinto. L'eliminazione di un concorrente comporta l'eliminazione dell'intera squadra.
Nella categoria a tempo della tabella A il binomio deve completare il percorso con il minor numero di errori (possibilmente nessuno) nel minor tempo possibile. A parità di penalità, infatti, i concorrenti sono classificati secondo il tempo. In caso di ex aequo (parità di penalità e di tempo), e solamente per il primo posto, si effettua un barrage sullo stesso percorso o su uno ridotto (fino a un minimo di 6 ostacoli), le cui dimensioni non devono essere variate.
Nella categoria a tempo della tabella C gli errori riportati agli ostacoli vengono trasformati in secondi che vengono aggiunti al tempo impiegato dal binomio per effettuare il percorso. Vince il binomio che porta a termine il percorso nel minor tempo possibile (tempo reale sommato ai secondi di penalizzazione assegnati per eventuali errori). In caso di ex aequo (parità di penalità e di tempo), e solamente per il primo posto, si effettua un barrage sullo stesso percorso o su uno ridotto (fino a un minimo di 6 ostacoli), le cui dimensioni non devono essere variate.
La categoria di caccia è di velocità e obbedienza ed è giudicata secondo la tabella C. Il percorso, particolarmente tortuoso, non è prestabilito, ma può essere scelto dal concorrente. Nella categoria di caccia si possono trovare ostacoli di tipo naturale (fossi e banchine).
La categoria delle sei barriere si articola su un percorso costituito da una serie di ostacoli, più precisamente sei dritti, di altezza uguale o crescente, disposti parallelamente tra loro a una distanza di 11 m. Qualora le dimensioni del campo di gara siano limitate, la prova si può disputare su cinque ostacoli. I binomi che completano il percorso base senza commettere errori, o a parità di penalità, effettuano un secondo percorso in cui gli ostacoli vengono alzati. Nel caso in cui nel primo giro non ci siano stati percorsi netti, gli ostacoli mantengono le stesse dimensioni. Dopo il secondo barrage il numero degli ostacoli può essere ridotto a tre; la giuria può decidere di far terminare la gara dopo il terzo barrage e i concorrenti con uguali penalità sono classificati ex aequo.
La categoria derby può essere a tempo o a barrage e si sviluppa su un percorso, di lunghezza variabile tra i 1000 e i 1300 m, in cui gli ostacoli (almeno la metà del numero complessivo) devono essere naturali. La prova può essere giudicata sia in base alla tabella A sia in base alla tabella C.
La categoria di potenza è una categoria di elevazione e non prevede riviere, gabbie o doppie gabbie. I binomi effettuano un primo percorso base su 4-6 ostacoli di dimensioni imponenti alla velocità di 300 m al minuto. I concorrenti ex aequo per penalità accedono ai barrages successivi (fino a che vengono registrati ex aequo fra i concorrenti migliori) a velocità libera su un numero ridotto di ostacoli (2-3) di dimensioni sempre maggiori. La giuria può dichiarare conclusa la gara dopo il terzo barrage. L'ispettore federale può decidere di far effettuare un quarto barrage, dopo il quale la gara si conclude. A parità di penalità i concorrenti vengono classificati ex aequo.
La categoria a eliminazioni successive si svolge su due percorsi. Il primo è un percorso base di qualificazione a tempo; successivamente i primi otto o i primi sedici binomi della classifica provvisoria disputano due percorsi uguali a eliminazione diretta, affrontandosi a due a due. I vincitori di ogni batteria si affrontano quindi in eliminazioni successive sullo stesso percorso (tabella A senza tempo massimo o tabella C).
La categoria all'americana prevede solo ostacoli semplici. La prova ha termine al primo errore del binomio in campo. Nella formula di questa categoria vi sono due varianti: si può stabilire un numero massimo di ostacoli da saltare; si può stabilire un tempo limite (60-90 secondi) entro cui il binomio deve saltare il maggior numero di ostacoli senza commettere errori.
Nella categoria con libera scelta del percorso non sono previsti ostacoli combinati. Ogni concorrente può scegliere l'ordine in cui saltare gli ostacoli, ma non può saltare lo stesso ostacolo più di una volta. Non viene imposto un tempo massimo e la classifica finale è stilata in base alle penalità; in caso di parità i concorrenti sono classificati secondo il tempo. In caso di ex aequo (parità di penalità e tempo) si effettua un barrage a tempo sullo stesso percorso, senza variare le dimensioni degli ostacoli.
La categoria con percorso da ripetersi consecutivamente in senso inverso prevede 6-8 ostacoli che si possono saltare nei due sensi. Una volta terminato il percorso, i binomi che non hanno commesso errori lo effettuano in senso contrario, saltando cioè per primo l'ultimo ostacolo e concludendo con quello che nel primo percorso era l'ostacolo numero uno, fino al traguardo di arrivo che coincide con quello di partenza.
La categoria contro il tempo prevede solo ostacoli semplici. Il concorrente deve effettuare il percorso in un tempo prestabilito (60-90 secondi). Nel caso in cui, a percorso concluso, gli siano rimasti ancora secondi, dovrà ripetere il percorso. La prova termina allo scadere del tempo. A ogni ostacolo superato correttamente vengono attribuiti due punti, mentre a ogni ostacolo abbattuto corrisponde un solo punto. La giuria segnala con la campana quando il tempo è scaduto: il cavaliere deve allora saltare l'ostacolo successivo (per il quale non vengono attribuiti punti) e il cronometro viene fermato quando gli anteriori del cavallo toccano terra dopo quest'ultimo salto. La prima disubbidienza viene penalizzata solo dal cronometro, la seconda disubbidienza o la prima caduta di cavallo o cavaliere vale l'eliminazione.
