STROZZI, Ercole
– Nacque a Ferrara da Tito Vespasiano, dignitario alla corte estense e celebrato poeta latino, e da Domitilla Rangoni. La data di nascita è incerta: si tende a collocarla al 1470 (Strozzi, 1892, p. 77), al 2 settembre 1471 (Barotti, 1777, p. 127), oppure alla fine del 1473 (Wirtz, 1905, pp. 4-5).
Imparò precocemente il latino dal padre e da Aldo Manuzio. Nel 1482, allo scoppio della guerra fra Venezia e Ferrara, mentre Tito era impegnato come governatore di Rovigo, la famiglia si rifugiò a Mirandola presso Caterina Pio. Qui soggiornava anche Manuzio, che perfezionò l’educazione di Ercole.
Nel 1484 gli Strozzi si spostarono a Lugo; Tito, che lì aveva assunto il ruolo di commissario ducale, vi chiamò Luca Ripa come precettore di Ercole e del secondogenito Guido (Wirtz, 1905, pp. 15-17). Nel 1486 morì Domitilla. L’anno seguente la famiglia tornò a Ferrara, dove Ercole continuò a studiare con Ripa e con Giovan Battista Guarino. Molte sue elegie testimoniano una passione per la caccia; non intraprese, invece, l’attività militare perché sciancato a una gamba dalla nascita («luxato poplite claudus», scrive Giovio, 1577, p. 66).
Fioriva nel frattempo la sua carriera letteraria. Nel 1493, anno delle nozze di Alfonso d’Este con Anna Sforza, fu stipendiato da Ercole I per l’organizzazione di spettacoli teatrali e mise in scena una commedia oggi perduta. Le amicizie di questo decennio, documentate dallo scambio di epigrammi, includevano Ludovico Ariosto, Celio Calcagnini, Daniele Fini, Ludovico Pittorio e Antonio Tebaldeo. Decisivo fu l’incontro con Pietro Bembo che, trovandosi a Ferrara nel 1497-98 e poi nel 1502-03, fu spesso ospite nella sua villa di Ostellato (Monteforte, 1899, pp. 14-19).
Bembo, allora impegnato nella stesura degli Asolani, fu responsabile della ‘conversione’ dell’amico al volgare, evento che suscitò le critiche dei sodali fedeli al latino (per esempio Fini, che scrisse un carme polemico: Monteforte, 1899, p. 80) e viceversa le lodi di Tebaldeo (Calcagnini, 1513, c. 150r). Ercole fu in seguito incluso da Bembo fra i personaggi delle Prose della volgar lingua (1525), proprio come letterato desideroso di apprendere le regole del nuovo idioma. A Strozzi Bembo dedicò anche il De Virgilii culice (la dedica risale al 1503), segno di un’intesa anche nel campo della filologia.
Dopo l’arrivo di Lucrezia Borgia, nuova sposa di Alfonso, a Ferrara (1502), Strozzi si mise al suo servizio come fedele cortigiano: recapitò messaggi amorosi fra lei e Bembo (le lettere sono ora pubblicate: P. Bembo - L. Borgia, La grande fiamma. Lettere 1503-1517, a cura di G. Raboni, 1989); è inoltre probabile che in Ercole vada anche identificato lo Zilio autore dal 1506 di un manipolo di lettere che avrebbero favorito la relazione, fra l’amoroso e il cavalleresco, della Borgia con il marchese Francesco Gonzaga (le lettere sono in Luzio, 1915, passim).
Nel 1498 Tito, da un anno innalzato a giudice dei XII Savi, aveva nominato il figlio suo associato. Nel 1500 il ruolo fu trasferito completamente a Ercole, che dovette affrontare obblighi gravosi: esondazioni del Po, pestilenze e carestie lo indussero ad aumentare le tasse, inimicandosi il popolo e alienandosi la simpatia del nuovo duca Alfonso I (Wirtz, 1905, pp. 44-46). Nel frattempo (30 agosto 1505) morì Tito; nell’Epicedium scritto per lui, Ercole lo ricordò teneramente come suo primo maestro.
Il 18 aprile 1506 Ercole terminò l’incarico pubblico e se ne rallegrò in un carme indirizzato a Lucrezia Borgia (Strozii poetae pater et filius, cc. 51r-53r). Il 26 settembre 1507 sposò Barbara Torelli, vedova del condottiero Ercole Bentivoglio (Catalano, 1926, pp. 228-233).
