Ermeneutica
(XIV, p. 243; App. IV, i, p. 720)
Filosofia
di Valerio Verra
Negli ultimi anni l'e. è stata indubbiamente una delle correnti filosofiche che ha avuto maggiore diffusione e risonanza, fino al punto che si è pensato di poterla definire la koiné del dibattito filosofico contemporaneo. Tale processo ha comportato per un lato l'emergere di nuovi importanti sviluppi dell'e., e per l'altro la possibilità di una sua comprensione più approfondita alla luce di una migliore messa a fuoco retrospettiva di molti suoi aspetti e articolazioni essenziali.
A tale proposito va anzitutto segnalata l'importanza del fatto che sia giunta a compimento la pubblicazione (1985-97) dei Gesammelte Werke di H.G. Gadamer (n. 1900), che presentano una panoramica vasta e unitaria del suo pensiero, sì da consentire di evidenziarne sempre meglio alcuni punti nodali: tra questi, la peculiarità della sua concezione della coscienza storica rispetto alle varie forme di storicismo rivolto a privilegiare, sia pur in forme diverse e con metodi diversi, la continuità del processo storico.
Se, infatti, è da tempo acquisito che l'affermazione gadameriana dell'"universalità dell'ermeneutica" va contro qualsiasi riduzione del dibattito filosofico, in modo diretto o indiretto, a una problematica metodologica per quanto nuova e sofisticata, appare ormai sempre più chiara e precisa la portata dell'accentuazione del carattere produttivo della 'distanza' storica quale condizione essenziale della fecondità del rapporto ermeneutico. Non la sua (illusoria) eliminazione, ma al contrario la sua valorizzazione consente infatti di non appiattirsi sulla tradizione, poiché è soltanto in virtù del permanere della distanza che il passato può essere chiamato in modo nuovo a dare nuove risposte, il cui criterio non può essere certo la mens auctoris o la fedeltà della ricostruzione dell'opera. La complessità di questo rapporto non dipende poi da insufficienze metodologiche più o meno superabili, ma dal carattere intrinseco e costitutivo della finitezza, che non può esser eliminato attraverso una qualsiasi forma di totalizzazione assoluta del processo interpretativo: per questo Gadamer, pur riconoscendo per tanti aspetti il suo debito a Hegel e l'importanza della sua scoperta e affermazione della soggettività rispetto al pensiero antico, non esita a proclamarsi "avvocato del cattivo infinito". Tutto ciò comporta poi la negazione di qualsiasi teleologia interna (di segno positivo o negativo, poco importa) nel processo storico-dialettico-dialogico, per cui in Gadamer non si possono né si debbono cercare prospettive storico-epocali di carattere nichilistico o apocalittico, che sono determinanti invece per altre forme di filosofia ermeneutica.
Non meno importante è il fatto che con Gadamer la filosofia ermeneutica prende le distanze dal pensiero heideggeriano per quanto riguarda la riconduzione della storia della metafisica a Platone, quale presunto responsabile della svolta dalla concezione della verità come disvelamento a quella della verità come esattezza. Questa divergenza comporta numerose e complesse differenze nella lettura dell'intera storia del pensiero occidentale, a cominciare dalla valorizzazione ermeneutica di Platone attraverso una revisione del rapporto Platone-Aristotele, di cui va segnalato qui almeno un punto essenziale, ossia la trattazione del problema del bene quale risulta in particolare dallo scritto Die Idee des Guten zwischen Plato und Aristoteles (1978), senza peraltro dimenticare che Gadamer aveva preso le mosse proprio dall'etica platonica con il volume del 1931 sul Filebo, né sottovalutare il fatto che ben tre dei dieci volumi dei Gesammelte Werke sono dedicati al pensiero greco. Gadamer esclude che in Platone il bene possa essere ridotto a una sorta di oggetto ideale di cui si possa avere scienza allo stesso modo delle altre idee e, al tempo stesso, attribuisce una posizione centrale nel pensiero aristotelico alla phrónesis, come forma di sapere pratico, distinto da quello della logica e della metafisica che pure hanno garantito la fortuna secolare, se non addirittura millenaria, del pensiero di Aristotele: un sapere che non esiste al di fuori della continua applicazione mediante la quale soltanto un concetto, un principio, una legge trovano senso e conferma. Non a caso dunque la filosofia ermeneutica gadameriana è stata uno dei fattori essenziali della 'riabilitazione della filosofia pratica' in corso negli ultimi decenni e incentrata proprio sulla ripresa dell'Aristotele etico-politico e della sua concezione concreta della vita buona per il singolo e per la comunità (Rehabilitierung der praktischen Philosophie, 1972-74; Tradizione e attualità della filosofia pratica, 1988).