La categoria di attitudine è una gara particolare, riservata a cavalli esordienti o debuttanti, che ha lo scopo di evidenziare l'attitudine al salto. In questo tipo di prova i giudici (da uno a tre) osservano attentamente il cavallo e assegnano, servendosi di un'apposita scheda, un punteggio da 1 a 10 per ogni singolo salto, tenendo conto della tecnica, della volontà e dell'iniziativa del cavallo, nonché dell'affiatamento di quest'ultimo con il cavaliere. Vengono inoltre attribuiti tre voti d'insieme, con un punteggio da 1 a 10, per condizione fisico-atletica, serenità e rispondenza del cavallo, cadenza e regolarità dell'andatura. Gli errori (ostacoli abbattuti, disubbidienze e cadute) vengono penalizzati con punti negativi. La classifica viene stilata in base alla differenza tra il punteggio totale positivo e quello negativo.
La categoria mista è molto simile a quella a barrage. La differenza sta nel fatto che i concorrenti non ammessi al barrage (o agli eventuali barrages) vengono classificati in base alle penalità riportate e al tempo impiegato nel primo percorso base o nel primo barrage.
L'entità degli ostacoli determina ovviamente la difficoltà della competizione. Le altezze e le larghezze dei salti sono definite da un'apposita regolamentazione varata dalla FISE. Nelle diverse categorie vengono fissate un'altezza e una larghezza massime che consentono di definire la difficoltà del percorso.
Il regolamento nazionale per il salto ostacoli prevede che gli ostacoli abbiano caratteristiche tali da impegnare i cavalli nel salto e che siano il più possibile evidenti per forma e colore. Gli ostacoli, in tutti gli elementi che li compongono, devono poter essere abbattuti e non essere né troppo leggeri, tanto da cadere non appena sfiorati, né troppo pesanti, tanto da causare la caduta dei cavalli. La resistenza all'urto deve essere per quanto possibile la stessa per tutti gli ostacoli del percorso e non deve creare danni al cavallo o al cavaliere. Il materiale usato è il legno, che garantisce una maggiore sicurezza rispetto al ferro e alla plastica. Anche le basi di sostegno devono essere di legno o, se di ferro, rivestite con materiale morbido.
Gli ostacoli sono di sei tipi. L'ostacolo dritto è quello i cui elementi componenti devono essere sistemati nello stesso piano verticale senza che vi sia nel terreno, sulla parte da cui il cavallo affronta il salto, alcun elemento invitante (cioè che faciliti il salto), come barriere, siepi e fossi, né piani inclinati per il muro.
L'ostacolo largo è quello i cui elementi sono posti su più piani verticali in modo che il cavallo per superarlo debba compiere un salto sia in larghezza sia in altezza. Secondo le sue caratteristiche, un ostacolo largo può essere definito passaggio di sentiero oppure oxer. Il passaggio di sentiero è un ostacolo largo ma vuoto; l'oxer è un ostacolo largo al cui interno sono inseriti riempitivi.
La riviera è costituita da uno specchio d'acqua che non deve avere alcun ostacolo né davanti, né nel mezzo, né al di là. Può invece essere preceduta sul bordo della partenza da un invito con altezza massima di 40 cm, fissato sul terreno. Un listello di legno di colore bianco (alto 1 cm e largo 5) deve essere posizionato dove termina l'acqua. Sul fondo dovrebbe essere sempre posto un tappeto capace di attutire l'eventuale passaggio del cavallo.
Il fosso può essere con o senza acqua ed essere preceduto, sormontato o seguito da un ostacolo. Se il fondo è di cemento è necessario ricoprirlo con un tappeto di gomma per ammortizzare l'eventuale caduta del cavallo.
Gli ostacoli fissi o naturali sono quelli che riproducono l'ambiente naturale. Per la loro costruzione occorre il consiglio di un esperto, poiché devono rispettare determinati requisiti sportivi e tecnici. Nella loro costruzione bisogna tenere presenti alcuni punti: il fosso o la riviera, superabili in ambo i sensi, hanno la precedenza nei confronti di altri ostacoli naturali quali banchine, talus, fossi con staccionata, terrapieni, siepi ecc.; più piccolo è il campo meno ostacoli fissi devono essere previsti; è importante la loro collocazione sul campo, poiché potrebbero limitare l'operato e lo spazio di distribuzione degli altri ostacoli da parte del direttore di campo. Questo tipo di ostacoli necessita di una manutenzione specifica e costante.
Il muro è composto da due o tre elementi di base e ha una larghezza (fronte) di 4 m, mentre l'altezza è di circa 1 m. Talvolta un lato è inclinato rispetto al terreno. Il muro può essere rialzato con cassette mobili (mattoni) fino a raggiungere l'altezza desiderata e può essere usato come ostacolo o come riempitivo.
I ripari hanno la funzione di sostenere, per mezzo di appositi supporti, le parti mobili dell'ostacolo. Quelli a un montante vengono chiamati candelieri e sono usati per gli esercizi nei campi piccoli o in quelli indoor per il poco ingombro e per la loro facilità di spostamento. Quelli a due montanti sono invece chiamati pilieri e possono avere forme diverse: sono più solidi, più belli esteticamente e, soprattutto, permettono al cavallo e al cavaliere di inquadrare meglio il fronte dell'ostacolo; colonne, pilastri, garitte sono molto coreografici, ma anche molto pesanti e dunque poco maneggevoli.
