ERMAFRODITO (῾Ερμαϕρόδιτος, Hermaphroditus)
Macrobio (Sat., iii, 8) e Servio (ad. Aen., ii, 632) ricordano che esisteva a Cipro la statua di una divinità chiamata Aphroditos, rappresentata come un'Afrodite barbuta, e che il suo culto fu introdotto ad Atene nel V secolo. Il nome E. originariamente fu dato ad erme falliche o itifalliche con testa muliebre alle quali le donne - secondo Teofrasto (Char., 16) - offrivano ghirlande nei giorni quarto e settimo del mese, e di cui conosciamo qualche esemplare di età ellenistica (a Pergamo, ad esempio) e di età romana.
In età ellenistica si diffuse la favola d'origine letteraria, non mitologica, che fa di E. il figlio di Afrodite ed Hermes. Secondo questa favola (Ovid., Metam., iv, 285 ss.; Mart., Epigr., xiv, 174; Strabo, xiv, 2, 16; Fest., s. v. Salmacis) E. allevato dalle ninfe nelle foreste dell'Ida, in Frigia, dotato di una grande bellezza, quando ebbe quindici anni cominciò ad andare in giro per il mondo. In Caria, Salmacis, la ninfa del lago omonimo, fu presa d'amore per lui, ma vedendosi rifiutata, pregò gli dèi di far sì che i loro due corpi non si separassero mai. Gli dèi, esaudendo la ninfa, li unirono creando un nuovo essere, dalla doppia natura.
Nello stesso periodo si arricchì anche la tipologia artistica di E., sia per il gusto dell'abnorme proprio di quell'età, sia per il gusto che andava diffondendosi di rappresentare divinità pastorali, agresti o boscherecce, esprimendo in qualche modo la nuova sensibilità per gli spazî aperti e i paesaggi (si confronti l'analogo gusto nella lirica per il bozzetto, l'idillio, ecc.; la creazione nell'arte figurativa del rilievo paesistico), sia perché l'aumentato benessere generale permetteva di ornare le case con sculture o dipinti. Sarà sufficiente l'esempio di due grandi case (l'una delle Erme a Delo, l'altra detta "la casa romana" a Coo) per informarci sulle predilezioni degli antichi in età ellenistica per determinate immagini divine da collocare nelle abitazioni private: si tratta per lo più di divinità propiziatrici dell'amore, della fecondità, della ricchezza, della salute, e tra queste sono Afrodite ed Hermes; anche E., loro figlio, era onorato in ugual misura, e infatti a Rodi, Coo, ecc. sono state trovate immagini sue, delle stesse dimensioni delle statue tutelari che ornarono le case - non già i templi! - ; e a Pompei sono stati trovati dipinti parietali che rappresentano la toletta di E., oppure lo stesso come iniziato nella cerchia dionisiaca. Alcune statue non lasciano dubbio alcuno sull'identificazione, giacché presentano organi sessuali maschili e seni femminili; ma dove questi manchino, il riconoscimento è spesso dubbio.
Cronologicamente il tipo più antico (l'archetipo è riferibile alla metà del IV sec. a. C.) è una figura stante, della quale esistono pochissime repliche (la più bella è conservata nei Musei di Berlino). Il Furtwängler (preceduto dallo Hermann e seguito dall'Amelung), considerando che l'originale era certo un bronzo, ha supposto trattarsi dell'Hermaphroditus nobilis, menzionato da Plinio (Nat. hist., xxxiv, 8o) come opera dello scultore Polykles. In tal modo Polykles veniva ad identificarsi con lo scultore attico la cui acmè Plinio (Nat. hist., xxxiv, 50) pone alla cii Olimpiade (372-369 a. C.). Ma, data la scarsità delle repliche, è difficile - anche se non impossibile - ritenere famoso l'archetipo; e in secondo luogo, è incerto si tratti realmente di una figura bisessuale: il nudo infatti non è femminile, ma ha piuttosto quel carattere efebico che si ritrova in opere prassiteliche: la statua di Berlino potrebbe dunque non rappresentare E. ma una delle due divinità cui l'arte greca ha attribuito un aspetto ambiguo, quasi femmineo: Apollo o Dioniso.
Esistono invece E. stanti sicuramente identificabili: una serie iconografica palesa l'unione con la tipologia di Attis, ossia del dio della fecondità che alza la veste per mostrare il sesso. Un esempio è il bronzetto alla Bibliothèque Nationale di Parigi, in cui l'abito sollevato contiene fiori e frutta. Pure stante è un E. rinvenuto a Coo, in cui il bel nudo soffice è l'essenziale della rappresentazione, mentre il mantello è un'aggiunta manieristica di colore. Secondo il Klein, anche una figura stante, acefala, di Palazzo Doria era originariamente un E., il cui sesso è stato poi ricoperto dal mantello di restauro.
