TASSO, Ercole
TASSO, Ercole. – Nacque a Bergamo intorno al 1540, quartogenito di Gian Giacomo e di Pace de’ Grumelli.
Dalla seconda metà del XV secolo la famiglia aveva assunto l’appalto delle Poste pontificie, delle quali fu magister anche il padre di Tasso, morto nel 1556.
Il 13 aprile 1563 risulta immatricolato all’Università di Bologna, dove pure si era trasferito Torquato Tasso (v. la voce in questo Dizionario), suo cugino di quarto grado. A Bologna intraprese studi legali e filosofici, consacrandosi però maggiormente a questi ultimi, da cui l’appellativo di «filosofo», esibito costantemente dal 1580, quando comparve sul frontespizio dell’Oratione [...] in lode della illustre signora Maria Soarda (Bergamo, Comin Ventura). Malgrado la più antica fonte biografica su Tasso (Micheli, 1613, p. 13) riferisca che «fu dottorato» in filosofia, il suo nome è iscritto fin dal 1576 nei verbali del Consiglio maggiore di Bergamo e del più ristretto collegio detto Bina in qualità di deputato, ma senza il titolo di doctor. Il 15 dicembre di quell’anno venne incaricato insieme a un altro consigliere, Benedetto Gargano, di trovare uno stampatore cui affidare l’attività tipografica cittadina. Fu Tasso a garantire presso il Consiglio Vincenzo Nicolini da Sabbio, che diventò pertanto «stampatore camerale». L’anno successivo la bottega venne ceduta da Sabbio a Comin Ventura che, come è noto, si affermò tra i più prolifici e raffinati editori dell’epoca.
Dal 1577 fino al 1586 ricoprì più volte l’incarico di nunzio e, tra il 1584 e il 1586, di «oratore di Bergamo in Venezia» (Bergamo, Biblioteca civica, Lettere degli oratori). A tale periodo risalgono infatti le lettere inviate dalla capitale ai membri del Consiglio della sua città (se ne conserva un centinaio presso la Biblioteca civica A. Mai), che, pur documentando la cura degli interessi in favore di Bergamo e del suo territorio, contengono anche alcune notazioni estranee al registro della corrispondenza formale. Nel 1580-81, e nuovamente nel 1601, ottenne la magistratura comunale di «giudice delle strade e degli incanti», nel 1597 fu «giudice delle vettovaglie» e, nel 1602-03, «deputato alla milizia» (Bergamo, Biblioteca civica, Uffici giudiziari). Fu inoltre tra gli amministratori delle secolari istituzioni cittadine di carità: la Misericordia maggiore, di cui assunse anche la guida in quanto ‘ministro’ (1598), e il Luogo pio della Pietà Colleoni.
Del 1578 è l’Esposizione della orazione di Cristo (Venezia, Guerra), sua prima opera e unica a esulare dal torchio di Ventura; l’opuscolo, un’aperta ripresa del commento al Pater noster di Pico della Mirandola, si inscrive nella tradizione del neoplatonismo cristiano, istruendo all’ascesi mediante il rifiuto delle tentazioni.
Nel gennaio del 1580 venne istituita a Bergamo una commissione di censura composta da tre ‘deputati’, della quale Tasso fece parte insieme a Gian Gerolamo Grumelli, il Cavaliere in rosa di Giovan Battista Moroni, e a Giorgio Passo, pure ritratto da Moroni (identificato in passato con il fratello di Tasso, Enea); attribuito a Moroni è, del resto, anche il più noto ritratto esistente di Ercole Tasso, già collocato presso l’Art Institute di Zanesville (Ohio). A tale cerchia va aggiunto il nome di Isotta Brembati, seconda moglie di Grumelli e anch’essa soggetto moroniano, per la cui morte venne allestita una raccolta di Rime funerali di diversi illustri ingegni... (Bergamo, Comin Ventura, 1587), tra i quali Ercole e Torquato Tasso, Angelo Grillo, Gregorio Comanini e altri autori di ambito lombardo e veneto. Sempre del 1587 è la raccolta di Rime di diversi che contiene testi di Ercole e Torquato Tasso, Grillo, Giovan Battista Guarini, Giuliano Gosellini, Gherardo Borgogni, Isabella Andreini.
