ERRATA-CORRIGE
Locuzione latina del linguaggio bibliografico equivalente alla frase "errori da correggere" (letteralmente: [queste] cose errate... correggi"). Con questo termine s'intitola l'elenco degli errori rimasti in un libro dopo la stampa, o delle variazioni che un autore apporta al testo a stampa ultimata. Se l'errore da correggere è unico si usa per titolo: erratum-corrige.
L'errata-corrige ebbe origine dopo l'invenzione della stampa; un primo esempio si ha nelle Enarrationes Satyrarum Juvenalis per Giorgio Merula, stampate a Venezia da Gabriele di Pietro nel 1478; si conoscono anche non pochi incunaboli con errata-corrige manoscritti. Fra i più lunghi errata-corrige vanno citati quello compilato da Francesco Garcia per la Summa di S. Tomaso d'Aquino (Emendatio eorum erratorum quae in Summa theolog. S. Thomae... reperiebantur, Tarragona 1578), di 112 pagine, e l'altro compilato da S. Roberto Bellarmino, non soddisfatto delle edizioni delle sue opere (Recognitio librorum omnium R. Bellarmini ab ipso auctore edita..., Roma 1607), di 88 pagine.
L'errata-corrige si colloca ordinariamente in fine dell'opera e reca l'indicazione della pagina e della riga (linea) dove si trova l'errore, con a fianco la correzione; quasi sempre si usano caratteri differenti per maggiore evidenza. È stata più volte discussa l'opportunità di collocare la "tavola degli errori" in principio dell'opera, ma la proposta non fu mai attuata per la riluttanza degli editori a porre molto in vista nei libri gli errata-corrige. L'errata-corrige dei semplici errori tipografici è generalmente omesso.