ERIZZO
. Famiglia veneziana venuta da Capodistria, secondo alcuni nel 966, secondo altri nell'805, avrebbe fabbricato in Venezia la chiesa dei SS. Apostoli, che invece dalla tradizione è attribuita al vescovo opitergino S. Magno. Sembra che meritasse l'aggregazione all'ordine patrizio per essersi distinta nell'assedio di Zara, al tempo della prima ribellione, sotto il doge Domenico Contarini. Certo è che, con la Serrata del Gran Consiglio (1297), essa vi restò inclusa. Gli E. erano in genere dediti al commercio, ma molti furono anche podestà, capitani di terra e di mare, provveditori e procuratori, e uno di essi giunse alla suprema dignità ducale.
Nel sec. XV, un Battista fu capitano delle galere a Beirut e podesta a Conegliano; un Antonio provveditore a Chioggia, podestà a Vicenza, Verona, Padova, procuratore di S. Marco. Ma chi immortalò il nome di E. fu Paolo, che, dopo avere eroicamente difesa Negroponte, arresosi a patto d'aver salva la vita, fu con crudele malafede fatto segare in due da Maometto II (1470). La leggenda secondo cui la figlia Anna, piuttosto che prostituire il suo onore al vincitore, avrebbe preferito di uccidersi, diede luogo alle tragedie di Vincenzo Formaleoni (1783), Giuseppe Padini (1856), Antonio Dall'Acqua Giusti (1858).
Nel sec. XVI Giambattista fu vicedoge, nell'interregno fra la morte di Leonardo Loredan (21 giugno 1521) e l'elezione di Antonio Grimani (4 luglio 1521). Nel sec. XVII, campeggia la figura del doge Francesco (v.). Nel sec. XVIII, Niccolò, piuttosto di deporre la parrucca di recente introduzione in Venezia, si lasciò diseredare dal padre, rappresentante dell'opinione generale contraria a tale moda (condannata, poi, dalla legge del 7 maggio 1708). Andrea e Guido, nel 1707 trasportavano l'Accademia di economia politica e giurisprudenza, fondata da poco in palazzo Farsetti, nel loro palazzo di S. Martino (gli E. ne possedevano un altro alla Maddalena), dove rimase fino alla caduta della Repubblica, col nome di Accademia Erizzo. Ultimi della famiglia furono: Niccolò I, che dopo la battaglia di Borghetto venne inviato con Francesco Battaggia (2 giugno 1706), quale savio di Collegio ad assistere il Foscarini, provveditore generale a Verona, nelle vane trattative col Bonaparte, e che, in mezzo alla montante marea rivoluzionaria, stette decorosamente al suo posto quale provveditore straordinario di Vicenza, Padova e Polesine: e Niccolò II Guido, patrono dell'arsenale, savio sopra i conti, savio di terraferma, che, caduta la Repubblica, si conservò fiero avversario della democrazia e riprese a servire la sua città, quando sotto le dominazioni straniere, essa s'acquietò nell'ordine, scrivendo anche per la sua conservazione un'apprezzata Memoria sui fiumi veneti. Con lui, morto nel 1847, la famiglia E. si estinse.
Bibl.: Arch. Sta. Ven., Barbaro, Arbori, ms.: Museo Civico, Girol. Priuli., Pretiosi Frutti del M. C., ms.; S. Romanin, Storia docum. di Venezia, Venezia 1853-1861, IV, pp. 336, 341; V, p. 339; IX, p. 309; X, p. 54; G. Tassini, Curiosità veneziane, Venezia 1863; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia e i suoi ultimi cinquant'anni, Venezia 1855, pp. 113-114.