Le barriere devono essere di legno, di una lunghezza che può variare dai 3,5 ai 4 m, con un diametro tra i 9 e i 10 cm e un peso di circa 12-15 kg. Tutti i colori sono ammessi, ma più la barriera è colorata più è facile il superamento dell'ostacolo da parte del cavallo. Le tinte unite costituiscono una difficoltà, soprattutto se simili al colore del terreno.
Al contrario delle barriere che sono tonde, le tavole sono piatte. La loro lunghezza varia dai 3,5 ai 4 m; hanno uno spessore di 4-5 cm e un'altezza tra i 15 e i 30 cm. Possono essere usate da sole o insieme alle barriere.
Le siepi mobili sono elementi riempitivi e hanno un'altezza che varia da 10 cm a 1 m, a seconda della categoria per la quale vengono costruite. Sono formate da una cassetta in cui sono inserite parti di siepe naturale oppure saggina secca verniciata a imitazione di siepe naturale.
I cancelli sono di differenti tipi e colori; i più classici sono quelli che, sospesi con appositi ganci su pilieri, costituiscono ostacoli essi stessi. Di solito hanno un fronte ridotto; altrimenti, a causa del peso, diventerebbero pericolosi per i cavalli. Ne esistono anche di più piccoli che, appoggiati a terra, hanno funzione di riempitivo.
I supporti sono elementi di ferro o (meglio) di plastica che servono a sostenere le barriere o le altre parti mobili dell'ostacolo. A seconda di ciò che devono sostenere hanno forme e dimensioni diverse: da quelli curvi destinati a sostenere la barriera (che avvolgono la barriera per un terzo, lasciando un gioco laterale che consente un movimento leggero), a quelli piatti per i cancelli, a quelli semicurvi per le tavole.
Le bandiere possono essere di plastica (le più usate) o di stoffa bianca o rossa. Servono a indicare la direzione nella quale il cavaliere deve saltare l'ostacolo per non incorrere nell'eliminazione. La bandiera rossa è situata sul lato destro dell'ostacolo, quella bianca sul lato sinistro. Indicano inoltre eventuali passaggi obbligati e le linee di arrivo e di partenza.
I numeri hanno la funzione di indicare l'ordine degli ostacoli; possono essere di legno o di plastica e hanno forma piramidale.
Gli ornamenti sono tutti quegli elementi che servono a guarnire e decorare gli ostacoli. Oltre ad avere funzioni estetiche qualora siano posti nelle parti esterne al fronte dell'ostacolo, servono ad allargare e ben delimitare l'ostacolo stesso e ad agevolare l'avvicinamento del cavallo. Gli ornamenti più usati sono i fiori, le piante e i cespugli di siepe. È fondamentale che siano contenuti in vasi di legno o di plastica, in modo da non ferire il cavallo nel caso in cui vengano urtati.
Gli attacchi, detti anche lo sport delle redini lunghe, sono la disciplina più antica dell'equitazione, nonché l'unica attività equestre in cui il cavallo non viene montato, ma è guidato al traino di una carrozza (tiro).
Lo sport può essere praticato con tiri singoli (un solo cavallo), pariglie (due cavalli), tandem (due cavalli posti l'uno dinanzi all'altro) e tiri a quattro.
Guidare le carrozze per piacere diventò una moda alla metà del Settecento, ma le gare di attacchi si sono affacciate prepotentemente nel panorama dei concorsi di equitazione in Europa solo negli ultimi cento anni, trovando un terreno particolarmente fertile in Germania, Svizzera, Austria, Ungheria e in altri paesi dell'Est europeo.
Il primo Derby di attacchi di Amburgo si disputò nel 1820, e negli stessi anni ad Aquisgrana si misurarono per la prima volta in competizioni i tiri a quattro di Benno von Achenbach: personaggio mitico nel mondo delle carrozze, egli fu il primo a ricevere una medaglia d'oro nell'ambito di questa disciplina (stylish coachmanship).
Tuttavia, fino al 1969 lo sport delle redini lunghe non fu riconosciuto a livello internazionale tra le attività agonistiche ufficiali della FEI. Il principale promotore dello sviluppo del settore in ambito FEI fu il principe Filippo, duca di Edimburgo, allora presidente della Federazione, nonché egli stesso tra i migliori guidatori degli anni Settanta.
Con la consulenza tecnica di Eric Brabec, segretario generale della Federazione polacca, gli inglesi Mike Ansel e Frank Haydon (il primo fu tra i più apprezzati organizzatori di eventi equestri; il secondo fu un'autorità nell'ambito degli attacchi) riuscirono in breve tempo a organizzare il primo Concorso internazionale a squadre per tiri a quattro, che ebbe luogo in Svizzera nel 1970. Da allora, puntualmente, è stato organizzato ogni anno un campionato, come evento principale della stagione internazionale: il campionato europeo negli anni dispari e il campionato mondiale negli anni pari.
In trent'anni l'attività è stata notevolmente incrementata: al campionato di tiri a quattro si sono affiancate analoghe competizioni per tandem, pariglie, pony e singoli.
