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ERBICIDI

di Paolo Fontana - Attilio del Re - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)
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ERBICIDI (App. III, 1, p. 566)

Paolo Fontana
Attilio del Re

L'uso degli e. è cresciuto più di quello degli altri antiparassitari e si prevede che l'espansione prosegua a ritmo accelerato. Da una parte questo è dovuto alla maggiore complessità del problema tecnico, in quanto le erbe sono, per ogni coltura, di specie più numerose degli altri organismi infestanti e si presentano in numeri e tipi variabili non solo con la stagione dell'anno, l'andamento climatico e le pratiche agronomiche, diserbi precedenti inclusi, ma anche e grandemente con la natura del terreno agrario; d'altra parte tanto le piante coltivate quanto le infestanti sono vegetali superiori, biologicamente non così dissimili tra loro come da una crittogama o da un insetto: spesso anzi esse sono assai vicine geneticamente. Da ciò la necessità di prodotti che abbiano un largo spettro d'azione e al tempo stesso buona selettività.

Numerosi (più di 150) sono gli e. commerciali, tanto che anche per lo specialista risulta difficile orientarsi. Sono stati elaborati alcuni utili schemi di classificazione per inquadrare gli e., di cui sarebbe qui troppo lungo dare solo l'elenco dei nomi, in classi omogenee per qualche proprietà.

Il primo criterio di classificazione è la selettività. La selettività di un e. dipende dalla concentrazione: anche le piante resistenti possono essere uccise aumentando la dose, mentre diminuendola abbastanza non vengono danneggiate nemmeno le sensibili. Nei casi favorevoli la selettività viene ottenuta a dosi intermedie che non producono sofferenze alle piante coltivate, mentre uccidono le infestanti. Per distruggere piante poco sensibili, quando non sia disponibile un prodotto a spettro d'azione più completo, si ricorre sempre più spesso a miscele di principi attivi a spettri non sovrapponibili, miscele che vanno studiate per specifiche colture in ben precisati ambienti pedoclimatici.

Sulla selettività di un principio attivo si può influire in diversi modi. In diversi casi sono utili trattamenti localizzati, quando si usino e. ad azione per contatto sulle foglie oppure per assorbimento radicale, purché il prodotto resti immobile una volta giunto al terreno.

Nel caso di trattamenti a foglie, la tossicità dipende dalla quantità rimasta aderente, e questa dipende tra l'altro dalla tomentosità o dalla cerosità della superficie trattata, che trattiene o viceversa respinge le goccioline del trattamento acquoso: l'uso di emulsioni oleose o l'aggiunta di sostanze tensioattive possono modificare profondamente la selettività di un trattamento. Anche il volume del trattamento influisce: dato che le gocce grosse si staccano più facilmente da una superficie cerosa, la selettività di un diserbo di frumento con un dinitrofenolo diminuisce usando bassi volumi di soluzione concentrata in luogo di alti di diluita. La penetrazione dell'e. nelle foglie dipende poi dall'umidità del suolo e dell'aria, dalla temperatura e dall'illuminazione: condizioni più favorevoli di assorbimento possono aversi prolungando il tempo di permanenza allo stato liquido dei residui di principio attivo, per es. con prodotti adesivanti; inoltre alcuni e. debolmente acidi vengono assorbiti solo in forma non ionizzata e pertanto il controllo del pH della soluzione applicata col trattamento può avere importanza determinante.

Gli e. che vengono applicati al terreno possono essere assorbiti dalle radici quando vengano portati a contatto di esse dai movimenti della soluzione circolante o per diffusione nella fase liquida o aeriforme del terreno, in dipendenza della loro solubilità, interazioni con componenti del suolo, tensione di vapore. I prodotti più solubili come l'urea Fenuron percolano verso gli strati più profondi dove vengono assorbiti dalle radici per es. di convolvolo; prodotti insolubili si stratificano presso la superficie e controllano efficacemente le infestanti delle colture legnose e, in certi casi, di erbacee.