È ovvio che l'insegnamento di Prassitele agisce sulla rappresentazione di una creatura di voluttà e di sogno erotico com'è l'E., e infatti lo schema del prassitelico Satiro in riposo dalla linea sinuosa, in cui lo spostamento della gravitazione rende necessario l'appoggio, ritorna in un'opera famosa quale l'E. di Pergamo, del tardo ellenismo, nel gusto già neo-classico. Probabilmente si tratta di E. anche per una statua rinvenuta a Rodi, ora nella Collezione Tozzi a New York, di analogo schema, sebbene con seni poco sviluppati. Una replica acefala trovata a Coo potrebbe invece rappresentare Dioniso, giacché si conservano i riccioli sciolti sulle spalle. Analogo dubbio (giacché mancano chiare prove del carattere femminile) è per un E. appoggiato a un pilastro, vestito con lungo abito; una replica di questo tipo è a Firenze (Uffizî). Il giovanetto che presenta i caratteristici boccoli libici, ha un copricapo; probabilmente in questo caso si tratta di un originale, creato ad Alessandria circa alla metà del II sec. a. C. Una statua di E. certo famosa (le repliche sono numerose) e probabilmente di derivazione alessandrina (da Alessandria proviene un bronzetto della Collezione Blanchet) è quella che lo presenta in posizione tortile (a passo di danza ?), con la testa volta all'indietro e con uno specchio bivalvo nella mano destra abbassata sulla linea delle coscie. La replica più bella è il bronzetto al museo di Épinal. Il tipo dell'E. danzante con lo specchio è stato ripreso anche in rilievi neo-attici (rilievo di Trento). Non mancano, anche se in piccolo numero, raffigurazioni di E. inginocchiato (v. bronzetti alla Bibliothèque Nationale di Parigi). Notevole diffusione ebbe in età romana, grazie all'innato decorativismo della posa, il tipo dell'E. dormente, di cui l'esemplare migliore è al Museo Nazionale Romano. Per il contenuto di gusto "rococò" e per la forma espansa, l'opera è stata considerata nella produzione tardo-ellenistica (Klein e Giglioli); ma anche - per il forte colorismo, per il sottile ed analitico rendimento dell'espressione psicologica, per il dinamismo degli incontri angolari delle pieghe - è stata posta nell'ellenismo medio (Laurenzi). L'Adriani sottolinea l'affinità con l'Arianna del dipinto della Casa del Citarista a Pompei. Dato il numero piuttosto cospicuo delle repliche pervenuteci, si è pensato che questo, e non il tipo stante (v. sopra) si dovesse identificare col famoso E. menzionato da Plinio (Nat. hist., xxxiv, 80); in questo caso l'autore però non andrebbe identificato col Polykles del IV sec., ma col bronzista ricordato da Plinio (Nat. hist., xxxiv, 52) e da Pausania (vi, 4, 5) attivo intorno all'Olimpiade clvi, cioè alla metà del II sec. a. C.
E. è spesso rappresentato in gruppi con amorini e Pan, sia dormente (mentre Pan sollevando il mantello lo denuda), sia seduto su una roccia, mentre si difende dall'aggressione del dio-capro (v. replica agli Uffizî).