Il principale collettore dei versi strozziani è l’editio princeps postuma Strozii poetae pater et filius (Venezia 1513), pubblicata da Manuzio su istanza dei fratelli Guido e Lorenzo e curata da Fini (vi sono inclusi anche testi di Tito Vespasiano). In essa spiccano le elegie degli Amorum libri e numerosi carmi in onore di Lucrezia Borgia (fra cui un Epicedium per il duca Valentino): proprio per questi ultimi, Ariosto menzionò Ercole nell’Orlando furioso come cantore della duchessa (XLII 83; 7-8 nella versione del 1532). Alla Borgia sono anche dedicate due prove epiche: l’incompiuta Gigantomachia e il poemetto Venatio (di cui resta anche una redazione anteriore autografa). Quest’ultimo si svolge alla vigilia della calata di Carlo VIII (1494) e descrive una caccia offerta dal re francese ai suoi ambasciatori; è ricordato per la descrizione di noti personaggi dell’epoca, fra cui Ariosto, assorto nelle sue meditazioni letterarie.
Della produzione volgare di Ercole oggi ci sono noti solo nove sonetti, recentemente editi in Vagni, 2011.
Il 6 giugno 1508 fu trovato morto all’angolo della chiesa di San Francesco, con ventidue ferite, la gola squarciata e i capelli strappati. Non si scoprì mai il colpevole del truce e celebre delitto. È oggi screditata la teoria – sostenuta, tra gli altri, da Paolo Giovio e Simone (Simon) Fòrnari – di una trama ducale, mossa da un presunto amore di Alfonso I per la Torelli, oppure dalla volontà di porre fine allo scandaloso operato di Zilio. Più verosimile la ricostruzione di Michele Catalano (1926, passim): ad attuare l’omicidio sarebbe stato Galeazzo Sforza, congiunto di Ercole Bentivoglio, a seguito di una contesa legale avviata dai coniugi Strozzi perché fosse restituita la dote del primo matrimonio di Barbara (questa tesi era già sostenuta da alcuni contemporanei, che indicavano come responsabile del delitto Alessandro Pio, signore di Sassuolo, anch’egli parente dei Bentivoglio, cfr. la lettera di Girolamo Mugiasca a Ippolito d’Este del 30 giugno 1508, in Catalano, 1926, p. 224).
Ercole ebbe un sontuoso funerale, con un’orazione pronunciata da Celio Calcagnini, e fu seppellito accanto al padre nella chiesa di S. Maria in Vado. Lasciò due figli avuti da Torelli (Cesare e Giulia) e quattro avuti in precedenza, di cui si ignorano i nomi.
Fra i poeti che commemorarono Ercole con i loro testi, Ariosto (Lirica latina, LIX) e Bembo nello strambotto Qual meraviglia se repente sorse (Le rime, 70), dove si ricorda ancora la sua conversione al volgare, della quale viene dichiarata ispiratrice la moglie. Proprio alla colta vedova è attribuito un sonetto luttuoso, Spenta è d’Amor la face, il dardo è rotto, considerato una delle migliori prove del petrarchismo femminile (Catalano, 1926, passim).
Nei secoli, Strozzi destò interesse soprattutto come personaggio storico: la vulgata lo vuole opportunista e ambiguo, mosso da interessi venali e da amore per l’intrigo (questo è anche il profilo tracciato da Bellonci, 1939, 1989, pp. 333-335). L’attenzione per la sua poesia si risvegliò grazie a Carducci, in un contributo del 1875 in seguito ampliato (Carducci, 1924).
Opere. Testimoni della poesia di Ercole: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Reg. lat. 1591; Vat. lat. 5225, v. I; Vat. lat. 7547, v. I; Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Pal. 221; Padova, Biblioteca del Seminario, 91, 163; Piacenza, Biblioteca comunale Passerini-Landi, Pallastrelli 230; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, It. IX, 203 (6757), It. IX, 492 (6297); Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Cl. I, 335; Strozii poetae pater et filius, Venezia 1513; Rime diverse di molti eccellentiss. Auttori nuovamente raccolte. Libro primo, Venezia 1545; Libro terzo delle rime di diversi nobilissimi et eccellentissimi autori nuovamente raccolte, Venezia 1550; Libro quarto delle rime di diversi eccellentiss. Autori nella lingua volgare. Novamente raccolte, Bologna 1551; Rime scelte de’ poeti ferraresi antichi, e moderni. Aggiuntevi nel fine alcune brevi notizie istoriche intorno ad essi, Ferrara 1713.