Nell’estate del 1585 Ercole sposò Lelia Agosti, dalla quale nacquero, fra altri, un Torquato e due gemelle, morte di peste nel 1630. A eccezione dei periodi trascorsi a Venezia, Tasso abitò stabilmente a Bergamo: in città, nella casa di famiglia, e in una vicina casa di campagna, dove fece apporre l’iscrizione Villula Herculi Tassi philosophi.
La sua attività come amministratore appare piuttosto pragmatica e sistematicamente tesa alla riforma, tanto nelle questioni più minute, per esempio riguardo al salario degli inservienti del Comune (i ‘ballottini’), quanto nelle decisioni di maggior rilevanza, come dimostra una relazione da lui sottoscritta e destinata al Consiglio maggiore, davanti alla richiesta presentata da un nucleo di ebrei di aprire a Bergamo un banco di prestito e usura. La relazione contiene un oculato elenco di pro, per ragioni di convenienza economico-finanziaria, e di contro, per il timore di immoralità e disordine sociale che ne sarebbero potuti derivare.
Tra il 1585 e il 1591 andarono intensificandosi le richieste di Torquato Tasso, postulate a Ercole e al fratello Cristoforo, direttamente o per il tramite di Giovan Battista Licino, di promuovere e curare la stampa di alcune sue opere, segnatamente il dialogo Il Forno (Lettere di Torquato Tasso, Firenze, 1852-1855, n. 824 del 1587) e la Seconda parte delle rime (ibid., n. 1349 e n. 1366 del 1591), che non ebbe tuttavia compimento. Nel 1592 Ventura gli dedicò il volume in piccolissimo formato della Nuova scielta di rime di Torquato Tasso, definendolo, sia pure a scopo celebrativo, un «tal filosofo, poeta e letterato [...] che pochi sono al mondo che l’agguaglino» (p. 1); nel 1601 gli dedicò il Primo libro di lettere dedicatorie, che ne conserva due dello stesso Ercole, insieme ad altre di Bernardo e Torquato, di Francesco Panigarola e di vari autori di area bergamasca e bresciana: raccolte che, nel complesso, testimoniano di un processo di legittimazione letteraria di cui Ercole fu insieme artefice e beneficiario. Protagonista di una élite, ancorché provinciale, tra le più avanzate nell’Italia tra Cinque e Seicento, Ercole Tasso, mediante il ruolo rivestito nell’affermazione della stampa a Bergamo, contribuì in modo incisivo a orientare l’indirizzo culturale e politico di quella società.
Nell’ambito dell’oratoria sacra, già sperimentata con la sua prima opera, rientrano i nove discorsi e l’orazione per la consolazione della confraternita bergamasca del s. Crocifisso (1592). Approdo di questo filone religioso è Il confortatore (1595), una libera traduzione del Methodus di Juan de Polanco, nel quale la prassi del conforto dei morenti e dei condannati a morte, esercitata da Tasso in prima persona, prende la forma di un trattato originale che costituisce un capitolo significativo della letteratura sulla buona morte. Nel 1593 uscì la «piacevole contesa fra i due moderni Tassi» sul tema Dell’ammogliarsi, in cui la Declamazione di Ercole, scritta probabilmente entro la data delle sue nozze, ma di argomento contrario, va così a inserirsi nel topico filone misogino e viene giustapposta alla Difesa di Torquato. Tra le eccezioni virtuose con cui si conclude la Declamazione primeggia Virginia Bianchi, conosciuta a Bologna in gioventù ed eponima de La Virginia overo Della dea de’ nostri tempi (1593), un’imitazione della Délie di Maurice Scève, costituita da un breve canzoniere che alterna, legando gli uni agli altri con variabile intensità, ventiquattro sonetti a tredici misteri cabalistici e tredici imprese. Sempre del 1593 sono poi le Poesie, suddivise in tre libri e completate da un’orazione finale: una raccolta complessa che configura alcuni dei sonetti della Virginia con diversa prospettiva semantica, unendovi testi giovanili, già pubblicati in edizioni per happy few, e frammezzando commenti e prose in funzione esegetica. Del 1612 è infine il trattato Della realtà e perfezione delle imprese, in due parti: nella prima viene illustrata con esempi la ‘quiddità’ dell’impresa, che è «simbolo [...] di figura e [...] parole» (p. 84); la seconda parte consta di una ricapitolazione generale e critica di tutta la tradizione impresistica, da Paolo Giovio in poi. L’opera, edita a Bergamo, suscitò la polemica del gesuita Orazio Montalto (1612), cui Tasso fece in tempo a reagire pubblicando le sue Risposte (1613).
