MONACI, Ernesto
– Nacque il 20 febbr. 1844, da Anacleto e da Rosa Panunzi, a Soriano nel Cimino (presso Viterbo), dove il padre era «governatore» della tenuta della famiglia Chigi. Nel 1848, in seguito alla rinuncia dei Chigi al diritto di giurisdizione, Anacleto ottenne la nomina a governatore pontificio e portò con sé la famiglia nelle diverse sedi in cui fu chiamato a svolgere tale incarico: dapprima nelle Marche (a Pennabilli, 1848-53, e a Sarnano, 1853-54), poi nel Bolognese (a Loiano, 1854-55, e a Castel San Pietro, 1855-59).
I soggiorni nelle diverse sedi assegnate al padre gli fecero sperimentare quella ricchezza dialettale dell’Italia centrosettentrionale cui avrebbe dedicato ripetutamente attenzione nella sua carriera di studioso, mentre la visita a diversi luoghi dell’esperienza francescana (a cominciare dalla Verna: cfr. Salvadori, p. 27) gli instillò quell’interesse per la poesia religiosa e per le laude umbre che avrebbero poi guidato le sue prime ricerche. Decisiva, infine, fu, a Castel San Pietro, la frequenza delle prime classi superiori, dove ebbe come insegnante P. Pultrini e strinse profondi e duraturi legami d’amicizia con i condiscepoli P. Codronchi di Imola e L. Manzoni di Lugo.
Nel 1859, in seguito all’annessione di Bologna e dei suoi territori al Regno sabaudo, Anacleto Monaci fu trasferito a Piperno, ma dispose che la sua famiglia si stabilisse a Roma, in modo che il figlio vi potesse proseguire gli studi. Terminato il liceo presso i gesuiti del Collegio Romano, il M. si iscrisse nel 1861 alla facoltà di giurisprudenza, dove si laureò nel giugno 1865, iniziando immediatamente la pratica forense presso lo studio Bartoccini. Sin dagli anni dell’Università, però, aveva mostrato crescente interesse per la cultura letteraria, frequentando, insieme con gli amici Codronchi e Manzoni, il Caffè nuovo, dove si riuniva uno dei rari circoli culturali attivi nello stagnante clima intellettuale della Roma preunitaria: luogo d’incontro dei poeti della Scuola poetica romana (tra cui D. Gnoli), era animato da personalità quali L.M. Rezzi e dall’esempio del conte G. Manzoni (padre dell’amico Pietro), dai quali il M. derivò il patriottismo e la concezione di Roma quale capitale anche ideale d’Italia che avrebbero poi ispirato larga parte della sua opera di studioso e organizzatore culturale. Accanto a qualche prova poetica (tra cui alcune traduzioni metriche e uno scambio di versi con Codronchi), a questi anni risalgono nutrite letture storico-filologiche (fondamentale la meditazione sulle opere di A.-F. Ozanam e, in particolare, sul volume dedicato ai poeti francescani e alle fonti poetiche della Commedia dantesca) e l’intensa applicazione allo studio delle lingue (oltre al tedesco e al portoghese, il francese e l’inglese, cui fu avviato dal suo antico professore Pultrini, anche lui a Roma, chiamato nella redazione del neonato Osservatore romano). A quest’ambito è da ricondurre infine anche lo studio della grammatica provenzale di F. Diez, che gli aprì il vasto campo, appena delimitato proprio dallo studioso tedesco, della linguistica e filologia romanza.
Tale molteplicità d’interessi e, pare, le deludenti prime esperienze forensi nel tribunale criminale di Frascati (cfr. Rajna, p. 313) determinarono nel M. la decisione di abbandonare l’avvocatura per dedicarsi completamente agli studi filologici e linguistici (1869). Approfondita la sua preparazione negli studi romanzi a contatto con il provenzalista tedesco K. Bartsch (a Roma nel biennio 1868-69) e soprattutto con E.M. Stengel (ultimo allievo diretto di Diez, giunto a Roma nel corso del 1870 e con il quale stabilì presto stretti rapporti d’amicizia e collaborazione scientifica), il M. già alla fine dello stesso 1870 poté elaborare il progetto della prima tra le sue numerose iniziative culturali, la pubblicazione della Rivista di filologia romanza, condiretta dall’amico L. Manzoni, da Stengel e da lui stesso, che ne fu l’effettivo animatore.
