PARODI, Ernesto Giacomo
– Nacque a Genova il 21 novembre 1862 da Elia e Teresa Raffetto.
Si laureò nella città natale nel 1885 con una tesi sulla Descrizione del dialetto genovese, discussa con Felice Bariola, ma il suo vero maestro fu Pio Rajna con il quale si formò durante gli anni di perfezionamento presso l’Istituto di studi superiori di Firenze (1887-88). Nominato nel 1888 professore reggente di storia (non titolare di cattedra) al liceo di Arpino, l’anno successivo trascorse un soggiorno all’Università di Lipsia, alla scuola del neogrammatico Karl Brugmann. Fatto ritorno in Italia, insegnò presso il liceo di Ancona (1890-91). Dopo un anno di aspettativa, avendo conseguito la libera docenza di storia comparata delle lingue classiche e neolatine presso l’Università di Torino, divenne nel 1892 incaricato di grammatica comparata e di lingua tedesca all’Istituto di studi superiori di Firenze. L’anno dopo riuscì primo nel concorso per straordinario di grammatica comparata bandito da quella sede, ma inutilmente perché il nuovo ministro, Guido Baccelli, contrario ai concorsi per straordinario, li sospese, invalidandone i risultati. Nel 1894, su proposta della facoltà, con decreto ministeriale del 29 ottobre, Parodi divenne straordinario di grammatica comparata. Soltanto nel 1899, tuttavia, con un nuovo concorso, fu promosso ordinario di storia comparata delle lingue classiche e neolatine presso la stessa Università. La commissione, presieduta da Graziadio Isaia Ascoli, era formata dall’indianista Michele Kerbaker, dal glottologo Fausto Gherardo Fumi, da Francesco D’Ovidio e da Carlo Salvioni (segretario), di cui Parodi, suo amico fin dagli anni giovanili, tenne la commemorazione all’Accademia della Crusca nel 1922 (Carlo Salvioni, in Atti della R. Accademia della Crusca per la lingua d’Italia, a.a. 1920-21, pp. 25-87, poi in Id., Lingua e letteratura. Studi di teoria linguistica e di storia dell’italiano antico, a cura di G. Folena, I, Venezia 1957, pp. 60-96).
Dagli atti concorsuali risulta che la commissione fu unanime nel giudizio, pur con qualche sfumatura diversa. Salvioni, dopo avere riconosciuto la piena maturità scientifica di «tutti i lavori romanologici» di Parodi, considerava eccellenti La rima e i vocaboli in rima nella "Divina Commedia" (in Bullettino della Società dantesca italiana, III (1896), pp. 81-156), «il più insistente e più felice sforzo che siasi fatto intorno alla lingua di Dante» (v. Relazione particolare del Commissario C. Salvioni…, in Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Dir. generale, Istr. sup., II vers., 1ª serie, b. 112, f. Parodi Ernesto Giacomo), e gli Studj liguri (in Archivio glottologico italiano, XIV (1898), pp. 1-110; XV (1899), pp. 1-88, 105-161, 333-365), «certo la migliore esposizione storico-genetica che fin qui s’abbia d’un dialetto italiano» (Relazione, cit.).
Dopo la promozione a ordinario, Parodi inaugurò il 3 novembre 1900 l’anno accademico con la prolusione La glottologia e le sue relazioni con altre scienze (in Annuario del R. Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento, 1901, pp. III-XLIII, rist. in Lingua e letteratura, cit., I, pp. 3-41), in cui ne ricapitolava la storia, da Friedrich Schlegel e da Franz Bopp a Jacob Grimm. Senza mettere in discussione l’autonomia della disciplina, sosteneva l’interdipendenza tra filologia e glottologia.
All’epoca Parodi aveva al suo attivo soprattutto lavori di fonetica e lessicologia, latina e toscana, fin da uno dei primi lavori, le Illustrazioni linguistiche ai «Frammenti di un libro di banchieri fiorentini» (in Giornale storico della letteratura italiana, X (1887), pp. 178-196), oltre ai già menzionati Studj liguri, rimasti incompiuti, che rielaborarono la tesi di laurea, dedicata alla descrizione sincronica del dialetto genovese vivente, estendendola a tutte le sue fasi storiche. Ma la linea di ricerca più nuova fu rappresentata dallo studio dei volgarizzamenti, da quello dell’Eneide e dei Faits des Romains (cfr. I rifacimenti e le traduzioni italiane dell’"Eneide" di Virgilio prima del Rinascimento, in Studi di filologia romanza, II (1887), pp. 97-358; Le storie di Cesare nella letteratura italiana dei primi secoli, ibid., IV (1889), pp. 237-503); l’edizione del Tristano in prosa (il cd. Tristano Riccardiano, tramandato dal ms. 2543 della Biblioteca Riccardiana di Firenze). Nell’introduzione filologica Parodi affrontò il problema della localizzazione e della patina dialettale del codice dimostrando l’origine «umbro-cortonese» dell’archetipo. Il romanzo, a suo giudizio, presentava una versione più «breve dell’espressione» (Il Tristano Riccardiano, edito e illustrato da E.G. Parodi, Bologna 1896, p. 3) rispetto al modello francese. All’introduzione seguiva il fondamentale studio, La lingua del cod. Riccardiano, integrato da un ampio glossario.
