PIAGGIO, Erasmo
PIAGGIO, Erasmo. – Nacque a Genova il 18 aprile 1845 da Rocco e Maria Peloso.
Il padre era un affermato armatore navale. Il nonno, Erasmo, fu tra quei dinamici armatori genovesi che, dopo la parentesi napoleonica e i difficili anni della Restaurazione, si lanciarono nel traffico volandiero, tanto nel Mediterraneo, sviluppando soprattutto commerci granari con il Mar Nero, quanto negli Oceani, trasportando emigranti verso le Americhe e inserendosi nei traffici locali dei porti sudamericani e asiatici.
Ottenuto il diploma di capitano marittimo, Piaggio frequentò corsi di lingua e scienze commerciali a Ginevra e visitò molti paesi europei. Nel 1866 si arruolò nelle truppe garibaldine partecipando alla terza guerra di indipendenza, e si distinse nella battaglia di Bezzecca. Nello stesso anno il padre lo associò all’impresa, che assunse la denominazione di R. Piaggio & F.
Nel 1869 sposò Ester Pastorino (1851-1883), figlia di Pasquale, finanziere e assicuratore marittimo. Dalla loro unione nacquero Carlo (1870-1938), Amedeo (1872-1930), Maria (1875-1938), Giuseppe (1876-1930) e Rocco (1879-1956).
Gli affari dei Piaggio si incentrarono sulla linea Genova-Plata, trasportando emigranti: fra il 1864-65 e il 1868-69 la flotta Piaggio crebbe di circa 2000 tonnellate, toccando le 4481 grazie anche all’introduzione di bastimenti ‘a sistema misto’, a vela e a vapore. Queste soluzioni ibride furono superate dal cambiamento tecnologico realizzato dalle industrie marittime dei Paesi economicamente più avanzati, con l’affermazione dei piroscafi a vapore in ferro e acciaio e con propulsione a elica; una traiettoria tecnologica che accrebbe le interdipendenze tra cantieristica, meccanica e siderurgia e che rese obsoleta la navigazione a vela.
Piaggio fu consapevole di questi sviluppi, al contrario di un’ampia parte degli ambienti marittimi genovesi che continuarono a investire nei bastimenti a vela per buona parte del decennio. Ascoltato nell’ambito dell’inchiesta industriale nel febbraio 1872, partendo dal riconoscimento che la costruzione di una flotta in ferro fosse un’esigenza imprescindibile per la nazione, egli auspicò che il governo facilitasse l’accesso degli armatori e dei costruttori navali al credito e si augurò che il ferro delle miniere elbane fosse orientato verso il mercato interno, onde favorire lo sviluppo degli opifici italiani. Nell’immediato simili posizioni non ricevettero ascolto, ma dieci anni dopo, quando Piaggio e altri le riproposero durante l’Inchiesta parlamentare sulla Marina mercantile, in un clima politico più favorevole a considerare essenziale il rafforzamento delle industrie marittime perché funzionale agli interessi militari della nazione, queste furono accolte e ispirarono nel 1885 la legge sui premi di costruzione e navigazione.
I Piaggio adottarono la linea dell’adeguamento tecnologico, acquistando vapori in Gran Bretagna e sul mercato interno. Tale orientamento fu potenziato dopo che nel 1875, alla morte del padre, Piaggio assunse la direzione dell’impresa: le linee per le Americhe restarono al centro dell’attività, ma i nuovi vapori della flotta Piaggio garantirono servizi migliori (maggiori comfort, tempi di percorrenza più ridotti grazie alle velocità più elevate), facendo concorrenza sul piano della qualità ai Florio e agli altri armatori. Il numero di passeggeri crebbe e Piaggio ampliò i servizi, inaugurando per primo anche una linea verso il Pacifico.
Come molti altri esponenti dell’armamento genovese, Piaggio diversificò i propri investimenti. In particolare, si interessò all’espansione edilizia nelle zone collinari della città e potenziò la presenza della famiglia nell’ambito delle assicurazioni marittime, nel credito, e investì anche nella chimica, con la costituzione nel 1873 del saponificio L. Bottaro & C.
