BEVIN, Ernest
Uomo politico, nato pòstumo a Winsford (Somerset) il 9 marzo 1881, di poverissima famiglia operaia, orfano di madre ancora bambino, dopo una sommaria educazione alla scuola del villaggio, fuggì undicenne a Bristol dove esercitò i mestieri più umili e dove successivamente prese contatto con l'ambiente sindacale. Associato dal 1910 all'organizzazione dei portuali, divenne a un tratto celebre in tutto il paese il febbraio 1920 per avere vittoriosamente difeso dinanzi al tribunale arbitrale le rivendicazioni salariali dei portuarî. Organizzatore dell'opposizione operaia all'intervento armato britannico contro la Russia sovietica (1920), fondatore e segretario generale (gennaio 1922) del sindacato addetti ai trasporti cui finirono con l'aderire oltre 50 organizzazioni e più d'un milione d'operai, presidente dell'esecutivo della Confederazione britannica del lavoro (1936-37), ma lontano ancora dalla politica militante, non ostante i due scacchi elettorali a Bristol (1918) e a Gateshead (1931), Bevin ascese inaspettatamente al potere quando Churchill lo volle suo ministro del lavoro, un dicastero che tenne ininterrottamente per i cinque anni del governo di coalizione (maggio 1940-maggio 1945). A lui soprattutto si debbono le misure per la mobilitazione obbligatoria della mano d'opera e l'arruolamento dei giovanissimi per le mimere di carbone (i cosiddetti "Bevin boys"): misure corredate per un verso dal divieto di sciopero e, per altro verso, dal divieto di serrata e licenziamento. Acquistò in questi anni gusto ed esperienza di politica estera. Difese contro Bevan al congresso laburista di Londra (dicembre 1944) l'intervento britannico in Grecia e affermò al congresso laburista di Blackpool (Pentecoste 1945) non doversi trattare l'Italia quasi fosse ancora l'Italia di Mussolini. Dal 21 giugno 1940 deputato per il collegio londinese di Wandsworth e rieletto a forte maggioranza il luglio 1945, è da allora ministro degli Esteri e la personalità forse più suggestiva, certo più caratteristicamente popolare e nazionale che il laburismo abbia dato alla storia. Avverso d'istinto al Foreign Office, digiuno di esperienza diplomatica, ignaro di lingue straniere, seppe tuttavia ambientarsi perfettamente.
Chiaritosi fin dal convegno di Potsdam (agosto 1945) il dissidio fra le democrazie occidentali e la Russia, tenne testa a quest'ultima e nei consigli dei Quattro e all'assemblea delle N. U. e all'estrema sinistra alla Camera dei Comuni e nei congressi laburisti e sindacali. Gli errori di Bevin furono quasi esclusivamente la conseguenza di errori altrui (o retaggio degli accordi conclusi negli anni di guerra da Roosevelt e Churchill), sebbene spesso aggravati dal suo confidente ottimismo di negoziatore lungamente convinto di poter addivenire a un compromesso con l'Unione Sovietica magari a spese della Germania e dell'Italia, e soprattutto dal suo sentire economico-pratico anziché storico-politico, epperò sostanzialmente indifferente agli aspetti nazionali-sentimentali dei problemi di politica internazionale. Di qui, per es., la sua incomprensione del problema giuliano che ritenne solubile (fino alla nota tripartita del 20 marzo 1948 per la restituzione di Trieste all'Italia) mediante una finzione giuridica la quale salvaguardasse lo sviluppo commerciale del porto e il benessere economico della popolazione; di qui anche l'insufficiente comprensione del problema palestinese. Rimane nondimeno merito storico di B. non avere ceduto alle intimidazioni né a Berlino, né in Grecia, né a Trieste o nel Medio Oriente; non avere, se non parzialmente, disarmato nonostante la grave crisi economica dell'Inghilterra e l'evidente impopolarità di misure siffatte; di avere a un tempo favorito il superamento dell'impero e dell'imperialismo britannico mediante l'autogoverno in Birmania, in India, a Ceylon, a Malta e a Terranova, e avviato l'Europa occidentale, mediante il patto di Bruxelles, all'unità sotto l'egida americana e mediante l'europeizzamento permanente degli Stati Uniti. In politica interna e in politica estera B. ha tuttavia salvaguardato i principî della pianificazione socialista, all'antica forza e all'antica nobiltà della tradizione storica britannica impersonata dal Foreign Office vittoriosamente consertando così la nuova forza e la nuova nobiltà del lavoro.
Bibl.: Alcuni discorsi di guerra nel vol. The Job to be done, Londra 1942; inoltre: Trevor Evans, B., Londra 1946; F. Williams, The triple Challenge, Londra 1948; D. W. Healey, Ernest Bevin, Londra 1949.