Il periodico, che vide la luce nell’autunno del 1872 (stampato dal tipografo-editore imolese P. Galeati, legatissimo a Codronchi, Manzoni e Pultrini), era la prima rivista italiana specificamente dedicata agli studi romanzi (disciplina ancora assente nel sistema universitario italiano e di cui si rivendicava l’autonomia), con l’intento, dichiarato nel Proemio al primo numero (p. 6), di «rifabbricare» la fase medievale delle lingue e delle culture romanze, con particolare riguardo al dominio italoromanzo, visto, in prospettiva risorgimentale, nei suoi legami con la storia contemporanea. Pur andando ad affiancarsi a omologhi stranieri ben più stabili e dotati di risorse (quali Romania fondata sempre nel 1872 da G. Paris), la Rivista concepita e diretta dal M. ebbe minor forza incisiva sia per lo scarso spazio di cui la filologia romanza godeva nel panorama scientifico dell’Italia del tempo (nei primi numeri, oltre a diversi articoli di storia letteraria e filologia, dovette ospitare contributi di folcloristi e studiosi di letteratura popolare quali il siciliano G. Pitrè), sia per difficoltà editoriali presto sopravvenute, che determinarono la cadenza irregolare della pubblicazione, fino alla sua interruzione (nel 1876). Il periodico riapparve nel 1878, ormai diretto dal solo M., con il titolo di Giornale di filologia romanza (che ebbe fino al 1883), poi trasformato in Studj di filologia romanza (1885-1903, condiretto da C. De Lollis 1901-03) e infine (dal 1903) in quello tuttora in uso di Studj romanzi.
La pubblicazione della rivista, in cui il M. fece uscire alcune tra le sue prime ricerche (come quella sulla raccolta di laude drammatiche umbre da lui scoperte nel codice Vallicelliano A. 26, Appunti per la storia del teatro italiano. Uffizj drammatici dei Disciplinati dell’Umbria, I [1872], pp. 235-271; II [1875], pp. 29-42), i rapporti da lui intrecciati con linguisti e filologi romanzi italiani e stranieri (da G.I. Ascoli ad A. Mussafia, da P. Meyer a F.A. Adolpho Coelho, G. Gröber e H. Suchier, molti dei quali chiamati a collaborare al periodico) e, infine, la risonanza che ebbe l’edizione da lui approntata del Canzoniere portoghese della Biblioteca vaticana (Halle 1875, cioè il ms. Vat. 4803, noto anche come codice Colocci-Brancuti) portarono il M. a ricoprire come incaricato (dal 1875), una delle prime cattedre di storia comparata delle lingue neolatine, quella appena istituita presso l’Ateneo romano, prevalendo, per l’intervento di Ascoli (cfr. Rajna, pp. 319 s.), su F. D’Ovidio, che ebbe quella di Napoli. Ottenuto lo straordinariato nel 1877, raggiunse l’ordinariato nel 1881.
Dal 1878, per un quarantennio il M., senza mai muoversi da Roma ma stringendo e mantenendo rapporti con i maggiori studiosi italiani, europei e americani, esercitò un’influenza profonda come docente, ricercatore e organizzatore culturale non solo nell’ambito specifico degli studi linguistici e filologici romanzi ma più largamente sull’intera gamma delle discipline afferenti agli studi storici sul Medioevo latino.
Alla sua intensissima attività di organizzatore culturale possono essere ricondotti la fondazione e lo sviluppo di alcune tra le più importanti e durature istituzioni di ricerca storica della capitale e della nazione, per sua volontà costantemente affiancate da periodici scientifici e collezioni di testi: la Società romana di storia patria (fondata nel 1876 insieme con l’erudito romano C. Corvisieri); l’Istituto storico italiano (dal 1934, Istituto storico italiano per il Medio Evo), fondato nel 1883, insieme con O. Tommasini, su incarico del ministro dell’Istruzione pubblica G. Baccelli, per dare «unità e sistema alla pubblicazione de’ Fonti di storia nazionale» e quindi con lo scopo di realizzare diverse collezioni di testi; e la Società filologica romana, costituita nel 1901 per promuovere studi ed edizioni di testi in ambito mediolatino e romanzo. A tali imprese possono essere accostate le iniziative del M. in favore della Biblioteca nazionale centrale «Vittorio Emanuele II» e della Biblioteca universitaria Alessandrina di Roma, la sua opera di promozione degli studi paleografici attraverso il periodico Archivio paleografico italiano (fondato nel 1883) e la sua attività come rettore dell’Università di Roma (nel biennio 1885-86) e come consigliere comunale (dal 1895 al 1902).