Infine, l'affermazione dell'universalità dell'e., del primato del linguaggio rispetto al pensiero, ha portato con Gadamer a una decisa rivalutazione della retorica (nel senso più alto del termine, come ricerca di argomenti persuasivi all'interno del dialogo e del discorso nel loro continuo sviluppo, irriducibile a regole logiche o grammaticali estrinseche e astratte), rivalutazione della retorica che ha favorito l'incontro della filosofia ermeneutica con tendenze largamente diffuse nel postmoderno.
Quest'ultimo sviluppo dell'e. nel pensiero contemporaneo è stato particolarmente approfondito da G. Vattimo (n. 1936) in una serie di scritti tra i quali vanno ricordati soprattutto i volumi La fine della modernità (1985) e Oltre l'interpretazione (1994).
Come sottolinea ripetutamente Vattimo, a tale proposito non si può non richiamarsi anzitutto alla linea tracciata da M. Heidegger con il suo saggio sul moderno Die Zeit des Weltbildes (1938), pubblicato poi in Holzwege (1950), e con la sua critica complessiva dell'umanismo come compimento della metafisica. Ma l'essenziale, per Vattimo, è leggere l'interpretazione heideggeriana della modernità, e quindi della peculiarità della tecnica moderna, al di fuori dei consueti schemi di 'filosofia della cultura' e cogliere così il valore propositivo (e non soltanto negativo) dell'interpretazione della scienza e della tecnica moderna come compimento della storia della metafisica. D'altra parte, nel dibattito contemporaneo è diventata sempre più evidente la necessità di mettere in questione l'intero status della filosofia ermeneutica, in una parola i suoi possibili criteri di legittimazione. Questo compito, secondo Vattimo, non può essere assolto mediante un discorso di tipo puramente descrittivo del carattere ermeneutico di qualsiasi forma di coscienza e di esperienza, discorso che corre il rischio di rimanere ancora una volta impigliato in una concezione metafisica della filosofia e della sua storia. Tale rischio può essere evitato soltanto cercando una sorta di legittimazione epocale della filosofia ermeneutica proprio negli esiti della modernità, come conclusione della storia della metafisica.
In altri termini, la filosofia ermeneutica è intrinsecamente legata all'avvento del postmoderno in quanto è la risposta epocale alla distruzione della metafisica che Nietzsche e Heidegger hanno messo in luce, ma di cui soltanto ora si possono trarre le conseguenze abbandonando qualsiasi concezione dell'essere e dei valori che abbia un carattere 'forte', ossia fondazionistico e ontologico. La filosofia ermeneutica trova dunque legittimazione come rinuncia a qualsiasi illusione di preparare un 'ritorno dell'essere' e a leggere in questa chiave il pensiero heideggeriano, scorgendovi invece un invito a radicalizzare il motivo nichilistico, senza alcuna pretesa o presunzione di un superamento (nel senso tradizionale del termine) della metafisica. La filosofia ermeneutica, in conclusione, va intesa piuttosto come la storia di un lungo addio, di un indebolimento interminabile dell'essere quale esito manifesto della sua storia.