La prima edizione del Campionato del Mondo per tiri a quattro fu ospitata a Münster, in Germania, nel 1972. I paesi tradizionalmente ospiti di gare per attacchi sono sostanzialmente quelli con maggiore peso in questa disciplina: Germania, Gran Bretagna, Ungheria, Austria, Olanda, Belgio e Svezia.
Esistono differenti scuole di attacchi, dirette da guidatori i quali, con la loro attività, hanno caratterizzato il mondo dell'equitazione. Hedwin Howlett, guidatore professionista, famoso come istruttore nella guida di tiri a quattro nelle strade e nei giardini di Parigi, è universalmente riconosciuto come l'ideatore dello stile inglese.
La scuola di Howlett divenne un vero e proprio punto di riferimento per gli appassionati di tutta Europa, e il suo grande carisma attirò discepoli in particolare dall'area mitteleuropea: tra questi Benno von Achenbach (1861-1936), uomo di straordinaria levatura e suo allievo prediletto. Von Achenbach dedicò gran parte della vita allo studio e alla pratica degli attacchi ‒ a quel tempo ignorati come disciplina sportiva ‒ e trasferì in Germania gli insegnamenti del maestro, che divennero standard di pratica sia nelle scuderie dell'imperatore Guglielmo II sia nell'esercito. Nel 1922 von Achenbach pubblicò la prima edizione della sua opera Anspannen und Fahren, in cui è descritta la tecnica di guida da lui messa a punto, poi detta anche 'inglese'. Il metodo uscì rapidamente dai confini tedeschi e fu acquisito anche nel resto d'Europa. Alla morte di von Achenbach, il suo allievo Max Pape divenne la più alta autorità nel campo degli attacchi e sintetizzò quanto appreso in un volume pubblicato nel 1966 con il titolo Die Kunst des Fahrens.
Anche la scuola ungherese ha una lunga tradizione ed è considerata un importante punto di riferimento per quanto riguarda le carrozze, i cavalli, i finimenti e la tecnica di guida. La differenza tra il metodo ungherese e quello inglese consiste essenzialmente nel modo di impugnare le redini. Nel metodo inglese le quattro redini si impugnano con la mano sinistra mentre la destra tiene la frusta e compie i movimenti necessari; in quello ungherese la guida risulta semplificata perché la mano sinistra impugna le due redini di sinistra e la destra, insieme alla frusta, tiene le redini di destra. Anche i finimenti possono essere all'inglese o all'ungherese: nel primo caso i cavalli portano un collare, nel secondo un pettorale.
Negli Stati Uniti, dove i pionieri dell'Ovest non subirono l'influenza né dello stile inglese né di quello ungherese, si sviluppò un'ulteriore tecnica, molto più semplice e pratica.
Protagonisti di questa disciplina sono il guidatore e il groom: il primo conduce il cavallo lungo tutto il percorso; l'altro (almeno uno a bordo per ogni equipaggio) resta seduto dietro la carrozza e interviene solo in caso di emergenza (rottura del finimento ecc.) durante il dressage e la prova a ostacoli mobili, mentre durante la maratona assume un ruolo fondamentale per l'attacco, aiutando il guidatore con precise indicazioni a seguire il giusto percorso attraverso gli ostacoli, nonché bilanciando il veicolo nelle girate strette e sui terreni sconnessi mediante lo spostamento del proprio corpo. Quanto alla carrozza, per il dressage e per gli ostacoli sono utilizzate carrozze tradizionali, mentre per la maratona è previsto l'uso di carrozze in ferro, appositamente progettate ed equipaggiate per l'agonismo. Quando gli attacchi entrarono a far parte delle discipline FEI, nel 1970, le carrozze usate nella maratona erano di legno e spesso si danneggiavano durante le prove. In una gara a Windsor, in Inghilterra, persino la regina Elisabetta II, spettatrice da sempre appassionata di questo sport, fu chiamata in causa per aiutare un concorrente in difficoltà per la rottura della ruota posteriore di una carrozza.
Le regole di base a cui si ispirano le competizioni di attacchi sono sostanzialmente quelle del concorso completo di equitazione. Le gare sono articolate in più giornate e comprendono la presentazione, il dressage, la maratona e gli ostacoli, altrimenti detti gimcana. Si tratta di prove che possono essere svolte singolarmente o collegate con una classifica combinata, basata sulla somma delle penalità. La combinazione delle tre categorie è conosciuta come combinata di attacchi.
Nella presentazione i giudici (da 3 a 5, secondo l'importanza della competizione) devono esprimere la propria valutazione sulla posizione, sulla tenuta del concorrente, degli aiutanti e dei passeggeri, sulla condizione dei finimenti della carrozza e dell'equipaggiamento ausiliario, oltre che manifestare un'impressione generale sull'insieme. La tenuta dei concorrenti è libera, ma deve ovviamente essere adeguata al tipo di carrozza utilizzata. In ogni caso sono obbligatori una copertina sulle ginocchia, il cappello, i guanti e la frusta. Sulla carrozza devono trovare posto solo il concorrente, un aiutante e i passeggeri, presenti però unicamente in questa fase. Le carrozze più utilizzate sono quelle a quattro ruote, del tipo Dog Cart, Break Wagonette e Phaeton. I finimenti hanno molta importanza: devono essere sicuri, uniformi e riconoscibili nello stile.
