Ermafroditismo
Il termine ermafroditismo deriva dal nome di un personaggio della mitologia greca, Ermafrodito. Figlio di Hermes e Afrodite, fece innamorare di sé la ninfa Salmace; avendola respinta, questa ottenne dagli dei di confondersi con il corpo dell'amato, che divenne così un essere ibrido, partecipe della natura maschile e femminile. In biologia per ermafroditismo si intende la compresenza di organi riproduttivi maschili e femminili nello stesso individuo. Si tratta di una condizione riscontrabile comunemente nelle piante e negli animali inferiori, mentre nei Vertebrati superiori e nell'uomo l'ermafroditismo rappresenta un fenomeno anormale e patologico.
Nella maggior parte degli organismi il processo riproduttivo è basato sull'unione di due cellule germinali, le quali contengono la metà del numero di cromosomi di ciascuno dei due genitori. In tal modo, l'individuo che ne deriva possiede una combinazione casuale dei corredi genetici dei genitori. Questo processo riproduttivo determina la formazione di sessi separati e distinti (maschile/femminile) nell'ambito di molte specie. La riproduzione sessuata, pur essendo più complessa e meno affidabile rispetto alla riproduzione asessuata in cui il nuovo organismo trae origine da un unico genitore e ne riproduce esattamente le caratteristiche, è stata premiata dall'evoluzione, in quanto comporta un elevato grado di variabilità con sempre nuove combinazioni di caratteri ereditari, utili a fronteggiare i mutamenti ambientali e le mutazioni geniche. In alcune specie, tuttavia, le caratteristiche biologiche maschili e femminili coesistono nello stesso individuo (ermafrodita) fin dalla nascita, oppure soltanto per alcuni periodi della sua vita riproduttiva. Questi individui si riproducono comunque per incrocio reciproco, dal momento che l'autofertilizzazione rappresenta un evento raro.
L'ermafroditismo, piuttosto comune negli Invertebrati, è poco frequente nei Vertebrati ed è spesso limitato ai Pesci, che presentano un tipo di ermafroditismo definito sequenziale. Sono note due forme di ermafroditismo sequenziale: la protoginia e la protoandria. Le specie con protoginia maturano e si riproducono come femmine e successivamente si differenziano come maschi; al contrario, i membri delle specie con protoandria maturano e si differenziano come maschi e successivamente si modificano in femmine. Queste variazioni sono caratterizzate fondamentalmente da una riorganizzazione delle gonadi. Quando una femmina si tramuta in maschio il tessuto ovarico, inizialmente predominante, degenera, mentre il tessuto testicolare, presente soltanto in aree limitate, dette isole, si sviluppa e progressivamente si distribuisce in modo uniforme in tutta la gonade. Il risultato complessivo è la formazione di un testicolo solido con la presenza di una cavità ovarica, quale unica testimonianza di una differente origine. La trasmutazione sessuale, spesso accompagnata da modificazioni caratteristiche, riguardanti la pigmentazione, la forma e il comportamento, è legata a cambiamenti dell'ecosistema a cui queste specie appartengono.
Nei Mammiferi, tutti gli individui si sviluppano in senso femminile a meno che non intervenga uno specifico processo di mascolinizzazione. In tal senso, lo sviluppo sessuale dei Mammiferi dipende da tre processi principali: a) costituzione cromosomica dello zigote (XX femmine, XY maschi); b) differenziamento delle gonadi in ovaio e testicolo; c) differenziamento degli organi di riproduzione interni e sviluppo dei genitali esterni. Lo sviluppo di uno specifico fenotipo sessuale dipende pertanto da complesse interazioni tra geni, ormoni e numerosi segnali di comunicazione cellulare.
Le differenze fenotipiche tra maschi e femmine, apparentemente ovvie e assolute, sono, invece, talora complesse e poco definite. Le condizioni fenotipiche nelle quali l'aspetto dei genitali esterni è ambiguo o discordante con il sesso cromosomico, gonadico e genetico di un individuo, sono dette stati d'intersessualità. Questi possono risultare da alterazioni cromosomiche, da mutazioni geniche, da influenze ormonali, da anomalie dello sviluppo. Molte di queste condizioni sono impropriamente considerate ermafroditismo: a ciò ha contribuito la credenza secondo la quale l'ermafrodita sarebbe dotato di organi di entrambi i sessi e capace di autofecondazione, una sorta di coppia di gemelli siamesi in grado di produrre uova e spermatozoi con organi interni tali da consentire una gravidanza. Figure di ermafroditi compaiono spesso nei miti teogonici e cosmogonici, così come sono frequenti esseri eccezionali, capaci di cambiare sesso (per es., nella mitologia greca Ceneo e Tiresia). Condizioni reali di ermafroditismo sono da tempo note agli allevatori di bovini nei casi di gemellanze di sesso opposto, in cui la femmina presenta chiari segni di mascolinizzazione con conseguente sterilità. Il processo comporta una perdita apparente degli ovociti e la transdifferenziazione dell'ovaio in testicolo (fig. 2), condizione trasmessa ereditariamente per generazioni. Un processo simile può anche essere indotto sperimentalmente tramite, somministrazione in vitro dell'ormone antimülleriano a cellule ovariche coltivate.
