EROSIONE GENETICA
La perdita di diversità genetica naturale, dovuta alla distruzione di territori come le foreste tropicali pluviali (dove vivono la metà delle specie animali e vegetali della terra, molte delle quali non ancora studiate) e all'industrializzazione delle pratiche agricole, costituisce l'e. genetica. Per la metà del prossimo secolo le stime valutano attorno al 25% la perdita di specie vegetali presenti sul pianeta, a causa delle deforestazioni, delle pratiche di monocultura e di controllo delle acque, del superpascolo e dell'urbanizzazione. Inoltre, l'integrazione dei mercati agricoli, l'industrializzazione dell'agricoltura e l'uso di sementi ad alto rendimento hanno portato all'utilizzo di un numero estremamente limitato di varietà vegetali con conseguente perdita progressiva della gran parte delle varietà genetiche caratteristiche delle varie situazioni geografiche. La ''rivoluzione verde'' operata in paesi come l'India, l'Indonesia e la Cina, in cui il fabbisogno alimentare costituiva il problema primario, ha permesso di risolvere in parte questo problema, ma il prezzo pagato in termini di e. g. è stato molto elevato: sono state coltivate solo le varietà ad alto rendimento, e tutte le altre, coltivate da millenni, sono state abbandonate e si sono quindi estinte. L'estinzione di tutte queste varietà naturali ha un impatto negativo non soltanto da un punto di vista naturalistico ma anche da quello applicativo. Le sementi ad alto rendimento vengono prodotte con le tecniche della biotecnologia (v. in questa App.), che preparano in vitro piante in cui vengono inseriti i geni responsabili di determinate caratteristiche considerate utili. Ma i geni non si possono ''inventare'' né è facile ricostruirli se sono andati perduti con l'estinzione di determinate varietà. Possono soltanto essere prelevati e utilizzati quelli presenti nelle varietà naturali attualmente esistenti, giunte a noi per effetto della selezione naturale. Importantissime in questo senso sono le varietà che mostrano resistenza a malattie o a parassiti. L'utilizzo delle sementi ad alto rendimento con la conseguente uniformità genetica introdotta in agricoltura ha però reso tutte le coltivazioni vulnerabili agli stessi agenti. In alcune parti del mondo, quelle meno industrializzate, vengono ancora coltivate le varietà vegetali indigene; queste sacche di agricoltura tradizionale servono da reservoir per i numerosi diversi geni presenti nei ceppi selvatici. La riscoperta e la protezione di questi ceppi è diventata essenziale al giorno d'oggi: il loro vigore e la loro diversità genetica sono garanzia del nostro futuro approvvigionamento alimentare e ci permettono di continuare ad avere a disposizione caratteristiche genetiche che potrebbero rendersi necessarie in futuro.
Numerosi centri per la conservazione e il miglioramento di queste varietà vegetali sono presenti in tutto il mondo: alcuni centri sono vere e proprie banche di semi delle maggiori specie eduli (National Seed Storage Laboratory del Colorado), altri sono centri più specializzati come il Centro internazionale per il miglioramento del mais e del grano di El Batan, Messico, l'Istituto internazionale di ricerca sul riso di Los Banos, nelle Filippine, o il Centro internazionale della patata a Huancayo nel Perù. In Italia la più importante ''banca dei semi'' si trova a Bari, presso l'Istituto del germoplasma, uno dei più importanti del mondo per il grano e i piselli. Tutti questi centri formano una rete d'importanza vitale per la conservazione della diversità genetica per le piante di interesse agricolo.
Analoghe considerazioni vanno fatte per quanto riguarda gli animali da allevamento in conseguenza delle pratiche adottate per il miglioramento delle varietà di interesse economico.