Il dressage comporta l'esecuzione di una sequenza di figure obbligatorie all'interno di un rettangolo di 40x100 m. I movimenti includono velocità e variazioni di cadenza, cerchi di diverse misure e fermate. I giudici (in numero di 1, 3 o 5) valutano la corretta esecuzione di figure prestabilite al passo, trotto riunito, trotto di lavoro e trotto allungato, l'armonia delle manovre, l'obbedienza dei cavalli, l'impulso, la sottomissione, la leggerezza e la presentazione.
La maratona può essere considerata il cross-country delle carrozze. È una prova di regolarità che si disputa in campagna su un percorso lungo tra i 10 e i 30 km, suddiviso in tre o quattro fasi da percorrere ad andatura e velocità predeterminate per non incorrere in penalità. La prova, infatti, deve essere portata a termine entro il tempo accordato. Nell'ultima fase, quella più spettacolare, sono inseriti da 4 a 8 ostacoli fissi che prevedono il transito in passaggi obbligati, da superare nell'ordine previsto e nel più breve tempo possibile; presso ogni ostacolo è presente un giudice. La maratona tende a mettere alla prova la forma e la capacità di resistenza dei cavalli. Un giudice accompagna il concorrente sulla carrozza, durante tutto il percorso, annotando le eventuali infrazioni.
Il percorso a ostacoli mobili, detti coni, mette alla prova l'agilità dei cavalli dopo la maratona. È anche denominato gimcana e si svolge su un campo pianeggiante di 70x120 m, per un percorso di lunghezza variabile tra i 500 e gli 800 m lungo il quale sono distribuite fino a 20 porte. Queste, solitamente di 20-30 cm più larghe della carreggiata della carrozza, sono formate da coppie di coni di plastica sormontati da una pallina ciascuno. L'abilità consiste nell'effettuare l'intero percorso nel minor tempo possibile senza far cadere le palline. Le porte possono essere raggruppate in modo tale da formare ostacoli multipli (serpentine, zig-zag), che possono essere costituiti anche da barriere disposte a L o a U; fra gli ostacoli, inoltre, può essere previsto un passaggio d'acqua, un guado o un ponte.
L'attività di questa disciplina in Italia è stata coordinata dal Gruppo italiano attacchi ‒ nato all'inizio degli anni Settanta ‒ sino alla costituzione nel 2002, presso la Federazione italiana sport equestri, di un vero e proprio dipartimento. La disciplina richiede affiatamento tra guidatore e cavalli, delicatezza e precisione nel maneggio delle redini e della frusta, nonché doti atletiche del guidatore.
L'endurance, detta anche fondo, è una disciplina equestre di velocità e resistenza, che si pratica su varie distanze in aperta campagna ed è assimilabile alla maratona nell'atletica leggera.
Si definiscono gare e prove di endurance quelle manifestazioni sportive che mettono in luce le doti di cavaliere e cavallo nell'effettuare percorsi di varia lunghezza su terreni di diversa natura, in tempi determinati per la fase di regolarità e nel minor tempo possibile nelle gare a tempo, salvaguardando sempre e comunque l'integrità del cavallo, impiegando le andature adatte al terreno e le velocità conformi all'allenamento, nonché alla condizione fisica del cavallo stesso.
La disciplina prende spunto dall'attività dell'antico Pony Express, da prove di resistenza in voga lungo le praterie del Far West nel 19° secolo e dalle estenuanti marce alle quali la cavalleria dell'esercito degli Stati Uniti d'America doveva sottoporsi.
Nel 1954 fu organizzata negli Stati Uniti la prima gara ufficiale, la Tevis Cup, una manifestazione storica che ancora oggi si disputa regolarmente. Molto praticata negli Stati Uniti, l'endurance si è poi diffusa anche in Europa. Nel 1983 è stata approvata dalla FEI.
La disciplina richiede una lunga preparazione, una profonda conoscenza e un forte affiatamento tra cavallo e cavaliere. Gli atleti partono in gruppo e ciascuno, con il proprio cavallo, deve affrontare un lungo percorso di campagna; vince chi percorre il tracciato nel minor tempo, assicurando comunque il massimo rispetto delle condizioni fisiche del cavallo.
Nell'endurance la decisione della commissione veterinaria è di gran lunga più importante del verdetto del campo: all'arrivo, e durante le ispezioni previste, i cavalieri devono confermare di aver dosato bene lo sforzo dei propri cavalli, presentandoli in ottime condizioni fisiche al vaglio della commissione. La dote migliore di un cavaliere di endurance è la capacità di saper misurare e ottimizzare le energie del proprio compagno di gara. Pertanto, tagliare per primi il traguardo non significa necessariamente ottenere la vittoria. Uno tra i riconoscimenti più ambiti è il premio Best Condition, un titolo che viene assegnato al cavallo che conclude la sua fatica nelle condizioni fisiche migliori.
Ruolo fondamentale nelle gare è quello svolto dai cosiddetti 'cancelli veterinari', posti sul tracciato a una distanza di almeno 40 km l'uno dall'altro, ai quali tutti i cavalli devono obbligatoriamente essere presentati. È qui che, entro mezz'ora dall'arrivo di ciascuna fase di gara, i cavalieri devono sottoporre i propri cavalli alla valutazione dei veterinari, i quali decidono se il cavallo può proseguire la competizione e, nel caso della visita finale, confermano il piazzamento e anche la vittoria. La visita veterinaria si effettua anche prima della partenza e al termine della prova. Un parametro cui viene attribuita molta importanza è quello dei battiti cardiaci dell'animale, che devono restare sotto certi limiti, pena l'eliminazione.