Come studioso e docente curò particolarmente la didattica, provvedendo anche all’elaborazione di testi e strumenti di studio per discipline universitarie ai suoi tempi nuove quali la filologia romanza e la paleografia. Per quest’ultima ideò e fece realizzare con tecniche editoriali allora d’avanguardia raccolte di esempi ed edizioni in riproduzione eliografica, tra cui, oltre alle tavole di corredo al citato Archivio paleografico italiano: le raccolte Facsimili di filologia neolatina (Roma 1881-92); gli Esempi di scrittura latina dal sec. I di Cristo al sec. XVIII (ibid. 1898; nuova ed., ibid. 1905); e i Fascicoli di documenti per lo studio delle lingue e letterature romanze (ff. 1-2, ibid. 1910-12). Quale avviamento agli studi romanzi sono concepite le raccolte: Testi antichi provenzali (ibid. 1889), Testi basco-latini e volgari della Spagna (ibid. 1891), I più antichi monumenti della lingua francese, con Glossario (ibid. 1894); Francese antico, I, Prime letture (ibid. 1901, 2ª ed. con Glossario, ibid. 1902; II, Romanze. Pastorelle, Lai… (ibid. 1904); nonché la collana «Manualetti d’introduzione agli studj neolatini per uso degli alunni della facoltà di lettere», diretta con F. D’Ovidio, in cui apparvero due grammatiche redatte da D’Ovidio, entrambe con Glossario per cura dello stesso M.: Spagnolo (Napoli 1879), Portoghese e gallego (Imola 1881). A questi strumenti si può, infine, accostare la collana «Lingua e dialetto» progettata, in chiave di difesa della lingua, dal M. nell’ultima fase della sua carriera e di cui apparvero due soli volumetti, dedicati ai parlari della Valsugana e di Gorizia, a cura, rispettivamente, di A. Prati (Roma 1916) e C. Vignoli (ibid. 1917).
All’impegno didattico del M. corrispose un largo seguito da parte di studenti e allievi. Tra i primi spiccano alunni «indocili» del calibro di G. D’Annunzio e L. Pirandello (quest’ultimo indirizzato proprio dal M. a concludere gli studi a Bonn, con una tesi sul dialetto della nativa Girgenti), mentre tra i numerosi allievi del M. vanno ricordati almeno i suoi continuatori nei settori della paleografia (V. Federici), della filologia romanza (C. De Lollis) e della storia medievale (P. Fedele).
Tale ampiezza di interessi si riflette nella produzione scientifica del M., che, non considerando un cospicuo numero di edizioni di testi e documenti storici (diverse delle quali ancora oggi utilizzate), si articola intorno a tre principali campi di ricerca: l’antica lirica portoghese; le origini delle sacre rappresentazioni e degli uffici drammatici; e i più antichi testi italiani.
Oltre che con la ricordata edizione del canzoniere portoghese del ms. Vat. 4803, agli studi sulla poesia portoghese antica il M. contribuì con la trascrizione diplomatica del Canzoniere portoghese Colocci-Brancuti pubblicato nelle parti che completano il Codice vaticano 4803 (Halle 1880), curato da lui e dal suo allievo E. Molteni (precocemente scomparso), e con l’edizione del Trattato di Poetica portoghese esistente nel Canzoniere Colocci-Brancuti (in Miscellanea di filologia e linguistica in memoria di N. Caix e U.A. Canello, Firenze 1876, pp. 417-423).
Negli studi Aneddoti per la storia letteraria dei Laudesi, dei Disciplinati e dei Bianchi nel Medio Evo e Per la storia del dramma in Italia (entrambi in Atti della R. Acc. dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, rispettivamente, s. 5, I [1892], pp. 73-102; II [1893], pp. 944-996), tornando sui dati già offerti nei ricordati contributi sugli uffici drammatici dei Disciplinati dell’Umbria, il M. sviluppò compiutamente la sua originale teoria dell’evoluzione del genere drammatico che (al contrario di quella dominante che ne indicava l’origine nella Firenze medicea) la considerava come esito dell’evoluzione del genere della lauda lirica, a sua volta trasformatasi in lauda drammatica (in Umbria e in Abruzzo nel corso del XIII secolo).