Per i suoi stessi legami con la tradizione romantica da una parte e con le tesi heideggeriane sulla portata veritativa dell'arte dall'altra, la filosofia ermeneutica non poteva poi non assumere un ruolo sempre più rilevante nel dibattito dell'estetica e della critica contemporanea. Particolare importanza ha avuto in questo quadro quella tendenza che va sotto il nome di estetica della ricezione e il cui maggiore esponente è stato lo storico della letteratura e filosofo H.R. Jauss (1921-1997) con numerosi scritti, tra cui soprattutto Ästhetische Erfahrung und literarische Hermeneutik (1982). Richiamandosi al concetto gadameriano di Wirkungsgeschichte (di solito tradotto con "storia degli effetti"), Jauss considera centrale, per una riabilitazione della storia della letteratura, prestare attenzione a un momento essenziale del processo estetico, indebitamente sacrificato, quello appunto della 'ricezione'. Nel triangolo autore-opera-pubblico, quest'ultimo non è affatto una parte soltanto passiva, una catena di semplici reazioni, ma, a sua volta, un'energia produttiva di storia. Questa istanza, che si richiama chiaramente al motivo ermeneutico della fusione degli orizzonti, deve essere fatta valere tanto contro l'ideale di oggettività della vecchia storia letteraria caduta in discredito, quanto contro la pretesa di esattezza avanzata dai detrattori della comprensione storico-ermeneutica, muovano essi da presupposti di tipo sociologico oppure strutturalistico. Nonostante i numerosi motivi di consenso con Gadamer, Jauss assume però una posizione critica nei confronti della sua e. poiché vi scorge un privilegiamento della nozione di 'classico' come prototipo di ogni mediazione storica del presente: una tesi, sempre secondo Jauss, che deriva dal non voler abbandonare il concetto di mimesis che può invece valere soltanto per alcune e non per tutte le fasi della storia dell'arte. Sempre per quanto riguarda la ricezione, Jauss ritiene infine che si debba sottolineare la sua portata pratica ed emancipatrice attraverso la continua interazione tra Wirkungsgeschichte e ricezione, tra orizzonte dell'esperienza e orizzonte dell'attesa, da cui scaturisce una dialettica interna tra letteratura e storia universale, una sorta di mediazione ermeneutica che consente di evitare ogni forma di storicismo sociologico estrinseco.
bibliografia
Tra gli studi generali più recenti, cfr.: F. Bianco, Pensare l'interpretazione, Roma 1991; J. Grondin, Einführung in die philosophische Hermeneutik, Darmstadt 1991, con un'ampia bibliografia articolata in una parte storica, che giunge sino al postmoderno, e in una disciplinare che concerne i rapporti dell'e. con la teologia, la letteratura, la filosofia pratica, l'epistemologia, il linguaggio, il diritto e la storia; U. Tietz, Sprache und Verstehen in analytischer und hermeneutischer Sicht, Berlin 1995; The specter of relativism. Truth, dialogue and phronesis in philosophical hermeneutics, ed. L.K. Schmidt, Evanstone 1995; Rhetoric and hermeneutics in our time, ed. W. Jost, H.J. Hyde, New Haven 1997.
Per quanto riguarda i testi: M. Heidegger, Die Zeit des Weltbildes (1938), in Holzwege, Frankfurt a. M. 1950 (trad. it. Sentieri interrotti, a cura di P. Chiodi, Firenze 1968); di H.G. Gadamer, oltre ai Gesammelte Werke, 10 voll., Tübingen 1985-97, cfr. in partic. Rehabilitierung der praktischen Philosophie, hrsg. M. Riedel, 2 voll., Freiburg i. Br. 1972-74; Die Idee des Guten zwischen Plato und Aristoteles, Heidelberg 1978 (trad. it. Genova 1984); e quanto pubblicato nella raccolta di saggi di vari autori Tradizione e attualità della filosofia pratica, a cura di E. Berti, Genova 1988. Per le opere di Betti, si rinvia a E. Betti, Teoria generale dell'interpretazione, Milano 1955, ed. corretta e ampliata a cura di G. Crifò, 2 voll., Milano 1990.
Cfr. inoltre H.R. Jauss, Ästhetische Erfahrung und literarische Hermeneutik, Frankfurt a. M. 1982 (trad. it. Bologna 1987); G. Vattimo, La fine della modernità. Nichilismo ed ermeneutica nella cultura post-moderna, Milano 1985, e Oltre l'interpretazione, Roma-Bari 1994.
Tra le bibliografie, cfr.: E. Makita, Gadamer Bibliographie (1922-1994), Frankfurt a. M.-Berlin-Bern-New York-Paris-Wien 1995, e la Bibliografia degli scritti di Vattimo sino al 1993, a cura di B. Boostels, in Interpretazione ed emancipazione. Studi in onore di G. Vattimo, a cura di G. Carchia, M. Ferraris, Torino 1996, pp. 433-46.
Per il contributo italiano allo sviluppo della filosofia ermeneutica, cfr. la raccolta di testi Beiträge zur Hermeneutik aus Italien, hrsg. F. Bianco, Freiburg i. Br.-München 1993.