Normalmente l'endurance si pratica su distanze da percorrere in un giorno che vanno dai 20-35 km delle prove di avviamento per la categoria debuttanti ai circa 60 km della categoria A, ai circa 90 km della categoria B, ai 120-135 km della categoria C* e, infine, ai 140-160 km della categoria C**.
Le competizioni si svolgono lungo un anello di lunghezza variabile dai 26 ai 30 km che, secondo la categoria cui si è iscritti, verrà ripetuto da una a cinque volte. I percorsi interessano campagne, colline, montagne, stradine interpoderali, a volte anche attraversamenti di centri urbani, sempre controllati da forze dell'ordine e volontari.
Per quanto concerne l'attrezzatura, si utilizzano selle appositamente costruite, leggere e comode. L'abbigliamento del cavaliere deve essere soprattutto pratico: oltre a un apposito casco, si usano ghette e scarpe di tela adatte anche per compiere a piedi alcuni tratti della gara. Particolarmente importante, in special modo nelle competizioni ad alto livello, è l'operato del team di assistenza, che assiste il binomio in gara sia durante il percorso sia nelle soste.
Il grande impulso che questa disciplina ha conosciuto negli anni Novanta si deve in parte anche alla promozione effettuata a livello mondiale dallo sceicco Mohammed bin Rashid al-Maktoum il quale, attraverso la struttura dell'Emirates International Endurance Racing, ha creato nuove e interessanti occasioni di gare e confronti.
In Italia, l'endurance ha avuto un forte sviluppo e notevoli risultati grazie soprattutto all'attività di un gruppo di cavalieri (tra cui Fausto Fiorucci e Antonio Rosi): medaglia d'argento a squadre ai Campionati Europei del 1997 (Pratoni del Vivaro, Roma); medaglia d'argento individuale ai Campionati Mondiali del 1998 negli Emirati Arabi Uniti (Dubai); medaglia d'oro a squadre e medaglia d'oro individuale ai Campionati Europei open del 2001 (Castiglione del Lago, Perugia); medaglia d'argento a squadre e medaglia d'argento individuale ai World Equestrian Games del 2002 in Spagna (Jerez de la Frontera).
Nel 1968 un gruppo di appassionati di viaggi a cavallo fondò l'Associazione nazionale turismo equestre (ANTE). La prima gara nazionale di fondo si svolse a Manziana (Roma) nel 1971, su un percorso di 50 km a ostacoli. Il primo Campionato italiano di fondo fu costituito nel 1985, mentre l'anno seguente l'ANTE organizzò la prima edizione dei Campionati Mondiali presso il Centro equestre federale dei Pratoni del Vivaro, su un percorso di 160 km.
I soggetti più predisposti al fondo sono i cavalli arabi, indirizzati a questa disciplina quando raggiungono la piena maturità fisica.
Nella tradizione araba i cavalli purosangue sono classificati in cinque linee genealogiche principali: il cavallo Kuhaylan (antilope nera), considerato il più pregiato; il Saqlawi, caratterizzato da un'eleganza eccezionale e dalla predominanza del colore grigio; il Muniqui, molto snello e di aspetto meno attraente, ma di resistenza e velocità impareggiabili (tra tutti gli arabi è quello che raggiunge prima la maturità); lo Hamdan, compatto, resistente, docile e dal carattere molto stabile; lo Hadban, di costituzione molto robusta e di grande velocità.
Il reining è, tra le discipline della ormai diffusa monta americana, l'unica ufficialmente riconosciuta dalla FEI e quella che nel mondo ha il maggiore seguito.
Prende origine dai movimenti compiuti dai cowboys per radunare la mandria, separarne i capi al momento della marchiatura e seguirla durante le lunghe transumanze nelle praterie. Le prime gare furono probabilmente improvvisate tra i cowboys, per mettere a confronto i concorrenti su rapidi cambi di direzione e di equilibrio. I cavalli dovevano essere perciò agili, docili e veloci e rispondere repentinamente ai comandi.
In seguito si passò a vere e proprie competizioni: i cavalieri eseguivano una serie di evoluzioni, compresi stop e giravolte, che suscitavano grande entusiasmo da parte del pubblico, al cui gradimento e giudizio era affidata l'attribuzione della vittoria. Tali esibizioni costituirono le fondamenta del reining, che attualmente misura l'abilità atletica del cavallo nei confini di uno spettacolo d'arena.
Il primo rulebook (regolamento) dell'American Quarter Horse Association (AQHA), in cui si stabilivano i movimenti richiesti per la prestazione in campo di cavalli e cavalieri, fu approvato nel 1950, durante il primo Reining Horse Contest.
Attualmente il reining non ha più collegamenti diretti con l'ambiente originario, essendosi trasformato definitivamente in una disciplina sportiva equestre. Si tratta di una specialità in cui sono esaltate le naturali doti di movimento dei cavalli, sviluppate tramite un addestramento raffinato e impegnativo. In tal senso il reining è stato più volte indicato come la versione statunitense del dressage classico, con il quale presenta anche alcune affinità riguardo ai criteri di giudizio.
Nelle gare di reining i binomi sono chiamati a eseguire singolarmente un percorso predefinito (pattern) e composto da una sequenza di figure da eseguire in totale omogeneità e armonia di movimento. Il regolamento ufficiale prevede dieci diversi patterns di differente difficoltà.