Uno dei primi segni dell’accresciuta visibilità sociale derivante dal successo imprenditoriale fu la partecipazione alla fondazione del Regio yacht club italiano, il primo del Paese, istituito a Genova nel 1879. Piaggio fu anche particolarmente sensibile ai problemi della formazione superiore, tanto da essere uno dei promotori della Scuola superiore di commercio, fondata nel 1882 e divenuta poi facoltà di economia.
Frattanto, i principali concorrenti di Piaggio, Rubattino e Florio, nel 1881 fondarono la Navigazione generale italiana (NGI), la più grande compagnia marittima nazionale con 83 navi per 70.000 tonnellate di stazza lorda, con un rilevante potere di mercato, in grado di assorbire una quota maggioritaria dei premi di navigazione. Piaggio reagì nel 1883 accordandosi con un altro armatore genovese dagli interessi diversificati, Edilio Raggio, per avviare un servizio comune a vapore sulle rotte sudamericane, ma questa esperienza si rivelò fallimentare, a causa della caduta dei noli e della concorrenza delle linee sovvenzionate della NGI, al punto che nel 1885 Piaggio e Raggio decisero di cedere alla NGI le loro flotte a vapore per una somma di 11.200.000 lire, saldata in azioni della società. Oltre a questo, Piaggio ottenne la carica di direttore del compartimento genovese della NGI; in quella veste si focalizzò sul potenziamento della linea Genova-Bombay e sul miglioramento del servizio di trasporto per gli emigranti nelle Americhe. I suoi meriti imprenditoriali furono riconosciuti dal re Umberto I, che nel giugno 1885 lo nominò ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia per poi elevarlo al titolo di commendatore dello stesso ordine un anno dopo.
La liquidazione della flotta, suo asset principale, consentì a Piaggio di disporre di un consistente capitale, stimabile attorno ai quattro milioni di lire, che in parte rimasero investiti in azioni NGI, ma in parte furono investiti in altre attività, alcune tradizionali, come l’edilizia, altre nuove come l’industria saccarifera, le utilities elettriche, la navalmeccanica. Di particolare rilievo fu l’intervento nell’industria saccarifera, dalle buone prospettive di crescita perché protetta da alte tariffe doganali, settore molto frequentato dai capitalisti genovesi. Non si trattò di un semplice investimento di portafoglio, poiché Piaggio nel 1888, oltre a essere uno dei fondatori della Raffineria genovese, società per azioni con un capitale di un milione e mezzo di lire, ne divenne uno dei tre amministratori, svolgendo negli anni successivi un ruolo determinante nello sviluppo del settore e nella sua evoluzione verso forme consortili. Tuttavia, realizzò investimenti molto significativi anche in qualità di manager della NGI, tesi a sviluppare l’integrazione fra armamento e cantieristica. Dopo essere entrato, nel febbraio 1889, nel Consiglio di amministrazione della Banca di Genova, di cui era azionista, si fece promotore, proprio con l’appoggio della NGI e della stessa banca, della costituzione, il 28 dicembre 1889, della Società esercizio bacini (SEB) con tre milioni e mezzo di capitale e rilevò la gestione dei due grandi bacini costruiti negli anni della ristrutturazione del porto di Genova, un impianto di grande novità tecnico-costruttiva necessario per rispondere alle esigenze di manutenzione e di riparazione dei grandi vapori. Piaggio, che vi investì 200.000 lire, ne fu presidente e amministratore delegato e poco dopo assorbì anche il vicino impianto di riparazione delle Grazie, dando luogo a un polo navalmeccanico integrato con le attività armatoriali della NGI.
La ramificazione degli interessi e la costruzione di un’estesa rete di relazioni economico-sociali costituirono le basi per l’entrata nella politica attiva, tanto a livello locale – Piaggio fu consigliere comunale e provinciale fra il 1888 e il 1889 – quanto a livello nazionale; in una elezione suppletiva del marzo 1892 entrò alla Camera per il collegio di Genova I nelle file della Sinistra liberale. Fu rieletto su posizioni filogiolittiane nelle consultazioni generali del novembre dello stesso anno per la circoscrizione di Pontedecimo, ma gli accresciuti impegni manageriali e imprenditoriali lo costrinsero a dimettersi già nel dicembre 1894.
