Vedi ERACLEA Minoa dell'anno: 1960 - 1973
ERACLEA Minoa (῾Ηράκλεια ἡ Μινῴια)
Colonia selinuntina della costa meridionale della Sicilia (Herodot., v, 46), presso l'attuale sperone di Capobianco, alla foce del Platani.
Sorta, secondo Eraclide Lembos (Fragm. Histor. Gr., ii, 220, 29), dove preesisteva il villaggio di Macara, si chiamò dapprima semplicemente Minoa, molto verisimilmente in ricordo dell'isoletta omonima presso Megara Nisea (solo più tardi tale nome sarebbe stato cuitualmente connesso con Minosse). Verso la fine del VI sec. a. C. ricevette una colonia spartana condotta da Eurileonte (Herodot., l. c.) il quale, ad onorare il mitico progenitore della sua stirpe, sembra aver aggiunto il nome di Eraclea. Città di confine quale era, ebbe una storia molto travagliata: contesa fra Selinunte e Agrigento, poi da Greci e Cartaginesi, fu solo per brevi periodi di tempo indipendente. Con il dominio romano dell'isola, fu tra le civitates decumanae (Cic., Verr., iii, 103). Dissanguata durante le guerre servili, fu poi (131 a. C.) ripopolata da Rupilio (Cic., Verr., ii, 125).
Il sito di E. M. - a parte una breve campagna di scavo condotta nel 1907 dal Salinas - è divenuto solo di recente oggetto di esplorazione metodica: si è riconosciuto il percorso della cinta muraria, scavato il teatro, iniziata la ricerca stratigrafica nell'abitato; elementi tutti interessanti gli ultimi quattro secoli di vita della città (IV-I sec. a. C.), essendo ancora da esplorare la città arcaica e del V secolo. Entro quei limiti cronologici, si possono distinguere due momenti principali: l'uno, databile al IV sec. a. C., rappresenta il periodo di maggiore sviluppo della città, distesa per il vasto altopiano limitato a N da un sistema di piccole alture degradante in un'ampia vallata. La cinta muraria, spessa m 2,50 circa, in assise di piccoli blocchi di gesso, è ricostruibile per un percorso di km 6 circa: di essa si conservano il lato settentrionale e quello occidentale sulle balze lungo il fiume; mentre interamente perduti sono il lato orientale e quello meridionale, quest'ultimo per altro verisimilmente limitato a qualche filare di parapetto sul ciglio dello strapiombo. Imponente è, per alcuni tratti, il lato settentrionale a guisa di ampia ellisse, provvisto di Otto torri quadrangolari a difesa di porte e postierle; esso è terminato all'estremità orientale, là dove era più agevole l'accesso, da un possente baluardo dello spessore di m 6 circa, provvisto di due torrioni, circolare l'uno, quadrangolare l'altro, costruito in duplice tecnica, a basamento di conci bugnati, isodomicamente disposti, ed elevato in mattoni crudi. Col IV-III sec. a. C. la città si contrae limitandosi ad occupare la parte occidentale del pianoro, dalla collinetta del teatro alle balze lungo il fiume; un nuovo muro di fortificazione, impostato sui ruderi del precedente abitato, fu allora innalzato a costituire il nuovo limite orientale della città. Su di una tale area insistono ancora le successive stratificazioni dell'abitato sino alla fine del I sec. a. C., quando la vita della città si estingue. Il nuovo muro di fortificazione avrebbe avuto dapprima uno spessore modesto; successivamente, nella seconda metà del II sec. a. C., in un momento di particolare necessità che possiamo identificare con le guerre servili, la cortina muraria venne rinforzata con un ispessimento alle spalle mediante un'opera a sacco di terra e pietrame, regolarizzata e rattenuta nella fronte interna con assise di piccoli blocchi di gesso.
Al IV-III sec. a. C. si può assegnare il teatro, rimaneggiato e ampliato in età successiva e abbandonato nel corso del II sec. a. C. Esso è sistemato nella cavità di una collinetta a N dell'abitato. La cavea, contrariamente alla prescrizione di Vitruvio (v, 32) ma sull'esempio di grandi teatri (Atene, Siracusa), è aperta verso S, di fronte al mare; essa è costruita in conci di marna arenacea mentre ricavati nella roccia sono la praecinctio, alta sull'orchestra m 8,90, e l'ambulacro antistante.
Un ambulacro di servizio, ampio m o,6o, separa l'ima cavea dalla proedria, formata di un ordine di banchi con spalliera e braccioli ai limiti delle scalette e poggiante su di un anello di conci a guisa di pedana larga m 0,49. Tra l'orchestra vera e propria e questo anello di conci è un ambulacro-canale, largo m 1,75, continuantesi in un condotto il cui sbocco si apriva nello spessore della cortina muraria che nel IV-III sec. a. C. venne a costituire il nuovo limite orientale della città.
Della scena si conserva una sorta di battuto (relativo alla seconda fase del teatro) sopraelevato sul livello originario di orchestra ed esteso all'interno di essa e sulle pàrodoi; vi sono ancora visibili i cavi per il fissaggio delle travi del podio scenico.
Bibl.: T. Fazello, De rebus siculis, I, 6, 2; Houel, Voyage pittoresque des isles de Sicilie etc., Parigi 1787, IV, p. 60; Ziegler, in Pauly-Wissowa, VIII, 1913, c. 437 ss.; A. Salinas, in Archiv. Storic. Sicil., XXXII, p. 60; B. Pace, Arte e Artisti della Sicilia antica, Roma 1917, p. 25; G. Caputo, Il teatro di E. M., in Dioniso, III, 1930, p. 86; E. De Miro, Eraclea Minoa, in Siculorum Gymnasium, n. s., I, 1952; id., Il teatro di Eraclea Minoa, in Not. Sc., 1955, p. 262 s.; id., Eraclea Minoa, Agrigento 1958, p. 205; id., Eraclea Minoa (Campagne Scavi 1955-57), in Not. Sc., 1958, p. 232 ss.; P. Griffo, Bilancio di cinque anni di scavi nelle province di Agrigento e Caltanissetta, Agrigento 1954, p. 14; G. Schmiedt, in Kokalos, III, 1957, p. 25 ss.