Morì a Bergamo il 6 agosto 1613.
Fonti e Bibl.: Bergamo, Biblioteca civica, Registri delle azioni, 1.2.3.1-37, c. 218; Relazioni ai consigli, 1.2.4.1-8; Relazioni non lette, 1.2.4.1-9, c. 95; Lettere degli oratori e del nunzio in Venezia, 1.2.6.1-17-18-19-21; Uffici giudiziari, 1.2.18.10.3-9; 1.2.18.11-27.
Rime e lettere sono contenute in: E. Valvasone, La caccia, Bergamo, Ventura, 1593; G. Borgogni, Le Muse toscane, Bergamo, Ventura, 1594, p. 14; T. Tasso, Rime spirituali, Bergamo, Ventura, 1597; I. Andreini, Rime, Milano 1601, pp. 206 s.; Compositioni latine e volgari, Bergamo 1602; G. Talenti, Coro d’Elicona, Bergamo 1609 (in partic. p. 243). Inoltre: O. Micheli, Apologetico, Bergamo 1613; G.B. Personè, Osservationi, Bergamo 1613; D. Calvi, Scena letteraria de gli scrittori bergamaschi, Bergamo 1664, pp. 324-327; Id., Effemeride sagro-profana..., I, Milano 1676, pp. 96, 161, 372, 429, II, pp. 460, 537; B. Vaerini, Gli scrittori di Bergamo, a cura di A. Alessandri, Bergamo 1873; A. Solerti, Vita di Torquato Tasso, Torino-Roma 1895; A. Pinetti, Nunzi ed ambasciatori della magnifica città di Bergamo alla Repubblica di Venezia, in Bergomum, XXXIII (1929), 1, pp. 32-57; G. Arbizzoni, Un nodo di parole e di cose, Roma 2002; D. Rhodes, Le opere di E. T. Studio bibliografico, in Studi sul Rinascimento italiano, a cura di A. Romano - P. Procaccioli, Manziana 2005, pp. 271-281; A. Maggi, Una figura poco conosciuta del tardo Rinascimento. E. T. e i suoi due canzonieri, in Esperienze letterarie, XXXI (2006), 2, pp. 3-38; G. Savoldelli, Appunti per una storia della stampa a Bergamo, Bergamo 2006, pp. 131 s.; M. Bianco, Il primo libro di lettere dedicatorie di diversi (Bergamo, 1601), in Margini. Giornale della dedica e altro, I (2007), pp. 2-16; T. Tasso, Lettera sul matrimonio, a cura di V. Salmaso, Padova 2007; A. Benassi, Tanto di senso copioso e abbondante. Note sulla Virginia di E. T., in Con parola brieve e con figura, a cura di L. Bolzoni - S. Volterrani, Pisa 2008, pp. 421-450; A. Prosperi, Delitto e perdono, Torino 2013; N. Ordine, Tre corone per un re, Milano 2015.