Per quanto riguarda gli studi su singoli autori, su Betti cfr.: T. Griffero, Interpretare. La teoria di E. Betti e il suo contesto, Torino 1988, e A. Argiroffi, Valori, prassi, ermeneutica. E. Betti a confronto con N. Hartmann e H.G. Gadamer, Torino 1994.
Gli scritti su Gadamer sono ormai numerosissimi e crescono di giorno in giorno nelle più diverse aree culturali: ci limiteremo pertanto a ricordarne uno di particolare importanza, cioè il volume comparso nella celebre collana The library of living philosophers, a cura di L.E. Hahn, con il titolo The philosophy of H.G. Gadamer, Chicago 1997: nel volume infatti si trovano 29 interventi critici di filosofi contemporanei sui diversi aspetti del pensiero di Gadamer, a ciascuno dei quali segue immediatamente la sua replica; compare inoltre una bibliografia aggiornata degli scritti di Gadamer e su Gadamer.
Su Vattimo, cfr.: D. Antiseri, Le ragioni del pensiero debole, Roma 1993, e A. Staquet, La pensée faible de Vattimo et Rovatti. Une pensée faible, Paris-Montreal 1996.
Per il rapporto fra e. e letteratura, cfr.: D.C. Hoy, The critical circle. Literature, history, and philosophical hermeneutics, Berkeley 1978 (trad. it. Il circolo ermeneutico, a cura di F. D'Agostini, Bologna 1990), e la raccolta di studi M. Heidegger and the question of literature. Toward a postmodern literary hermeneutics, ed. W.V. Spanos, Bloomington 1979.
Per il rapporto fra e. e teologia, si veda in particolare l'annuario di teologia e filosofia fondato a Urbino da I. Mancini nel 1981 con il titolo Hermeneutica. Per il rapporto tra e. e diritto, v. oltre.
Diritto
di Francesco Riccobono
Ermeneutica giuridica
L'evidente centralità dell'attività interpretativa nell'esperienza giuridica - dalla comprensione del contenuto significativo della norma all'inquadramento della fattispecie concreta, dalla lettura del testo della legge alla sua applicazione al caso singolo - disegna la ragione e la portata della recezione delle problematiche ermeneutiche contemporanee nel campo della teoria del diritto. Nella seconda metà del Novecento la locuzione 'ermeneutica giuridica' diviene pertanto ricorrente nel significato, culturalmente determinato, di una teoria dell'interpretazione giuridica che abbia raccolto ed elaborato i più recenti e vivi insegnamenti della filosofia ermeneutica.
Decisive per tale connubio tra e. e giurisprudenza appaiono le posizioni dottrinali di H.G. Gadamer ed E. Betti (1890-1968). Il primo, recuperando in Wahrheit und Methode (1960) il momento dell'applicazione come momento costitutivo di ogni comprensione, segnalava conseguentemente il significato esemplare dell'ermeneutica giuridica. Nell'e. giuridica, infatti, "è essenziale la tensione che si stabilisce tra il testo [...] e il senso che assume la sua applicazione nel concreto momento dell'interpretazione, per esempio nel giudizio del tribunale" (Gadamer 1960; trad. it. 1990⁷, p. 359). Nell'e. giuridica, soprattutto, viene chiaramente esemplificata quella condizione della comprensione consistente nell'appartenenza dell'interprete al testo: chi interpreta la legge non può, per Gadamer, assumere liberamente un punto di vista, ma deve partire dal presupposto necessario che "la legge obblighi ugualmente tutti i membri della comunità giuridica" (Gadamer 1960; trad. it. 1990⁷, p. 382). Diverso è, invece, l'intento bettiano. Giurista eclettico, versato in tutti i rami del diritto, Betti aveva avvertito l'esigenza di legare l'interpretazione giuridica a una teoria generale dell'interpretazione costruita sui fondamenti dell'e. tradizionale, in aperta polemica con M. Heidegger. Nucleo della dottrina bettiana, come dispiegata nella Teoria generale dell'interpretazione (1955), sono i quattro canoni ermeneutici, la cui osservanza garantisce l'esito epistemologico dell'interpretazione. Essi si suddividono in due canoni attinenti all'oggetto (autonomia e immanenza del criterio ermeneutico, totalità e coerenza dell'apprezzamento ermeneutico) e in due canoni attinenti al soggetto (attualità dell'intendere, adeguazione dell'intendere). I quattro canoni, insieme, tracciano il retto cammino interpretativo nella direzione comunque di una preminente concezione oggettivistica dell'interpretazione, secondo il principio "sensus non est inferendus sed efferendus". Ciò comporta, in ambito giuridico, la sottolineatura bettiana della subordinazione dell'interprete alla norma, pur nel riconoscimento del carattere attivo dell'interpretazione giuridica, così da poter parlare di un "circolo di reciproca e continua rispondenza, fra il vigore della legge (o fonte di diritto) onde si desumono le massime della decisione, e il processo interpretativo che se ne fa nella giurisprudenza e nella scienza giuridica" (Betti 1948; rist. in Interpretazione della legge, 1971², p. 35).
