MACARIO, Erminio
Attore, nato a Torino il 27 maggio 1902, morto ivi il 26 marzo 1980. Cominciò a recitare giovanissimo in piccole formazioni teatrali, nei paesi, preferibilmente durante le fiere. Entrò nel varietà nel 1924; nel 1925 fu ''secondo comico'' con Isa Bluette; nel 1929 fu coautore nella rivista Paese che vai. Negli anni seguenti formò la sua compagnia di avanspettacolo con cui si esibì in tutti i cinema-teatro d'Italia. Nel 1937 mise in scena Piroscafo giallo, una rivista che viene considerata precorritrice della commedia musicale italiana e in cui ''prima donna'' era Wanda Osiris. Lanciò in seguito moltissime attrici di rivista, come per es. L. Padovani in Febbre azzurra (1945), I. Barzizza, L. Masiero, D. Gray e S. Mondaini.
M. esordì nel cinema con Aria di paese (1933). Tra i numerosi film da lui interpretati si ricordano, anche per il successo ottenuto, Imputato, alzatevi! (1939); Lo vedi come sei? (1939), che sfrutta la celebre frase di tante sue scene; Come scopersi l'America (1949); e Italia piccola per la regia di M. Soldati (1957). Dopo un breve ritorno al teatro di prosa nel 1954 con Il coniglio freddo (da Il pollo freddo di A. Novelli), riprese l'attività teatrale, nel natio dialetto torinese, negli anni Sessanta, anni cui risalgono anche le sue prime esperienze televisive.
Circondato da bellissime ragazze (le cosiddette ''donnine di Macario''), privilegiò una comicità sommessa, quasi surreale, anche se ricca di doppi sensi e di battute pesanti. La sua spalla fu un bravo attore, C. Rizzo, un apparente burbero che gli permetteva di giocare continuamente di rimessa. M. si valeva anche di alterazioni del linguaggio: quel suo tipico aggiungere la lettera ''n'' alle sillabe iniziali (''Da Tonrino a Minlano'') che lo apparenta al più classico mescolare le sillabe dei linguaggi infantili. I suoi stupori, le sue pause esterrefatte come le proteste sempre uguali ("Lo vedi come sei?") lo facevano assomigliare al clown muto della tradizione circense. Infine la rotondità del volto, gli occhi sgranati, il ricciolo sulla fronte e il cappelletto fecero del suo volto una maschera tipica, tradotta in un segno grafico puntualmente esibito e sfruttato nel Corriere dei Piccoli da un personaggio col nome di Macarietto. A un giornalista che gli chiedeva di definire la propria comicità, M. rispose che era "un dono di natura... naturalmente poi viene il mestiere, il perfezionamento, le invenzioni. Ma la comicità è una radiazione che ha l'individuo, una magia che non sa spiegare neanche chi ce l'ha".