Erodoto
Storico greco (490/80 a.C. - post 430?). In età umanistica E. esce dalla ristretta cerchia dei grecisti grazie a due figure di primo piano: Lorenzo Valla e Matteo Maria Boiardo. Valla impiega come base per la sua traduzione in latino dell’intera opera di E. il Vaticano gr. 122 (sul quale compaiono sue note autografe), con uno sguardo anche ad altri codici, in particolare il Vaticano gr. 2369. L’opera, commissionata da papa Niccolò V, non vide l’ultima revisione dell’autore (morto nel 1457), e fu poi stampata a Venezia nel 1474 (ne esistono anche diverse copie manoscritte e altre edizioni a stampa, a dimostrare l’interesse dell’Umanesimo per E.). Boiardo volgarizza integralmente la traduzione latina di Valla, ossia l’editio princeps veneziana del 1474, che contiene diversi errori. Sembra definitivamente acclarato che Boiardo non si servì del testo greco, nonostante il frontespizio dell’editio princeps, stampata a Venezia nel 1533, riporti «Herodoto Alicarnaseo Historico delle guerre de Greci et de Persi, tradotto di greco in lingua italiana» (cfr. Fumagalli 1998). La traduzione di Boiardo, commissionata da Ercole I d’Este, è conservata in due importanti manoscritti, l’Italiano 1726 della Biblioteca Estense di Modena (nel cui colophon è riportata la data del 1491) e l’Hamilton 294 della Staatsbibliothek di Berlino. A differenza di Valla, Boiardo, nonostante sviste, errori di traduzione, ma anche interpretazioni fantasiose, si mostra sapiente organizzatore del materiale: non solo divide i libri in capitoli, ma premette agli uni e agli altri un brevissimo riassunto, per facilitare la lettura a Ercole d’Este (la suddivisione interna ai libri attuata da Valla è molto più ampia: cfr. Fumagalli 1998, pp. 409 e segg.). Tra il 1500 e il 1503 Aldo Manuzio stampò ben tre edizioni di E., a dimostrare l’interesse destato da uno storico che è anche un grande narratore.
Mai nominato, E. è tuttavia presente nell’opera di M. come una sorta di memoria sotterranea costituita da exempla.
Principe vi 13: si tratta di una citazione indiretta a proposito di Ciro, la cui vicenda è narrata da E. in vari luoghi. Giorgio Inglese (in N. Machiavelli, Il Principe, a cura di G. Inglese, 2013, p. 36) suggerisce il richiamo, oltre che a E. I 125, anche a I 130: la «lunga pace» che ‘effeminò’ i Medi (cioè la supremazia meda sugli altri popoli della Mesopotamia) sarebbe durata 128 anni, tempo sufficiente a spalancare la strada per un sovrano come Ciro, che seppe bene usare l’occasione per mostrare la sua virtù.
Principe vii 2: prima di trattare della parabola del duca Valentino (Cesare Borgia), M. ricorda il caso che «intervenne a molti in Grecia nelle città di Ionia e di Ellesponto, dove furno fatti principi da Dario, acciò le tenessino per sua sicurtà e gloria». Corrado Vivanti (ed. 1997, p. 845 nota 1) e Giorgio Inglese (ed. 1995, p. 39 nota 2) ricordano due luoghi (V 11 e 27) in cui E. menziona la scelta di Dario di servirsi di alcuni privati, in cui ripone particolare fiducia, per affidare loro l’amministrazione di zone periferiche dell’impero.
Principe xx 9:
Ma quando uno principe acquista uno stato nuovo, che come membro si aggiunga al suo vecchio, allora è necessario disarmare quello stato, eccetto quegli che nello acquistarlo sono suti tua partigiani: e quegli ancora col tempo e con le occasioni è necessario renderli molli e effeminati, e ordinarsi in modo che solo le arme di tutto il tuo stato sieno in quelli tuoi soldati propri che nello stato tuo antico vivevano appresso di te.
Laurence Arthur Burd (nell’ed. 1891, p. 328) evidenzia il riscontro con i consigli di Creso a Ciro su come dominare i Lidii in E. I 155. La proibizione di possedere armi da guerra, l’ordine di indossare abiti raffinati e di educare i figli alla musica e al commercio: tutte queste attività li renderanno ben presto donne invece che uomini (cioè ‘molli ed effeminati’).
Discorsi I xliii 2: «Considerasi ancora per il soprascritto trattato quanta differenzia è da uno esercito contento e che combatte per la gloria sua, a quello che è male disposto e che combatte per l’ambizione d’altrui». Vivanti (ed. 1997, p. 977 nota 2) indica il confronto con E. V 78:
È chiaro, dunque, questo, che [gli Ateniesi] quando erano in servitù si mostravano volontariamente vili, pensando che operavano per un padrone, mentre, una volta liberi, ciascuno si dava cura di agire con zelo per il proprio interesse (Libro V. La rivolta della Ionia, a cura di G. Nenci, 1994).