È però da notare la diversa fortuna e il diverso seguito dei due autori, sicché può sostenersi che lo sviluppo attuale dell'e. giuridica sia avvenuto quasi completamente sul filo dell'impostazione gadameriana e abbia sostanzialmente trascurato le linee del pensiero di Betti.
L'attuale indirizzo ermeneutico giuridico è maturato negli anni Sessanta e Settanta grazie alle convergenti riflessioni di un gruppo di giuristi tedeschi - K. Larenz, F. Müller, J. Esser, A. Kaufmann, W. Hassemer, M. Kriele, J. Hruschka -, apertamente critici verso la metodologia giuridica del positivismo tradizionale e convinti del minor valore, nella determinazione del concetto di diritto, del dato legislativo rispetto all'opera di individuazione applicatrice (Rechtsfindung) del giudice. Il contributo più rilevante in tale prospettiva è stato offerto senz'altro da J. Esser (n. 1910) nel saggio Vorverständnis und Methodenwahl in der Rechtsfindung (1970), imperniato sui concetti di 'precomprensione' e 'circolo ermeneutico'. La 'precomprensione' di Esser riguarda differenti operazioni e situazioni che entrano nell'interpretazione e nell'applicazione del diritto: la comprensione del problema concreto da disciplinare che precede la consultazione del testo normativo; l'attesa, relativa alla possibilità di soluzione di questioni conflittuali, con la quale ci si accosta ai testi da interpretare; la considerazione anticipata dei risultati possibili del procedimento giudiziale; le aspettative dei soggetti potenzialmente coinvolti alla soluzione del caso, che formano un 'orizzonte di attesa' attorno a chi applica il diritto; l'anticipazione di senso che guida la comprensione del testo da parte dell'interprete, determinata da un rapporto con la tradizione comune all'intera società; il patrimonio categoriale - sociale e professionale - di cui l'interprete si serve; le supposizioni e le ipotesi provvisorie che accompagnano e condizionano l'interpretazione dei testi e dei fatti.
In stretto collegamento ai contenuti della 'precomprensione' Esser chiarisce il concetto di 'circolo ermeneutico', consistente "nel rapporto tra posizioni di problemi e risposte, intese come comprensioni delle norme, quindi nella circostanza che, senza un pre-giudizio sulla necessità di disciplina e sulla possibilità di soluzione, il linguaggio della norma non può assolutamente asserire ciò che gli si chiede: la soluzione giusta" (Esser 1970; trad. it. 1983, p. 133). Il 'circolo ermeneutico' di Esser esprime tanto l'inscindibile nesso tra interpretazione e applicazione del diritto ('circolo applicativo'), quanto la necessità di calare l'interprete in quella più complessa trama di standard morali e rapporti sociali in cui viene a determinarsi il valore appagante e pacificante della decisione giudiziale, ovvero la sua 'giustezza'. Il significato del testo normativo si palesa, dunque, nella sua applicazione, non più risultato d'inferenza logica attraverso il congegno del sillogismo giudiziale ma frutto d'una continua opera di valutazione degli interessi in gioco, degli obiettivi della norma, dei modelli di comportamento proposti. Se "la 'sussunzione causale' è la logica del positivismo, che voleva intendere il ruolo del giudice come quello di un meccanico esecutore della legge, che può soltanto dolersi dell'attuazione del suo 'triste risultato', ma non lo può impedire" (Esser 1970; trad. it. 1983, p. 68), l'e. giuridica di Esser pone al contrario l'accento sulla responsabilità decisionale del giudice come corollario della sua 'comprensione valutante'.
