GIGLIO TOS, Ermanno
Nacque a Chiaverano in provincia di Torino il 25 ag. 1865 da Domenico e Virginia Gillio. Compiuti gli studi secondari a Ivrea, si iscrisse nel 1886 alla facoltà di scienze naturali a Torino e si laureò nel 1889. Subito dopo fu nominato assistente nel locale museo di zoologia, diretto da M. Lessona, ove lavoravano anche T. Salvadori, L. Camerano e D. Rosa. Quando l'insegnamento di zoologia e anatomia comparata fu diviso fra due cattedre, il G. passò come assistente di Camerano a quella di anatomia comparata, dal 1891 fino al 1902, quando divenne egli stesso professore ordinario di zoologia, anatomia e fisiologia comparate a Cagliari. Si propose allora di creare un istituto di ricerche per la biologia marina del Tirreno nella località costiera di San Bartolomeo, e nel 1908 ottenne a questo scopo dal ministero della Pubblica Istruzione un primo finanziamento. Alle alterne vicende di questa iniziativa si legarono gli spostamenti accademici del G., che due anni dopo fu chiamato alla cattedra unificata di zoologia e anatomia comparata a Firenze, donde si trasferì per un anno (1914-15) a Pavia, per tornare a Cagliari nel 1916 e ancora nel '18, dopo una parentesi torinese, finché riuscì a concludere una convenzione col Comitato talassografico italiano per portare a termine la costruzione dell'edificio, sede dell'istituto, e avviare le attività della stazione. Dopo 17 anni di speranze e delusioni, nel 1925 lasciò definitivamente Cagliari e come titolare della cattedra di zoologia e direttore del Museo zoologico tornò a Torino.
Qui morì il 18 ag. 1926.
I suoi studi toccarono vari campi della zoologia, dalla sistematica applicata all'entomologia fino alla meccanica dello sviluppo e alla citologia ma, soprattutto, alla teorizzazione dei temi fondamentali della biologia; e mentre i lavori sugli Insetti furono inevitabile conseguenza della consuetudine con le collezioni del museo torinese, nella locale fiorente tradizione entomologica tutto il resto della ricerca si svolse come applicazione e tentativo di verifica di quell'ipotesi interpretativa o "sintesi" dei fenomeni biologici che aveva esposto nella poderosa opera Les problèmes de la vie pubblicata dal 1900 al 1910 (4 volumi, rispettivamente Torino 1900, Cagliari 1903, 1905, 1910). L'aveva fatta precedere dalla nota Un'interpretazione della assimilazione e riproduzione (in Bollettino del Museo di zoologia e anatomia comparata di Torino, XIV [1899], 353, pp. 1-6), in cui cercava di dimostrare come fosse possibile riconoscere queste due funzioni fondamentali della sostanza vivente nel processo chimico di raddoppio e successiva scissione della molecola organica di acido acetico in due molecole a essa identiche. La struttura della materia vivente, fatta di sostanze chimiche, avrebbe, secondo il G., i suoi costituenti elementari in molecole viventi, le biomolecole, organizzate su base simbiotica in biomori, a loro volta organizzati in biomonadi. Le biomonadi sarebbero le vere unità viventi, non le cellule che deriverebbero dalla simbiosi delle biomonadi. La simbiosi sarebbe il fattore di creazione, il fenomeno più importante di tutta la biologia, mentre la selezione naturale e la lotta per la vita sarebbero fattori di distruzione. Tale fu, rispetto all'ipotesi darwiniana, la posizione del G., che al principio di utilità si proponeva di sostituire quello di causalità, a suo parere più scientifico e razionale.
La struttura chimica, intesa come orientamento e attrazione reciproci degli atomi, delle biomolecole e dei biomori ecc. determinerebbe tutta la morfologia - per esempio, quella espressa dalle fino allora inesplicate figure della citodieresi - e tutta la fisiologia del vivente.