Fonti e Bibl.: Modena, Archivio segreto Estense, Archivio per materie - Letterati, b. 62; Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, cl. I, 337: P. Zerbinati, Cronaca, c. 31v).
C. Calcagnini, Oratio tumultuario habita a Coelio Calcagnino in funere Herculis Strozae, in Strozii poetae pater et filius, Venezia 1513, c. 150r; Prose di M. Pietro Bembo nelle quali si ragiona della volgar lingua, Venezia 1525 (ed. critica a cura di C. Vela, Bologna 2001); P. Bembo, Ad Herculem Strotium de Virgilii culice et Terentii fabulis liber, Venezia 1530; L.G. Giraldi, Dialogi duo de poetis nostrorum temporum, Firenze 1551; Discorsi di M. Giovambattista Giraldi Cinthio nobile ferrarese, Venezia 1554 (ed. in G. Giraldi Cinzio, Discorso dei romanzi, a cura di L. Benedetti - G. Monorchio - E. Musacchio, Bologna 1999); P. Giovio, Elogia virorum literis illustrium, Basilea 1577, pp. 66 s.; A. Luzio, Isabella d’Este e i Borgia, in Archivio storico lombardo, s. 5, 1915, n. 3, pp. 673-753 (in partic. pp. 711-725); M. Catalano, La tragica morte di E. S. e il sonetto di Barbara Torelli, in Archivium Romanicum, 1926, n. 10, pp. 221-253 (contiene numerose fonti inedite); L. Ariosto, Lirica latina, in Opere minori, a cura di C. Segre, Milano-Napoli 1954, pp. 40-43, 96 s.; Id., Orlando furioso, a cura di R. Ceserani - S. Zatti, Torino 1962; P. Bembo, Le rime, a cura di A. Donnini, Roma 2008, pp. 164-166.
Sulla biografia di Ercole: L. Strozzi, Le vite degli uomini illustri della casa Strozzi. Commentario di Lorenzo di Filippo Strozzi ora intieramente pubblicato con un ragionamento inedito di Francesco Zeffi sopra la vita dell’autore (prima metà del Cinquecento), Firenze 1892, pp. 77-79; G. Barotti, Memorie istoriche di letterati ferraresi. Opera postuma di Giannandrea Barotti, I, Ferrara 1777, pp. 126-143; G. Campori, Una vittima della storia, in Nuova Antologia, II (1866), pp. 628-638; C. Monteforte, E. S. poeta ferrarese: la vita, le sue poesie latine e volgari con un sonetto inedito, Catania 1899; M. Wirtz, E. S. poeta ferrarese (1473-1508), Ferrara 1905; M. Catalano, La tragica morte di E. S. e il sonetto di Barbara Torelli, cit.; M. Bellonci, Lucrezia Borgia (1939), Milano 1989, pp. 333-335.
Contributi sull’opera poetica: M. Pesenti Villa, La “Venatio” di E. S. nell’autografo ferrarese, in Memorie del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere. Classe di lettere e scienze morali e storiche, 1915, n. 23, pp. 87-124. G. Carducci, La gioventù di Ludovico Ariosto e la poesia latina in Ferrara, in Su Ludovico Ariosto e Torquato Tasso. Studi, Bologna 1924, pp. 181-186, 224-230; C. Cazzola, Per una lettura degli epigrammi latini di Tito ed E. S. per Lucrezia Borgia, in Schifanoia, 2004, nn. 26-27, pp. 7-37; G. Dilemmi, «Giovin pianta in morbido terreno». Lucrezia Borgia nella Ferrara dei poeti, in Lucrezia Borgia. Storia e mito, a cura di M. Bordin - P. Trovato, Firenze 2006, pp. 23-42; A. Pavan, Scene di caccia per Lucrezia Borgia. Introduzione alla Venatio di E. S., in Schifanoia, 2009, nn. 36-37, pp. 115-142; G. Vagni, Su un sonetto di E. S. già attribuito a Baldassar Castiglione, in Aevum, LXXXV (2011), 3, pp. 751-775; G. Guassardo, Ludovico Ariosto ed E. S.: appunti su un rapporto dimenticato, in Schifanoia, 2018, nn. 54-55, pp. 343-358.