ERODE Attico (‛Ηρώδης 'Αττικός, Herodes Atticus)
È una delle più notevoli e interessanti figure che presenti la storia letteraria del sec. II d. C. Nato a Maratona nel 101 da Tib. Claudio Attico Erode, che lo lasciò erede d'una vistosa sostanza, fu nei primi anni educato in Atene da Favorino, Polemone, ecc. Ben presto occupò cariche pubbliche in Atene (nel 127 agoranomo, nel 138-9 celebra con fasto principesco le Panatenee), e passò quindi a Roma. Antonino Pio lo nomina maestro di M. Aurelio e di Vero: nel 143 è console. Acquistò presto grande autorità, ma si procurò anche inimicizie, in particolare per il suo carattere irascibile e violento. Egli innalzò sontuose costruzioni, riattò edifici, prodigò in ogni modo le sue fortune acquistandosi benemerenze in Atene, in Olimpia, a Delfi, a Corinto, in Alessandria, a Troia, a Canusio. Ritiratosi in Atene a causa d'un processo, vi tenne scuola di retorica, e di quei conviti di letterati si crede che Ateneo abbia lasciato il quadro nei suoi Deipnosofisti. Alla sua scuola si formarono tutti i più illustri sofisti del tempo, benché trovasse anche opposizione, come provano i suoi contrasti con Frontone. Poco prima del 161 tornò a Roma, accolto onorevolmente da Antonino Pio. Ma ben presto ritornò in Grecia a continuare l'opera sua di maestro. Tra i suoi scolari fu Claudio Adriano da Tiro che recitò l'elogio funebre del maestro (177). E. era seguace del più puro atticismo, e non seguì tanto i modelli maggiori quanto scrittori secondarî, quali soprattutto Crizia: amava la semplicità, la dolcezza del linguaggio: filosofia e filologia erano per lui in stretto rapporto con la retorica. Di tutti gli scritti di E. a noi è pervenuto col suo nome solo una declamazione, Περὶ πολιτείας, che ha grande importanza per la storia della Tessaglia al tempo della fine della guerra del Peloponneso: fingendosi che uno di Larissa, in occasione di un'offerta fatta dagli Spartani, parli al popolo per eccitare alla guerra contro Archelao (413-399), s'illustrano le condizioni poco note di quella regione.
Parve strano che un sofista del sec. II d. C. potesse essere così al corrente delle cose tessaliche e si credette che l'attribuzione al sofista fosse falsa e poiché si sapeva che Trasimaco di Calcedonia aveva scritto un'orazione per i Larissei si credette di ravvisare nell'orazione erodea appunto quella di Trasimaco (Nestle), spiegandosi il contrasto che si nota fra le condizioni dichiarate dall'oratore e quelle reali attestateci dagli storici, col fatto che l'oratore non fu presente direttamente ai fatti, ma ebbe solo generale conoscenza e dei fatti stessi e delle condizioni del paese. Si riconobbe nel discorso il metodo dei vecchi retori e sofisti; anche il colorito del discorso sembrava confermare tale ipotesi, che fu dai più accettata per quanto riguardava, se non l'autore, almeno l'età dell'orazione. Si ammise che se non Trasimaco almeno un sofista vivente in Tessaglia l'avesse scritta fra il sec. V e IV a. C. (Beloch, Meyer, Pohlman, Drerup, Costanzi). Però l'antica attribuzione trova sostegno nel carattere retorico del discorso (Schmid, Norden), e nella tecnica retorica che risponde allo spirito di Erode (Christ); se si notano concordanze con l'arte di Trasimaco, non va dimenticato che a questi primi sofisti e retori rivolsero l'attenzione la nuova sofistica ed E. e che l'orazione stessa di Trasimaco può essergli stata modello diretto.
Le più importanti notizie su E., oltre le numerose iscrizioni, si ritrovano presso Aulo Gellio e particolarmente nella lunga biografia che ne scrisse Filostrato. L'orazione fu edita dapprima da Aldo Manuzio (Oratores, Venezia 1513); l'edizione più recente è quella curata dal Drerup.
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