Spiegate in questa prospettiva le funzioni di assimilazione e di citodieresi, da esse il G. tentò di ricavare tutti i processi biologici, dallo sviluppo embriologico alla funzione clorofilliana e amilogena, alla secrezione, alla sessualità e perfino alla variazione e all'origine delle specie. A dimostrare quanto l'interpretazione da lui proposta fosse applicabile a ogni questione biologica, incluse nel terzo volume (pp. 1-79), dedicato a fecondazione ed eredità, uno studio sul "ringiovanimento" degli Infusori. Paragonando il corpo degli unicellulari a quello dei Metazoi, riteneva di poter dimostrare la corrispondenza perfetta tra la fecondazione in questi ultimi e i fenomeni di ringiovanimento nei primi.
Concludendo il suo lungo itinerario così si esprimeva: "La mia interpretazione non è perciò un'ipotesi, al contrario, è un metodo speciale per spiegare i fenomeni viventi, basandosi esclusivamente sui fenomeni e sulle proprietà della materia bruta, escludendo rigorosamente ogni ipotesi speciale, per riportare i fenomeni viventi nella stessa categoria degli altri fenomeni della materia. È precisamente questa esclusione di ipotesi che caratterizza la mia interpretazione ed è, credo, proprio in questa stessa esclusione, che risiede principalmente la forza della mia teoria e la sua sorprendente semplicità" (Les problèmes…, II, pp. IV s.).
Il citato lavoro costituisce una delle espressioni più coerenti del materialismo biologico in Italia nei primi anni del secolo. All'inizio poco letto e approfondito, conobbe successivamente grande diffusione e apprezzamento. A. Ruffini, a distanza di anni e indipendentemente dal G., ne confermò le previsioni con esperienze di laboratorio su processi morfogenetici, anche se ne rifiutò le posizioni teoriche sullo sviluppo ontogenetico (tra i due autori ci fu anche uno scambio di note polemiche: A proposito di secrezione interna durante l'ontogenesi, in Riv. di biologia, III [1921], pp. 558-563).
Accusato di eccessiva teorizzazione, il G. rispondeva che nella scienza il nucleo portante è proprio la teoria e non la serie dei fatti sperimentali, i quali invece devono servire di guida alla ricerca dei "come" e dei "perché" lungo il cammino delle idee. Le leggi che si traggono dalla teoria sono razionali e non temono smentite, quelle empiriche invece debbono spesso essere corrette e modificate. In tal modo il G. non si avvedeva, come molti materialisti del tempo, di attribuire la massima importanza alle leggi che, in quanto tali, finivano con l'avere un loro autonomo fondamento rispetto alla materia, a cui d'altra parte la sua filosofia riferiva l'origine di ogni fenomeno. L'interna coerenza e l'organicità dei riferimenti, ancor più che l'originalità delle ipotesi, ottennero al G. l'apprezzamento di autori stranieri come A. Prénant, e, in Italia, di E. Morselli, che nella Rivista mensile di opere di filosofia scientifica, salutò, fin dalla pubblicazione del primo volume, il lavoro del fisiologo torinese come un'originale espressione della biologia teorica in Italia.
Del tutto eccezionale, in un panorama scarso di saggi originali in campo teorico, G.B. Grassi definì il lavoro del G. (in I progressi della biologia… nell'ultimo cinquantennio, Roma 1911, pp. 123 s.), e chiamò l'autore "genio italiano e pioniere per aver additato nuove vie alla biologia sperimentale" quando, nel 1923, raccomandò la pubblicazione dei suoi risultati sperimentali su cariocinesi e fecondazione al direttore della Rivista di biologia (V [1923], pp. 585 s.), e propose di assegnargli il premio Bressa.