Resta difficile distinguere quanto, in un passaggio del genere, valga il ricordo di un passo preciso di E., o quanto intervenga, piuttosto uno «schietto motivo machiavelliano» (ed. a cura di G. Inglese, 1984, p. 262) come la superiorità delle armi proprie sulle mercenarie.
Discorsi II xii 3: M. si rifà con certezza al lungo episodio narrato in I 201-14 (specie 206). La strategia suggerita a Ciro il Grande da Creso, consistente nel passare il fiume Arasse e assalire i Massageti nel loro territorio, anziché farli entrare nel proprio, porterà poi alla sconfitta del re persiano e alla crudele vendetta della regina per l’uccisione del figlio, che già, attraverso Paolo Orosio, aveva colpito la fantasia di Dante (Purgatorio XII 55-57). L’episodio è ricordato anche in Arte della guerra VI 218; e più genericamente nel capitolo “Di Fortuna” (vv. 169-74).
Discorsi III vi, Delle congiure, è il capitolo più ricco di echi erodotei. Il primo caso (§§ 74-75) riguarda una congiura felicemente portata a termine ai danni di un mago che aveva «per inganno occupato il regno de’ Persi». In III 61-79, E. racconta che, dopo la morte di Cambise (522 a.C.), un sacerdote zoroastriano (mago) riuscì a impadronirsi del regno di Persia, spacciandosi per Smerdi, fratello del re defunto, che aveva fatto uccidere di nascosto. Il dignitario Otane (e non Ortano, come si legge nel testo tràdito dei Discorsi), con l’aiuto di una sua figlia che era concubina del falso Smerdi, si accorse dell’inganno e ne informò altri sei nobili persiani, fra cui Dario. Il discorso di Dario, che astutamente sprona gli altri ad affrettare la congiura onde evitare che qualcuno possa tradire, è presentato da E. nel capitolo 71. Molto efficace la sintesi di M., che riassume in una sola frase ben nove capitoli erodotei.
Discorsi III vi 114-15: M. cita Sitalce, re degli Odrisi (morto nel 424 a.C.), di cui effettivamente E. parla in IV 80, senza però menzionare alcuna congiura ai suoi danni. Vivanti (ed. 1997, in N. Machiavelli, Il Principe, pp. 1080-81 nota 6) ipotizza una svista di M. per Cipselo. Il racconto erodoteo (V 92) non ha tuttavia nessun rapporto con quello che dice M., perché si parla invece del tentativo, attuato dai Bacchiadi, gli oligarchi di Corinto, di uccidere il bambino Cipselo, che secondo l’oracolo di Delfi li avrebbe privati del potere. I dieci ‘congiurati’, impietositi alla vista del neonato che sorride quando lo prendono tra le braccia, non riescono a ucciderlo. Il dettaglio che potrebbe aver provocato la sovrapposizione delle due scene sta nel fatto che i congiurati si rimproverano l’uno con l’altro per la debolezza dimostrata (cfr. ed. Inglese 1984, p. 592).
Discorsi III vi 156-59 e Istorie fiorentine VIII 34: Achille Olivieri (2004, pp. 249-51) richiama un possibile parallelismo fra il paragrafo dedicato all’anàsyrma di Caterina Sforza (→) ed E. II 30 4: un gruppo di guerrieri egiziani di guarnigione al confine meridionale disertò dall’esercito per tornarsene in patria dopo un servizio di tre anni.
Informatone, Psammetico li inseguiva; come li raggiunse, li pregò dicendo molte cose: non permetteva che abbandonassero gli dei patri, i figli e le mogli. Raccontano che allora uno di loro mostrasse i genitali e dicesse che là, dove ci fossero stati i genitali, per loro ci sarebbero stati figli e mogli (Libro II. L’Egitto, a cura di A.B. Lloyd, 1989, p. 37).
Sulle molte e varie implicazioni della pagina machiavelliana, si veda tuttavia Frédérique Verrier, Caterina Sforza et Machiavel ou l’origine d’un monde (2010).
Bibliografia: Le storie, Libro I. La Lidia e la Persia, a cura di D. Asheri, Milano 1988, 19995; Libro II. L’Egitto, a cura di A.B. Lloyd, Milano 1989; Libro V. La rivolta della Ionia, a cura di G. Nenci, Milano 1994. Si vedano inoltre: N. Machiavelli, Il Principe, ed. L.A. Burd, Oxford 1891; N. Machiavelli, Opere, a cura di C. Vivanti, 1° vol., Torino 1997.
Per gli studi critici si vedano: E. Fumagalli, Il volgarizzamento di Erodoto, in Boiardo e il mondo estense del Quattrocento, Atti del Convegno internazionale di studi, Scandiano-Modena-Reggio Emilia-Ferrara 13-17 settembre 1994, a cura di G. Anceschi, T. Matarrese, 1° vol., Padova 1998, pp. 399-428; A. Olivieri, Erodoto nel Rinascimento. L’umano e la storia, Roma 2004.