In effetti, in quell’anno Piaggio fu nominato amministratore delegato della NGI e si trovò ad affrontare la concorrenza di alcune società di navigazione sulle rotte americane, specialmente La Veloce, sostenuta da capitali tedeschi. Oltre a ciò, proprio in quel torno di tempo, Piaggio fu tra i protagonisti della nascita della banca mista in Italia, un’esperienza decisiva per il rafforzamento del sistema creditizio nazionale, così duramente provato dalla crisi bancaria dei primi anni Novanta. In qualità di presidente della Banca di Genova, primario istituto cittadino, Piaggio coordinò le trattative con i banchieri tedeschi e svizzeri che si conclusero con la trasformazione di questa banca in Credito italiano nel febbraio 1895, pochi mesi dopo la fondazione a Milano della Banca commerciale italiana.
In quella fase, Piaggio assunse su di sé diverse funzioni economiche, da quella di top manager della grande società per azioni, a quella dell’imprenditore che si lanciava in attività innovative, fino a quella dell’uomo di finanza attento alla stabilizzazione delle istituzioni bancarie, un’azione multiforme che aveva come principio ispiratore il nazionalismo economico, sviluppata in un rapporto costante con il potere politico. La nomina a senatore nel novembre del 1898 fu conseguenza di quella crescente importanza nella vita economica nazionale.
Se il centro degli interessi economici di Piaggio rimase il binomio armamento-cantieristica, nel tempo egli consolidò le partecipazioni nel settore saccarifero e in quello chimico, fino a costituire un gruppo industriale diversificato, in cui la logica industriale prevalse su quella finanziaria. Sotto questo profilo fu assistito dai quattro figli maschi, due dei quali ingegneri, gli altri due specializzati in studi economici, i quali condivisero la visione industrial-nazionalista del padre e seppero imporla nelle diverse realtà.
Nella sua veste di top manager della NGI Piaggio accentuò l’integrazione a monte tra armamento e cantieristica. Nel 1898 spinse la SEB a costruire un proprio cantiere navale, a Riva Trigoso, con l’intento di farlo diventare il principale fornitore di naviglio a vapore della NGI e un anno dopo fu uno dei fondatori delle Acciaierie italiane, per garantirsi autonome fonti di rifornimento di acciaio. Contemporaneamente, riuscì a potenziare ulteriormente la NGI, assorbendo la principale concorrente sulle rotte americane, La Veloce, anche grazie ai buoni uffici della Banca commerciale, nel cui Consiglio di amministrazione Piaggio entrò nel marzo 1899, in particolare tramite l’aiuto del presidente Otto Joel, che favorì il passaggio delle quote di controllo della società di navigazione dalle banche tedesche alla NGI.
La posizione di privilegio della NGI, alimentata dalle sovvenzioni statali, fu messa in discussione quando la legge sull’emigrazione del 1901 impose alle società di navigazione il rinnovamento complessivo delle flotte. In tale contesto Piaggio decise di abbandonare la direzione della società, per sfruttare a suo vantaggio le nuove condizioni del mercato, facendo leva sul controllo della SEB e del cantiere di Riva Trigoso. Nel novembre 1903 fondò a Genova il Lloyd italiano con dodici milioni di lire di capitale e subito ordinò sette nuovi vapori, la maggior parte dei quali costruita proprio a Riva Trigoso. Poco tempo dopo, nel 1907, sempre seguendo la linea dell’integrazione a monte, Piaggio finanziò la fondazione della società Officine elettromeccaniche per la produzione di motori elettrici per la Marina, che lavorò negli anni successivi per le varie imprese navalmeccaniche del gruppo. Il Lloyd italiano costituì una valida alternativa alla NGI, soprattutto in vista della scadenza delle convenzioni marittime, e fin dal 1906 Piaggio intervenne nel dibattitto che si era aperto su questo delicato punto, proponendo nuovi criteri per l’assegnazione delle sovvenzioni.
