eros
In psicoanalisi, l’insieme delle pulsioni creative e di aumento di complessità della vita che, nell’ultima teoria pulsionale elaborata da Sigmund Freud (➔ pulsioni), si contrappone, nell’economia psichica, alle pulsioni di morte e destrutturazione (➔ thanatos). Freud prende spunto dalla filosofia e dalla mitologia greche, e delinea il concetto di e. a partire dal mito di Eros descritto nel Simposio di Platone e dalla filosofia di Empedocle sul contrasto tra amicizia e odio. Così, per Freud, l’e. ha il significato molto ampio di amore e generatività; come il concetto di sessualità in psicoanalisi non si limita a quello di copula genitale, ma abbraccia significati più ampi di creatività, desiderio e relazione, così l’e. freudiano assomiglia all’Eros platonico che stimola la crescita e la riproduzione sia sul piano biologico sia su quello mentale. Nella sua opera Al di là del principio di piacere (1920), Freud infatti scrive che e. rappresenta tutto ciò che «si occupa di complicare la vita radunando in unità sempre più ampie la sostanza vivente, sparpagliata in particelle, e naturalmente di mantenerla in quello stato». Va sottolineato che Freud non sempre distingue chiaramente tra e. e libido (➔); mentre quest’ultimo costrutto verrà utilizzato sempre più in senso ‘energetico’ ed economico per spiegare il comportamento, il concetto di e. viene gradualmente sostituito da quello di pulsioni di vita. Carl G. Jung rifiuta questa concezione di e., e nella sua tipologia psicologica contrappone e. a logos: mentre il primo fattore rappresenta la funzione psichica di affetto e relazione nella psiche femminile, il secondo simboleggia la funzione di razionalità in quella maschile. La contrapposizione tra e. e thanatos è stata successivamente (1972) ripresa in filosofia da Gilles Deleuze e Félix Guattari, che assimilano in parte i due concetti riconoscendo a thanatos la funzione ‒ anch’essa in parte creativa ‒ di destrutturazione degli assetti mentali e sociali consolidati, al fine di creare spazio utile all’azione di eros.