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PURITZ MANASSÉ, Ernestine

di Paola Govoni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 85 (2016)
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PURITZ MANASSE, Ernestine (Ernestina Paper)

Paola Govoni

PURITZ MANASSÉ, Ernestine (Ernestina Paper). – Nacque a Odessa nel 1846 da Michele Puritz e da Sara Ritter.

Visse in Italia dal 1872 alla morte, escluso il periodo 1897-1905 quando tornò a Odessa. Adottò il cognome del marito, Giacomo Paper, un avvocato che sposò a Odessa (Zürich, Staatsarchiv des Kantons Zürich, SKZ) e che, pare, morì a Pietroburgo nel 1881. A Firenze fu Sara Ritter a inaugurare il foglio di famiglia in cui Ernestine rimase iscritta fino alla morte e dal quale si desumono le informazioni qui riportate, inclusa la presenza di una «Paper Elisa figlia di Giacomo, nata a Pisa nel 1875», quasi certamente figlia di Ernestine (Firenze, Archivio storico del Comune di Firenze, da qui in avanti FASC, Anagrafe).

Né alle autorità di Zurigo né a quelle di Firenze questa dichiarò il cognome Puritz Manassé, menzionato invece al momento dell’iscrizione all’Università di Pisa (Archivio di Stato di Pisa, da qui in avanti ASP). Di famiglia agiata di cultura ebraica, allo stato attuale degli studi è la prima donna in Italia, una delle prime a livello internazionale, ad avere conseguito la laurea e la specializzazione in medicina, nonché la prima laureata in età postunitaria (Ravà, 1902; Israelite italiane laureate..., 1902; in Raicich, 1989, le poche notizie biografiche fino a ora note e desunte da ASP).

Alimentando accesi dibattiti in Europa, tra Seicento e Settecento a Sud delle Alpi alcune donne riuscirono a condurre studi universitari, come Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima di cui si abbia documentazione completa della laurea che conseguì nel 1678 a Padova. O come Laura Caterina Bassi che nel 1732 si laureò e divenne docente presso lo Studio di Bologna: primo incarico universitario mai assegnato a una donna in Europa (M. Cavazza, ‘Dottrici’ e lettrici dell’Università di Bologna nel Settecento, in Annali di Storia delle Università italiane (ASUI), I (1997), pp. 109-126). Diversamente da altri Paesi europei e del Nord America, in Italia tra i casi di età moderna e la laurea di Puritz nel 1877 non risulta siano mai state introdotte norme che escludessero le donne dall’università: a tenerle lontane dalla formazione scolastica e superiore bastarono le radicate consuetudini culturali e religiose (dalla Casa - Tarozzi, 1988).

Non si hanno notizie degli studi scolastici di Puritz, che per tre semestri, tra l’8 ottobre del 1870 e il gennaio 1872, studiò medicina a Zurigo (SKZ e VUZS, 1870). Nel novembre del 1872 si iscrisse al secondo anno della facoltà medica di Pisa, dove nel 1875 conseguì il primo livello di laurea (ASP). Lo stesso anno si trasferì a Firenze per ottenere la specializzazione biennale medica presso il Regio Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento (Firenze, Archivio storico dell’Università di Firenze, ASUF, Cancelleria degli Studi, Affari spediti, 1875-76, fald. 105, aff. 150). Tra il 9 e l’11 luglio 1877, sostenne gli esami di ‘promozione e finali’ la cui documentazione testimonia dell’eccellente preparazione conseguita presso l’arcispedale di S. Maria Nuova (ASUF, 1876-77, fald. 115, aff. 121; Annuario del R. Istituto di Studi superiori pratici e di perfezionamento…, Firenze 1877, p. 52).

Solo nel 1883 la facoltà medica di Pisa sarebbe stata completata con gli insegnamenti previsti fino al sesto anno, per questo gli studenti ultimavano la formazione presso l’Istituto di Firenze (Rogari, 2005; Del Tacca - Pasqualetti, 2010). L’Istituto di studi superiori era una realtà nuova, incentrata sulla ricerca e dove l’enfasi sugli ‘studi pratici’ indicava l’orientamento politico di coloro che la finanziarono e sostennero: l’anno in cui Puritz si iscrisse, la prolusione accademica fu tenuta dal fisiologo materialista Moritz Schiff (ASUF, 1875-76, fald. 115, aff. 1).

Nel marzo del 1878 al numero 12 di via Venezia Puritz aprì un ambulatorio per ‘malattie delle donne e bambini’ (annuncio a pagamento, Signora Ernestina Paper, in La Nazione, 6-7 marzo 1878, p. 3 non numerata). Al primo piano del numero 6 della stessa via, risiedeva con la madre, la figlia, altre cugine più giovani e il cugino Giacomo Puritz, anch’egli nato a Odessa e laureato in medicina tra Pisa e Firenze, attivo in ambito sociale e politico. La moglie di questi, Mary Nathan Puritz, pure di famiglia ebraica, era figlia di Virginia Mieli e di Ernesto Nathan, il noto politico anglo-italiano, gran maestro del Grande Oriente, sensibile ai temi del femminismo e dell’educazione laica (Tomasi, 1980, pp. 35-43). Mary ed Ernestine furono attive insieme nella Federazione femminile toscana (FFT), emanazione del Consiglio nazionale delle donne italiane (Miniati, 2003, pp. 186-188). Già nel 1881, in occasione del censimento, Puritz si dichiarò tuttavia ‘dottoressa non esercente’ (FASC, Anagrafe): non erano anni in cui una medichessa, termine dell’epoca, potesse assicurarsi una clientela regolare, come lamentava ancora nel 1902 la collega fiorentina Aldina Francolini (Soldani, 2010, p. 10).