Nel 1907 la NGI reagì e quando la società di Piaggio, affiancato in questo business dal figlio Amedeo, ebbe bisogno di capitali freschi per accrescere la flotta, ne acquisì il pacchetto di controllo. Questo non impedì a Giovanni Giolitti di individuare in Piaggio l’interlocutore per riorganizzare i servizi sovvenzionati, affidando al Lloyd italiano quel ruolo che la NGI aveva avuto da decenni. Si aprirono complesse trattative con la Banca commerciale, che deteneva il pacchetto di controllo della NGI, ma quando, nell’aprile 1909, la convenzione tra il governo e Piaggio venne firmata, molti parlamentari e importanti settori della pubblica opinione si opposero, facendola decadere. A quel punto Piaggio abbandonò sia la direzione del Lloyd italiano, inglobato dalla NGI nel 1910, sia il Consiglio di amministrazione della Banca commerciale, accusandone la dirigenza di aver tramato contro di lui. Da quel momento Piaggio disinvestì dall’armamento e cessò di gestire linee di navigazione per passeggeri, il business originario della famiglia.
Gli ingenti capitali disponibili furono in larga misura impiegati nel 1912 per rafforzare il ramo cantieristico del gruppo, con l’acquisizione, grazie anche al riavvicinamento alla Banca commerciale tramite Giuseppe Toeplitz, della società Cantieri navali riuniti, già del gruppo Odero e Orlando, che possedeva stabilimenti ad Ancona e a Palermo; in questa operazione Piaggio affidò la gestione operativa dei cantieri ai due figli ingegneri Carlo e Rocco. La cantieristica Piaggio, con i suoi circa 3000 addetti al 1912, si poneva non lontano dalle posizioni della Ansaldo dei Perrone o dei cantieri Odero, diventando un interlocutore di rilievo anche per la Marina militare.
Parallelamente si consolidarono gli investimenti operati nella chimica e nell’industria saccarifera, a cui si aggiunsero altri investimenti minori, ad esempio nell’industria cartaria. In campo chimico, la Stearineria italiana, erede della L. Bottaro & C., presieduta da Piaggio, che ne controllava una quota azionaria di minoranza, a fasi di crescita alternò momenti di crisi, come quando nel settembre 1903 lo stabilimento di Rivarolo fu danneggiato da un incendio e, dopo la cessione nel 1905 di fabbrica e marchi di produzione alla nuova società Stearinerie italiane, i Piaggio e gli altri azionisti avviarono trattative per realizzare una fusione con uno dei protagonisti del mercato nazionale delle candele e dei saponi, vale a dire la Stearinerie Oleifici Lanza: un passaggio verso una maggiore concentrazione per raggiungere più efficienti economie di scala. Nel gennaio 1907 nacque la Unione Stearinerie Lanza, una società con 7.400.000 lire di capitale, con sette stabilimenti dal differente grado di modernità ed efficienza. Piaggio, assorbito dalla gestione del ramo armatoriale-cantieristico, delegò a Giuseppe Piaggio, entrato a far parte del comitato direttivo, la tutela degli interessi familiari all’interno della nuova società. In pochi anni, Giuseppe, superando non pochi ostacoli, riuscì a riorganizzare la società, ottenendo il consenso dell’assemblea degli azionisti che lo elesse vicepresidente, conferendogli un ruolo centrale nelle scelte strategiche.
Avviato in una fase ancora ‘sperimentale’ dell’industria saccarifera, insieme a uno dei pionieri del settore, Clemente Maraini, l’investimento che portò alla fondazione della Raffineria ligure assunse sempre più importanza e vide Piaggio agire in prima persona stringendo legami con le banche miste e con esponenti dell’alta politica, come il ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio Luigi Luzzatti, che nel 1898 si fece garante della conservazione del favorevole regime doganale sugli zuccheri. Proprio in quell’anno Piaggio, assistito in questo business dal figlio Carlo, propose agli azionisti la trasformazione della Raffineria genovese in una società molto più ampia, la Società italiana per l’industria degli zuccheri, con capitale al gennaio 1899 di sei milioni, per realizzare una strategia espansiva basata sull’integrazione a monte, con la costruzione di uno zuccherificio a Bologna, in una zona dove si andava affermando la produzione di barbabietola da zucchero. Nel giro di pochi anni la Società italiana realizzò una crescita molto consistente, con lo spostamento della raffinazione in un nuovo stabilimento bolognese, a cui se ne aggiunsero altri. L’espansione culminò nel 1907 quando Piaggio ed Emilio Maraini, per conto della Società generale per lo zucchero indigeno da questi fondata, si accordarono per dare origine alla Società italiana per l’industria dello zucchero indigeno, con capitale di 18.000.000, che, con otto stabilimenti, per un breve periodo fu la più grande impresa saccarifera italiana.