Una volta penetrato nella pianta, l'e. sfugge al controllo umano: la selettività dipende allora soltanto dalla natura chimica del principio attivo. Si può immaginare che un e. selettivo colpisca processi biochimici essenziali solo nelle piante suscettibili: questa ipotesi non ha prove non ambigue. Si può dimostrare invece che alcuni e. di per sé non fitotossici sono trasformati in prodotti attivi solo dalle piante suscettibili: è il caso classico degli acidi fenossibutirrici ai quali molte leguminose resistono perché incapaci di trasformarli negli attivi omologhi fenossiacetici. In altri casi è documentato che la pianta resistente metabolizza il principio attivo detossificandolo, a volte in modo assai specifico: è il caso di mais e sorgo che declorurano l'atrazina trasformandola in idrossi- o in glutatione-atrazina, entrambi inattivi, o della bietola da zucchero che idrolizza enzimaticamente il Pyrazon.

Per lo più gli e. agiscono non specificamente contro qualche fase della fotosintesi, mentre altri prodotti agiscono contro metabolismi d'importanza altrettanto generale come la respirazione, il controllo dei regolatori di crescita, la sintesi proteica, o la divisione cellulare. La tossicità primaria del diserbante viene spesso amplificata dalla formazione di veleni secondari che sono i veri responsabili delle manifestazioni tossiche: per es. le triazine bloccano la fase luminosa della fotosintesi impedendo tra l'altro la riduzione dello ione nitrato che per conseguenza si accumula fino a concentrazioni tossiche; i dipiridilici, ridotti a radicale libero (grazie alla struttura planare) dalla ferredossina prodotta fotosinteticamente, si autoossidano con formazione nel cloroplasto stesso di perossido d'idrogeno il quale distrugge complessi enzimatici e le membrane cellulari perossidandole.

Lo studio dei meccanismi d'azione degli e. ha un grande interesse teorico e in alcuni casi è servito da guida alla progettazione e sintesi di nuovi prodotti; in ogni caso senza di esso non è possibile la messa a punto di miscele di prodotti. Tuttavia non ha avuto molte conseguenze applicative e nessun sistema di classificazione vi fa esplicito riferimento. Lo spettro di azione e la selettività di un e. non sono direttamente legati al meccanismo primario d'azione ma ai complessi meccanismi di assorbimento e alle loro combinazioni; i passaggi metabolici e le particolarità strutturali e organizzative che determinano la selettività biochimica degli e. sfidano per ora le previsioni.

Ordinariamente gli e. sono classificati in base alla struttura chimica; i gruppi così formati sono abbastanza omogenei rispetto al meccanismo di azione. Così i fenossi-acidi (v. App. III) e i loro derivati hanno azione auxino-simile. Le uree sostituite bloccano di regola il passaggio degli elettroni attivati tra i due sistemi fotosintetici; esse possono essere divise in due gruppi: uno con soli sostituenti alchilici e arilici (v. App. III) e uno con un sostituente metossilico sull'azoto (il Linuron è il principio attivo più noto di questo gruppo); i due gruppi non differiscono sostanzialmente come meccanismo d'azione. Le triazine derivano dalla sostituzione su s-triazina, di solito con due gruppi alchilamminici e un terzo gruppo che può essere cloro- (es. Simazina, Atrazina), metossi- (es. Prometone) o metiltio- (es. Ametrina); tutte le triazine bloccano la fotosintesi, probabilmente nella zona dello sviluppo di O2. I dipiridilici più usati sono Diquat e Paraquat, derivati dalla quaternizzazione di o,o'- e p,p'-dipiridile rispettivamente; la struttura planare e la distanza tra le cariche permettono loro, oltre al meccanismo d'azione descritto, di legarsi per scambio ionico con le argille del terreno in modo praticamente irreversibile, con immediata inattivazione. I nitrofenoli (tipico il Dinoseb) sono caustici per contatto, probabilmente perché disaccoppiano dalla respirazione la formazione di legami fosfato ad alta energia. Gli uracili sostituiti hanno meccanismo d'azione simile alle uree (esempio di uracile: Lenacil). Dei carbamati il meccanismo d'azione non è chiarito: probabilmente è diverso nelle tre classi in cui i carbamati possono suddividersi: carbamati veri e propri (es. Barban), tiol-carbamati (es. Molinate, Triallate) e ditiocarbamati (es. Sulfallate). Esistono molte altre classi: i composti alifatici (es. Dalapon), le amidi (es. Alachlor, Chlorthiamid), i derivati arsenicali (non usati in Italia), i benzoici (es. 2,3,6-TBA), le importanti dinitroaniline (es. Trifluralin), i nitrili (es. Ioxynil); molti altri prodotti, anche importanti (Benazolin, Dichlone, Endothall, Pyrazon tra i tanti), non sono collegabili tra loro in classi omogenee. Della maggior parte di questi ultimi prodotti mancano notizie sul meccanismo d'azione. Un'ultima classe comprende gli oli minerali, mentre i diserbanti inorganici, ancora insostituibili per certi problemi, richiederebbero una classificazione a parte.