La circolarità dell'individuazione del diritto e lo scardinamento del procedimento sussuntivo del sillogismo giudiziale sono, a ben vedere, due argomenti congiunti irrinunciabili dell'indirizzo ermeneutico della filosofia e della teoria del diritto. Incisiva appare al riguardo la trasposizione in termini giuridici del circolo ermeneutico gadameriano condotta da A. Kaufmann (n. 1923) in un breve scritto del 1973, Über den Zirkelschluss in der Rechtsfindung: "Il concreto fatto di vita è comprensibile nella sua rilevanza giuridica solo in rapporto alla norma o alle norme giuridiche prese in considerazione, il senso della norma o delle norme giuridiche però si schiude solo con la comprensione del concreto fatto di vita" (rist. in Beiträge, 1984, p. 74). L'interesse dei giuristi che coltivano una prospettiva ermeneutica non è però solo metodologico o, meglio, non si tratta, secondo Kaufmann, solo della "comprensione ermeneutica del metodo giuridico" (Kaufmann 1997, p. 86). La loro attenzione è attirata pure da quei fenomeni giuridici - i principi generali del diritto, l'analogia, l'equità - che non si lasciano serrare entro il dato giuridico positivo, rivelando la ricchezza e la vitalità dell'esperienza giuridica. In tale contesto, fondamentale importanza acquistano i lavori dedicati da Esser ai principi generali del diritto (Grundsatz und Norm, 1956) e da Kaufmann all'analogia (Analogie und 'Natur der Sache', 1965).
In Italia, le tesi dell'e. giuridica hanno trovato buona accoglienza tra i cultori della scienza del diritto, immettendosi con naturalezza nel dibattito sull'art. 12 disp. prel. cod. civ., concernente appunto l'interpretazione della legge nei suoi aspetti applicativi, e, soprattutto, sfruttando un terreno già predisposto da alcune profonde intuizioni della dottrina italiana, sorprendentemente anticipatrici di tipiche argomentazioni ermeneutiche.
Il ruolo dei giudizi di valore nella preparazione delle premesse del sillogismo giudiziale era stato, per es., brillantemente svelato da G. Calogero in La logica del giudice e il suo controllo in Cassazione (1937); e R. Sacco si era soffermato con intelligenza, in Il concetto di interpretazione del diritto (1947), sui pregiudizi dell'interprete intorno al contenuto delle norme giuridiche. Attualmente l'accostamento tra scienza del diritto e prospettiva ermeneutica attraversa in Italia due direttrici. Da una parte, concetti ermeneutici sono presenti all'interno di teorie giuridiche diversamente orientate, come testimonia la vasta utilizzazione del 'circolo ermeneutico' nelle pagine di opere dedicate all'interpretazione giuridica. Il 'circolo ermeneutico' viene così tramutato in un 'circolo pragmatico', inteso quale rapporto tra una regola o un insieme di regole e la totalità delle sue applicazioni, ovvero come equilibrato rapporto tra il tutto e le parti dove non rileva il punto di partenza (Barberis 1990). O viene ancora assunto come categoria portante di una teoria morfologica dell'interpretazione giuridica, nella veste di un rapporto dialettico di 'reciprocanza' tra l'interprete e il testo, rapporto che travalica la preoccupazione filologica e normologica del quid iuris per attingere all'autenticità del quid ius (Frosini 1994). Dall'altra parte, si profila, con sempre maggiore intensità, un'attività di diffusione, commento ed elaborazione delle posizioni dottrinali dell'e. giuridica. In quest'ultima direzione emergono i nomi di L. Mengoni, illustratore del rapporto tra e. generale ed e. giuridica e studioso del 'diritto vivente' come categoria ermeneutica, e di G. Zaccaria, autore di fertili analisi sul rapporto tra e. e teoria del diritto nonché promotore dal 1995 - con M. Kriele, F. Viola e F. Volpi - della rivista Ars interpretandi, specificamente dedicata ai temi dell'e. giuridica.