Dalla seconda metà dell’Ottocento, con l’ingresso delle donne nella formazione superiore, all’antico pregiudizio nei confronti del loro intelletto si aggiunse ovunque il più concreto timore di possibili turbamenti nei consolidati privilegi economici e di potere maschili in ambito professionale. La battaglia delle donne per praticare la professione medica (e per le stesse ragioni quella giuridica) fu una delle più difficili tra le molte combattute per la parità dei diritti. Il Geneva Medical College di New York, divenuto famoso nel mondo per avere concesso l’iscrizione nel 1847 all’inglese Elizabeth Blackwell, richiuse le porte alle donne dopo la sua laurea che, si precisò, era stata un «experiment, not intended as a precedent» (Bonner, 1992, p. 7, corsivo nel testo). La battaglia fu aspra soprattutto in Gran Bretagna e in Germania, dove le comunità degli esperti erano forti e coese anche in ambito scientifico, al contrario che in Italia, dove le donne nella scienza furono percepite come concorrenti degli uomini solo dopo la Grande Guerra. Nel mondo di lingua tedesca, l’Università di Zurigo per prima ammise le donne nel 1867, accogliendo centinaia di giovani russe come Puritz. In Russia, dopo una temporanea ammissione tra il 1859 e il 1863, le donne furono nuovamente escluse dalla formazione superiore, un episodio che aiuta a capire i primati delle studentesse russe in Europa: Puritz in Italia; Elena Lej in Francia, prima laureata in matematica e fisica alla Sorbona nel 1867; la matematica Sofia Kovalevskaya in Svezia, nel 1889 seconda donna a ottenere una cattedra universitaria dopo Bassi (Govoni, 2015).

Puritz praticò la professione privatamente e spesso gratuitamente. Attraverso Mary Nathan Puritz conobbe Amelia Pincherle Rosselli (i Nathan e i Rosselli erano imparentati e soci in affari in Inghilterra, dove Mary era nata), della quale curò i figli Aldo, Nello e Carlo e con la quale fu in contatto almeno fino al 1911 (Firenze, Fondazione Rosselli). Nel 1913, Elena French Cini, presidentessa della FFT, e Puritz, presidente della sezione d’igiene, scrissero al sindaco per proporgli di aiutare le madri povere del quartiere S. Croce con un progetto che prevedeva anche assistenza medica gratuita offerta dalle dottoresse Puritz e Carmela Daddi (FASC, Affari Generali). Nel 1921 Ernestine era ancora attiva come presidente della sezione d’igiene della FFT (Almanacco della donna italiana, Firenze 1921, p. 362). Non sono al momento confermate da documenti le notizie giornalistiche che la descrissero medico della sezione femminile dei Telegrafi di Firenze.

Poche le testimonianze di un’attività scientifica di Puritz, tra queste: nel febbraio del 1877, presentata dall’antropologo Paolo Mantegazza e dal fisiologo russo Aleksandr Herzen (assistente di Schiff), divenne ‘socio ordinario’ della Società di antropologia (Archivio per l’antropologia e l’etnologia, VII (1877), p. 271); nel 1884 furono riportati nei dettagli due casi di amenorrea guariti da Puritz con l’utilizzo dell’elettricità (Rivista clinica, III (1884), pp. 206 s.); nel 1894 in occasione di un congresso medico internazionale fu tra i ‘membri e aderenti’ (Atti dell’XI Congresso medico internazionale… 1894, I, Roma 1895, p. 70).

Morì a Firenze il 14 febbraio 1926.

