VALENTI, Erminio
– Nacque a Trevi il 24 dicembre 1564 da Attilio e da Lavinia Greggi, originaria di Norcia, nell’illustre famiglia Valenti (de Valentibus de Trivio).
Dopo essersi addottorato in diritto all’Università di Perugia, per molti anni praticò l’avvocatura a Roma, dove fu chiamato dagli zii paterni Ostilio (morto nel 1609) e Sestilio Valenti (morto nel 1620). Iscritto fra i cittadini romani nel 1596, si pose a servizio del cardinale Ippolito Aldobrandini, futuro papa Clemente VIII, che lo volle segretario del nipote, quel Pietro Aldobrandini che poi sarebbe divenuto cardinal nipote, presso il quale egli prestava servizio, come sosteneva Alfonso Chacón (1677, col. 359), «non tanquam amanuense, sed muneris socio». Progredendo nella carriera in Curia grazie agli Aldobrandini, Valenti tenne l’ufficio di segretario delle lettere ai principi. Ebbe la complessa missione, come inviato segreto, di preparare la pace fra Enrico IV di Francia e Carlo Emanuele I di Savoia, in guerra per il possesso del Marchesato di Saluzzo. Quando nel 1598 il cardinale Aldobrandini avviò militarmente il recupero di Ferrara, Valenti fu al seguito del porporato, fungendo da staffetta tra il campo militare e Roma.
Clemente VIII lo nominò prima canonico di S. Pietro (28 febbraio 1598) e poi protonotario apostolico (12 settembre 1602). Lo creò infine cardinale nel Concistoro del 9 giugno 1604; Valenti ricevette la berretta cardinalizia e il titolo presbiterale di S. Maria in Traspontina il seguente 25 giugno. Grazie alla porpora migliorò la sua situazione patrimoniale, potendo contare su una rendita annua complessiva di 8000 scudi.
Partecipò ai due successivi conclavi del 1605. Paolo V Borghese lo volle segretario di Stato, poi sostituito dal cardinal nipote Scipione Borghese Caffarelli quando i rapporti con il nipote di Clemente VIII, cui Valenti era rimasto legatissimo, divennero insostenibili.
Il 3 agosto 1605 Paolo V lo destinò a vescovo di Faenza e gli concesse le rendite dell’abbazia faentina delle Ss. Perpetua e Felicita. Fu consacrato a Roma, in S. Maria in Vallicella, il 18 settembre, dal cardinale Aldobrandini, arcivescovo di Ravenna, assistito dall’arcivescovo di Monreale Luigi de Torres e dal vescovo di Montefiascone Laudivio Zacchia, ma entrò in diocesi in forma privata sul finire dell’anno; Per crucem ad sydera fu la sua insegna episcopale.
A Faenza – scriveva Ludwig von Pastor (1958) – «svolse una meravigliosa attività, quale riformatore della diocesi e padre dei poveri» (p. 40). Da vescovo controfirmò la bolla di Clemente VIII del 15 dicembre 1604 per la conferma della decisione di Gregorio XIII di elevare a dignità metropolitana la diocesi di Bologna contro l’opposizione dell’arcivescovo di Ravenna. Sottoscrisse pure la bolla di canonizzazione di s. Carlo Borromeo, cui nel 1613 dedicò una cappella della cattedrale, che dotò con un legato di messe e fece decorare con sculture e affreschi che del santo arcivescovo di Milano ricordavano la vita, commissionati al pittore faentino Ferraù Fenzoni. Con solenne celebrazione, nel 1616 depose i resti del patrono s. Savino nella cappella del duomo allora fatta erigere e decorare a spese della città. Disciplinò l’attività della Compagnia della dottrina cristiana (Iesus Maria. Regole della Compagnia della dottrina christiana, Faenza 1614). Promosse la pratica delle Quarantore (Lettera pastorale con la nota, & ord. da osseruarsi nell’oratione delle 40. hore, Faenza 1615). Durante il suo episcopato furono celebrati due sinodi diocesani (Constitutiones dioecesanae synodi Fauentinae [...] celebratae anno 1615. die 15. mensis Octobris, Fauentiae 1615) e furono chiamati in diocesi carmelitani scalzi e gesuiti. Ai gesuiti affidò la Penitenzieria del duomo. Nel 1616 tenne a battesimo, e sostenne in seguito, l’Accademia dei Filoponi, cioè degli amanti della fatica. Nel 1618 dispose la costruzione della chiesa di S. Paolo per le terziarie francescane dette ‘le convertite’ (e poi ‘le micheline’ quando la chiesa cambiò intitolazione).