bibliografia
Sull'e. giuridica in generale: L. De Ruggiero, Tra consenso e ideologia. Studio di ermeneutica giuridica, Napoli 1977; Hermeneutik und Strukturtheorie des Rechts, hrsg. M.W. Fischer, E. Mock, H. Schreiner, Archiv für Rechts- und Sozialphilosophie (Beiheft 20), Stuttgart 1984; L. Mengoni, Diritto e valori, Bologna 1985; Beiträge zur Juristischen Hermeneutik, hrsg. H. Vetter, M. Potacs, Wien 1990; G. Zaccaria, L'arte dell'interpretazione, Padova 1990; I. Mancini, Diritto e società. Studi e testi, Urbino 1993; Ermeneutica e filosofia analitica. Due concezioni del diritto a confronto, a cura di M. Jori, Torino 1994; R. Alexy, Interpretazione giuridica, in Enciclopedia delle scienze sociali, Istituto della Enciclopedia Italiana, 5° vol., Roma 1996, ad vocem; V. Marinelli, Ermeneutica giudiziaria. Modelli e fondamenti, Milano 1996; L. Mengoni, Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano 1996; G. Zaccaria, Questioni di interpretazione, Padova 1996; Diritto, giustizia e interpretazione, a cura di J. Derrida, G. Vattimo, Roma-Bari 1998.
Per quanto riguarda i testi: H.G. Gadamer, Wahrheit und Methode, Tübingen 1960, 1965² (trad. it. Milano 1972, 1990⁷); per i riflessi sul piano giuridico: G. Zaccaria, Ermeneutica e giurisprudenza. I fondamenti filosofici nella teoria di Hans Georg Gadamer, Milano 1984.
Per l'opera di Betti: E. Betti, Le categorie civilistiche dell'interpretazione, Milano 1948, rist. in Interpretazione della legge e degli atti giuridici, ed. riveduta e ampliata a cura di G. Crifò, Milano 1971²; Teoria generale dell'interpretazione, Milano 1955, ed. corretta e ampliata a cura di G. Crifò, 2 voll., Milano 1990; Diritto Metodo Ermeneutica. Scritti scelti, a cura di G. Crifò, Milano 1991. Su Betti, recentemente: L'ermeneutica giuridica di Emilio Betti, a cura di V. Frosini, F. Riccobono, Milano 1994. Per gli studi di Esser: J. Esser, Grundsatz und Norm in der richterlichen Fortbildung des Privatrechts, Tübingen 1956; Vorverständnis und Methodenwahl in der Rechtsfindung. Rationalitätsgrundlagen richterlicher Entscheidungspraxis, Frankfurt a. M. 1970, 1972² (trad. it. Napoli 1983). Su Esser: G. Zaccaria, Ermeneutica e giurisprudenza. Saggio sulla metodologia di Josef Esser, Milano 1984.
Tra i giuristi di lingua tedesca di ispirazione ermeneutica: K. Larenz, Methodenlehre der Rechtswissenschaft, Berlin-Göttingen-Heidelberg 1960; A. Kaufmann, Analogie und 'Natur der Sache'. Zugleich ein Beitrag zur Lehre vom Typus, Karlsruhe 1965; F. Müller, Normstruktur und Normativität, Berlin 1966; M. Kriele, Theorie der Rechtsgewinnung, Berlin 1967; W. Hassemer, Tatbestand und Typus. Untersuchungen zum strafrechtlichen Hermeneutik, Köln-Berlin-Bonn-München 1968; J. Hruschka, Das Verstehen von Rechtstexten. Zur hermeneutischen Transpositivität des positiven Rechts, München 1972 (trad. it. Napoli 1983); A. Kaufmann, Beiträge zur Juristischen Hermeneutik, Köln-Berlin-Bonn-München 1984; A. Kaufmann, Rechtsphilosophie, München 1997.
Per quanto riguarda gli autori italiani anticipatori di problematiche ermeneutiche: G. Calogero, La logica del giudice e il suo controllo in Cassazione, Padova 1937; R. Sacco, Il concetto di interpretazione del diritto, Torino 1947. Su tale aspetto della scienza giuridica italiana, più ampiamente: G. Marino, Diritto principi giurisprudenza. Percorsi della cultura giuridica italiana tra Otto e Novecento, Napoli 1990. Tra gli autori italiani che hanno utilizzato concetti ermeneutici: M. Barberis, Il diritto come discorso e come comportamento, Torino 1990; V. Frosini, La lettera e lo spirito della legge, Milano 1994.