esametro
L'e. latino è usato da D. nelle due Egloghe che compose, nell'ultimo anno della sua vita, in corrispondenza con Giovanni del Virgilio (v. Egloghe).
Il sospetto che la seconda Egloga sia stata lasciata incompiuta e completata quindi da altri (Belloni) e che i decem... vascula di Eg II 64 siano impegnativi di un corpus di dieci Egloghe sull'esempio di Virgilio, può far pensare che le ambizioni di D. fossero quelle di un agone con Virgilio cantor de' buccolici carmi, e dunque, data la novità del genere bucolico affrontato, di un avvicinamento ad ambienti umanistici. Se son vere queste intenzioni, se ne dovrà scorgere lo sforzo anche nell'inventio metrica.
L'uso che D. fa dell'e. è assai vicino a quello che ne fa Giovanni del Virgilio nel carmen e nell'Egloga responsiva e all'altezza dell'uso che ne faranno Petrarca e Boccaccio. La prosodia tollera frequenti allungamenti indebiti specialmente in arsi, e spesso nell'arsi del terzo piede in cesura semiquinaria. La metrica si adegua alle norme della trattatistica tardo-antica: la cesura è di regola la semiquinaria (la semisettenaria quasi sempre in unione con la semiternaria è usata undici volte su sessantotto versi in Eg I, e sette volte su novantasette versi in Eg II); la chiusa (clausola) è formata di regola da parola sdrucciola + parola piana (parola piana + monosillabo + parola piana in Eg II 24, 36, 51 e 56; IV 27, 38, 65 e 86); la clausola di una sola parola è usata eccezionalmente e unicamente per il pentasillabo Alphoesiboeus, Alphoesiboei, di Eg IV 7, 15, 44, 49 e 76, ma in stretta imitazione di Virgilio che usa lo stesso nome unicamente in clausola in Buc. V 73, VIII 1, 5 e 62.