Allo stesso anno risale il suo primo grande saggio dantesco, sulla rima nella Commedia (in Bullettino della Società dantesca italiana, III (1896), pp. 81-156). Nella prima parte, uno dei primi e dei più acuti esempi di analisi stilistica in Italia, Parodi forniva un’ampia esemplificazione delle parole in rima, per illustrare la straordinaria capacità dantesca di far coincidere la costrizione formale con la libertà inventiva. Nella seconda, studiava la rima relativamente alle scelte lessicali di Dante, «considerando oggettivamente i fatti linguistici» (La rima e i vocaboli in rima nella "Divina Commedia", in Lingua e letteratura, cit., II, p. 208), alla luce dei criteri classificatori collaudati nella descrizione dialettologica della scuola ascolana (suoni, vocali e consonanti, forme ecc.). Non senza forzature oggi non più accettate, egli difendeva a oltranza la rima perfetta, normalizzando le eccezioni. Sulla questione tornò poi nello studio Rima siciliana aretina e bolognese (in Bullettino della Società dantesca italiana, XX (1913), pp. 113-142), lunga recensione al volumetto del filologo romanzo finlandese Oiva Tallgren, Sur la rime italienne et les siciliens du XIIIe siècle (1909), ribadendo la tesi del siciliano illustre e il principio della normalizzazione della rima.
Nel 1909 tornò a occuparsi di linguistica teorica, con un discorso circa l’Indole, intenti e metodi dell’odierna glottologia, letto nella terza riunione della Società italiana per il progresso delle scienze a Padova (pubblicato postumo in Nuovi studi medievali, I (1923-24), pp. 263-282). Parodi criticava il principio dell’ineccepibilità delle leggi fonetiche propugnato dai neogrammatici, ma da una prospettiva ben diversa da quella di Ascoli. Prendendo le mosse dallo scritto di Hugo Schuchardt, Über die Lautgesetze. Gegen die Junggrammatiker (1885), egli tracciava la nuova linea della linguistica neoidealistica, da Schuchardt alla geografia linguistica della scuola svizzera di Louis Gauchat e Jules Gilliéron, inchinandosi da «antico desanctisiano» all’estetica crociana, soprattutto per gli aspetti letterari e critici (v. il discorso padovano riportato nel capitolo Questioni teoriche: le leggi teoretiche, in Lingua e letteratura, cit., I, pp. 47-59), e menzionando, pur con qualche dissenso, il volume Positivismo e idealismo nella scienza del linguaggio di Karl Vossler, appena uscito da Laterza, che raccoglieva due distinte monografie, di cui apprezzava soprattutto la prima (Positivismus und Idealismus in der Sprachwissenschaft ). Ma, significativamente, pur «andando genericamente d’accordo» con il Programma di filologia romanza come scienza idealistica di Giulio Bertoni, non lesinava le critiche alla parte tecnica e pratica, coinvolgendo nel giudizio non del tutto positivo la neolinguistica di Matteo Bartoli.
Nella lunga recensione (in Bullettino della Società dantesca italiana, X (1902), pp. 57-77) al volume di Giuseppe Lisio, L’arte del periodo nelle opere volgari di Dante Alighieri (Bologna 1902), Parodi fondava l’analisi stilistica sulla storicizzazione della categoria di ritmo, attribuendole un significato indipendente dalla poesia (v. Lingua e letteratura, cit., II, p. 302). Richiamandosi al cursus piuttosto che agli schemi endecasillabici invocati spesso dall’autore recensito, Parodi precisò con dovizia di esempi l’influenza del latino genericamente affermata da Lisio. Della questione del cursus si occupò espressamente nei contributi su Dante, Intorno al testo delle epistole di Dante e al “cursus”, e sul Boccaccio, Osservazioni sul “cursus” nelle opere latine e volgari del Boccaccio (rispettivamente in Bullettino della Società dantesca italiana, XIX (1912), pp. 249-275; XXII (1915), pp. 137-144, e in Miscellanea storica della Valdelsa, XXI (1913), pp. 231-248). In questi due studi Parodi non solo mise a frutto la sua profonda conoscenza delle clausole ritmiche della prosa mediolatina per emendare il testo, individuando anche le presunte irregolarità, ma applicò gli stessi criteri del cursus latino alla prosa in volgare, precorrendo l’analisi sistematica del suo allievo Alfredo Schiaffini in Tradizione e poesia nella prosa d’arte italiana dalla latinità medievale a G. Boccaccio (Genova 1934).