Analoghe condizioni nell'uomo sono state descritte in alcune comunità (per es., nella Repubblica Dominicana e nella Nuova Guinea) a elevato tasso di endogamia. I neonati con questa condizione vengono educati come maschi, malgrado presentino alla nascita aspetti sessuali secondari di tipo femminile. Alla pubertà essi manifestano un aspetto di tipo femminile e, additati come machi hembra, ovvero individui che hanno perso la loro mascolinità, vengono allontanati dal villaggio o comunque discriminati nella vita attiva del gruppo.
Il termine ermafroditismo è applicato correttamente solo quando è impossibile stabilire il sesso di un individuo semplicemente e soltanto su base anatomica. Il vero ermafrodita (con entrambi i tessuti, ovarico e testicolare) può in realtà presentarsi sia come femmina sia come maschio, sebbene vi siano di solito delle anormalità dello sviluppo o della differenziazione dei genitali, quali ernia inguinale, criptorchidismo, fusione labiale o sproporzione fallica. Privo della capacità di produrre sperma, sebbene talvolta possa produrre uova, il vero ermafrodita è ovviamente incapace di autofertilizzazione. Ha tessuto gonadico di ambedue i sessi, organizzato in modo separato e distinto, o combinato a formare un unico ovotestis, e può essere privo di strutture duttali femminili.
I veri ermafroditi sono molto spesso soggetti con corredo cromosomico XX, ma con materiale Y positivo sui cromosomi X in quantità sufficiente a produrre i tessuti di entrambi i sessi. Nel 1876, il patologo tedesco E. Klebs formulò un sistema di classificazione basato sulla struttura delle gonadi, identificando tre tipi di stati intersessuali: ermafroditi veri, con tessuti gonadici di ambedue i sessi (testicolo, ovaio); pseudoermafroditi maschili, con solo tessuto testicolare; pseudoermafroditi femminili, con solo tessuto ovarico. Questo sistema di classificazione è ancora in uso, sebbene attualmente si ritenga necessario inserire nella diagnosi di ermafroditismo numerose altre componenti, quali assetto cromosomico, sesso gonadico, ormoni sessuali, caratteri sessuali interni, caratteri sessuali esterni, sesso ipotalamico, sesso psicologico, educazione.
La condizione di vero ermafrodita è rara e la sua incidenza è ancora poco conosciuta. Le prime evidenze di ermafroditismo sono i genitali ambigui prima della pubertà, e lo sviluppo di mammelle in soggetti considerati come maschi (ginecomastia) e di amenorrea in soggetti considerati femmine dopo la pubertà. Questi pazienti presentano spesso emissione di sangue con le urine (ematuria), dovuta all'apertura del sinus urogenitale (nello sviluppo delle femmine dei Mammiferi dà origine alla vagina, all'uretra e alla vescica in modo distinto), e ciò simula una mestruazione. Manifestano inoltre mancata discesa dei testicoli nel sacco scrotale (criptorchidismo), ernia inguinale, sbocco dell'uretra in posizione anomala (ipospadia), dolore addominale per alterazioni della mucosa uterina (endometriosi) e spesso tumori addominali. Il 75% dei casi è diagnosticato nel secondo decennio di vita per la presenza di ginecomastia. La prima indagine diagnostica è l'esame dei cromosomi, che rileva in circa il 60% dei casi un corredo cromosomico (cariotipo) 46,XX. Sono presenti, tuttavia, soggetti descritti con corredo cromosomico 46,XY (nel 12% dei casi), condizioni di mosaicismo con corredo 46,XY/46,XX, o casi più complessi quali quelli con assetti cromosomici misti XX/XY (chimerismo), quale risultato di una doppia fecondazione di un uovo e del suo globulo polare. L'individuo risultante presenta cellule di due embrioni: una miscela di cellule determinanti il testicolo (XY) e altre determinanti l'ovaio (XX). Il fenotipo sessuale dell'ermafrodita vero dipende dalla distribuzione delle diverse cellule nella gonade durante lo sviluppo. Studi sperimentali condotti su chimere XX/XY di topo hanno permesso di dimostrare una preponderanza di sviluppo in senso maschile. Questo suggerisce che l'organizzazione testicolare induce localmente la diffusione di molecole controllate da specifici geni della mascolinità in grado di stimolare cellule con corredo XX o XY. I casi di ermafroditi con corredo cromosomico 46,XX sono dovuti, in maggioranza, a mutazioni di geni autosomici (cioè localizzati su cromosomi diversi da quelli sessuali) o di geni localizzati sul cromosoma X e che diventano attivi anche in assenza del gene regolatore SRY (Sex determining region Y gene). Sono invece rari i casi di ermafroditismo vero dovuti a geni del cromosoma Y, che riguardano traslocazioni di porzioni del cromosoma Y, comprendenti il gene SRY, sul cromosoma X. In questi casi l'inattivazione casuale dei cromosomi X può condurre a una situazione simile alle chimere XX/XY. Un differente meccanismo sarebbe alla base degli ermafroditi veri 46,XY nei quali una mutazione postzigotica del gene SRY porterebbe alla formazione di gonadi che contengono una miscela di cellule SRY normali e mutanti.