Un grande contributo dette il G. all'entomologia, specie dei Ditteri e degli Ortotteri. Per lo studio dei primi aveva potuto esaminare la raccolta Bellardi, portando a un alto livello di conoscenza la fauna tropicale. Erano gli anni delle esplorazioni naturalistiche dei vari ambienti terrestri e le collezioni del museo si andavano rapidamente ampliando. Per gli Ortotteri poté usufruire anche delle collezioni dei grandi musei europei come quello di Londra, Parigi, Budapest, Berlino, Vienna, cosicché fu in grado di completare l'osservazione di tutte le famiglie, descrivendo nuove specie e riordinando anche la classificazione. La parte più cospicua del lavoro sugli Ortotteri fu quella dedicata a una famiglia molto trascurata e praticamente sconosciuta, i Mantidi, cui dedicò una serie di memorie dal 1909 al 1917 sul Bollettino della Società entomologica italiana. Definì i caratteri sui quali si doveva fondare una nuova classificazione, e descrisse nuovi generi e specie. Scrisse il fascicolo Mantidae per il Genera insectorum di P. Wytsman del 1913. Pubblicò anche due testi monografici, con la chiave per la determinazione della specie, sugli altri due gruppi animali che meglio conosceva: Tra le farfalle (Torino 1906) e Gli uccelli d'Italia (ibid. 1918).
Passò poi a ricerche di anatomia, istologia ed embriologia, con contributi chiarificatori sull'origine di alcuni nervi cranici nell'uomo, sui corpi grassi degli Anfibi e sul significato anatomo-comparativo del diaframma degli Anuri. Studiando l'aspetto dei globuli rossi nel sangue delle varie classi di Vertebrati, scoprì nel sangue circolante di Anfibi la presenza di frammenti di globuli, che, ricchi di granuli produttori di emoglobina e capaci di moltiplicarsi per merotomia, sembravano perciò assolvere una peculiare funzione fisiologica (Dei corpuscoli rossi del sangue nel Batrachoseps attenuatus Esch., in Anatomischer Anzeiger, XV [1899], 16, pp. 293-298).
Nel 1908 il G. fondò una rivista ove raccogliere le ricerche sue e dei suoi allievi che intitolò Biologica, di cui però fu interrotta la pubblicazione l'anno successivo. Noto in Italia e all'estero, il G. fu socio delle più importanti accademie scientifiche.
Opere oltre quelle citate nel testo: Sui corpi grassi degli anfibi, Torino 1895, e riassunto in Bollettino dei Musei di zoologia e anatomia comparata di Torino, X (1895), pp. 1 ss.; Sull'origine embrionale del nervo trigemino nell'uomo, in Anatomischer Anzeiger, XXI (1902), pp. 85-105; I primordi del nervo acustico facciale nell'uomo, ibid., pp. 209-225; Sulle cellule germinative del tubo midollare embrionale dell'uomo, ibid., pp. 472-480; La moderna biologia speculativa, Cagliari 1903; A proposito del diaframma degli anfibi anuri, in Biologica, I (1908), pp. 26-32, 463-469; I mitocondri nelle cellule seminali maschili di Pamphagus marmoratus Burm., ibid., II (1908), 4, pp. 1-115; L'eredità negli organismi e la interpretazione chimica della vita, ibid., pp. 529-549; Studi sulla meccanica dello sviluppo, in Rivista di biologia, VI (1924), pp. 137-160.
Fonti e Bibl.: Necr. in Monitore zoologico, XXXVII (1926), pp. 237-240; Memorie della Società entomologica italiana, V (1926), pp. 35-41; Riv. di biologia, IX (1927), pp. 257-269; Revue générale des sciences pures et appliquées, XXXVII (1926), fascicolo 24; Internationale entomologische Zeitschrift, XX (1926), pp. 265 s.; A. Borelli, Nella ricorrenza anniversaria della morte di E. G.T., Torino 1927; E. G.T., in Boll. dei Musei di zoologia e anatomia comparata di Torino, s.3, XLI (1931), 2, pp. 1-6; U. Pierantoni, Zoologia, in Un secolo di progresso scientifico italiano 1839-1939, IV, Roma 1939, pp. 24, 32, 55; G. Cotronei, Biologia generale, Roma 1945, p. 94; U. Ancona, Zoologia generale, Torino 1953, p. 55.