Altrettanto originale, ma certo meno felice e fortunata risulta la tesi sostenuta nell’articolo Primordi della scuola poetica italiana da Bologna a Palermo (in Nuova Antologia, agosto 1884, pp. 604-620), in cui, sulla base di una non perfetta ricostruzione della tenzone poetica tra Pier delle Vigne, Iacopo Mostacci e Giacomo da Lentini, si negava la toscanizzazione dei testi della Scuola poetica siciliana, affermando l’esistenza, sin dagli inizi del XIII secolo, di un volgare illustre sovraregionale a base toscana diffuso nell’ambiente universitario bolognese. Al M. non fu estraneo neppure il campo degli studi danteschi, cui contribuì, oltre che con la collaborazione alla prima edizione del Fiore curata di F. Castets (Montpellier 1881), con la nota, in vista della futura edizione critica del poema, Sulla classificazione dei manoscritti della Divina Commedia, in Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, s. 4, CCLXXXV (1888), pp. 229-237.
Ancora fondamentali restano, invece, alcuni dei molti lavori dedicati dal M. allo studio dei più antichi testi italiani, tra cui la scoperta e l’edizione del Ritmo di S. Alessio (ibid., s. 5, XVI [1907], pp. 103-132), raffrontato, nell’importante introduzione, con il Ritmo Cassinese (fatto ripubblicare dallo stesso M. nel 1875 nella sua Rivista di filologia romanza) e ascritto tra i più antichi documenti del volgare marchigiano. Un discorso a sé merita, infine, la Crestomazia italiana dei primi secoli, forse la pubblicazione più fortunata e duratura del M.: progettata negli anni Settanta come sussidio didattico, venne realizzata, in tre fascicoli, con una lunga gestazione tra il 1889 e il 1912 (ed. in volume unico, Città di Castello 1912) ed è ancor oggi utilizzata, nella versione rivista e ampliata da F. Arese (nuova ed., con presentazione di A. Schiaffini, Roma-Napoli-Città di Castello 1955). Vi sono raccolti 157 testi dalle origini a Guido Cavalcanti (dal Placito di Capua alla canzone Donna me prega), corredati da un prospetto grammaticale e fonetico, da diverse appendici e da un ampio ed esauriente glossario finale.
Abbandonata volontariamente la cattedra all’inizio del 1918 (al compimento del quarantennio di insegnamento in ruolo), il M. morì a Roma il 1° maggio di quello stesso anno, in seguito a un’improvvisa malattia.
Fonti e Bibl.: L’archivio del M. e la sua biblioteca, donati dagli eredi alla Società filologica romana, sono depositati, unitamente ai fondi archivistici della Società filologica romana, presso la Biblioteca interdipartimentale «A. Monteverdi», nella facoltà di Lettere dell’Università di Roma «La Sapienza». Gli inventari sono pubblicati in Il fondo archivistico E. M. (1839-1918) e l’archivio storico della Società filologica romana (1901-1959), a cura di M. Calzolari, Roma 2005, pp. 37-321. Della corrispondenza del M. sono state pubblicate alcune sezioni: A. Greco, Il carteggio Pitrè - M. e gli studi di letteratura popolare in Italia, in Orientamenti culturali, II (1946), 2, pp. 3-12; G.R. Bussino, Lettere di Pirandello a E. M., in Ariel, VI (1991), 3, pp. 98-106; A. Stella, Lettere di Tobler, M. e D’Ovidio ad A. Borgognoni, in Strumenti critici, n.s., VIII (1993), 1, pp. 67-80; Carteggio D’Ancona, XII, D’Ancona - M., 1-2, a cura di S. Covino, Pisa 1997. Fondamentale l’ampia e documentata Nota biografica premessa al volume Il fondo archivistico E. M., cit. (pp. 13-34), ma cfr. anche: A. De Gubernatis, Diz. biografico degli