Parodi recensì assiduamente sul Bullettino della Società dantesca italiana, di cui fu direttore dal 1906 fino alla morte, e sul Marzocco gli scritti dei maggiori rappresentanti della scuola storica, oltre che molti studiosi stranieri, specialmente tedeschi e inglesi. Ma progressivamente si avvicinò al neoidealismo, com’è dimostrato, fra l’altro, dalla recensione, apparsa nel Marzocco, XVII (1912), 28, pp. 1-2, della Storia della letteratura italiana del De Sanctis edita da Croce, di cui accettava l’interpretazione complessiva. Nella stessa sede (XVIII (1913), 12, p. 2), tuttavia, un anno più tardi, prendendo lo spunto dalla miscellanea di Scritti varii di erudizione e di critica in onore di Rodolfo Renier (Torino 1912), cui non aveva collaborato, scriveva un’apologia della scuola storica ormai al tramonto, In onore del metodo storico. Si coglie qui un’ambiguità sostanziale nella posizione di Parodi: da un lato l’adesione, per quanto estrinseca, ai principi dell’estetica crociana, dall’altro la difesa dell’erudizione del cosiddetto metodo storico.
Poco prima di morire, raccolse molti dei suoi saggi e articoli di argomento dantesco in volume, con il titolo Poesia e storia nella "Divina Commedia" (Napoli 1921). Fra questi studi, tutti variamente importanti, sono da menzionare almeno le letture dedicate a Francesca da Rimini, a Brunetto Latini e Farinata, la prima parte del già citato saggio sulla rima nella Commedia, Il comico nella "Divina Commedia", anche se forse troppo dipendente dall’impostazione desanctisiana. Negli ultimi anni della sua vita, Parodi si dedicò allo studio del testo del Convivio, di cui aveva cominciato a occuparsi fin da giovane, durante il perfezionamento con Rajna, ma la morte gli impedì di pubblicarlo con apparato. Nel 1922 uscì per sua cura l’edizione del Fiore e del Detto d’Amore, in appendice al volume unico delle opere di Dante promosso dalla Società dantesca italiana. Della paternità dantesca dei due testi, appartenenti in origine allo stesso manoscritto, della quale Parodi era stato già un convinto assertore (1901), però apparve meno persuaso.
Parodi morì a Firenze il 31 gennaio 1923.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Dir. generale, Istr. Sup., II vers., 1ª serie, b. 112, f. Parodi Ernesto Giacomo. Necrologi: V. Cian, in Giornale storico della letteratura italiana, XLI (1923), p. 237; V. Rossi, in Nuova antologia, 16 febbraio 1923, pp. 345 ss.
M. Barbi, E.G. P., in Studi danteschi, V-VI (1923), pp. 163-166; P. Rajna, E.G. P., in Il Marzocco, XXVIII (1923), 11 febbraio, p. 1 (poi in Id., Scritti di filologia e linguistica italiana e romanza, a cura di G. Lucchini, III, Roma 1998, pp. 1732-1742); In memoria di E.G. P., in L’Idea nazionale, 3 aprile 1923 (con scritti di F. Ercole, F. Maggini, S. Morpurgo, A. Schiaffini, E. Pistelli); B. Terracini, E.G. P., in Archivio glottologico italiano, XXI (1927), sez. B, pp. 59-71; V. Rossi, E.G. P., in Id., Scritti di critica letteraria, III, Dal Rinascimento al Risorgimento, Firenze 1930, pp. 467-474; M. Casella, P. E.G., in Enciclopedia Italiana, XXVI, Roma 1935, ad nomen; G. Folena, E.G. P. Nel centenario della nascita, in Lettere italiane, XIV (1962), pp. 395-420 (poi in Id., Filologia e umanità, a cura di A. Daniele, Vicenza 1993, pp. 123-153).