Il senatore Piaggio fece parte del Consiglio di amministrazione ma, come accadde contemporaneamente nell’Unione Stearinerie Lanza, delegò le funzioni operative al figlio Carlo che, insieme a Maraini, fu nominato amministratore delegato. Nuovi stabilimenti furono aperti negli anni seguenti e quando, nel 1916, Maraini scomparve, Piaggio gli succedette come presidente, mentre il figlio Carlo rimase l’unico amministratore delegato.
Nel corso dell’età giolittiana il peso economico del gruppo Piaggio, dunque, crebbe notevolmente, ed Erasmo, peraltro in linea con le scelte operate da altri imprenditori, non trascurò la dimensione pubblica e la formazione del consenso. Insieme ad altri esponenti del ceto industriale, entrò nella proprietà de Il Corriere mercantile, La Tribuna, Il Resto del Carlino e L’Idea nazionale. Un segno tangibile della sua popolarità fu la vittoria alle elezioni amministrative del 1914 nelle file dell’Unione liberale e cattolica, che lo portò a essere indicato come sindaco di Genova, carica a cui rinunciò perché troppo impegnato negli affari. Sostenitore dell’entrata in guerra, Piaggio fu membro molto attivo e influente del comitato centrale della mobilitazione industriale e nel dopoguerra, in coerenza con il suo nazionalismo, sostenne apertamente il fascismo cittadino e il Giornale di Genova che ne fu il principale organo.
Le commesse belliche beneficiarono le imprese del gruppo, specialmente quelle cantieristiche, e la liquidità conseguente fu utilizzata per rafforzarne le basi e per tornare a essere protagonisti nell’armamento, limitatamente al trasporto merci. Nel gennaio 1917 Piaggio rilevò la proprietà della Navigazione Alta Italia, specializzata nei carichi di cotone dall’America. E sempre nel 1917, insieme alla Banca commerciale e a Carlo Pastorino, fondò la Ligure d’armamento, basata sui traffici nelle rotte del Mediterraneo e dell’Africa Occidentale. Fu inoltre ulteriormente potenziata la presenza nell’industria dei saponi attraverso la costituzione nel luglio 1919 della Industrie chimiche saponerie e stearinerie riunite per gestire uno stabilimento a Cornigliano, società che pur conservando la sua ragione sociale fu in seguito ceduta alla Unione Stearinerie Lanza.
Questi furono tra gli ultimi atti imprenditoriali compiuti da Piaggio che gradualmente nel corso degli anni Venti si ritirò dalla scena, ritagliandosi uno spazio da consigliere dei figli, i quali riuscirono a consolidare ulteriormente le diversificate attività del gruppo.
Episodi centrali furono la fusione nel 1924, favorita dalla Banca commerciale, della Unione Stearinerie Lanza con la Fabbrica candele di Mira per costituire la Mira-Lanza, di cui Giuseppe Piaggio fu vicepresidente nonché amministratore delegato dal 1927, una delle realtà più dinamiche nel settore dei prodotti chimici per la casa, in grado di competere nel secondo dopoguerra con i grandi gruppi americani. Poi, nel 1925, insieme al Consorzio autonomo del porto di Genova, fu deciso di cedere i bacini di carenaggio a una nuova società pubblico-privata, la Ente bacini, in vista della realizzazione di una nuova vasca adatta ad accogliere i grandi transatlantici, e di accorpare in una nuova società, la Cantieri del Tirreno, il cantiere di Riva Trigoso e lo stabilimento delle Grazie. Nel 1931 la Ligure d’armamento rientrò in possesso delle azioni della Cantieri navali riuniti, cedute in precedenza alla Banca commerciale, permettendo ai Piaggio di conservare il pieno controllo delle proprie imprese navalmeccaniche, quando tutto il resto della cantieristica italiana passò nelle mani dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale). Fu infine continua la crescita nel campo saccarifero, all’insegna dell’estensione delle partecipazioni in varie altre imprese e all’ampliamento delle superfici agrarie in conduzione diretta. In questo campo, alla vigilia della seconda guerra mondiale i Piaggio raggiunsero una capacità produttiva equivalente a circa il 25 per cento del consumo nazionale.