È utile classificare gli e. come sistemici se vengono assorbiti e traslocati nella pianta, come per es. gli ormonici, l'aminotriazolo, il Dalapon, o come non-sistemici se agiscono per contatto come i nitrofenoli, gli oli minerali e i dipiridilici. Il trasporto nella pianta può avvenire per via floematica, così che il prodotto applicato alle foglie scende verso le radici e applicato alle radici verso gli apici radicali: ridistribuzione particolarmente utile per il controllo di piante poliennali a radici profonde; oppure nel sistema xilematico, in modo che il prodotto si muove in senso acropeto con i flussi di traspirazione concentrandosi nelle foglie: situazione utile per i prodotti come triazine, uree e uracili che sono attivi contro la fotosintesi.

Possono aversi e. per applicazione fogliare o radicale. La maggior parte dei prodotti applicati al terreno viene assorbita dalle radici e poi traslocata nel resto della pianta; alcuni prodotti usati per il diserbo totale o la sterilizzazione del terreno (borato, clorato, CS2, Metham, ecc.) agiscono per contatto e non vengono trasportati. Nel caso di alcuni e. volatili come il Triallate o il Dichlobenil il principio attivo somministrato al terreno può essere assorbito anche dalla parte di caule ipogea. Molti prodotti applicati al terreno possono essere assorbiti anche dalle foglie: così le metossiuree ma non le uree simili.

Comunemente gli e. selettivi vengono classificati in base allo stato della coltura come prodotti pre-semina, pre-trapianto, pre-emergenza o post-emergenza. A questi gruppi vanno aggiunti quelli dei prodotti per colture legnose (frutteto, vigneto, ecc.) e per colture erbacee insediate.

Gli e. non selettivi vengono analogamente classificati a seconda della destinazione: diserbo totale di aree industriali, stradali, ferroviarie; disboscamento e decespugliamento; preparazione del terreno senza coltivazione; disinfezione di letti di semina; controllo di erbe acquatiche. Un caso a sé è dato dai diserbanti usati per il disseccamento della parte epigea delle colture (es. patata) di cui si vuol facilitare la raccolta.

Particolarmente importante sia dal punto di vista agronomico che da quello ecologico e sanitario è il problema della persistenza di residui di erbicidi. La persistenza dei residui nei prodotti raccolti di regola non presenta grandi problemi sia per la bassa tossicità (con poche eccezioni, come i dipiridilici e i nitrofenoli) sia per il rapido metabolismo della maggior parte dei principi attivi all'interno delle piante superiori. Più grande interesse ha la persistenza nel terreno che determina la durata dell'azione e l'eventuale interferenza con colture seguenti. Alcuni prodotti vengono inattivati in poche ore come i dipiridilici (che però persistono in forma inattiva pressoché indefinitamente); altri durano qualche giorno come gli alifatici o più, fino ad arrivare a persistenze dell'ordine di più di un anno per la triazina Simazina. I fattori che controllano la persistenza nel terreno sono vari: la complessazione con la sostanza organica è probabilmente il principale, seguito dall'attività metabolica della flora microbiologica; altri fattori sono importanti per classi speciali di e.: lo scambio ionico per i dipiridilici, la decomposizione fotochimica per le dinitroaniline, l'asportazione da parte delle piante resistenti (per es. da parte di mais e sorgo dell'Atrazina e Simazina), la volatilizzazione per i prodotti ad alta tensione di vapore come alcuni carbamati, le dinitroaniline e altri.

Bibl.: F. M. Ashton, A. S. Crafts, Mode of action of herbicides, New York 1973; P. C. Kearney, D. D. Kaufman, Herbicides-Chemistry, degradation, and mode of action, ivi 1969 (19752); N. Rizzotto, D. Rui, Manuale del diserbo, Bologna 1976.

Vedi anche
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fitotossico fitotòssico agg. [comp. di fito- e tossico] (pl. m. -ci). – Di sostanza che danneggia o uccide le piante, per es. gli erbicidi.
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