PADOVA, Ernesto
- Nacque a Livorno il 17 febbraio 1845 da Moisè e Anna Calò. In seguito alla morte della madre, si trasferì presso gli zii paterni a Marsiglia, dove frequentò come convittore il Lycée Impériale (ora Lycée Thiers). Tornato a Livorno, vi seguì il Regio liceo per passare nel 1862 all’Università di Pisa, essendo anche alunno della Scuola normale superiore dall’anno seguente.
Dopo essersi laureato nel 1866, svolse un periodo di perfezionamento con un assegno della fondazione Lavagna, iniziando poi a insegnare nel 1867 a Napoli presso il liceo Principe Umberto. Due anni dopo tornò a Pisa come insegnante interno alla Scuola normale superiore, dove svolse anche le funzioni di economo. Nel 1872 divenne professore straordinario di meccanica razionale all’Università di Pisa e poi professore ordinario nel 1881. L’anno seguente si trasferì a Padova sulla cattedra di meccanica superiore e dal 1892 prese per incarico anche l’insegnamento di meccanica razionale. Fu direttore della scuola di magistero della facoltà di scienze dell’Università di Padova dal 1885 al 1891. Fu inoltre socio della Reale Accademia nazionale dei Lincei, dell’Istituto lombardo di scienze e lettere e dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti.
Morì a Padova il 9 marzo 1896.
Figura di rilievo nel panorama della matematica italiana del secondo Ottocento, si occupò di varie questioni di analisi, geometria differenziale, meccanica e fisica matematica, con concezioni a volte molto avanzate per l’epoca.
La sua formazione scientifica ebbe luogo a Pisa, dove fu in prima analisi allievo di Enrico Betti, al quale fu poi legato da una stretta amicizia personale (E. Padova, Commemorazione di Enrico Betti, in Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, s. 7, 1892-1893, t. 4, pp. 609-621). In questo contesto, la tesi di abilitazione di Padova alla Scuola normale superiore riguarda in particolare lo studio dei moti periodici di una massa fluida di forma ellissoidale, estendendo alcuni risultati ottenuti in precedenza da Peter G. Lejeune-Dirichlet (Sul moto di un ellissoide fluido ed omogeneo, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, cl. di scienze, s. 1, 1871, t. 1, pp. 1-87).
Legato a Betti è il ritorno di Padova a Pisa e l’inizio dell’insegnamento della meccanica razionale. In connessione con la sua attività didattica, una parte considerevole dei suoi interessi scientifici ha luogo in campo meccanico, in relazione a diverse tematiche. Oltre alla idrodinamica, ciò riguarda in primo luogo la teoria della stabilità, ambito in cui fu tra i primi a occuparsi in modo rigoroso dei criteri di stabilità nel caso del moto di un sistema con un numero di gradi di libertà maggiore di due (Sulla stabilità del movimento, in Il Nuovo Cimento, s. 3, 1879, t. 6, pp. 184-204); e la teoria dei moti relativi, affrontando da un punto di vista generale lo studio del moto di un sistema di punti rispetto a un altro sistema generico (Sulla teoria dei moti relativi, in Annali di matematica pura ed applicata, s. 2, 1883-1884, t. 12, pp. 265-282). Un ulteriore tema delle ricerche di Padova in campo meccanico è costituito dallo studio del moto di rotazione di un corpo rigido attorno a un punto fisso, dove apportò vari contributi sia prima che dopo le fondamentali ricerche di Sofia Kovaleskaja (Sul moto di rotazione di un corpo rigido, in Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino, XXI (1885-1886), pp. 38-47; Del moto di rotazione dei corpi rigidi, in Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, s. 5, 1894, t. 31, pp. 161-165). Sempre in campo meccanico, Padova propose un metodo per ricavare le equazioni della meccanica classica basato sulla considerazione di diversi tipi di accelerazioni (Sulle equazioni generali della dinamica, ibid., s. 4, 1891, t. 71, pp. 197-203; Sulle equazioni della dinamica, in Atti del Reale Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, s. 7, 1893-1894, t. 5, pp. 1641-1669). A partire da questo metodo, egli mostrò poi come ottenere le equazioni di vari fenomeni fisici, tra cui quelli elettrici e magnetici (Interpretazione meccanica delle formule di Hertz, in Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, s. 4, 1891, t. 71, pp. 204-209), e quelli della capillarità (Sulla teoria della capillarità, ibid., s. 5, 1892, t. 11, pp. 331-335).