Un archetipo famoso, giacché se ne conoscono più di 20 repliche (all'elenco delle 21 repliche dello Hauser e del Mustilli vanno aggiunti i due gruppi frammentari del teatro di Antiochia e le due raffigurazioni musive della Casa del Bagno di Psiche, pure ad Antiochia), fu quello dell'E. che si difende da un satiro e cerca di rovesciarlo indietro alzandogli il piede destro e mettendogli le dita negli occhi. La maggior parte delle repliche sono opere scultoree, ma non mancano anche rappresentazioni differenti: due piccoli bronzi, una gemma e un affresco da Pompei ora al Museo Nazionale di Napoli. In base a due passi di Plinio, l'uno (Nat. hist., xxxvi, 24) in cui menziona un symplegma nobile a Pergamo, opera di Kephisodotos il giovane, l'altro (Nat. hist., xxxvi, 35) in cui dichiara che il symplegma di Heliodoros era il secondo gruppo famoso nel mondo; e notando che le repliche per il gruppo E.-satiro sono molte, più numerose di quelle del riconosciuto gruppo di Heliodoros, fu proposta l'identificazione del presente gruppo col symplegma pergameno. Tale identificazione fu però subito rifiutata (Krahmer, Laurenzi) e solo recentemente l'attribuzione a Kephisodotos il giovane è stata riesaminata come probabile dal Mustilli che nota come l'univisualità del gruppo sia imposta solo dal soggetto e riconosce somiglianze per la testa del satiro con opere del primo ellenismo; e dal Levi che cita analoghi soggetti tra le opere dell'inizio del III sec. (i satiri e baccanti del pittore Nikomachos, e la preferenza per soggetti erotici dei pittori Aristeides, Pausias e Nikophanes, chiamati appunto "pornografi"). Per una datazione del gruppo hanno proposto: metà del III sec. (Lawrence); fine III inizio II sec. (Ashmole); II sec. (Klein, che lo attribuisce alla scuola di Polykles II); metà circa del II sec. (Marconi); fine II sec. o ancor più tardi (Krahmer, Laurenzi e Pfuhl, che lo attribuisce ad Heliodoros); e di nuovo prima metà del III sec. (Mustilli e Levi). Ormai accertato è che l'archetipo fosse scultoreo, non pittorico: infatti nel mosaico di Antiochia il gruppo è raffigurato di prospetto nel riquadro di fronte all'entrata del tablinum, di profilo, nel riquadro a lato dell'entrata dello stesso tablinum. La replica più nota è quella all'Albertinum di Dresda; la migliore è quella in proporzioni ridotte a Ince-Blundell.
Monumenti considerati. - E. stante di Berlino: A. Furtwängler, in Abh. bayr. Ahad., xx, 1897, p. 582 ss. E. tipo Attis: E. Babelon-J. A. Blanchet, Cat. br. ant. Bibl. Nat., Parigi 1895, n. 310. E. di Coo con manto: L. Laurenzi, in Ann. Sc. It. Atene, N. S., xvii-xviii, 1955-6, n. 103. E. di Palazzo Doria: W. Klein, Von ant. Rokoko, Vienna 1924, tav. iv. E. di Pergamo: F. Winter, Alt. v. Pergamon, vii (1), 1908, p. 132 ss. E. della Collezione Tozzi: M. Bieber, The Sculpt. of Hellen. Age, New York 1955, f. 492. E.-Dioniso di Coo: L. Laurenzi, op. cit., n. 99. E. vestito degli Uffizî: G. A. Mansuelli, Galleria Uffizi, Roma 1958, n. 92. E. danzante con specchio: (Épinal): W. Riezler, in Brunn-Bruckmann, Denkm., testo a tav. 578; (Collezione Blanchet): J. A. Blanchet, in Revue Arch., xxviii, 1896 (1), t. iv; (Bibl. Nat. Parigi): E. Babelon-J. A. Blanchet, op. cit., n. 307. E. con specchio nel rilievo di Trento: Photographische Einzelaufnahmen, 1381. E. inginocchiato: E. Babelon-J. A. Blanchet, op. cit., n. 308 e 309. E. dormente: G. A. Mansuelli, op. cit., n. 53. E. con Pan su masso: G. A. Mansuelli, op. cit., n. 129. E. con satiro: (in generale): F. Hauser, ecc., in Brunn-Bruckmann, Denkm., testo a t. 731; D. Mustilli, Il Museo Mussolini, Roma 1939, p. 74 ss.; (Antiochia, teatro): Antioch on the Orontes, ii, p. 173, tav. 13 e 14; (Antiochia, mosaici): D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, Princeton 1947, i, p. 183 ss.; ii, tav. xl.
Bibl.: P. Hermann, in Roscher, I (2), Lipsia 1890, p. 2319 ss.; S. Reinach, in Revue Arch., 1898, I, p. 321 ss.; II, p. 302 ss.; E. Pfuhl, in Pauly-Wissowa, XIII, 1913, c. 43, s. v. Heliodoros, n. 22; P. Marconi, in Bull. Com., LI, 1923, p. 252 ss.; L. Laurenzi, Arti figurative, I, 1945, p. 19; G. Lippold, Handbuch, Monaco 1950, p. 225 e 366; A. Adriani, in Bull. Soc. Arch. d'Alexandrie, XXXIX, 1951, p. 14; M. Bieber, The Sculpt. of the Hellenistic Age, New York 1955, p. 125 e 146; M. Delcourt, Hermaprodithe, Parigi 1958; v. V. Herter, in Reall. Ant. u. Chris. (1958), s. v. Effeminatus.