scrittori contemporanei, Firenze 1879, p. 730. Necr.: F. D’Ovidio, I. Giorgi - V. Rossi - I. Del Lungo, in Atti della R. Acc. dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, XVII (1918), 5-6, pp. 177-189; E.G. Parodi, in Il Marzocco, 12 maggio 1918, pp. 1 s.; M. Pelaez, in Nuova Antologia, 1° luglio 1918, pp. 53-61. V. Federici, in Arch. della Società romana di storia patria, XLI (1918), pp. 289-297; P. Rajna, In memoria di E. M., ibid., pp. 311-352; Società filologica romana, E. M.: l’uomo, il maestro, il filologo, Roma 1920 (oltre ai Ricordi di G. Salvadori, pp. 1-46, utili anche per la ricostruzione di alcuni momenti della biografia del M., si segnalano i contributi di: V. De Bartholomeis sugli studi filologia italiana del M., pp. 53-95; C. Trabalza, sul M. studioso di dialetti, pp. 97-102; M. Pelaez sul M. filologo romanzo, pp. 103-130; V. Federici, sul M. paleografo, pp. 131-154; e infine P. Fedele, sull’opera del M. per gli studi storici, pp. 155-187); P.P. Trompeo, L’imperator dalla barba fiorita, in Corriere della sera, 30 giugno 1955; L. Sciascia, Note pirandelliane. Da Girgenti a Bonn (1968), in Id., La corda pazza. Scrittori e cose della Sicilia, Torino 19775, pp. 108-115; R.M. Ruggieri, E. M. romanista a un cinquantennio dalla morte (1918-1968), in Studi romani, XLVII (1969), pp. 474-485; Id., E. M., in Letteratura italiana (Marzorati), I critici, a cura di G. Grana, I, 1, Milano 1969, pp. 571-594; E. Esposito, M., E., in Enc. Dantesca, III, Roma 1971, p. 993; R.M. Ruggieri, La filologia romanza in Italia. Capitoli di storia retrospettiva, Milano 1973, pp. 181-205; A. Desideri, E. M., in Tuscia, XXI (1980), pp. 18 s.; R.M. Ruggieri, Ricordo di E. M., in Le laudi drammatiche umbre delle origini. Atti del V Convegno di studio… 1980, Viterbo 1981, pp. 241-251; A. Ferrari, La lezione del M. e le origini in D’Annunzio, in D’Annunzio a Roma. Atti del Convegno… 1989, Roma 1990, pp. 27-52; D’A.S. Avalle, Dal mito alla letteratura e ritorno, Milano 1990, pp. 41-46; G. Lucchini, Le origini della scuola storica. Storia letteraria e filologica in Italia (1866-1883), Bologna 1990, ad ind.; R. Antonelli, La scuola di filologia e letterature romanze, in Università degli studi di Roma «La Sapienza» - Facoltà di lettere e filosofia, Le grandi scuole della Facoltà. Atti del Convegno… 1994, Roma 1994, pp. 126-143; G.R. Bussino, Pirandello nel carteggio Foerster - M., in Ariel, IX (1994), 2, pp. 119-125; M. Calzolari, «Letteratura popolare» nell’opera di E. M., in Le forme e la storia, n.s., VII (1995), pp. 9-29; S. Covino, Introduzione, in D’Ancona - M., cit., 1, pp. V-LX; Id., Pirandello e M.: tra filologia e linguistica italiana, in Anticomoderno, IV (1999), pp. 285-318; G.L. Buzzone, Giuseppe Pitrè ed E. M.: un rapporto di studio e d’amicizia, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, CLXII (1999-2000), vol. 158, pp. 565-654; S. Capelli - A. Nemiz, Soriano nel Cimino tra storia e folklore, Roma 2002, pp. 70-79; G. Lucchini, Filologia neolatina, in Storia della letteratura italiana (Salerno), XI, La critica letteraria dal Due al Novecento, II, L’Otto e il Novecento, Roma 2003, pp. 760-765; R. Antonelli, Dalla «Rivista di filologia romanza» agli «Studj romanzi»: la tradizione italiana, in Tra ecdotica e comparatistica: le riviste e la fondazione della filologia romanza. Atti del Convegno internazionale, Siena… 2006, a cura di M.L. Meneghetti - R.Tagliani, Firenze 2009, pp. 15-31.