Il percorso si svolge tutto al galoppo, a velocità sostenuta, con l'esecuzione di cerchi grandi e piccoli a diversa velocità, repentini cambi di galoppo e una serie di manovre: spin (serie di rotazioni di 360° eseguite dal cavallo sul posto facendo perno su un arto posteriore e incrociando gli anteriori); sliding stop (galoppo progressivo e, al comando, stop immediato del cavallo che blocca i posteriori per compiere una scivolata); rollback (dietro-front del cavallo con immediata ripresa del galoppo in direzione opposta, senza interporre passi di trotto o esitazioni); back (il cavallo deve indietreggiare velocemente in linea retta).
Lo sliding stop che culmina in una rapida inversione di marcia, tramite un back o un rollback, è una manovra spettacolare ed è la figura simbolo della specialità. Nell'esecuzione del blocco e della scivolata (slide), il cavallo è agevolato da un'apposita ferratura dei posteriori (ferri particolarmente lisci creati dai maestri maniscalchi statunitensi, detti sliders).
Le gare si disputano all'interno di un'arena, normalmente al coperto, dove sono evidenziati alcuni punti di riferimento per facilitare ai cavalieri l'esecuzione dei movimenti. La preparazione del terreno di gara è particolarmente delicata: per assicurarne la necessaria solidità è richiesto un fondo composto da argilla mischiata con sabbia e materiale sedimentario.
Come per tutte le prove di addestramento delle discipline equestri, la valutazione delle performances dei binomi viene effettuata da un'apposita giuria. Ogni cavaliere inizia la sua gara (che in questa specialità si chiama go o anche run) con una base di 70 punti. A questo punteggio iniziale si aggiungono o detraggono, esercizio dopo esercizio, le valutazioni dei giudici espresse in punteggi di merito positivi (credits) o negativi (faults) e le eventuali penalità (penalties). I credits sono attribuiti valutando la velocità, l'armonia e la finezza dell'esecuzione, l'atteggiamento e l'autorità del cavaliere, e possono valere mezzo punto, un punto o, al massimo, un punto e mezzo. I faults, invece, valgono per l'attribuzione in negativo degli stessi punti. Nel giudizio viene data priorità al perfetto controllo del cavallo da parte del suo cavaliere.
In ogni pattern previsto dal regolamento è richiesta l'esecuzione dei medesimi movimenti, mentre la diversa difficoltà delle singole gare è data dal modo in cui tali movimenti vengono messi in sequenza. Ogni deviazione dallo schema prescelto è considerata una mancanza di controllo e comporta l'applicazione di penalità. Nel caso di assenza di penalità e di minimo punteggio (pari a zero), il punteggio finale rimane a quota 70 e l'esecuzione viene giudicata sufficiente.
Il reining moderno esige che il go sia molto veloce ma al tempo stesso risulti pulito e armonicamente collegato, e che nella successione delle diverse manovre non vi siano prolungate esitazioni o interventi bruschi sul cavallo; il disegno tracciato dal binomio sul fondo gara deve inoltre risultare simmetrico e privo di sbavature.
Le redini sono utilizzate in modo impercettibile e solo appoggiandole sul collo: il contatto con la bocca del cavallo deve essere ridotto al minimo. Gli ordini da parte del cavaliere sono comunicati principalmente tramite assetto e gamba. Per ottenere un buon punteggio è inoltre fondamentale che il cavallo si dimostri volonteroso e tranquillo, che l'incollatura sia portata in atteggiamento naturale e che l'andatura sia rilassata ed elegante. Soprattutto è necessario che l'animale rimanga in ogni istante perfettamente sotto controllo: è questa la caratteristica principale del reining.
La National Reining Horse Association (NRHA), la più importante organizzazione dedicata alla promozione del cavallo da reining, è stata fondata nel 1966, quando i cavalieri più interessati a questa disciplina si distaccarono dall'AQHA; l'Associazione italiana di reining nacque invece vent'anni dopo.
Il reining è stato approvato come disciplina FEI nel 2000. Il primo Campionato del Mondo si è svolto nell'ambito dei World Equestrian Games a Jerez de la Frontera nel 2002. In quell'occasione, la squadra italiana ‒ composta da Adriano Meacci su Jodie Tamara, Marco Manzi su Spanish Snapper, Nicola Cordioli su RS Little Red Jaba e Dario Carmignani su Frozen Sailor ‒ si aggiudicò la medaglia di bronzo, con un totale di 646 punti. La medaglia d'oro fu conquistata dagli Stati Uniti, quella d'argento dal Canada.
Nel 2001 proprio in Italia, a Reggio Emilia, è stato organizzato il primo Concours de reining international officiel (CRIO). La formazione italiana si classificò al primo posto, ripetendo poi la vittoria in Germania, nel CRIO di Kreuth 2001, e ancora in Italia nel 2002, nel secondo CRIO di Reggio Emilia.
Nel 2003, nel corso del primo Campionato d'Europa, Marco Ricotta si classificò terzo individuale su Mifillenium e l'Italia guadagnò nuovamente una medaglia d'argento alle spalle di Germania e Svizzera.
Nel 2004 l'italiano Aldo Lorenzoni, in sella a OT Taris Melody, e la belga Ann Poels, in sella a SR Lil Peppy Sprat, si piazzarono al secondo posto ex aequo nel NRHA European Championship, disputato a Deurne (Olanda). Anche la categoria italiana juniores ottenne buoni risultati, portandosi in vetta al campionato Youth 13&Under con Sylvia Panza, su Charlie Bar Cody, e con Daniele Lelli, su Niky Snappy Bar, secondo classificato nella categoria Youth 14/18.