L'ambiguità sessuale e l'analisi del cariotipo rappresentano i primi indispensabili elementi diagnostici dell'ermafroditismo. Devono quindi necessariamente seguire la valutazione dell'attività testicolare attraverso il dosaggio del testosterone plasmatico e l'identificazione di ogni struttura interna attraverso ultrasuoni, cistouretrogrammi ed esame cistouretrovaginoscopico. A volte è necessaria l'esplorazione chirurgica per la diagnosi definitiva. L'attribuzione del sesso ai pazienti dipende dall'età della diagnosi, dal grado di virilizzazione dei genitali esterni, dalla capacità del testicolo a secernere testosterone dopo stimolazione con gonadotropina corionica (HCG) e dalla presenza di utero e di tube. In genere si opta per il sesso femminile perché la ricostruzione anatomica è più semplice, e inoltre perché spesso si ritrova tessuto ovarico funzionale: sono infatti noti diversi casi di gravidanze in pazienti con ermafroditismo vero.
Lo pseudoermafroditismo di solito è il risultato di un problema endocrino e presenta un cariotipo normale. Può essere maschile, con corredo cromosomico 46,XY e genitali ambigui o di tipo femminile, e femminile, con cariotipo 46,XX e genitali ambigui o di tipo maschile.
Nello pseudoermafroditismo maschile sono inclusi anche i quadri patologici da insensibilità agli androgeni, la sindrome da persistenza dei dotti di Müller e la sindrome da incompleta mascolinizzazione testicolare. In quasi tutte le condizioni di pseudoermafroditismo maschile il cariotipo è 46,XY o talvolta 45,X/46,XY. L'aspetto esterno è, comunque, quasi sempre determinato da un'incapacità intrinseca del tessuto testicolare fetale a produrre ormoni maschili in modo adeguato, sia qualitativamente sia quantitativamente, nel periodo neonatale. In alcuni casi la mascolinizzazione è completa da un lato del corpo e incompleta dall'altro. Nel lato incompleto, il tessuto testicolare si presenta ipoplasico. Questi individui vivono come maschi, ma presentano un pene di ridotte dimensioni spesso con reazione contrattile limitata, eiaculazione esigua o assente, eccitazione sessuale scarsa e incapace di portare all'orgasmo. Tipico è il mancato raggiungimento dell'aspetto adulto. La risposta a terapie ormonali è in genere negativa. Lo pseudoermafroditismo maschile è solitamente dovuto a mutazioni di geni responsabili della sintesi di proteine del metabolismo steroideo o di recettori degli androgeni a trasmissione autosomica recessiva, autosomica dominante o legata al sesso. Mutazioni nel recettore per gli androgeni, localizzato sul cromosoma X, sono responsabili di alcune forme definite anche sindromi da insensibilità agli androgeni (sindrome di Morris e sindrome di Reifenstein).
L'ambiguità dei genitali esterni associata a pseudoermafroditismo femminile è spesso presente in soggetti 46,XX con ovaio ed eccesso di androgeni durante la vita prenatale all'epoca della formazione degli organi sessuali secondari. Questo può essere dovuto a mutazioni del gene CYP21B, localizzato sul cromosoma 6, nella regione HLA, ereditate in maniera autosomica recessiva e associate alla sindrome adrenogenitale. In questo caso, il surrene produce, oltre al cortisolo, ormoni steroidei ad azione mascolinizzante. Si stima che almeno un individuo su 60 sia portatore sano di mutazioni in questo gene, ma solo una femmina su 7000 manifesta la sindrome, che è assente nei maschi. In alcune comunità dell'Alasca, l'incidenza di questa sindrome è pari a 1 ogni 141 nati vivi. La possibile diagnosi prenatale consente in molti casi il trattamento in utero, praticato a partire dal secondo mese di gravidanza con ormoni antagonisti, quali glucocorticoidi e desametasone, a evitare i sintomi della mascolinizzazione. Dal momento che l'azione mascolinizzante prosegue anche dopo la nascita, è opportuno proseguire il trattamento ormonale per tutta la vita. Nei casi non trattati, infatti, il processo di mascolinizzazione procede rapidamente e porta a una precoce pubertà maschile e all'inibizione delle manifestazioni regolari di pubertà femminile. Il trattamento ormonale può invece ripristinare le mestruazioni. Anche difetti di un enzima, l'aromatasi placentare, sono responsabili di pseudoermafroditismo nei feti di sesso femminile, associato a virilizzazione materna. L'azione di questo enzima sugli androgeni durante la vita fetale è, infatti, di fondamentale importanza per la produzione di estrogeni. I neonati che sono affetti da questo difetto enzimatico presentano genitali esterni maschili, mentre i segni di virilizzazione materna (irsutismo, acne, bassi livelli di estrogeni nel sangue, elevati livelli di androgeni) si riducono progressivamente dopo la nascita.
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