I documenti e le testimonianze reperite mostrano che Puritz si mosse in ambiti alto borghesi, spesso di cultura ebraica e internazionale, sostenitori di un femminismo laico impegnato soprattutto in attività assistenziali e benefiche: un femminismo, sostenuto anche da uomini, con solidi contatti politici e massonici, orientato in chiave emancipazionista, sebbene con prudenza. Puritz si dichiarò convinta che la donna «è nata specialmente per essere moglie e madre», un compito a suo parere da assolvere con una solida formazione di ‘igiene’ e conoscenza dei ‘fenomeni naturali’; tuttavia riteneva allo stesso tempo che «certe carriere professionali» dovessero essere «agevolate alla donna», soprattutto per coloro che «vogliono o sieno in necessità di presciegliere un modo di vita e di lavoro diverso da quello della generalità delle donne» (Conferenza sulla donna, in La maestra elementare italiana, X (1878), p. 154). Una delle attività più interessanti di Puritz fu la divulgazione medica, d’igiene e scientifica, nella quale coinvolse diversi docenti universitari, che dal 1911 per la FFT mise a disposizione delle allieve di una scuola per bambinaie, che era aperta anche a ‘signore e signorine’ e che ebbe un buon successo per diversi anni (FASC, Scuole Leopoldine; E. Paper, Scuola “Pro Infanzia”, in Atti del Congresso internazionale femminile, Roma… 1914, Torre Pellice 1915, pp. 356-359). La corrispondenza con Mantegazza testimonia di questi interessi, che furono insieme scientifici, sociali e salottieri (Firenze, Archivio del Museo di antropologia). Nel corso della prima guerra mondiale fu contraria al servizio civile obbligatorio femminile, dichiarando che «per il bene della famiglia» la donna dovesse rimanere vicina «il più possibile al focolare domestico», ma aggiungendo poi che sarebbe stato peraltro impossibile convincere «4 o 5 milioni di donne a questo servizio, visto che solo con delle leggi severissime si ottiene che gli uomini facciano il servizio militare» (Dalle federazioni, in Attività femminile sociale. Rivista bimestrale del Consiglio nazionale delle donne Italiane, II (1914), pp. 112 s.).

Fonti e Bibl.: Non si è trovato un archivio delle carte di Puritz Manassé o della famiglia, né pare che Puritz Manassé abbia mai pubblicato articoli scientifici. Le notizie biografiche e sulla formazione universitaria provengono da: Zürich, Staatsarchiv des Kantons Zürich (SKZ), Band UU 24 a.2, Universitätsmatrikel 1869-1885, n. 3508-7307; Verzeichniss der an der Universität Zürich immatriculirten Studenten (VUZS) Wintersemester 1870/71, Zürich 1870, S. 7; VUZS Sommersemester 1871, Zürich 1871, S. 6; VUZS Wintersemester 1871/72, Zürich 1871, S.6; Archivio di Stato di Pisa (ASP), Università di Pisa (2° versamento), D.I.67 N, Rassegne dell’a.a. 1872-73, inserto Medicina e chirurgia, n. 20 (16 novembre 1872); Rassegne dell’a.a. 1873-74, inserto Medicina e chirurgia, n. 27 (19 novembre 1873); Rassegne dell’a.a. 1874-75, inserto Medicina e chirurgia, n. 31 (25 novembre 1874); Firenze, Archivio storico dell’Università di Firenze (ASUF), Cancelleria degli Studi, Affari spediti [coll. dei singoli documenti nel testo]; Firenze, Archivio storico del Comune di Firenze (FASC), Anagrafe, CF 12306 (foglio di famiglia che non è possibile consultare; dati ‘non sensibili’ trascritti da Marta Questa dell’Archivio, che ringrazio); Affari generali, CF 4751, lett. I, n. reg. 240, Firenze, 16 aprile 1913 (E. French Cini e P. al sindaco di Firenze, F. Corsini); Scuole Leopoldine, 1911, b. 60, f. 25; Archivio del Museo di antropologia, Carte Paolo Mantegazza (quattro lettere di P. a Mantegazza, due senza data, due del 1884); Fondazione Rosselli, Archivio della Famiglia Rosselli, M 51 (P. ad A. Rosselli, 9 settembre 1911).

Si sono inoltre consultati: Israelite italiane laureate nelle RR. Univ. del Regno dal 1877 al 1900, in Il Vessillo Israelitico, V (1902), pp. 167 s.; V. Ravà, Le laureate in Italia, in Bollettino Ufficiale del ministero della Pubblica Istruzione, I (1902), 14, pp. 634-654; T. Tomasi, Massoneria a scuola: dall’unità ai nostri giorni, Firenze 1980; B. dalla Casa - F. Tarozzi, Da “studentinnen” a “dottoresse”: la difficile conquista dell’istruzione universitaria, in Alma mater studiorum. La presenza femminile dal XVIII al XX secolo, Bologna 1988, pp. 159-174 (in partic. pp. 159 s.); M. Raicich, Liceo, università, professioni, in L’educazione delle donne…, a cura di S. Soldani, Milano 1989, pp. 147-181; T.N. Bonner, To the ends of the earth: women’s search for education in medicine, Cambridge 1992; M. Miniati, Les “emancipées”. Les femmes juives italiennes aux XXe siècles…, Paris 2003, pp. 186-188; S. Rogari, Gli anni dell’Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento, in L’Univer-sità degli Studi di Firenze…, a cura di S. Rogari, Firenze 2005, pp. 13-17; M. Del Tacca - G. Pasqualetti, La medicina alla Sapienza pisana, in Annali di Storia delle Università italiane, XIV (2010), pp. 217-227; S. Soldani, Le donne all’Uni-versità di Firenze. Numeri e volti di un cammino travagliato, in Le donne nell’Università di Firenze…, a cura di S. Soldani, Firenze 2010, pp. 9-27; P. Govoni, Challenging the backlash: women science students in Italian Universities (1870-2000), in Sciences in the Universities of Europe…, a cura di A. Simões - K. Gavroglu - M.P. Diogo, Boston 2015, pp. 69-88 (in partic. p. 73).

Vedi anche
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