Il volteggio è una disciplina sia individuale sia a squadre e consiste nell'eseguire esercizi ginnici a corpo libero e a tempo di musica, nelle due andature del passo e del galoppo. Il cavallo si muove lungo un cerchio di diametro minimo di 13 m ed è tenuto alla corda da un longeur che, posizionato al centro del cerchio, mantiene la regolarità del galoppo.
Per svolgere gli esercizi i volteggiatori ‒ dotati di grande preparazione fisica, che li assimila a veri e propri acrobati ‒ si servono di due maniglie applicate a un fascione posizionato sul dorso del cavallo. L'abbigliamento di gara consiste in una tuta aderente leggera, senza applicazioni sporgenti, e scarpe leggere.
Il cavallo deve possedere particolari qualità: la robustezza, per sopportare il peso di più persone; la groppa larga ma non insellata, non troppo lunga né troppo corta; un giusto impulso che gli permetta di galoppare per vari minuti senza essere continuamente sollecitato con la frusta; un buon allenamento per mantenere un galoppo costante senza affaticarsi.
Nelle prove individuali uomini e donne gareggiano separatamente, mentre in quelle a squadre possono competere insieme. Nelle gare in coppia (passo a due o pas-de-deux), questa è costituita da un uomo e una donna; si tratta di una categoria che non fa parte dei campionati. Le competizioni internazionali a squadre sono riservate ai volteggiatori fino all'età di 18 anni, mentre non ci sono limiti di età per quelle individuali.
Una squadra di volteggio è composta da otto volteggiatori, una riserva, un cavallo e un longeur. Sia la gara individuale sia quella a squadre sono divise in due prove, obbligatoria e libera (freestyle), di uno o due rounds ciascuna. Il programma obbligatorio prevede sette figure: salita, seduti, bandiera, mulino, forbici, in piedi e amazzone. Negli esercizi liberi ‒ tutti accompagnati dalla musica ‒ la squadra ha un totale di 5 minuti durante i quali tutti gli otto membri devono salire sul cavallo almeno per una volta ma non più di tre per volta, mentre nella gara individuale il volteggiatore ha un minuto per eseguire un minimo di sette esercizi, per molti dei quali si prende spunto dalla ginnastica artistica (verticali, capovolte, ruote rovesciate, flic-flac).
Il giudizio è espresso da cinque giudici, posti in tre punti diversi del campo circolare, e la valutazione è data in valori numerici da 1 a 10 (con decimali). Il giudizio deve essere basato su tecnica, forma, difficoltà, equilibrio, sicurezza e comportamento del cavallo. È quindi necessaria una stretta intesa tra il volteggiatore, il cavallo e il longeur e, nel caso di una squadra, una forte sintonia tra compagni.
Il volteggio favorisce un'ottima formazione psicofisica che riguarda lo sviluppo della coordinazione, dell'equilibrio, della mobilità e della forza muscolare. Nell'ambito delle terapie rieducative permette rapidi recuperi psicomotori ed emozionali. Può essere praticato fin dall'età di cinque anni e può rappresentare una perfetta introduzione alla pratica dell'equitazione vera e propria.
Il volteggio fece una fugace apparizione ai Giochi Olimpici del 1920 ad Anversa, con il nome di equitazione acrobatica. Negli anni Venti ebbe particolare rilievo la Scuola di Hannover: l'ufficiale Hermann Seidel fu il promotore del primo gruppo di volteggio civile, che si esibiva nell'ambito dei più importanti concorsi ippici. E fu proprio in Germania che, nel 1965, venne pubblicato il primo regolamento, nel quale furono codificati gli esercizi del programma obbligatorio; tuttavia, all'epoca non erano state ancora introdotte le categorie individuali. Dagli anni Sessanta il volteggio si diffuse anche negli Stati Uniti. Va osservato che nel corso delle edizioni dei campionati d'Europa, dal 1984 al 2003, la Germania ottenne la maggior parte dei titoli, e anche l'oro mondiale individuale femminile è sempre stato appannaggio tedesco. Tra le figure di spicco emerge la tedesca Nadia Zülow: a livello individuale è stata campionessa d'Europa nelle tre edizioni consecutive dal 1999 al 2003 e campionessa del mondo nelle tre edizioni consecutive dal 1998 al 2002; nel 2004 ha ceduto il titolo alla connazionale Nicola Ströh.
Il volteggio fu riconosciuto come disciplina FEI nel 1983 e fu uno sport dimostrativo ai Giochi Olimpici di Los Angeles del 1984. Il primo Campionato d'Europa si svolse a Ebreichsdorf (Austria) nel 1984, e il primo Campionato del Mondo si tenne a Bulle (Svizzera) nel 1986. Le principali competizioni di volteggio sono i campionati del mondo e quelli continentali (entrambi ogni due anni), e i World Equestrian Games (ogni quattro anni).
Il volteggio fece la sua timida apparizione in Italia solo alla fine del 1989, a titolo puramente dimostrativo, e assunse il ruolo di disciplina equestre nel 1992, su iniziativa del Gruppo italiano volteggio (GIV). Attualmente ha un suo proprio dipartimento presso la Federazione italiana sport equestri.