Il gruppo riuscì a conservare la sua solidità nonostante le premature morti di Amedeo e Giuseppe, avvenute nel 1930, e quella di Carlo, nel 1938, che anticiparono e seguirono di poco la morte di Piaggio, occorsa a Genova il 6 novembre 1932.
La direzione del gruppo fu assunta da Rocco e dal figlio di Amedeo, Andrea Mario, che ne conservarono l’unità fino agli anni Settanta, dando origine anche a opere assistenziali e filantropiche con la istituzione delle Fondazioni Carlo e Giuseppe Piaggio e Maria Piaggio Casarsa, che si riallacciava a una tradizione familiare iniziata proprio da Piaggio, quando nel 1905 aveva reso possibile la costituzione dell’Albergo dei fanciulli Umberto I, per aiutare i giovani abbandonati e privi di assistenza familiare.
Fonti e Bibl.: L’assenza di un archivio di famiglia o d’impresa non ha rappresentato un ostacolo per documentare, anche nei particolari, le articolate vicende economiche, sociali e politiche di Piaggio, perché tali vicende hanno lasciato tracce in numerosi archivi pubblici e d’impresa, come quello della Banca commerciale italiana e della Banca d’Italia. Per comprendere la visione ‘nazionalista’ di Piaggio sono molto utili le sue testimonianze esposte nel corso dell’inchiesta industriale e dell’inchiesta sulla Marina mercantile, così come i suoi interventi: Lo Stato e la marina mercantile, in Nuova antologia, 16 luglio 1904; Lo Stato e le convenzioni marittime, Roma 1906; Lo Stato e le convenzioni marittime. Quattro anni dopo! (1906-1910), Genova 1910. Un iniziale punto di partenza per conoscere le tappe essenziali dell’affermazione di Piaggio è ancora oggi il volume agiografico Un secolo di lavoro al servizio dell’Italia, Genova 1967, a cui sono da affiancare i due volumi dello studio di G. Doria, Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, Milano 1969-73, ad indicem. Il ruolo di Piaggio all’interno dei gruppi imprenditoriali genovesi è messo in evidenza in P. Rugafiori, Ascesa e declino di un sistema imprenditoriale, in Storia d’Italia, Le regioni dall’Unità a oggi. La Liguria, a cura di A. Gibelli - P. Rugafiori, Torino 1994, pp. 255-333, mentre la sua importanza nel campo dell’industria saccarifera emerge in P. Sabbatucci Severini, Il capitalismo organizzato. Il settore saccarifero in Italia 1800-1945, Venezia 2004, ad indicem. Molti elementi anche nel volume L’Italia dei Piaggio. Uomini e imprese a Genova dall’Unità, a cura di M. Canella - G. Maifreda, Milano 2012, in particolare i saggi di M.E. Tonizzi, I Piaggio nella storia politica e sociale italiana, pp. 13-47; M. Doria, I Piaggio. Una famiglia di imprenditori nella Genova dell’Ottocento, pp. 107-139. Per quanto riguarda l’armamento e la cantieristica il rimando d’obbligo è al volume di R. Giulianelli, I Piaggio. La parabola di un grande gruppo armatoriale e cantieristico italiano (1875-1972), Bologna 2012. Infine, sulle vicende elettorali e politiche di Piaggio, si vedano: M. Pignotti, Notabili, candidati, elezioni. Lotta municipale e politica nella Liguria giolittiana, Milano 2001, ad ind.; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/erasmo-piaggio-18450418#nav (26 febbraio 2015); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato.it/Web/senregno. NSF/P_l2?OpenPage (26 febbraio 2015).