erario
In origine, il tesoro e archivio del popolo romano, conservato nel tempio di Saturno nel Foro, e perciò detto, oltre che aerarium publicum o populi Romani, anche aerarium Saturni. Vi si conservavano i proventi delle imposte, dei tributi, delle vendite di cose pubbliche, delle indennità di guerra e delle prede, i contratti pubblici, i rendiconti finanziari dei magistrati, i registri censori, i testi delle leggi e dei senato-consulti, i protocolli delle elezioni e dei giuramenti dei magistrati. Soprintendevano all’e. i due questori urbani che Augusto sostituì nel 28 a.C. con due praefecti aerarii di rango pretorio e nel 23 con due praetores aerarii; sotto Claudio vi furono ancora questori, mentre con Nerone si tornò ai prefetti. Poiché le entrate delle province imperiali, e poi anche in parte di quelle senatorie, furono devolute al fisco imperiale, l’importanza dell’e. andò diminuendo e nel 3° sec. d.C. esso si ridusse a cassa municipale della città di Roma. Nel Medioevo, l’e. corrisponde alla cassa, camera e amministrazione finanziaria in genere, e anche al cassiere o camerlengo. Nell’età moderna, il vocabolo è comunemente sinonimo di finanze dello Stato.
Per imposte erariali si intendono i tributi raccolti dallo Stato (➔ anche tributo), usati in contrapposizione alle imposte (➔ anche imposta p; IRAP; ILOR; ICI) e alle addizionali locali.