Oltre all’influsso iniziale di Betti, nel corso degli anni tende a manifestarsi nelle ricerche di Padova anche una chiara influenza da parte di Eugenio Beltrami, un’altra figura chiave dell’ambiente matematico pisano negli anni di formazione di Padova. Ciò riguarda in modo principale la considerazione di coordinate curvilinee e di vari invarianti differenziali nello studio di problemi di carattere analitico e fisico matematico, con particolare riguardo per la teoria dell’elasticità (Sulle espressioni invariabili, in Memorie della Reale Accademia dei Lincei, s. 4, 1887, t. 4, pp. 4-17; Sulla teoria delle coordinate curvilinee, ibid., s. 4, 1888, t. 42, pp. 369-376, 454-458). Lungo questa direzione egli si occupò anche di uno degli aspetti più avanzati delle ricerche di Beltrami, in relazione allo sviluppo delle geometrie non euclidee nel secondo Ottocento. In particolare, la nota di Padova dal titolo La teoria di Maxwell negli spazi curvi (ibid., s. 4,1889, t. 51, pp. 875-880) costituisce un contributo rilevante alla possibilità di considerare una interpretazione meccanica delle interazioni elettrostatiche mediante l’esame delle deformazioni di un mezzo elastico in uno spazio a curvatura costante negativa.
Sulla scia delle ricerche di Beltrami, la fase matura dell’opera di Padova si caratterizza anche per alcuni contributi al calcolo differenziale assoluto, teoria che tende a emergere in Italia nella seconda metà degli anni Ottanta per opera di Gregorio Ricci-Curbastro, allievo di Padova a Pisa e poi suo collega all'Università di Padova. In effetti, a partire dal 1887 si situano una serie di ricerche di Padova riguardanti la stessa fase formativa dei metodi tensoriali. In particolare, nella nota Sulle deformazioni infinitesime (Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, s. 4, 1889, t. 51, pp. 174-178) è presente una prima formulazione delle cosidette identità di Bianchi; mentre la memoria Sulla teoria generale delle superficie (Memorie dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, s. 4, 1890, t. 10, pp. 745-772) costituisce una prima applicazione sistematica dei metodi di Ricci-Curbastro in campo geometrico, essendo finalizzata a una riformulazione tensoriale dei principi della teoria delle superfici.
Nell’arco della sua attività scientifica Padova si occupò anche di alcune questioni di analisi di natura strettamente teorica, come testimonia in particolare la memoria Sulla integrazione delle equazioni a derivate parziali del primo ordine (in In memoriam Dominici Chelini: Collectanea mathematica, nunc primum edita cura et studio L. Cremona et E. Beltrami, Mediolanum 1881, pp. 105-117).
Sul piano editoriale Padova curò insieme a Antonio Sayno la traduzione italiana del Die darstellende Geometrie di Wilhelm Fiedler (Trattato di geometria descrittiva, Firenze 1874). Inoltre, le sue Lezioni di meccanica razionale dettate nella R. Università di Pisa furono pubblicate in forma litografata a Pisa nell’anno accademico 1878-1879.
Fonti e Bibl.: E. Beltrami, Personale accademico. E. P., in Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, s. 5, 1896, t. 51, pp. 284-285; G. Ricci-Curbastro, Commemorazione del Prof. E. P., Padova 1897, pp. 5-41 (in Id., Opere, II, Roma 1957, pp. 62-77); F. G. Tricomi, Matematici italiani del primo secolo dello Stato unitario, in Memorie dell’Accademia delle Scienze di Torino, cl. di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 4, 196, t. 1, pp. 1-120.