Affaticatosi nel corso della visita pastorale, si ritirò per qualche tempo a Trevi sperando invano di ristabilirsi con l’aria natia. Aveva conservato costanti e buoni rapporti con la città natale e nel 1609 aveva promosso un intervento di restauro della chiesa di S. Tommaso, nelle cui vicinanze aveva deciso di far erigere una prestigiosa dimora con giardino.
Morì a Trevi il 22 agosto 1618. Secondo le sue disposizioni, il seguente sabato 25 agosto fu sepolto nella chiesa della Madonna delle Lacrime dei canonici regolari lateranensi.
Qui tra il 1620 e il 1621 gli fu eretto un fastoso monumento dai nipoti ed eredi Battista, Pompeo e Francesco Benenati Piccolomini (al testamento dell’8 novembre 1615, in cui disponeva la sepoltura in duomo, il giorno stesso della morte fece aggiungere dal notaio Germano Paolelli un codicillo di variazione, affidando l’esecuzione di quest’ultima volontà a Virgilio Lucarino). Un suo ritratto, realizzato da Ottavio Leoni tra 1605 e 1608, si conserva nella sacrestia della chiesa trevana di S. Croce e in copia antica nel palazzo Valenti (il disegno preparatorio è a Vienna presso la Graphische Sammlung Albertina). Raffigurato sui quarant’anni d’età, il cardinale sembra confermare le parole di Gaetano Moroni (1853), che lo diceva «di grata presenza, svegliato e destro nel saper trattare i negozi». Un altro ritratto, ma a stampa, di minor qualità e di altra mano, apparve nelle Effigies cardinalium nunc viventium (Romae 1608, p. n.n.).
Fonti e Bibl.: Documentazione sul cardinale Valenti è conservata, oltre che nell’archivio di famiglia a Trevi (oggi Prosperi Valenti), tra le carte della Nunziatura di Francia (voll. 37-38) dell’Archivio apostolico Vaticano e nei codici Barb. lat. 8682, 8781, 8792, 5823 della Biblioteca apostolica Vaticana.
In assenza di una documentata monografia storica, bisogna accontentarsi dei pochi cenni biografici inseriti in opere generali, come Vita della beata Chiara da Montefalco, Perugia 1609, pp. 3-5; F. Ughelli, Italia sacra, II, Romae 1647, coll. 509 s.; L. Jacobilli, Bibliotheca Umbriae, V, Fulginiae 1658, pp. 98, 291; B. Platina, Delle vite de’ pontefici, Venetia 1666, pp. 796, 799; A. Chacón, Vitae, et res gestae Pontificum Romanorum et S.R.E. cardinalium, IV, Romae 1677, coll. 359 s.; G.J. Eggs, Supplementum novum purpurae doctae, Augustae Vindelicorum & Graezii 1729, pp. 485-487; G.V. Marchesi Buonaccorsi, Antichità ed eccellenza del protonotariato appostolico partecipante, Faenza 1751, p. 400; P. Giorgetti, Breve istorico compendio dell’immagine miracolosa di Maria santissima detta delle Lacrime, Todi 1782, pp. 41 s.; L. Cardella, Memorie storiche de’ cardinali della Santa Romana Chiesa, VI, Roma 1793, pp. 107-109; Le antichità valentine, Perugia 1828, pp. 12 s.; A. Strocchi, Memorie istoriche del Duomo di Faenza, Faenza 1838, pp. 14, 31; B. Righi, Annali della città di Faenza, III, Faenza 1841, pp. 190, 196, 201; A. Strocchi, Serie cronologica storico-critica de’ vescovi faentini, Faenza 1841, pp. 208-211; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, LXIII, Venezia 1853, p. 248, LXXXVII, 1858, pp. 243 s.; L. Fumi, La legazione in Francia del cardinale Pietro Aldobrandini, Città di Castello 1903, ad ind.; T. Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime a Trevi (Umbria), Roma 1928, pp. 254-261; P. Gauchat, Hierarchia catholica, IV, Monasterii 1935, pp. 8, 185; L. von Pastor, Storia dei papi, XI, Roma 1942, pp. 40, 190, XII, 1943, pp. 6, 43, 45, 161, 163, 248, 486; M.V. Prosperi Valenti, Un trevano alla corte degli Aldobrandini, in Bollettino storico della città di Foligno, XIV (1990), pp. 293-322; Die Päpstlichen Referendare, 1566-1809, a cura di Ch. Weber, III, Stuttgart 2003, p. 960; D. Rezza - M. Stocchi, Il Capitolo di San Pietro in Vaticano, I, Città del Vaticano 2008, pp. 422, 443; Y. Primarosa, Fermare il modello in posa con la matita, il bulino, il pennello. Il cardinale E. V. nei ritratti di Ottavio Leoni, in Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, CXI (2014), pp. 963-979.